Monthly Archives: novembre 2019

Oggi sabato 16 novembre 2019

sardegnaeuropa-bomeluzo3-300x211Sardegna-bomeluzo22sedia-van-goghGLI-OCCHIALI-DI-PIERO1-150x1501413filippo-figari-sardegna-industre-2senza-titolo1lampadadialadmicromicro1308a4e07f-332a-4423-9db7-283903fc0249democraziaoggi-loghetto
———————Opinioni,Commenti e Riflessioni———————
Sinistra: quale scintilla per il riscatto?
16 Novembre 2019
Gianfranco Sabattini su Democraziaoggi.
La sinistra democratica ha smarrito il senso dei suoi valori originari; in particolare, ha perso di vista l’obiettivo primigenio della sua ragion d’essere, ovvero il perseguimento, nella libertà, dell’equità distributiva tra i componenti del sistema sociale. La possibilità di riproporre oggi, in termini più comprensivi, questo valore, in alternativa ai valori propri dell’ideologia neoliberista […]

Che succede?

c3dem_banner_04
LA SINISTRA SPIAZZATA CONTRO I POPULISTI E IL BISOGNO DELL’IMPEGNO DEI CATTOLICI DEMOCRATICI

14 Novembre 2019 su C3dem
Alberto Melloni, su Repubblica, presenta e commenta un libro sui cristiano sociali (“Storia dei cristiano-sociali. Il sogno cattolico della sinistra”). Gian Enrico Rusconi, su La Stampa, sostiene che un impegno dei cattolici in politica è oggi necessario per battere i sovranisti (“Il bisogno di un partito cattolico”). Uno studio della Ipsos: “I cattolici italiani e la politica”. Giovanni Belardelli, sul Corriere della sera, parla de “Le paure che il Pd non comprende”; e Michele Salvati, sempre sul Corriere, spiega una ragione dell’impasse della sinistra: “Progressisti senza leader, spiazzati contro i populisti”. Fabio Martini racconta come “Il Carroccio assalta Bologna” (La Stampa). Un amaro editoriale di Stefano Folli su Repubblica evidenzia il declino dell’esecutivo trasformista giallorosso (“Dove porta il declino dei 5stelle”). Alessandro Campi, sul Messaggero, ragiona su “Un centro politico anti-radicalismi tra equivoci e virtù”. Sempre sul Messaggero Marco Conti parla di un accordo sulla legge elettorale: “Proporzionale con sbarramento al 5%. Intesa per essere pronti in caso di elezioni”. Sulla questione migrazione Luigi Ferrarella riferisce “Il doppio stop dei giudici al decreto Salvini sui migranti” (Messaggero) e Maurizio Ambrosini annota: “Italia-Libia, ancora manca discontinuità umanitaria” (Avvenire). Fabrizio Barca, “Ci salverà solo la giustizia sociale” (Repubblica).
——————————
SU I CATTOLICI, LA LEGA, RUINI, LA DC, IL CENTRO E LA SINISTRA

13 Novembre 2019 su C3dem
Nando Pagnoncelli, “Pochi cattolici vanno a messa, e in politica scelgono la Lega” (intervista a La Nazione). Giorgio Vittadini, “Ruini fa fare alla chiesa un passo indietro” (intervista a Repubblica). Stefano Ceccanti, “Fu la nostalgia a rovinare la sinistra dopo la caduta del Muro” (Il Riformista). Gianfranco Rotondi, “Domani riformiamo la Dc. Mara Carfagna premier ideale” (intervista al Mattino). Raniero La Valle, “Il Muro e il pensiero” (chiesadeipoveri). Giorgio Tonini, “Sinistra e Centro dopo il Muro” (L’Adige). Goffredo Bettini, “O si cambia o si muore. M5s e Iv lo devono capire” (intervista a Repubblica). Massimo Cacciari, “Il Pd è in confusione, Salvini può stravincere” (intervista a Libero). Davide Allegranti,“Gli ex renziani del Pd lavorano per fare di Gori l’anti-Zinga” (Foglio). Alessandro Campi, “L’alleanza innaturale e la tentazione delle urne” (Messaggero).
———————————–

Newsletter

logo76Newsletter n. 170 del 15 novembre 2019

RIPUDIO DELLA DIALETTICA

Care Amiche ed Amici,
[segue]

Oggi venerdì 15 novembre 2019

sardegnaeuropa-bomeluzo3-300x211Sardegna-bomeluzo22sedia-van-goghGLI-OCCHIALI-DI-PIERO1-150x1501413filippo-figari-sardegna-industre-2senza-titolo1lampadadialadmicromicro1308a4e07f-332a-4423-9db7-283903fc0249democraziaoggi-loghetto
———————Opinioni,Commenti e Riflessioni———————
ee0c9cf3-5de9-4f1c-96b3-a979a3ba774d
Intervista a Massimo Villone. Taglio dei parlamentari, legge elettorale, autonomia differenziata sotto la lente di un costituzionalista irriverente
15 Novembre 2019
Andrea Pubusa su Democraziaoggi.
Massimo Villone, autorevole costituzionalista e presidente del Coordinamento per la democrazia costituzionale, è venuto ieri a Cagliari, su invito di CoStat-ANPI e Scuola di cultura politica “Francesco Cocco”, per tenere una conferenza sull’attualità istituzionale. Ne ho approfittato per intervistarlo. Ecco il risultato.
- Caro Massimo, sul taglio dei parlamentari i meno giovani ricordano che l’idea […]
——————giovedì 14 quasi venerdì 15 novembre 2019——
Riflessioni quasi notturne.
ape-innovativaIl professor Massimo Villone parla semplice e chiaro, anche quando le cose sono complicate. E riesce a comunicare egregiamente grazie alla sua schietta napolinità, che mostra un viso rassicurante perfino sorridente anche quando dice cose tremende. E sarebbe? Beh, ci ha detto che chi detiene il potere vero in Italia ha già deciso che il Nord e il Centro (protagoniste le Regioni Lombardia, Veneto e Emilia Romagna) devono mollare il Sud per congiungersi alle regioni forti dell’Europa. Se fossero andati in porto gli accordi stipulati alla fine della scorsa legislatura dal sottosegretario Pd Bressa del Governo Pd Gentiloni con le tre nominate Regioni, si sarebbe certificata una vera e propria secessione a vantaggio del Nord contro il Sud, con una iniqua distribuzione di risorse a favore del Nord, in certa parte sottratte al Sud, anche quando prodotte al Sud (lampante l’esempio delle Imprese che producono al Sud che fiscalmente hanno sede al Nord). Il colpaccio stava riuscendo perché il successivo Governo giallo-verde si muoveva in continuità con il ministro leghista, Erika Stefani, perfettamente schierata con Zaia. Il cambio di governo poteva segnare lo stop di questa vicenda, ma l’attuale ministro Pd Francesco Boccia, sembra incapace di arginare questa deriva. E perché? Perché queste decisioni sono già state prese altrove. I processi sono stati rallentati, ma tutto va in una direzione che appare inesorabile. Che fare? Che fare soprattutto in Sardegna per la Sardegna? Dice Villone: “cari sardi avete ragione a difendere la vostra autonomia speciale, ma non illudetevi, dovete scegliere da che parte stare. Posto che l’isolamento comunque vi danneggerebbe, dovete scegliere se inseguire il Nord o fare alleanze con il resto del Sud. Ma sappiate che il Nord non vi vuole e che non vi resta che stare con il Sud. Cioè stare con i poveri contro i ricchi”. Che facciamo allora noi sardi? Intanto approfondiamo l’analisi e poi cerchiamo di ragionarci sopra e cerchiamo strade politiche percorribili con qualche possibilità di successo. Ma, ci chiediamo anche: noi sardi chi? Chi siamo? La maggioranza dei sardi come la pensa, se pure pensa. Quanti eravamo oggi riuniti siamo solo noi o rappresentiamo molti altri. E quanti? Siamo solo “profeti disarmati”? Come dice Villone ognuno faccia la sua parte. E noi del CoStat la faremo. Ci può bastare forse per non ripiegare nel privato e invece continuare con più vigore e convinzione una battaglia politica.

Referendum, referendum!

coordinamento
Chiediamo ai Deputati e ai Senatori di sottoscrivere la richiesta di referendum costituzionale per garantire agli elettori che possano decidere con il referendum (ex articolo 138) se approvare o, come noi crediamo, respingere il taglio dei parlamentari, votato dal parlamento.
———————————
Come nel 2016 solo il voto dei cittadini può decidere su questa modifica della Costituzione.
Il taglio dei parlamentari è motivato dai risparmi, ma in realtà è un paravento che serve a nascondere che vengono scaricate solo sul parlamento le responsabilità della crisi di funzionamento di tutto il sistema democratico italiano.
Nella nostra Costituzione il parlamento ha un ruolo fondamentale di rappresentanza dei cittadini, pena la crisi del sistema istituzionale che caratterizza la nostra democrazia. Avevamo chiesto ai parlamentari di esaminare alternative a questa scelta ma non ci è stato consentito. Per riequilibrare gli effetti del taglio dei parlamentari ora si vorrebbero introdurre altre modifiche alla Costituzione. Tuttavia queste modifiche non correggono gli errori e gli effetti del taglio dei parlamentari e per di più è buio pesto sulla legge elettorale, che noi ribadiamo deve essere proporzionale e garantire ai cittadini il diritto di scegliere direttamente i propri rappresentanti e di chiudere la fase dei nominati dai capi.
Il taglio dei parlamentari sommato alle norme elettorali in vigore apre una ferita nella capacità di rappresentare i cittadini, i territori, le posizioni politiche esistenti nel paese e di fatto crea per legge una maggioranza parlamentare che potrebbe avere in futuro i numeri anche per cambiare da sola la Costituzione.
Promuovere il referendum costituzionale costringerebbe ad affrontare la riforma elettorale.
Dopo il porcellum, dichiarato incostituzionale, anche il rosatellum ha dato pessima prova e la legge elettorale voluta dalla Lega, da applicare dopo il taglio dei parlamentari, ne perpetua i difetti distorcendo la rappresentanza.
Inoltre la Lega ha forzato nelle regioni dove è al governo per promuovere un referendum abrogativo per cancellare il proporzionale e per di più non nasconde di volere l’elezione diretta del Presidente della Repubblica, vagheggiata da Salvini addirittura per il 2029.
Legge elettorale ipermaggioritaria e presidenzialismo sono due obiettivi della Lega. Anche se questa iniziativa della Lega non dovesse essere ammessa dalla Corte obbliga a mettere in campo una alternativa chiara che rafforzi la Costituzione e approvi una legge elettorale proporzionale come mezzo per ricostruire un rapporto di fiducia tra parlamentari e elettori.
Oggi il rapporto tra parlamento e governo è di fatto capovolto, al punto da fare approvare al parlamento leggi che non solo non possono essere modificare ma neppure lette.
L’obiettivo del taglio dei parlamentari e di un esasperato maggioritario è un parlamento più piccolo ma ancora più obbediente ai capi.
La centralità del parlamento è seriamente a rischio e da qui potrebbe partire una deriva centralizzatrice e autoritaria.
Per questo occorre consentire ai cittadini di esprimersi sul taglio dei parlamentari e obbligare ad approvare una nuova legge elettorale proporzionale.
Coordinamento per la Democrazia Costituzionale
————–
FIRMATE LA PETIZIONE CHE CHIEDE AI SENATORI E AI DEPUTATI DI PROMUOVERE IL REFERENDUM COSTITUZIONALE SUL TAGLIO DEI PARLAMENTARI, CONTATTATE DIRETTAMENTE QUELLI CHE CONOSCETE. PER FIRMARE LA PETIZIONE PROMOSSA DAL COORDINAMENTO ANDATE SU QUESTO INDIRIZZO DI CHANGE ORG: http://chng.it/7tjW5mFz2B
————–
villone-bis-14-nov-19

Oggi giovedì 14 novembre 2019

villone-bis-14-nov-19
sardegnaeuropa-bomeluzo3-300x211Sardegna-bomeluzo22sedia-van-goghGLI-OCCHIALI-DI-PIERO1-150x1501413filippo-figari-sardegna-industre-2senza-titolo1lampadadialadmicromicro1308a4e07f-332a-4423-9db7-283903fc0249democraziaoggi-loghetto
———————Opinioni,Commenti e Riflessioni———————
Oggi dibattito sui temi istituzionali con Villone
14 Novembre 2019
Carlo Dore jr. su Democraziaoggi.
Oggi si svolge a Cagliari un incontro sulle nostre istituzioni, sottoposte a continua pressione dalle forze politiche. Gli interrogativi sono tanti e molto seri. Ci aiuta a capire e dare risposte Massimo Villone, autorevole costituzionalista, presidente del Coordinamento per la democrazia costituzionale. Ecco alcuni spunti per il dibattito in questa riflessione di Carlo Dore jr.[…]

Appello di Greenpeace

unnamed
unnamedCiao a tutti,
l’acqua record a Venezia, ma anche le inondazioni a Matera e Gallipoli: da nord a sud, l’Italia è colpita da fenomeni climatici estremi.
Siamo con l’acqua alla gola, e quello che gli scienziati hanno da tempo previsto si sta verificando: un susseguirsi di eventi meteo sempre più estremi, violenti e frequenti, come conseguenza dei cambiamenti climatici.
Ecco perchè, mentre chiediamo ai politici di fornire immediatamente supporto alle persone colpite da questi eventi estremi, dobbiamo anche pretendere che intervengano rapidamente sulle cause che li hanno scatenati.
L’emergenza climatica che stiamo affrontando ha bisogno di vero coraggio, non di parole ipocrite e provvedimenti di facciata.
I Governi, compreso quello Italiano, devono scegliere se ascoltare la scienza e mettere subito in campo provvedimenti per evitare altri disastri climatici, oppure continuare a finanziare e supportare chi inquina, a partire dalle grandi aziende che bruciano gas, petrolio e carbone, principali responsabili dell’emergenza climatica.
In questo momento, prendere posizione è importante per il futuro del nostro Pianeta. UNISCITI A NOI.

Oggi mercoledì 13 novembre 2019

sardegnaeuropa-bomeluzo3-300x211Sardegna-bomeluzo22sedia-van-goghGLI-OCCHIALI-DI-PIERO1-150x1501413filippo-figari-sardegna-industre-2senza-titolo1lampadadialadmicromicro1308a4e07f-332a-4423-9db7-283903fc0249democraziaoggi-loghetto
———————Opinioni,Commenti e Riflessioni———————
Il referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari è molto probabile, prepariamoci
Alfiero Grandi su Democraziaoggi.
villone-bis-14-nov-19Giovedì 14 alle ore 17 nella sala dello Studium Franciscanum via Principe Amedeo n. 22, Massimo Villone, noto costituzionalista, presidente del Coordinamento per la democrazia costituzionale (ex Comitato per il NO) sarà relatore in un incontro-dibattito organizzato dal CoStat, dall’ANPI e dalla Scuola di cultura politica Francesco Cocco. Si parlerà dei temi istituzionali […]
————————————————
A volte la politica è semplicemente (in) sensata
13 Novembre 2019 su Democraziaoggi.
Pietro Casula, Presidente Movimento per la Sardegna – Sardi nel mondo -
La Regione Sarda, con un enfatico comunicato della Presidenza, ha annunciato l’intenzione di costruire 121 falsi nuraghi nelle sedi dei circoli degli emigrati sardi nel mondo. Ecco un commento che ci viene da Neuss – Renania Settentrionale-Vestfalia – Germania.
A volte e quando […]
———————————————————————————-
villone-bis-14-nov-19

Economie Trasformative: verso il Forum mondiale di Barcellona 2020

image001Breve nota del Primo Incontro italiano verso il FORUM SOCIALE DELLE ECONOMIE TRASFORMATIVE – FSMET 2020

Oltre 100 persone da oltre 120 realtà, 14 reti e 15 Regioni: l’Assemblea di Roma (9 novembre 2019) verso il Forum Mondiale delle economie trasformative di Barcellona 2020 è stata una giornata intensa di lavoro per preparare la partecipazione italiana all’evento del prossimo giugno in cui si proverà a rilanciare, mettere in connessione e far conoscere le migliaia di pratiche che intendono contrastare il paradigma estrattivo dell’economia e della finanza neoliberista mettendo le comunità, i territori, i diritti e i desideri al centro del fare e del condividere quotidiano. [segue]

Cina – Hong Kong: che succede?

hon-kong-logo
Hong Kong e la possibile fine del principio “un paese, due sistemi”

di Gianfranco Sabattini

Il primo luglio 1997 la sovranità di Hong Kong è stata trasferita dalla Gran Bretagna alla Cina; un trasferimento definito nel Regno Unito “Devoluzione” (“Handover”), ma in Cina “Riunificazione”, o “Ritorno”. Se con la Devoluzione Hong Kong ha continuato a conservare, almeno sul piano formale, uno status istituzionale e politico particolare all’interno della Repubblica Popolare Cinese, il rapporto degli abitanti della città portuale con il resto del Paese si è sempre conservato difficile, nonostante che la Cina garantisse al sistema di governo di Hong Kong una larga autonomia secondo il principio “un paese, due sistemi”. Sulla base di tale principio, Hong Kong è rimasta sino ad oggi la città più libera della Cina, l’unica in cui è stato possibile celebrare ogni anno i morti della strage di Piazza Tienanmen, nel 1989.
Dal punto di vista amministrativo, Hong Kong è una delle due “Regioni Amministrative Speciali” della Repubblica Popolare cinese; l’altra è Macao, ex colonia portoghese, che è “tornata” a far parte della Cina nel 1999; ma rispetto ai circa 500.000 abitanti di Macao, Hong Kong è una metropoli con quasi sette milioni di residenti, su un territorio di 1.100 chilometri quadrati, facenti do questa città portuale una delle aree più densamente popolate del mondo.
Le proteste scoppiate nel corso del 2019 contro l’emendamento alla “legge sull’estradizione” non rappresentano che uno dei motivi del profondo attrito esistente tra Hong Kong e Pechino, in vista dell’avvicinarsi della data in cui l’autonomia della città dal governo centrale, sulla base degli accordi del 1997, volgerà al termine. Nel 2047, infatti, Hong Kong cesserà di avere standard politici, economici e istituzionali diversi e più autonomi rispetto al resto della Cina; fatto, questo, che non ha mai cessato di preoccupare l’opinione pubblica hongkonghese, dato che Pechino ha sempre dimostrato l’intenzione di ridurre, anche se in modo quasi impercettibile, il grado di autonomia del grande porto.
Le proteste iniziate con il rifiuto dell’emendamento alla legge sulle estradizioni, anche se successivamente sospesa, si sono trasformate in un’opposizione all’ingerenza sempre più accentuata di Pechino nel governo della città; si tratta di proteste che riflettono quanto i contenuti dell’accordo del 1997 tra Regno Unito e Cina siano diventati sempre più critici. Cosa temono gli abitanti di Hong Kong dell’emendamento? Cosa spinge i manifestanti alla protesta? A cosa ambisce la Cina?
Non a caso, dopo l’emendamento alla legge sull’estradizione, Carrie Lam, che guida l’Esecutico di Hong Kong, è stata accusata più volte di aver ceduto, da quando è in carica, alle pressioni di Pechino. A Hong Kong sono oggi in vigore leggi sull’estradizione basate su accordi bilaterali stretti con diversi Paesi, tra i quali non rientrano però, né la Cina continentale, né Macao, né Taiwan. L’emendamento alla legge, che è all’origine delle proteste, cambierebbe lo status quo, perché renderebbe l’estradizione possibile per determinati reati, come l’omicidio o la violenza sessuale (pur senza che sia estesa ad altri tipi di crimini, in particolare a quelli legati alla sfera economica e fiscale). Gli hongkonghesi temono, però, che le richieste di estradizione verso la Cina continentale diano adito a violazioni dei diritti umani e possano essere usate come pretesto per colpire i dissidenti politici cinesi rifugiatisi a Hong Kong.
Le proteste sono divenute un tema centrale delle preoccupazioni delle autorità cinesi, in un momento particolarmente delicato per la Repubblica Popolare chiamata, oltre che alla cura della sua posizione nel mercato globale, a dover fronteggiare numerose sfide interne per il mantenimento della stabilità e dell’integrità dello Stato; è questa la ragione per cui, a fronte delle proteste provenienti da Hong Kong, si rafforza la propensione di Pechino ad adottare risposte sempre più dure e repressive nei confronti di qualsiasi tipo di contestazione.
hong_kong_in_china_zoomed
Per il momento, le autorità di Hong Kong sono riuscite ad evitare l’intromissione cinese nelle questioni che riguardano la sicurezza della loro Città-Stato; da metà agosto, tuttavia, Pechino ha dislocato contingenti di truppe a Shenzhen, sul confine continentale di Hong Kong. Lo schieramento delle truppe è valso a diffondere, tra gli abitanti di Hong Kong, la convinzione che sia giunto il momento di cominciare a negoziare con la madrepatria il mantenimento del grado di autonomia di cui ora la città gode. Poiché, per la Cina, stabilità e sicurezza sono legate a doppio filo con i propri obiettivi “imperiali”, esiste il rischio concreto che, in nome della stabilità, la leadership comunista cinese accentui il grado di ingerenza nella modalità di governo della società civile di Hong Kong, incrementando nel corso dei prossimi mesi intromissioni in un territorio considerato instabile.
In realtà, tali intromissioni sono state ritenute fonte di preoccupazione, sin dal momento della firma dell’accordo con la Gran Bretagna nel 1997; infatti, dopo la stipula della “Devoluzione”, Pechino ha subito pensato di poter gestire il “Ritorno” del porto alla patria cinese, usando – come afferma Giorgio Cuscito, in “Hong Kong oggi, ieri, domani” (“Limes”, 9/2019) – “la carota economica e il bastone politico”. L’ingerenza cinese nella gestione della vita politica hongkonghese, è avvenuta in variati modi, ma soprattutto attraverso l’approfondimento del legame con l’élite economica locale, il controllo delle procedure elettorali, l’attività del comitato permanente del Congresso Nazionale del Partito Comunista Cinese (in qualità di unico interprete della Basic Law, la mini-costituzione ereditata dalla precedente amministrazione inglese) e la pervasiva presenza del Partito in tutta l’area del porto.
Uno degli articoli della Basic Law prevede l’elezione a suffragio universale dello “Chief executive” (cioè del capo del governo locale) tra candidati scelti da “un comitato ampiamente rappresentativo, in accordo con le procedure democratiche”. Il governo cinese, però, interpreta il suffragio universale solo come modo di regolare la selezione dei candidati alla carica di Chief executive locale e non certo – come afferma Cuscito – come “un modo per assicurare alla regione un sistema democratico in stile occidentale”. Il suffragio universale è considerato da Pechino con occhio particolarmente preoccupato, in quanto l’integrale applicazione delle procedure democratiche “potrebbe alimentare nella Cina continentale la richiesta di maggiore libertà, che a sua volta potrebbe mettere a rischio la stabilità del Paese e quindi la sovranità del Partito Comunista Cinese”.
Sull’elezione del Chief executive locale secondo procedure democratiche, da anni si sono confrontate le due fazioni principali della società hongkonghese: quella filo-democratica e quella filo-cinese, rappresentate rispettivamente dal “Democratic Party” e dalla “Alliance for the Betterment and Progress of Hong Kong”. L’approfondirsi del confronto, soprattutto per merito del Democratic Party, ha costretto nel 2007 il Congresso Nazionale del Popolo della Repubblica Popolare Cinese a stabilire che le elezioni a suffragio universale dello Chief executive locale si sarebbero tenute nel 2017; ma, una larga parte degli hongkonghesi ha ritenuto che le procedure avviate con il placet di Pechino per lo svolgimento delle elezioni non fossero “genuinamente democratiche”. Ha avuto così inizio, nel 2014, la “rivoluzione degli ombrelli”, una protesta pacifica durata 79 giorni, per ottenere una maggior democratizzazione delle procedure elettorali Simboleggiata dai famosi ombrelli gialli, alzati dai manifestanti per difendersi dai lacrimogeni della polizia).
Il risultato della protesta è stato l’ottenimento del rifiuto, da parte del Consiglio esecutivo di Hong Kong, del progetto elettorale approvato da Pechino. “Negli anni successivi, però, – osserva Cuscito – la protesta è proseguita, oltre che per la mancata concessione di procedure elettorali maggiormente democratiche, anche per il rallentamento del tasso di crescita dell’economia hongkonghese, l’aumento dei prezzi del mercato immobiliare e la sparizione e detenzione nella Cina continentale di alcuni dirigenti editoriali e librai hongkonghesi”.
hon-kong-logo
La crisi politica ed economica ha favorito la formazione di partiti più radicali di quelli precedentemente esistenti. Tra i nuovi partiti, ha aumentato il proprio “peso” politico il “Demosisto” (schierata a favore della democrazia e dell’autodeterminazione per Hong Kong), il cui esponente più noto, Joshua Wong, assurto a rappresentante e simbolo della rivolta hongkonghese, è impegnato a catalizzare l’attenzione internazionale sul significato e la legittimità delle aspirazioni del popolo di Hong Kong; un’attività, quella di Wong, che la Cina non può tollerare, non solo, come si è detto, per ragioni interne, ma anche e soprattutto perché ne avverte la portata propagandistica, in grado di ostacolare, in questo particolare momento di tensione con gli Stati Uniti, la politica dell’attuale Segretario Generale del Partito Comunista Cinese e Presidente della Repubblica Popolare Cinese, Xi Jinping, volta a consolidare e promuovere ulteriormente la posizione di leader globale della Cina.
Per preservare la stabilità della regione, rimuoverne le aspirazioni democratiche degli hongkonghesi e confermare la validità del modello basato sul principio “un paese, due sistemi”, Pechino, anche in vista del “Ritorno” di Taiwan, intende portare avanti, a parere di Cuscito, due strategie di azione politica. La prima di queste strategie consiste “nella graduale integrazione di Hon Kong nella cosiddetta “Area della Grande Baia Allargata”, comprendente anche Macao e nove città del Guangdong” (una provincia quest’ultima, avente per capoluogo Canton e situata sulla costa meridionale della Cina). La Grande Baia dovrebbe diventare un vasto agglomerato urbano in cui fare affluire capitale umano, risorse e servizi per promuovere il rilancio del Porto Profumato (è questo il significato della denominazione di Hong Kong) e affievolire una delle cause della protesta, quella riconducibile alla crisi economica attuale della metropoli orientale. La seconda strategia consiste nell’offrire al governo locale di Hong Kong la possibilità di assegnare all’intera area portuale il ruolo di “’superconnettore’ tra la Repubblica Popolare e il resto del mondo lungo le nuove vie della seta, sommo progetto geopolitica di Xi”.
Al di là delle strategie (o promesse) di Pechino per sedare la protesta del popolo hongkonghese, resta tuttavia il fatto che la Cina non tollererà mai che l’azione degli “ombrelli gialli” possa mettere in pericolo la propria stabilità interna, o possa creare ostacoli all’attuazione della sua attuale aspirazione a divenire un protagonista globale sul piano economico e politico. Ne è prova, come riporta Cuscito, il fatto che, in occasione della cerimonia d’insediamento di Carrie Lam a capo del governo locale, Xi Jinping ha avuto modo di affermare che “qualunque tentativo di mettere in pericolo la sovranità nazionale e la sicurezza, di sfidare il governo centrale e l’autorità della Basic Law e di usare Hong Kong per attuare operazioni di infiltrazione e sabotaggio contro la Cina continentale” sarebbe stato considerato come un atto oltre ogni limite di tolleranza.
In conclusione, a meno di stravolgimenti in senso democratico del regime politico cinese, è fondato prevedere che, nei prossimi anni, il grado di autonomia della quale potrà godere Hong Kong dipenderà dal successo della Cina nel conseguimento di tre obiettivi ritenuti prioritari dalla sua attuale dirigenza politica: innanzitutto, quello connesso all’ulteriore crescita economica, attraverso l’attuazione del progetto delle vie della seta; in secondo luogo, il pacifico “Ritorno” anche di Taiwan, sempre nella prospettiva dell’applicazione del principio “un paese, due sistemi” (obiettivo che Il Partito Comunista Cinese vorrebbe conseguire prima del 2049, anno che segna il centenario della fondazione della Repubblica Popolare); in terzo luogo, non perdere il confronto commerciale, tecnologico e militare con gli Stati Uniti.
Se la Cina non dovesse raggiungere questi obiettivi, e soprattutto se mancasse di realizzare il “Ritorno” pacifico di Taiwan, agli abitanti di Hong Kong non resterà, forse, che adattarsi a vivere secondo standard politici, economici e istituzionali ai quali sono costretti, senza se e senza ma, gli Uiguri della Regione Autonoma dello Xinjiang, e gli abitanti della Regione Autonoma del Tibet.
——————

Punta de billete – Save the date – Ricordati e prendi nota

2019-11-22-cattedrali-nel-tempo-invito

Oggi martedì 12 novembre 2019

sardegnaeuropa-bomeluzo3-300x211Sardegna-bomeluzo22sedia-van-goghGLI-OCCHIALI-DI-PIERO1-150x1501413filippo-figari-sardegna-industre-2senza-titolo1lampadadialadmicromicro1308a4e07f-332a-4423-9db7-283903fc0249democraziaoggi-loghetto
———————Opinioni,Commenti e Riflessioni———————
Il referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari è molto probabile, prepariamoci
12 Novembre 2019
Alfiero Grandi su Democraziaoggi.
villone-bis-14-nov-19Giovedì 14 alle ore 17 nella sala dello Studium Franciscanum via Principe Amedeo n. 22, Massimo Villone, noto costituzionalista, presidente del Coordinamento per la demovrazia costituzionale (ex Comitato per il NO) sarà relatore in un incontro-dibattito organizzato dal CoStat, dall’ANPI e dalla Scuola di cultura politica Francesco Cocco. Si parlerà dei temi istituzionali […]
————————————————

Dell’odierno convegno sul metano

convegno-metanoUn non resoconto. Interventi dopo l’introduzione di Marco Ligas e le relazioni di Michele Carrus e Stefano Deliperi: Maria Antonietta Mongiu, Cristina Ibba, Fernando Codonesu, i giovani di FFF Samed Ismail e Alice Beccari, Vincenzo Tiana, Antonello Muscas, Giovanni Meloni, Giacomo Meloni, Claudia Zuncheddu, Pierluisa Castiglione, Salvatore Lai, un cittadino informato. Chiudono Marco Ligas, Michele Carrus, Stefano Deliperi.
——————-
ape-innovativaUn interessante, utile e partecipato convegno. Ci sarà tempo per commentare i diversi interventi. Per ora solo alcune osservazioni. [segue]

Che succede?

sardegna-dibattito-si-fa-carico-181x300Di dibattiti sardi.
Tonino Dessì su fb.
Non è che mi senta stimolato a partecipare o ad andare a ruota della discussione aperta su La Nuova Sardegna.
Poi i circuiti chiusi li trovo respingenti.
Nemmeno però voglio polemizzare con chi invece (legittimamente e con buona volontà innegabile) ha manifestato le proprie idee in quella sede.
Mi preme solo, come riepilogo di cose che ho già scritto più volte, precisare alcuni temi, sperando di non rendermi troppo antipatico.
[segue]

MetanoNO MetanoSI Dibattito

metano-11-11-19A chi serve il metano? Incontro pubblico per presentare le ragioni di chi è favorevole e di chi è contrario.
Su il manifesto sardo. – La pagina dell’evento in fb.
Tra gli interventi in programma quello di Fernando Codonesu, ingegnere, esponente del CoStat, che volentieri anticipiamo, dando assicurazione che la nostra News darà spazio nei prossimi giorni ai contributi degli altri relatori e di quanti parteciperanno al dibattito nel Convegno.
—————————————————–
C’è una alternativa al metano? C’è una alternativa al metano percorribile concretamente in Sardegna?
di Fernando Codonesu
metano-pubblicitaquestion-mark-blue-1630386

Se si fa una discussione seria sulle fonti energetiche e non si mettono nello stesso calderone fonti energetiche non confrontabili tra loro come fonti fossili e fonti rinnovabili, compresa l’energia nucleare da fusione, per esempio, la risposta è una sola: il metano serve a tutti.
Nella situazione storica che stiamo vivendo e pur confidando, ma al contempo tenendo i piedi saldamente per terra, sul fatto che i propositi di transizione energetica verso le rinnovabili venga seguito e implementato dalla maggior parte dei paesi che si riconoscono nell’ONU, oggi il metano serve ancora a tutti: consumatori, industria, agricoltura, servizi e sistema paese tutto intero.
Serve oggi e ancora per molti decenni perché la transizione energetica, ammesso e non concesso che vada avanti secondo i desiderata dell’Unione europea e di qualche altro paese lungimirante, richiederà tempi medio lunghi, stimabili in non meno di 100 anni. Sicuramente alla fine del secolo un processo del genere, anche se partisse unanimemente da ora, sarebbe ancora in corso.
Non si dimentichi, tanto per ricordare qualche fatto noto, che in Sardegna si parlava di due impianti di rigassificazione ben 40 anni fa: uno doveva essere realizzato a Porto Torres e un altro nell’area della Saras.
Intanto di che cosa parliamo? [segue]