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Chiude a Cagliari l’Università della terza età

Un “bene comune” da salvaguardare e rilanciare nell’interesse degli anziani e di tutti i cittadini.
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di Franco Meloni
L’Università della terza età di Cagliari chiude definitivamente i battenti il 31 del mese. Lo ha comunicato in questi giorni il suo direttore, Cristiano Ardau, agli studenti, soprattutto studentesse, tutti o quasi ultrasettantenni, al termine di una lezione in una serata che sembrava volgere al termine nell’assoluta normalità. È stato un autentico “fulmine a ciel sereno”, che nessuno si aspettava. Certo destava perlomeno qualche sospetto l’assenza dalla sede dei titolari della gestione dell’Università (da ora in poi la chiameremo in prevalenza “Scuola”) che ormai si prolungava da tempo. Li si sapeva in Francia presso parenti. Intanto maturava un “buco” nei conti della Scuola, non si conosce, allo stato, di quali dimensioni e neppure di chi sia la responsabilità. Sembra che su tutto stia indagando la Guardia di Finanza, che avrebbe (il condizionale è d’obbligo) deciso di porre i sigilli ai locali (che comunque saranno riconsegnati alla proprietà), al fine di proseguire in tranquillità i doverosi accertamenti e soprattutto di impedire ulteriori perdite finanziarie. Si sa, i finanzieri, come i carabinieri, “non sono certo di cuore tenero”, come giusto che sia, e che comunque, ne siamo sicuri, “procederanno”. Seppure malvolentieri, perlomeno perché tra i frequentanti la Scuola ci sarà sicuramente qualche mamma/babbo, sorella/fratello, zia/zio o addiritura nonna/nonno di qualche finanziere a cui certo dispiacerebbe la chiusura della Scuola. Lo diciamo se non altro per un fatto di numerosità perché “Cagliari è piccola” e gli iscritti alla Scuola, ci dicono, siano oltre 250 persone, sebbene i frequentati assidui si aggirino intorno ai 200. Una bella realtà. La chiusura della Scuola li mette (o, speriamo, li metterebbe) in crisi perché per quasi tutti loro attualmente costituisce l’occupazione principale. Ma, mentre la Finanza fa il suo dovere, deve entrare in campo soprattutto la Politica. E di questo parliamo. Dobbiamo fare qualcosa, innanzitutto per loro, per gli anziani (chi scrive è tra questi), per il loro benessere psicofisico, ma è importante anche per lo Stato (e pertanto per tutti i cittadini), che a contribuire a mantenere efficienti gli anziani non ha che da guadagnare in termini di risparmio sulla “spesa sanitaria/sociale”. Partiamo dunque da questa certezza per noi e speriamo per molti: la Scuola deve continuare a vivere, senza soluzione di continuità, pertanto ne va scongiurata la paventata chiusura il 31 maggio.
Che fare allora?
Di seguito alcune idee, che allo stato appartengono solamente a chi scrive nonché alla redazione di Aladinpensiero, che sottoponiamo al direttore in carica e a un “Comitato degli iscritti”, che deve immediatamente costituirsi, se non ancora fatto.
È questa Entità che deve prendere in mano la situazione negoziando ogni possibile via d’uscita ragionevole e duratura. Con chi? In primis con la Regione sarda, che non solo è proprietaria dei locali, ma soprattutto ha competenza istituzionale primaria sulla gestione della cultura, in termini di suo sostegno pubblico. Anche quando la gestione concreta sia privata. Parliamo, infatti, nel nostro caso a buon diritto, di un “bene comune” da salvaguardare e garantire, ai sensi della Costituzione della nostra Repubblica (art. 118), al riguardo fondamentale riferimento del Codice del Terzo Settore, decreto legislativo 117/2017. Altro soggetto pubblico coinvolto (o comunque da coinvolgere) è il Comune di Cagliari, per ovvie ragioni prima organizzazione pubblica di rappresentanza dei cittadini. E poi è utile coinvolgere tutte le altre Entità anche private, ma in ogni caso di rilevanza e utilità pubblica, che hanno o possono avere un ruolo nella vicenda e che lo vogliano: pensiamo alle Associazioni socio-culturali di base, operanti in tutti gli aspetti della vita socio-culturale e financo religiosa delle nostre comunità. Tutte virtuosamente concorrenti al benessere dei cittadini.
Ma tecnicamente, cosa si potrebbe fare?
Si dovrebbe preliminarmente “isolare il debito”, determinandone l’effettiva consistenza e individuando le responsabilità della sua formazione (se sussistono), provvedendo a costituire una sorta di “bad company” che lo gestisca, con il suo ricupero a carico dei debitori o, in ultima istanza, della pubblica amministrazione (questione ovviamente da approfondire).
Così liberata dal gravoso fardello finanziario, la Scuola dovrebbe da subito essere affidata al predetto Comitato degli iscritti, che ne garantirebbe la continuità didattica nell’emergenza. Nel contempo, soprattutto per il proseguo, si dovrebbe affidare la gestione a un commissario ad hoc, espresso dalla stessa Scuola, fino alla formale costituzione di una apposita organizzazione di diritto privato sul modello delle tante Università della terza età presenti in Sardegna (e riunite in una entità di coordinamento regionale denominata UTE). Al riguardo, anche per vicinanza geografica e storici legami culturali si potrebbe far riferimento all’Universita’ della terza età di Quartu Sant’Elena (l’Universita’ della terza età di Quartu nacque nel 1986 per gemmazione di quella di Cagliari), recentemente riorganizzata in ottemperanza alle prescrizioni del già citato Codice del Terzo Settore, decreto legislativo 117/2017. Nel suo sito web si trova ogni utile informazione [https://www.univerquartu.it/index.php/chi-siamo/statuto2 ].
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Auguriamoci che tutto si risolva. Torneremo quanto prima sulla vicenda, che seguiremo passo dopo passo, giorno dopo giorno.
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(Franco Meloni, direttore di Aladinpensiero online)
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ZAMAGNI: APPLICARE NEL CONCRETO SOLIDARIETÀ E SUSSIDIARIETÀ
Zamagni: applicare nel concreto solidarietà e sussidiarietà https://www.politicainsieme.com/zamagni-applicare-nel-concreto-solidarieta-e-sussidiarieta/

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