Il documento conclusivo del tavolo Tierra dell’incontro mondiale dei movimenti popolari. Il discorso di Papa Leone XIV.

img_6835
Udienza ai partecipanti all’Incontro mondiale dei Movimenti Popolari, 23.10.2025

[B0788]

Il pomeriggio di giovedì 23 ottobre 2025 nell’Aula Paolo VI, il Santo Padre ha ricevuto in Udienza i partecipanti al V Incontro Mondiale dei Movimenti Popolari che si svolge a Roma dal 21 al 24 ottobre 2025.

Pubblichiamo di seguito il discorso che il Santo Padre ha rivolto ai presenti:
[ IT ]

Cari fratelli e sorelle,

è la prima volta che ho la gioia di incontrarvi, proseguendo nel cammino iniziato da Papa Francesco che, in questi anni, ha dialogato spesso con la vostra realtà, mettendone in luce l’importanza profetica nel contesto di un mondo segnato da problematiche di vario genere.

Uno dei motivi per cui ho scelto il nome “Leone XIV” è l’Enciclica Rerum novarum, scritta da Leone XIII durante la rivoluzione industriale. Il titolo Rerum novarum significa “cose nuove”. Ci sono certamente “cose nuove” nel mondo, ma quando diciamo questo, in genere adottiamo uno “sguardo dal centro” e ci riferiamo a cose come l’intelligenza artificiale o la robotica. Tuttavia, oggi vorrei guardare alle “cose nuove” con voi, partendo dalla periferia.

Vedere le “cose nuove” dalla periferia

Più di dieci anni fa, qui in Vaticano, Papa Francesco vi ha detto che eravate venuti per piantare una bandiera. Cosa c’era scritto? “Terra, casa e lavoro”. [1] “Tierra, techo, trabajo”, come ci ha detto Guadalupe poco fa. Era una “cosa nuova” per la Chiesa, ed era una cosa buona! Facendo eco alle richieste di Francesco, oggi dico: la terra, la casa e il lavoro sono diritti sacri, vale la pena lottare per essi, e voglio che mi sentiate dire “Ci sto!”, “sono con voi”!

Chiedere terra, casa e lavoro per gli esclusi è una “cosa nuova”? Visto dai centri del potere mondiale, certamente no; chi ha sicurezza finanziaria e una casa confortevole può considerare queste richieste in qualche modo superate. Le cose veramente “nuove” sembrano essere i veicoli autonomi, oggetti o vestiti all’ultima moda, i telefoni cellulari di fascia alta, le criptovalute e altre cose di questo genere.

Dalle periferie, però, le cose appaiono diverse; lo striscione che sventolate è così attuale che merita un intero capitolo nel pensiero sociale cristiano sugli esclusi nel mondo di oggi.

Questa è la prospettiva che desidero trasmettere: le cose nuove viste dalla periferia e il vostro impegno che non si limita alla protesta, ma cerca soluzioni. Le periferie spesso invocano giustizia e voi gridate non “per disperazione”, ma “per desiderio”: il vostro è un grido per cercare soluzioni in una società dominata da sistemi ingiusti. E non lo fate con microprocessori o biotecnologie, ma dal livello più elementare, con la bellezza dell’artigianato. E questa è poesia: voi siete “poeti sociali”. [2]

Oggi portate di nuovo lo stendardo della terra, della casa e del lavoro, camminando insieme da un centro sociale – Spin Time – al Vaticano. Questo camminare insieme testimonia la vitalità dei movimenti popolari come costruttori di solidarietà nella diversità. La Chiesa deve essere con voi: una Chiesa povera per i poveri, una Chiesa che si protende, una Chiesa che corre dei rischi, una Chiesa coraggiosa, profetica e gioiosa!

Ciò che ritengo più importante è che il vostro servizio sia animato dall’amore. Conosco realtà ed esperienze simili presenti in altri Paesi, veri e propri spazi comunitari pieni di fede, speranza e soprattutto di amore, che rimane la virtù più grande di tutte (cfr 1Cor 13,13). Infatti quando si formano cooperative e gruppi di lavoro per sfamare gli affamati, dare riparo ai senzatetto, soccorrere i naufraghi, prendersi cura dei bambini, creare posti di lavoro, accedere alla terra e costruire case, dobbiamo ricordarci che non si sta facendo ideologia, ma stiamo davvero vivendo il Vangelo.

Al centro del Vangelo, infatti, c’è il comandamento dell’amore, e Gesù ci ha detto che nel volto e nelle ferite dei poveri è nascosto il suo stesso volto (cfr Mt 25,34-40). È bello vedere che i movimenti popolari, prima ancora che dall’esigenza della giustizia, sono mossi dal desiderio dell’amore, contro ogni individualismo e pregiudizio.

Come Vescovo in Perù, sono felice di aver sperimentato una Chiesa che accompagna le persone nei loro dolori, nelle loro gioie, nelle loro lotte e nelle loro speranze. Questo è un antidoto contro un’indifferenza strutturale che si va diffondendo e che non prende sul serio il dramma di popoli spogliati, derubati, saccheggiati e costretti alla povertà. Spesso ci sentiamo impotenti dinanzi a tutto questo, eppure, a questa che ho definito «globalizzazione dell’impotenza», dobbiamo iniziare ad opporre una «cultura della riconciliazione e dell’impegno». [3] I movimenti popolari colmano questo vuoto generato dalla mancanza di amore con il grande miracolo della solidarietà, fondata sulla cura del prossimo e sulla riconciliazione.

Come dicevo, il normale discorso sulle “cose nuove” – con le loro potenzialità e i loro pericoli – omette ciò che accade alla periferia. Dal centro c’è poca consapevolezza dei problemi che colpiscono gli esclusi, e quando se ne parla nelle discussioni politiche ed economiche, si ha l’impressione che si tratti di «una questione aggiunta quasi per dovere o in modo tangenziale, se non trattata semplicemente come un danno collaterale. In effetti, alla fine dei conti, spesso rimangono in fondo alla lista delle priorità». [4] Al contrario, i poveri sono al centro del Vangelo. Perciò, le comunità emarginate dovrebbero essere coinvolte in un impegno collettivo e solidale volto a invertire la tendenza disumanizzante delle ingiustizie sociali e a promuovere uno sviluppo umano integrale.

Infatti, «finché i problemi dei poveri non saranno risolti in modo radicale, rifiutando l’autonomia assoluta dei mercati e della speculazione finanziaria e affrontando le cause strutturali della disuguaglianza, non si troverà alcuna soluzione ai problemi del mondo o, per meglio dire, a nessun problema. La disuguaglianza è la radice dei mali sociali». [5]

Vecchie ingiustizie nel nuovo mondo

Il vostro impegno si fa tanto più necessario in un mondo che, come sappiamo, è sempre più globalizzato; come affermava Benedetto XVI «i processi di globalizzazione, se adeguatamente compresi e orientati, aprono possibilità senza precedenti di ridistribuzione su vasta scala della ricchezza a livello mondiale; se invece sono mal orientati, possono portare ad un aumento della povertà e delle disuguaglianze e potrebbero persino innescare una crisi globale». [6]

Questo significa che i dinamismi del progresso vanno sempre gestiti attraverso un’etica della responsabilità, superando il rischio dell’idolatria del profitto e mettendo sempre l’uomo e il suo sviluppo integrale al centro. L’“umano” è al centro della visione di sant’Agostino di un’etica della responsabilità. Egli ci insegna come la responsabilità, specialmente nei confronti dei poveri e di coloro che hanno bisogni materiali, nasce dall’essere umani con i propri simili e, quindi, dal riconoscimento della nostra “comune umanità”. [7]

Poiché condividiamo tutti la stessa umanità, dobbiamo assicurarci che le “novità” siano gestite in modo adeguato. La questione non dovrebbe rimanere nelle mani delle élite politiche, scientifiche o accademiche, ma dovrebbe invece riguardare tutti noi. La creatività di cui Dio ha dotato gli esseri umani e che ha generato grandi progressi in molti ambiti, non è riuscita ancora ad affrontare al meglio le sfide della povertà e, perciò, non è riuscita a invertire la rotta sulla drammatica esclusione di milioni di persone che rimangono ai margini. Questo è un punto centrale nel dibattito sulle “cose nuove”.

Quando il mio predecessore Leone XIII scrisse la Rerum novarum alla fine del XIX secolo, non si concentrò sulla tecnologia industriale o sulle nuove fonti di energia, ma piuttosto sulla situazione dei lavoratori. È qui che risiede la forza evangelica del suo messaggio: l’attenzione principale era rivolta alla situazione dei poveri e degli oppressi di quel tempo. E, per la prima volta e con assoluta chiarezza, un Papa disse che le lotte quotidiane per la sopravvivenza e per la giustizia sociale erano di fondamentale importanza per la Chiesa. Leone XIII denunciò la sottomissione della maggioranza al potere «di pochi; così che un piccolo numero di uomini molto ricchi ha potuto imporre alle masse brulicanti dei poveri lavoratori un giogo poco migliore della schiavitù stessa». [8] Questa era la grande disuguaglianza dell’epoca.

Nell’Enciclica di Leone XIII non troviamo le parole “disoccupazione” o “esclusione”, perché all’epoca i problemi riguardavano piuttosto il miglioramento delle condizioni dei lavoratori, lo sfruttamento, l’urgenza di una nuova armonia sociale e di un nuovo equilibrio politico, obiettivi che gradualmente sono stati raggiunti grazie a tante leggi sul lavoro e alle istituzioni di sicurezza sociale. Oggi, invece, l’esclusione è il nuovo volto dell’ingiustizia sociale. Il divario tra una “piccola minoranza” – l’1% della popolazione – e la stragrande maggioranza si è ampliato in modo drammatico.

Tale esclusione è una “novità” che Papa Francesco ha denunciato come “cultura dello scarto”, affermando con veemenza: «Gli esclusi non sono “sfruttati”, ma emarginati, “scarti”». [9]

Quando parliamo di esclusione, ci troviamo anche di fronte a un paradosso. La mancanza di terra, cibo, alloggio e lavoro dignitoso coesiste con l’accesso alle nuove tecnologie che si diffondono ovunque attraverso i mercati globalizzati. I telefoni cellulari, i social network e persino l’intelligenza artificiale sono alla portata di milioni di persone, compresi i poveri. Tuttavia, mentre sempre più persone hanno accesso a Internet, i bisogni primari rimangono insoddisfatti. Assicuriamoci che, quando vengono soddisfatti bisogni più sofisticati, quelli fondamentali non vengano trascurati.

Tale arbitrarietà sistemica fa sì che le persone siano private di ciò che è necessario e sommerse da ciò che è accessorio. In breve, la cattiva gestione genera e aumenta le disuguaglianze con il pretesto del progresso. E non avendo al centro la dignità umana, il sistema fallisce anche nella giustizia.

L’impatto delle “novità” sugli esclusi

Oggi non descriverò in modo esaustivo quali siano le “novità” prodotte in particolare dai centri di sviluppo tecnologico, ma sappiamo che esse hanno un impatto su tutti i principali ambiti della vita sociale: sanità, istruzione, lavoro, trasporti, urbanizzazione, comunicazione, sicurezza, difesa, ecc. Molti di questi impatti sono ambivalenti: sono positivi per alcuni Paesi e settori sociali, ma altri, invece, subiscono “danni collaterali”. Ancora una volta, questo è il risultato della cattiva gestione del progresso tecnologico.

La crisi climatica è forse l’esempio più evidente. Lo vediamo in ogni evento meteorologico estremo, che si tratti di inondazioni, siccità, tsunami, terremoti: chi ne soffre di più? Sono sempre i più poveri. Perdono quel poco che hanno quando l’acqua spazza via le loro case e spesso sono costretti ad abbandonarle senza avere un’alternativa adeguata per riprendere la loro vita. La stessa cosa accade quando, ad esempio, contadini, agricoltori e popolazioni indigene perdono le loro terre, la loro identità culturale e la produzione locale sostenibile a causa della desertificazione del loro territorio.

Un altro aspetto delle “novità” che colpisce in modo particolare gli emarginati ha a che fare con le angosce e le speranze dei più poveri in riferimento ai modelli di vita che oggi vengono costantemente promossi. Per esempio: come può un giovane povero vivere con speranza e senza ansia quando i social media esaltano costantemente un consumo sfrenato e un successo economico totalmente irraggiungibile?

E, ancora, un altro problema di non poco conto è rappresentato dalla diffusione della dipendenza dal gioco d’azzardo digitale. Le piattaforme sono progettate per creare dipendenza compulsiva e generare abitudini che creano assuefazione.

Non vorrei tacere poi sulla “novità” dell’industria farmaceutica, che certamente rappresenta per certi versi un grande progresso, ma non è priva di ambiguità; nella cultura attuale, non senza l’ausilio di certe campagne pubblicitarie, si propina una sorta di culto del benessere fisico, quasi un’idolatria del corpo e, in questa visione, il mistero del dolore è interpretato in modo riduttivo; ciò può portare anche alla dipendenza dall’assunzione di antidolorifici, la cui vendita va ovviamente a incrementare i guadagni delle stesse case di produzione. Ciò ha portato anche alla dipendenza dagli oppioidi, che sta devastando in particolare gli Stati Uniti; si pensi per esempio al fentanil, la droga della morte, la seconda causa di morte tra i poveri in quel Paese. Il dilagare di nuove droghe sintetiche, sempre più letali, non è solo un crimine dei trafficanti di droga, ma è una realtà che ha a che fare con la produzione dei farmaci e con il suo guadagno, privi di un’etica globale.

Vorrei anche sottolineare che lo sviluppo delle nuove tecnologie dell’informazione e delle telecomunicazioni dipende dai minerali che spesso si trovano nel sottosuolo dei Paesi poveri. Senza il coltan della Repubblica Democratica del Congo, ad esempio, molti dei dispositivi tecnologici che utilizziamo oggi non esisterebbero. Tuttavia, la sua estrazione dipende dalla violenza paramilitare, dal lavoro minorile e dallo sfollamento delle popolazioni. Il litio è un altro esempio: la competizione tra le grandi potenze e le grandi aziende per la sua estrazione rappresenta una grave minaccia alla sovranità e alla stabilità degli Stati poveri, al punto che alcuni imprenditori e politici si vantano di promuovere colpi di Stato e altre forme di destabilizzazione politica, proprio per mettere le mani sull’“oro bianco” del litio.

E, infine, vorrei accennare al tema della sicurezza. Gli Stati hanno il diritto e il dovere di proteggere i propri confini, ma ciò dovrebbe essere bilanciato dall’obbligo morale di fornire rifugio. Con l’abuso dei migranti vulnerabili, non assistiamo al legittimo esercizio della sovranità nazionale, ma piuttosto a gravi crimini commessi o tollerati dallo Stato. Si stanno adottando misure sempre più disumane – persino politicamente celebrate – per trattare questi “indesiderabili” come se fossero spazzatura e non esseri umani. Il cristianesimo, invece, si riferisce al Dio amore, che ci rende fratelli tutti e ci chiede di vivere da fratelli e sorelle.

Allo stesso tempo, mi incoraggia vedere come i movimenti popolari, le organizzazioni della società civile e la Chiesa stiano affrontando queste nuove forme di disumanizzazione, testimoniando costantemente che chi si trova nel bisogno è nostro prossimo, nostro fratello e nostra sorella. Questo vi rende campioni dell’umanità, testimoni della giustizia, poeti della solidarietà.

La giusta lotta dei movimenti popolari

Nella Rerum novarum, Leone XIII osservava che «le antiche corporazioni dei lavoratori sono state abolite nel secolo scorso, e nessun’altra organizzazione protettiva ha preso il loro posto». [10] I poveri sono diventati più vulnerabili e meno protetti. Oggi sta accadendo qualcosa di simile, perché i sindacati tipici del XX secolo rappresentano ormai una percentuale sempre più esigua dei lavoratori e i sistemi di sicurezza sociale sono in crisi in molti Paesi; perciò, né i sindacati né le associazioni dei datori di lavoro, né gli Stati né le organizzazioni internazionali sembrano in grado di affrontare questi problemi. Ma «uno Stato senza giustizia non è uno Stato», ci ricorda sant’Agostino. [11] La giustizia esige che le istituzioni di ogni Stato siano al servizio di ogni classe sociale e di tutti i residenti, armonizzando le diverse esigenze e gli interessi.

Ancora una volta, ci troviamo di fronte a un vuoto etico, in cui il male entra facilmente. Mi viene in mente una parabola, la parabola dello spirito immondo che viene scacciato via ma, ritornando, trova la sua antica dimora pulita, in ordine e allora organizza una lotta ancora peggiore (cfr Mt 12,43-45). Nel vuoto ordinato lo spirito maligno è libero di agire. Le istituzioni sociali del passato non erano perfette, ma spazzando via gran parte di esse e adornando ciò che rimane con leggi inefficaci e trattati non applicati, il sistema rende gli esseri umani più vulnerabili di prima.

Perciò, i movimenti popolari, insieme alle persone di buona volontà, i cristiani, i credenti, i governi sono chiamati con urgenza a colmare quel vuoto, avviando processi di giustizia e solidarietà che si diffondano in tutta la società, perché, come ho già avuto modo di affermare, «le illusioni ci distraggono, i preparativi ci guidano. Le illusioni cercano un risultato, i preparativi rendono possibile un incontro». [12]

Nell’Esortazione apostolica Dilexi te ho voluto ricordare che «vari movimenti popolari, composti da laici e guidati da leader popolari, [...] sono stati spesso guardati con sospetto e persino perseguitati». [13] Eppure le vostre lotte sotto la bandiera della terra, della casa e del lavoro per un mondo migliore meritano incoraggiamento. E come la Chiesa ha accompagnato la formazione dei sindacati in passato, oggi dobbiamo accompagnare i movimenti popolari. Questo significa accompagnare l’umanità, camminare insieme nel rispetto condiviso della dignità umana e nel desiderio comune di giustizia, amore e pace.

La Chiesa sostiene le vostre giuste lotte per la terra, la casa e il lavoro. Come il mio predecessore Francesco, credo che le vie giuste partano dal basso e dalla periferia verso il centro. Le vostre numerose e creative iniziative possono trasformarsi in nuove politiche pubbliche e diritti sociali. La vostra è una ricerca legittima e necessaria. Chissà se i semi dell’amore, che voi seminate, piccoli come semi di senape (cfr Mt 13,31-32, Mc 4,30-32, Lc 13,18-19) potranno crescere in un mondo più umano per tutti e aiutare a gestire meglio le «cose nuove».

La Chiesa e io vogliamo esservi vicini in questo cammino. Continuiamo a elevare le nostre preghiere a Dio Onnipotente. Con voi, nella preghiera, imploriamo il Padre di ogni misericordia perché vi protegga e vi riempia del suo amore inesauribile. Che Egli, nella sua infinita bontà, vi dia il coraggio di una profezia evangelica, la perseveranza nella lotta, la speranza nel cuore, la creatività poetica. Vi affido alla guida materna di Maria Santissima. E dal profondo del cuore vi benedico.

Grazie, grazie a tutti voi! E andate avanti nel cammino, con gioia e speranza! Grazie. Entonces oremos juntos como Jesús nos ha enseñado.

[Recita del Padre Nostro in spagnolo. Benedizione]

________________________________

[1] “ Tierra, techo, trabajo”, le tre “T” in spagnolo.

[2] Francesco, Videomessaggio, 16 ottobre 2021.

[3] Videomessaggio in occasione della presentazione a Lampedusa della candidatura del progetto “Gesti dell’accoglienza” alla lista del Patrimonio culturale immateriale dell’UNESCO, 12 settembre 2025.

[4] Francesco, Lett. enc. Laudato si’, 49.

[5] Id., Esort. ap. Evangelii gaudium, 202.

[6] Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in veritate, 42.

[7] Cfr Agostino, Discorso 259, 3.

[8] Leone XIII, Lett. enc. Rerum novarum, 3.

[9] Francesco, Esort. ap. Evangelii gaudium, 53.

[10] Leone XIII, Lett. enc. Rerum novarum, 3.

[11] Agostino, De civitate Dei, XIX, 21, 1.

[12] Leone XIV, Udienza generale, 6 agosto 2025.

[13] Leone XIV, Esort. ap. Dilexi te, 80.

[01400-IT.01] [Testo originale: Italiano]

[B0788-XX.02]
————————
Foto e titoli da: https://www.pressenza.com/it/2025/10/leone-xiv-ai-movimenti-popolari-terra-casa-e-lavoro-sono-diritti-sacri-sono-con-voi/
———————————————————–
img_6836
Il documento conclusivo del tavolo Tierra dell’incontro mondiale dei movimenti popolari [all'ultimo punto, tra i prossimi incontri c'è quello con Costituente Terra].

Mesa Terra
Premisa
Por primera vez en la historia, la supervivencia se ve amenazada por catástrofes globales: el calentamiento climático, el colapso de la biodiversidad, el peligro de conflictos nucleares, las guerras, el aumento de las desigualdades, el drama de los migrantes que huyen de las guerras, el hambre, las persecuciones y los desastres medioambientales. En Estados Unidos tenemos un presidente que cada día amenaza a los países del mundo, la soberanía de los pueblos y que está destruyendo el estado de derecho y los organismos internacionales.
Los poderosos del mundo ignoran el derecho y los derechos y solo conocen el derecho del más fuerte, haciendo alarde de su inhumanidad.
Hoy en día, las grandes empresas ponen a los Estados en competencia entre sí e invierten en los países que bajan los salarios, explotan el trabajo, reducen los impuestos sobre los beneficios y devastan el medio ambiente.
La política está subordinada a los mercados, que no reconocen la mia esfera pública y quieren eliminarla.
Pretenden ser los amos del mundo y no lo ocultan.
Si queremos defender el medio ambiente, la paz, los derechos, la
autodeterminación de los pueblos y la democracia, estos problemas deben abordarse de forma conjunta y con soluciones tanto locales como globales.
Introducción (diagnóstico, análisis de la fase y del contexto)
Del 21 al 24 de octubre de 2025 nos reunimos en Roma para reflexionar y compartir nuestras luchas sociales organizadas por la comunidad, para proponer diferentes formas de mantener y defender los derechos a la tierra, la vivienda y el trabajo, y para pensar en un nuevo paradigma humano que supere las estructuras inhumanas y deshumanizadoras que están en la raíz de los
problemas socioambientales que nos afligen. Este paradigma debe estar
relacionado con la democratización de la tierra y la propiedad colectiva.
Los movimientos populares y sociales de todo el mundo han denunciado el agotamiento del sistema de vida capitalista, explotador, depredador y destructivo, que antepone el lucro a los seres humanos y a la naturaleza: el mundo económico actual está controlado por la militarización y la represión, por la criminalización
de la defensa de los territorios.
Las desigualdades se han amplificado como pocas veces antes en la historia de la humanidad, tanto entre los pueblos como dentro de las naciones. Los ricos y poderosos son ahora más ricos y poderosos que nunca. Los oprimidos y la población empobrecida son ahora más vulnerables que nunca. La tierra está cada
vez más concentrada, no debemos ceder a la mercantilización de la tierra, que incluye áreas protegidas permitidas por el Estado, en contra de las comunidades y la sostenibilidad de la Madre Tierra, explotadas por inversiones extranjeras. En
el extractivismo, el trabajo carece de derechos. Debemos abandonar la dicotomía entre tierra mercantilizable y no mercantilizable, toda la tierra debe ser protegida.
Se debe prestar especial atención a los territorios protegidos de los pueblos no contactados, ya que son una población vulnerable.
Durante la pandemia, los movimientos populares han puesto de relieve prácticas ancestrales de solidaridad y colectividad, tejiendo redes de solidaridad que los o la OMS no han sabido valorar. Los movimientos populares se han organizado mediante prácticas de ayuda mutua y, creando mil experiencias diferentes, han garantizado la supervivencia de las personas sin dejarlas en la
soledad y el empobrecimiento. Se han creado nuevas experiencias y muchas han sido destruidas. A nivel mundial, no se ha dado prioridad a la protección de las personas.
Esto ha ocurrido durante la COVID, pero también ocurre en todos los momentos de crisis.
Se ha puesto de manifiesto la falta de políticas públicas para las comunidades.
Las periferias urbanas, rurales y existenciales han resistido a la cultura del despilfarro, los desechos y la globalización de la indiferencia defendiendo sus comunidades.
El escenario de ayer, la pandemia, desencadenó una respuesta de protagonismo y resistencia, seguida, sin embargo, de una recuperación aún más feroz de la destrucción, las guerras y la explotación, exacerbando y relanzando las políticas
extractivistas.
Reafirmamos el poderoso concepto de «hogar común»: no puede haber tierra, hogar, trabajo si no tenemos paz y si destruimos el planeta.
Queremos un cambio, un cambio real, un cambio en las estructuras, como pidió el Papa Francisco: «Este sistema ya no es sostenible. Los agricultores, los trabajadores, las comunidades y los pueblos ya no lo soportan… Y tampoco la Tierra, nuestra hermana Madre Tierra, como decía San Francisco, lo soporta más».
La Tierra no es un recurso, no es solo «medio ambiente»: es madre, es hogar, es campo de batalla y, al mismo tiempo, lugar de curación. Pero hoy nos preguntamos: ¿qué tierra nos queda? Asistimos a la desertificación, a la urbanización excesiva, a la expropiación y a la explotación medioambiental y social. Proyectos inútiles a gran escala, minas impuestas, territorios militarizados,
campos vaciados, trabajo agrícola reducido a la esclavitud, ríos muertos, fábricas cerradas, OMG, continuas excepciones a los derechos laborales: todos son aspectos de una crisis que no es solo ecológica, sino también económica, social y, por lo tanto, cultural, espiritual y política.
Las comunidades locales están expuestas a los impactos adversos de la transición energética: los megaproyectos que se llevan a cabo en los territorios afectan gravemente a las poblaciones más expuestas a la extracción de recursos clave para las instalaciones de energías renovables (como el litio, el cobre y las tierras
raras) o a la construcción de grandes presas hidroeléctricas.
El trabajo agrícola sigue siendo, de hecho, un trabajo económicamente pobre, que en muchos casos ni siquiera permite el acceso universal a los alimentos, y mucho menos a alimentos de calidad. Es necesario y urgente llevar a cabo una reforma
agraria integral y global que garantice el acceso a la tierra para usos colectivos.
Actualmente, la dramática situación del hambre y la pobreza, así como la escasez de agua, de agua limpia para todos, provoca el agravamiento de la guerra como control y, al mismo tiempo, causa de la enormidad de los procesos migratorios. Al mismo tiempo, la desertificación, como resultado de los cambios climáticos producidos por este sistema capitalista basado en la maximización de
los beneficios y la producción de armas, determina el aumento de las
migraciones. Hay que responder a todo esto para garantizar el derecho a migrar y a permanecer como un derecho humano integral relacionado con la movilidad internacional como forma de solidaridad internacional.
La Tierra es el primer bien y la última frontera.
Quienes trabajan, cultivan, atraviesan o protegen la tierra deben asumir un papel protagonista en el respeto del hogar común y velar por que los organismos internacionales recuperen su función de garantes de los derechos de los pueblos.
La relación entre el campo y la ciudad debe cambiar. Debemos reforzar las composiciones territoriales para los recursos necesarios para la supervivencia (agua, aire, fuego, energía) y cruzar otras batallas, como la del movimiento global por el agua.
Debemos construir una estrategia de lucha global contra las multinacionales que deciden privatizar y expropiar la tierra de muchos para el beneficio de unos pocos.
Debemos desenmascarar las falsas soluciones, como las compensaciones de carbono y los nuevos conceptos como el «capital ecosistémico», reafirmando la importancia de los pueblos milenarios en este contexto. La red de quienes defienden los derechos de la tierra debe cruzarse y conectarse con otras redes, porque, como vemos, el planeta es uno y muchas luchas están unidas. Por ejemplo, será fundamental unir fuerzas con el movimiento que lucha por el agua como bien común.
Solo saldremos de la crisis medioambiental y social afirmando una profunda reformulación de un nuevo modelo humano que sea igualitario, solidario, libre, participativo y ecológico.
Entendemos que la lucha contra la pobreza y la exclusión es un problema político y no solo social. Por lo tanto, es necesaria una profunda Reformulación: un nuevo modelo humano y de paz que sea igualitario, solidario, libre, participativo y ecológico.
Queremos preguntarnos cómo reconstruir una alianza entre quienes trabajan la tierra, quienes la habitan, quienes la atraviesan y quienes la defienden.
Por dónde empezar (los objetivos compartidos en
los anteriores encuentros mundiales)
Partimos de las demandas inmediatas de los movimientos populares ya
expresadas en los encuentros mundiales anteriores para construir un nuevo paso concreto hacia una alianza global basada en puntos de significado universal:
• Llevar a cabo una reforma agraria popular e integral, imponiendo un tamaño máximo para las propiedades agrícolas, dando prioridad a la producción de alimentos saludables y adoptando la agroecología como método de producción principal, en sustitución del modelo de agroindustria transgénica. Generar fondos públicos no privados, cooperativas populares y colectivas para el trabajo agroecológico autónomo.
• Cumplimiento riguroso de los compromisos multilaterales en materia de mitigación y adaptación al cambio climático;
• Suspender todas las actividades extractivas para detener el ecocidio en la Amazonía y en otros puntos críticos del planeta, declarándolo una forma de delito perseguible a nivel internacional y modificando en consecuencia las leyes nacionales;
• Revocación de todas las medidas unilaterales de las superpotencias que impiden el acceso a los medicamentos y la asistencia humanitaria;
• Condonación de la deuda de los países en desarrollo y eliminación de la deuda causada por el cambio climático: los más afectados son los deudores.
• Refundación del sistema financiero: la cancelación de la deuda no es un acto de caridad, sino un acto de reparación de la deuda climática.
• Contrarrestar la privatización del agua, que beneficia a los grandes potentados y especuladores.
• Definir e identificar las nuevas formas de colonialismo para contrarrestar mera las prácticas de quienes quieren reducir el acceso a los bienes primarios y a los medios de subsistencia, desde una perspectiva anticolonial.
• Conocer, repensar y transformar la digitalización, que hoy en día se utiliza como medio de control, en contra del trabajo y no a favor de la dignidad del trabajo (reducción de la jornada laboral, mejora de las condiciones de vida y de trabajo);
• Reconocer las formas de gobierno propias;
• Recuperar y reparar los daños ya causados al medio ambiente y a las
poblaciones, pero sin seguir aplicando esta lógica en el futuro: no se debe permitir que se causen más daños y la recuperación debe convertirse en una práctica institucionalizada;
• Descolonización ontológica: reconocimiento de las poblaciones y de su existencia.
• Institucionalización de prácticas con visión de futuro para vincular la realización de proyectos extractivos a la consulta previa de la población afectada y anular las concesiones en las que no se hayan realizado consultas legítimas y transparentes.
• Moratoria sobre el extractivismo, vinculada a referendos locales que evalúen cada caso, también para superar el riesgo de colusión de los gobiernos con prácticas ilegítimas y el aumento de los impuestos a las actividades extractivas.
Por eso queremos devolver la tierra a las ciudades y la política al campo. Superar la separación entre lo urbano y lo rural, pensar en ciudades cultivables, territorios
cooperativos, redes nutritivas.
Algunos objetivos adicionales que compartir:
• La dignidad del trabajo agrícola
La esclavitud no es algo que solo pertenezca al pasado. Es una práctica con raíces profundas. Todavía existe hoy en día en muchas formas diferentes: trata de seres
humanos, esclavitud por deudas, explotación infantil, explotación sexual y trabajo doméstico forzoso. La esclavitud moderna afecta a todos los países del mundo.
Así lo dicen los datos. Las cifras sobre la incidencia de la esclavitud moderna en las principales macrorregiones en las que se divide el mundo nos dicen lo siguiente: 7,6 ‰ en África; 6,1 ‰ en Asia meridional y Asia-Pacífico; 3,9 ‰ en
Europa, Oriente Medio y Rusia; 3,3 ‰ en los Estados de la península arábiga; 1,9 ‰ en América del Norte, Central y del Sur.
La mayoría de los esclavos modernos trabajan en sectores como la agricultura, la pesca, la artesanía, la minería, los servicios y el trabajo doméstico.
La nueva esclavitud cuenta la historia de hombres y mujeres que abandonan países en guerra, víctimas de la violencia y la pobreza extrema, que huyen y pasan de las manos de los traficantes a las de los capataces. Muchos migrantes encuentran trabajo en el campo en condiciones injustas, pero, de hecho, en
condiciones de explotación.
La esclavitud moderna es un negocio enorme. Según un estudio de la
Organización Internacional del Trabajo, la esclavitud moderna genera unos beneficios anuales de más de 150 000 millones de dólares. Se trata de una cifra equivalente a los beneficios totales de las cuatro empresas más rentables del mundo.
Los beneficios derivados de la esclavitud moderna son mucho más elevados en los países industrializados que en cualquier otra parte del mundo y son el resultado de las leyes contra la inmigración que prevalecen en todo el mundo.
La esclavitud moderna tiene consecuencias para todos, no solo para quienesnestán directamente involucrados en ella. Las nuevas formas de esclavitud determinan una parte importante de los movimientos migratorios. Las consecuencias de la explotación laboral incluyen salarios más bajos, mayor
precariedad laboral, reducción de los ingresos fiscales y uso de recursos
económicos para sufragar los enormes costes legales relacionados con la
persecución de las formas modernas de esclavitud. La delincuencia organizada
desempeña un papel importante en la cadena de suministro, contribuyendo
también a la degradación medioambiental, con un notable aumento de los delitos
medioambientales. La devastación medioambiental y humana es el resultado de
un sistema productivo que lo sacrifica todo en aras del beneficio. Para garantizar
un futuro sostenible, debemos romper el vínculo entre el beneficio y la
explotación, centrándonos en una economía más justa que proteja a quienes
trabajan la tierra, el derecho al agua y la soberanía alimentaria, y debemos apoyar las luchas por el cumplimiento de los contratos laborales y la legislación en
materia de salud y seguridad, empezando por el trabajo agrícola
• Una nueva gobernanza global
Proponemos una nueva arquitectura internacional, en consonancia con el
sistema multipolar, que respete la autodeterminación y la soberanía de los
pueblos, pero que promueva una gobernanza internacional basada en la
solidaridad y la cooperación, donde la paz mundial, la democracia participativa, la
planificación económica, la justicia social y el respeto por la naturaleza se
entiendan como parte de un todo integral.
Los movimientos populares se comprometen a proponer y construir un camino de transición para la afirmación de una nueva organización internacional, una nueva Constituyente de la Tierra
• La aplicabilidad de otros derechos
A partir del derecho a la tierra, los movimientos populares, en sus inevitables
conflictos con las fuerzas capitalistas y los grandes terratenientes, han
experimentado acciones defensivas y combativas que se basan en prácticas no
violentas. Sus luchas exigen la aplicabilidad de todos los derechos humanos:
desde los derechos políticos y civiles fundamentales hasta los derechos sociales,
económicos y culturales, los derechos de solidaridad (el derecho al desarrollo, a
la paz, a la ciudadanía cosmopolita y a vivir en un medio ambiente saludable), los
derechos genéticos que protegen de la manipulación médica y genética derivada
de la biomedicina, la biotecnología y la inteligencia artificial (es de fundamental
importancia la reapropiación de lo digital en favor de los derechos).
Otros objetivos fundamentales que deben alcanzarse son:
- El reconocimiento de las personas más perjudicadas por la crisis ecológica
y de los migrantes ecológicos
- La protección del derecho a migrar y, al mismo tiempo, la creación de las
condiciones para que las personas ya no tengan la necesidad de migrar;
- Reconocer el papel clave de las mujeres en la protección de la tierra;
- Dar a todos los movimientos populares la oportunidad de educar a otras
personas sobre temas ecológicos, especialmente a aquellas que no tienen
acceso a la información, promoviendo formas de conocimiento abiertas y
colectivas.
- Apoyar los marcos globales que promueven la accesibilidad;
- Intensificar la lucha contra el extractivismo desenfrenado, que sacrifica y destruye territorios, y frenar en las zonas urbanas la renta del suelo que priva del derecho a la vivienda y expulsa a las comunidades de habitantes.
- El mutualismo y la cooperación deben convertirse en dos pilares de
nuestra acción. Debemos promover y crear bancos de libros, bancos de
semillas, animación cultural sin ánimo de lucro y agroecológica.
- Recuperar la visión holística de los territorios de los pueblos indígenas y afrodescendientes, que buscan la convivencia entre las comunidades tradicionales y la naturaleza, respetando la casa común.
- Construir la autoorganización en los territorios y la alianza con los movimientos y realidades de tipo sindical para hacerlos universales y difundidos.
- Incentivar la sua recuperación de las tierras baldías y abandonadas, de los
pueblos y barrios despoblados también a causa de la terrible turistificación.
Los movimientos populares se dirigen a la Iglesia en busca de apoyo para sus
preocupaciones y están cerca de los territorios.
Prácticas
• Desarrollo de la agroecología como proceso de economía popular centrado en
los bienes comunes, en la producción de bienes saludables que respeten la
tierra y a los seres humanos, capaces de transformar los territorios en espacios
de justicia y cohesión, para imaginar formas de poder desde abajo,
reinventando instituciones de proximidad y autoorganización (granjas urbanas,
granjas sociales, grupos de compra solidaria, comedores para los pobres, etc.).
• La tierra es un bien común: no es solo una necesidad para producir alimentos,
es un territorio entendido como una posibilidad de un nuevo modelo de
convivencia, de desarrollo centrado en la generación de comunidades
económica, ecológica y socialmente justas y sostenibles . La agricultura social
es una de las prácticas de inclusión y bienestar para una socialidad diferente.
• La agricultura familiar y comunitaria como formas de economía sostenible, que
preservan el territorio y son un recurso para el cuidado y el uso sostenible de la
Tierra (aunque hay que vigilar el respeto de los derechos, en particular de los
menores).
Otras prácticas que deben compartirse y promoverse son:
- las luchas por la defensa del agua como bien común, gestionado por el
sector público y no comercializable;
- Integración de los marginados en los distintos procesos que les afectan
- Educación y formación continua universal para garantizar los derechos
- Sistematizar y poner en red las prácticas y las luchas y cuestionar las
normas y prácticas de la trata de personas, que es un fenómeno global
que afecta a varios países
- Necesidad de crear experiencias de intercambio entre las prácticas
internacionales
- Crear interconexiones con otros movimientos por la paz de la
Constituyente de la Tierra
- Necesidad de reconstruir una relación sólida entre los movimientos
sindicales internacionales
- Activar acciones para romper los bloqueos y los asedios con el fin de
llevar ayuda humanitaria y apoyo a la afirmación de los derechos (por
ejemplo, flotillas, apoyo a la plantación de olivos ).
- Necesidad de alianzas entre trabajadores y pequeños productores.
- Necesidad de sensibilizar a los productores y consumidores sobre las
prácticas de la agroecología hasta las prácticas de los biodistritos
La agenda
1. 2. 3. 4. 5. Desmantelar la doctrina de la seguridad del enemigo interno. Frente a la
represión, la estigmatización y la criminalización de los movimientos
sociales y populares. Contrarrestar la persecución y criminalización de la
protesta social legítima y no violenta.
Frenar la mercantilización, la concentración y la extranjerización de la
tierra y los bienes comunes frente al modelo extractivista y agroindustrial,
y al agronegocio que favorece la gran acumulación del capitalismo que ha
generado el despojo de los pueblos
Reconocimiento de la autonomía, la soberanía y la autodeterminación de
los pueblos en sus construcciones territoriales.
Delimitación y protección del territorio vital de los pueblos no
contactados.
Llevar adelante la realización de la reforma agraria integral y popular con
la agroecología para la soberanía alimentaria, con dos objetivos
principales: enfriar el planeta y alimentar al mundo. Garantizar la
permanencia y la supervivencia de los pueblos en sus territorios, para el
desarrollo integral de las poblaciones indígenas y campesinas, con un uso
y una propiedad de la tierra colectiva o comunitaria, decidida de manera
autodeterminada. La reforma agraria integral también exige:
a. Titularidad de la tierra
b. Protección de los territorios indígenas
c. Contrarrestar la aplicación del principio de necesidad pública e
interés nacional para influir en los territorios a favor de las
actividades extractivas
6. Que los pueblos controlen la distribución y comercialización de bienes y productos
7. Fortalecimiento del cooperativismo y los fondos públicos como parte de la economía campesina y popular
8. ¿Cómo protegernos de la agroindustria? Cuidado y protección de las
semillas autóctonas y sus usos ancestrales
9. A través de la consulta previa libre e informada de los pueblos negros, indígenas y campesinos, mantener la resistencia de la lucha y la movilización y la recuperación de las tierras expropiadas como acción legítima.
10. Es necesario que los Estados reconozcan los derechos de los pueblos en la declaración de la ONU sobre los campesinos de la UNDROP
11. Construcción del poder popular
12. Sistematizar y poner en red las prácticas y las luchas y cuestionar las normas y prácticas de la trata de personas, que es un fenómeno global que afecta a varios países:
a. organizar nuestra negación fundamental del sistema capitalista, sin
integrarnos en los intereses y el estado
b. lanzar acciones para atacar las fronteras, los bancos, las
infraestructuras (transporte, comunicación) del capital
c. Reunirnos entre movimientos populares cada dos años, crear un
comité que pueda dar continuidad a nuestras actividades, mejorar
nuestra cooperación mundial para una organización más sincera
(para la reflexión)
d. Profundizar nuestras reflexiones: los problemas del mundo son
existenciales, nuestras reflexiones deben volverse más
existenciales e.
13. Involucrar a los jóvenes en los movimientos populares.
14. Educación política sobre agroecología, falsas soluciones, vida, agua, reparaciones climáticas, comunidades rurales, unidad.
15. Educación económica, social, política y formativa con un enfoque de abajo hacia arriba.
16. Desarrollo profesional.
17. Diálogo con la Iglesia sobre reparaciones, la corona y las corporaciones.
18. Fortalecimiento de la protección de los migrantes climáticos y los
migrantes en general.
19. Generar una estrategia para que los recursos se entiendan como bienes comunes.

Los próximos pasos concretos
Cita con la Constituyente de la Tierra
Movimientos por la paz: en primavera, Uruguay
Página web
Intercambios internacionales sobre prácticas
Cita anual del EMMP
—————————

Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>