Oggi domenica 9 aprile 2017

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democraziaoggiLe primarie della risacca
Norma Rangeri – Il Manifesto 4.4.2017, ripreso da Democraziaoggi.
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gentrify-thisL’INCHIESTA
Movimenti europei contro la «gentrificazione»
Diritto alla città. Un numero crescente di cittadini di diversa estrazione sociale subisce un’espulsione fisica e simbolica dalle città. I quartieri sono investiti dalla speculazione immobiliare e finanziaria. In tutta Europa nascono movimenti che si ibridano con quelli per il diritto all’abitare. Un’agenda per rigenerare il patrimonio immobiliare, per la decrescita del turismo di massa, moratorie anti-sfratto, politiche anti-austerity.
Sandra Annunziata su il manifesto del 28 ottobre 2016. - segue –

gentrify-thisL’INCHIESTA
Movimenti europei contro la «gentrificazione»
Diritto alla città. Un numero crescente di cittadini di diversa estrazione sociale subisce un’espulsione fisica e simbolica dalle città. I quartieri sono investiti dalla speculazione immobiliare e finanziaria. In tutta Europa nascono movimenti che si ibridano con quelli per il diritto all’abitare. Un’agenda per rigenerare il patrimonio immobiliare, per la decrescita del turismo di massa, moratorie anti-sfratto, politiche anti-austerity.
gentrify-thisSandra Annunziata su il manifesto del ottobre 2016.
Un’agenda contro le politiche di «gentrification» nelle città dell’Europa del Sud. È l’obiettivo collettivo che si sono posti attiviste, rappresentanti di piattaforme anti-sfratto, studiose e comitati di quartiere di Lisbona, Madrid e Barcellona, Roma e Atene che si sono incontrati all’università di Roma tre per un workshop su uno dei temi che interrogano di più i movimenti sociali e le comunità accademiche critiche. La «gentrificazione» è un processo sociale e urbano complesso contro il quale si adottano pratiche anti-sfratto, anti-speculative e contro la mercificazione dello spazio urbano a fini turistici.

L’obiettivo dell’incontro è stato quello di condividere cosa significhi oggi ipotizzare delle alternative praticabili ai regimi di espulsione in atto in città caratterizzate da un clima di austerità permanente e assumere una agenda di priorità adatte alle emergenze sociali delle città che abitiamo . La parola «anti-gentrification» oggi viene usata almeno per tre motivi. Per pensare al suo contrario, ad esempio. Viviamo in città e quartieri gentrificati, si sta gentrificando anche la periferia storica, i vuoti urbani sono oggetto di mere azioni speculative che non tengono conto nemmeno dei vincoli archeologici, ultima roccaforte per preservare il valore collettivo di una città.

Il concetto di «anti-gentrificazione» viene anche usato per gestire la complessità dei temi sollevati dai movimenti sociali urbani. Serve a tenere insieme diverse forme di espulsione delle persone appartenenti a diverse categorie sociali. Esiste un’espulsione diretta, quella che avviene con gli sfratti. E l’espulsione indiretta, quella legata ai progetti di trasformazione urbana che inevitabilmente aumentano i valori immobiliari delle aree, di conseguenza gli affitti e il valore degli immobili. Esiste l’espulsione simbolica che reifica il significato dei luoghi e delle memorie urbane e le trasforma in prodotto turistico o da consumare. Infine l’abbiamo usata strategicamente per il suo valore politico e per chiederci se sia gestibile e quale ruolo possano svolgere le politiche in un ottica di prevenzione e mitigazione della gentrificazione.

Per le forme e le specificità assunte da questi processi nelle città dell’Europa del Sud, credo che non possa più ignorare la «gentrificazione». Un numero crescente di cittadini di diversa estrazione sociale è interessato dal problema. Come fare per invertire la rotta? La risposta arriva dai comitati di quartiere, dai movimenti anti-sfratto, anti-austerity e anti-speculazione: pensare alla decrescita e mitigare il turismo, bloccare i piani di vendita del patrimonio e mettere a regime le competenze sull’autorecupero a scopi abitativi; riabitare il patrimonio inutilizzato; istituire moratorie anti sfratto in assenza di alternative alloggiative, proteggere le prime case e un tessuto diffuso di piccoli proprietari; dare avvio a una nuova generazione di cooperative indivise a diritto d’uso; dare spazio alla partecipazione e assumere il conflitto come base per l’azione sociale.

Queste azioni possono rendere più coesa, più solidale, più giusta una città che non rinuncia allo sviluppo e alla rigenerazione e non ignori le comunità che la abitano e le loro esigenze. La risposte al problema dell’espulsione sono collettive e soprattutto tra diversi gruppi sociali. Contrastare l’espulsione urbana. realizzare l’inclusione, sono due modi per ristabilire un’ordine nelle priorità dell’agenda urbana di una città.
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- Approfondimenti.
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AMBIENTE & VELENI
Gentrification, il fenomeno che cambia l’aspetto delle nostre città
di Fabio Balocco | 28 ottobre 2015 su il fatto quotidiano.

Il fenomeno comincia ad essere visibile a tutti coloro che abitano nelle città, quanto meno in quelle di grandi dimensioni. Interi quartieri che un tempo erano popolari vengono abitati da una classe borghese ed essi cambiano totalmente il loro aspetto. E’ il fenomeno che va sotto il nome di “gentrification” (coniato dalla sociologa inglese Ruth Glass nel 1964), laddove il termine “gentry” è di origine anglosassone e sta a rappresentare la piccola nobiltà di campagna inglese.

In buona sostanza, la gentrification è quel fenomeno fisico, sociale, economico e culturale per cui un quartiere cittadino, generalmente centrale – ma non necessariamente – abitato dalla classe lavoratrice ed in generale da ceti a basso reddito, si trasforma in zona d’elezione per la più ricca classe media.

È un processo che si nota in tutte le città del mondo. Quartieri che un tempo erano abitati da un ceto medio basso, spesso anche o solo da immigrati, vengono ricolonizzati da una borghesia, talvolta semplicemente di ritorno. Ed i precedenti abitanti vengono spinti verso quartieri decentrati, spesso degradati della città. In Italia il fenomeno è evidente in diverse zone di grandi città, da Genova (il porto), a Torino (San Salvario, il Quadrilatero romano), da Milano (l’Isola, i Navigli), a Roma (il Testaccio, il Pigneto).

Cosa comporta questo fenomeno, che tra l’altro è spesso velocissimo e viene portato a compimento nel giro anche solo di pochi anni? Comporta innanzitutto un netto aumento di prezzi di compravendita ed affitto degli alloggi, il che garantisce che quel quartiere continuerà ad essere abitato dalla classe che l’ha occupato. Comporta altresì un cambiamento sicuramente a livello estetico dei palazzi, e la trasformazione di edifici un tempo ospitanti attività imprenditoriali in alloggi, quasi sempre di dimensioni piccole o medie, spesso in loft. Ma comporta anche e soprattutto una modifica sostanziale a livello di attività commerciali che vi si svolgono. Se un tempo il quartiere era popolare e sede di piccole attività operaie ed artigiane, una volta “gentrificato” (passatemi il termine) diventa sede pressoché esclusiva di terziario, con tanti locali a dirla all’inglese “trendy” o “fashion”. Buona parte dei quali rivolti alla ristorazione. Con relativi dehors, e privatizzazione di spazi pubblici.

gentrification-195x300Dato che il fenomeno, come dicevo, è simile nelle grandi città, ecco che interi quartieri di Londra, di Parigi, di Berlino, di Barcellona, di Milano o di Roma finiscono con il somigliarsi, a denunciare una omologazione culturale. È quella che Giovanni Semi, professore di sociologia all’Università di Torino, in una sua recente pubblicazione dal titolo appunto “Gentrification”, chiama la “Disneyland” delle grandi città. Una sorta di globalizzazione estetica e culturale. Che sta anche a rimarcare, seppure molto in piccolo, un fenomeno sempre più evidente nella nostra società: il divario fra chi ha e chi non ha, ed anche il distacco fisico fra chi ha e chi non ha. Anche se, nel caso della gentrification, non si parla esattamente di paperoni, ma di una classe media benestante. La gentrification assume l’aspetto di una emarginazione sociale. I quartieri vengono “risanati”, “rigenerati, “riqualificati”, e quella che è/era la “working class” spinta nelle zone più povere e meno servite della città.

Come dice esattamente l’antropologo Franco La Cecla: “La gentrification risponde all’esigenza di rendere le città più vivibili, meno degradate, ma è vero che questo processo di upgrading inevitabilmente elimina le opportunità che un quartiere povero e popolare offre a chi ci sta.”

di Fabio Balocco | 28 ottobre 2015
Fabio Balocco
Ambientalista e avvocato
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One Response to Oggi domenica 9 aprile 2017

  1. […] abitata dai latinos, la Fillmore tradizionalmente nera, si è sentito per la prima volta parlare di “gentrification”, un neologismo che vuol dire letteralmente “imborghesimento”, essendo la […]

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