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4aa647d9-1bd8-4316-96db-ddd07abc25edKAMALA HARRIS UN PASSO SULLA STRADA GIUSTA
di Marino de Medici

Scegliendo Kamala Harris [nella foto] come candidata alla vicepresidenza, Joe Biden ha praticamente messo in cassaforte la sua elezione a presidente degli Stati Uniti. La sua scelta è totalmente in funzione dell’elezione presidenziale ed ha poco a che vedere con programmi di governo della prossima amministrazione democratica. Kamala assicura l’ingrediente fondamentale per l’elezione, l’unità del partito. La compagine democratica ha tutto quello che aspirava ad avere: un candidato presidenziale dotato di umanità e decenza (caratteristiche delle quali Donald Trump è assolutamente sprovvisto), una candidata alla vicepresidenza che garantisce il voto di una maggioranza della donne, della minoranza di colore (il padre è della Giamaica), delle etnie di provenienza asiatica (la madre è Indiana) e della California, poderosa riserva del partito democratico. A Trump restano i vecchi bianchi del Midwest, poco, molto poco per strappare un’elezione con una Ave Maria in extremis.
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A cinquantacinque anni, Kamala Harris incarna una nuova generazione di leader, un requisito che lo stesso Biden, che avrà 78 anni nel dell’inaugurazione, ha additato come essenziale per il futuro dell’America. Secondo, Kamala è la prima donna nera e sud-asiatica a figurare nella lista di candidature nazionali di un partito maggiore. Terzo, è l’esponente del Senato che ha fatto dell’eguaglianza razziale il caposaldo della sua carriera politica di pari passo con la riforma degli apparati di polizia.

Scegliendo Harris, il candidato presidenziale ha giocato una carta sicura. Per molti aspetti, era una giocata ampiamente prevista. Ma c’e’ un altro aspetto che conferisce un valore aggiunto alla scelta di Biden. Kamala Harris si era distinta per un deciso attacco al passato legislativo di Biden quando nel corso di un dibattito televisivo lo aveva accusato di aver adottato una posizione ambigua, non lontana dalla resistenza oltranzista dei segregazionisti, in merito all’impiego del “busing” per l’integrazione delle scuole. Biden aveva dovuto correre ai ripari, non senza conseguenze avverse. Scegliendo Harris, Joe Biden ha provato di non avere paura di donne dotate di un forte carattere. Kamala aveva imbarazzato Biden al punto che questi le aveva rivolto una battuta scherzosa: “vacci piano su di me, ragazzina!” Ma Kamala Harris è fatta così, con il temperamento di un pubblico ministero che va dritto sulla strada della giustizia, quella sociale in primis.

Ed ora il discorso mette a fuoco, fatalmente, la realtà storica che il vicepresidente è in molti casi l’erede designato alla guida della nazione. Tutto depone a favore di un simile viatico politico per Kamala Harris, anche in virtù delle forti ambizioni che la contraddistinguono. Quelle ambizioni l’hanno portata a divenire la prima District Attorney (procuratore distrettuale) di colore in California, la prima donna eletta alla carica di Attorney General (ministro della giustizia) dello stato della California ed infine la seconda donna di colore eletta senatrice a Washington.

Kamala Harris insomma fa storia. In particolare, si è distinta per una inconsueta combinazione di progressivismo per la giustizia sociale e di conservatorismo nell’amministrazione della giustizia, al punto che molti l’hanno accusata di aver usato il pugno duro anche ai danni di imputati di colore. Ed ancora, ha ripetutamente dimostrato di non temere critiche per la sua aggressività, una tratto caratteriale che le donne pagano a caro prezzo. Ne sa qualcosa Hillary Clinton.

Donald Trump non ha perso tempo nello scagliarsi contro la senatrice democratica accusandola attraverso un portavoce di essere una “phony” (falsa) appartenente alla “sinistra radicale”. In una conferenza stampa, il presidente ha caricato la dose accusando Kamala di essere “malvagia” e di aver mancato di rispetto a Biden nel dibattito televisivo degli aspiranti democratici. Tutto ciò da un uomo che non perde occasione per insultare i suoi avversari politici affibbiando loro nomignoli oltraggiosi. Il particolare curioso è che si è scoperto che a varie riprese (l’ultima nel 2013) Trump aveva fatto una donazione alla campagna di Kamala Harris per Attorney General in
California. Ma adesso Kamala è “malvagia” e Joe è un “lento” (slow Joe).

Molti americani già pregustano lo spettacolo di un dibattito tra Kamala ed il vero “slow”, il vicepresidente repubblicano Mike Pence, noto per il suo supino ossequio verso il presidente e la mancanza di doti oratorie. Kamala ha provato più volte di saper attaccare nei dibattiti, e lo stesso Biden lo ha sperimentato di persona. Questo non significa che Kamala Harris sia senza colpe e zone d’ombra nell’esercizio dei suoi mandati. Molti le rimproverano di non aver preso posizione nel 2014 in un acceso confronto in California per una riforma del codice penale che avrebbe ridotto le pene nei casi di crimini non violenti. Altri infine lamentano che Kamala ha spesso sottoscritto corsi di azione legislativi senza rischio.

In ogni caso, Kamala Harris avrà quattro anni a disposizione per dimostrare di che pasta è fatta. Resta il fatto che Joe Biden ha fatto la scelta giusta, quella di privilegiare la diversità dell’America e il desiderio di una maggioran