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La Sardegna di Enrico Besta

img_2292E’ in libreria l’ultimo libro di Mario Girau, “La Sardegna di Enrico Besta – Itinerario storico nel Medioevo Isolano” [Metis Accademic Press, Quartu S.Elena, 2025, €18]. Un viaggio nella storia della Sardegna medioevale sotto la guida di un grande maestro, Enrico Besta, tra gli iniziatori degli studi sulle istituzioni politiche, giuridiche e sociali della nostra isola. Poco più di un “ripasso”, un rinfrescare la memoria, per riscoprire e non dimenticare la sofferta bellezza di alcuni secoli sardi caratterizzati da una forte originalità rispetto alla storia di altre regioni italiane.[Dalla controcopertina].
img_0157Mario Girau collabora con i quotidiani La Nuova Sardegna, Avvenire e Conquiste del lavoro, il settimanale Famiglia Cristiana; dirige il mensile “Voce serafica della Sardegna”. Per molti anni capo ufficio stampa della Cisl sarda, dal 2011 al 2017 presidente regionale dell’Unione Cattolica della Stampa Italiana. Ha curato con fra Efisio Schirru la miscellanea “Ecce Sardinia Mater tua” (Studi Mercedari, 2008). Nel 2023 ha pubblicato Aiò a Cresia. Testimoni e maestri (PFTS, University Press). Attualmente è presidente del MEIC (Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale) della Diocesi di Cagliari.

Manifestazioni del 15 marzo 2025. The day after

img_2291 Comunicato di Comitato Marcia PerugiAssisi (…)
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Tonino Dessì su fb
(…) , anche ammettendo un riflesso difensivo (ma non quello del ReArm Eu), che rimetta in sesto le esigenze di sicurezza continentale, non è quella l’Europa che serve.
Non si può vagheggiare alcun improbabile e improponibile suprematismo, ma neppure praticare alcuna chiusura a riccio minoritaria e nostalgica.
Serve un’Europa illuminata da un respiro universalista, umanista, progressista, democratico, plurale, cooperativo, inclusivo, attraente e attrattivo.
Ancora ne siamo sideralmente lontani.
Ma l’asta del salto è fissata a quell’altezza: o la si raggiunge o ci aspetta la polvere.
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Per un’Europa di pace
Contro la guerra e la corsa al riarmo, sabato 15 marzo abbiamo portato a Roma, nella piazza per l’Europa, la bandiera di Aldo Capitini, la bandiera della PerugiAssisi, la bandiera della pace e del disarmo, la bandiera della nonviolenza.
Ed è stata un’altra occasione per dire “Disarm Europe!” L’Europa che vogliamo è un’Europa di pace, un’Europa che deve ricominciare a lavorare per la pace, che deve fare ogni sforzo per fermare le guerre. Non per alimentarle. Senza usare due pesi e due misure. In Ucraina come a Gaza.
Per ore e ore hanno tentato in tutti i modi di farci chiudere la bandiera della PerugiAssisi ma non sono riusciti ad impedirci di dire che “La bandiera dell’Europa e la bandiera della pace camminano insieme”.
Ci hanno escluso dal palco ma non ci potranno impedire di continuare ad impegnarci per la pace, contro il mostro della guerra e i piani di chi ci sta trascinando nel suo vortice, rendendoci ogni giorno più poveri e vulnerabili. La lotta per la pace è la lotta per il futuro.

Per un’Europa di Pace, con la Sardegna europea

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Perché manifestare per l’Europa con le bandiere della pace

img_2241Disimparare la guerra
Perché manifestare per l’Europa con le bandiere della pace
14/03/2025
(Da “il manifesto” del 11/03/2025) Verso il 15 marzo. Si possono condividere gli argomenti critici proposti da questo giornale a riguardo della manifestazione per l’Europa promossa dall’appello di Michele Serra, eppure decidere di partecipare ugualmente.

Luigi Ferrajoli per il NOdi Luigi Ferrajoli

Perché farlo? Per impedire all’Europa delle armi, voluta dalle von der Leyen e dai Macron, di proporsi come la sola Europa esistente.
Per manifestare l’esistenza di un’altra idea dell’Europa: quella, sicuramente maggioritaria, che vede nell’Europa il luogo delle democrazie costituzionali, delle separazioni dei poteri, dell’“unità nelle diversità” secondo la massima adottata nel 2000 dall’Unione, cioè dell’uguaglianza e, soprattutto, della pacifica convivenza.
È GIUSTO PARTECIPARE anche per molte altre, importanti ragioni: perché l’Europa, non solo la nostra ma anche quella delle von der Leyen e dei Macron, è oggi aggredita da tutti i reazionari e i fascisti dell’Occidente, che vogliono distruggere la sua residua identità democratica; perché contro i fascisti, in crescita in tutto il mondo, qualunque alleanza è doverosa; perché manifestare in difesa dell’Unione europea, pur con tutti i suoi limiti gravissimi, vuol dire oggi manifestare contro Trump, contro Musk, contro Milei, contro Meloni e contro tutti i sovranismi e le derive autocratiche e parafasciste in atto in tutto l’Occidente; perché l’Europa, grazie alla straordinaria convivenza pacifica che ha realizzato tra 27 paesi con 23 lingue diverse e un passato di guerre e di contrapposti imperialismi, ha mostrato che un’integrazione tra diversi è possibile, anche per l’intera umanità; perché quindi, nell’Unione europea, vediamo una tappa esemplare del processo di unificazione del genere umano perseguito da Costituente Terra, sulla base dei due valori che essa – come l’Onu, parimenti sotto attacco – pose alla base della sua fondazione: la pace e l’uguaglianza.
Sappiamo bene che ormai da molti anni l’Europa ha rinnegato se stessa, negando e violando questi due valori costitutivi: la pace, con l’insensata politica bellicista e l’assurda corsa a nuovi armamenti, e l’uguaglianza, con le sue politiche disumane contro i migranti e il razzismo alimentato dalla riapparizione in Europa della figura della persona illegale e clandestina per la sola colpa di esistere.
Ma proprio per questo, per difendere questi due valori e, insieme, i valori della legalità, delle separazioni dei poteri, dei limiti e dei vincoli ai poteri selvaggi dei nuovi padroni del mondo, è oggi necessario manifestare in difesa dell’Europa, che su quei valori è nata e a quei valori vogliamo che torni ad ancorarsi.
SOLO QUEST’ALTRA Europa, opposta a quella espressa dall’opzione dissennata per sempre nuovi armamenti, può oggi emanciparsi dalla subalternità agli Stati Uniti e promuovere un’autonoma iniziativa di pace nei confronti della Russia, basata non già sul riarmo ma sul disarmo e su reciproche garanzie di sicurezza, in vista di un progressivo ritorno della Russia nella sua casa europea.
È stato l’osceno ricatto di Trump che ha mostrato, insieme al fallimento di tre anni di politiche europee, quella che è un’assoluta ovvietà: che la garanzia della sicurezza proviene non già dal riarmo, che segnala ostilità, sfiducia e aggressività nei confronti della Russia, concepita aprioristicamente come nemico, bensì dalla disponibilità a un progressivo disarmo, che al contrario attesta la volontà di pace e sollecita l’analoga volontà e l’identico interesse della controparte.
E’ infatti chiaro che l’ulteriore corsa a nuovi armamenti – una corsa ininterrotta da oltre 20 anni – mentre non potrà mai portarsi all’altezza delle 6.000 testate nucleari di cui è in possesso la Russia, avrà il solo effetto di sottrarre alla sanità, all’istruzione e alla sussistenza gli 800 miliardi che si vuole siano ad essa destinati.
Manifestare per l’Europa vuol dire anche, perciò, manifestare a sostegno di quello stato sociale che solo in Europa si è realizzato in nome dell’uguaglianza, e che oggi Trump e le destre di tutto il mondo vogliono distruggere.
VUOL DIRE CONTRAPPORRE, al volto feroce ed ostile delle armi e dell’abbattimento dello stato sociale perseguito dalle politiche liberiste dei nostri governi, il volto benefico e civile dell’Europa della pace, dell’uguaglianza e della garanzia dei diritti e della dignità delle persone.
L’Europa con il primo volto è destinata a disgregarsi, non solo perché maggiormente esposta alla minaccia della guerra, ma anche per l’inevitabile conflittualità tra opposti sovranismi e per la perdita del consenso popolare.
Solo se assumerà il secondo volto, finanziando istituzioni europee di garanzia dei diritti sociali sussidiarie rispetto a quelle nazionali e promuovendo un disarmo globale e totale che renda impossibili tutte le guerre, l’Europa è destinata non solo a sopravvivere e a diventare popolare tra i cittadini europei, ma anche a proporsi come un modello di civiltà per il resto del mondo e ad attestare che una Federazione della Terra è possibile, oltre che necessaria ed urgente.
Ma questo secondo volto non può rimanere nascosto, coperto, assente, inespresso. Va, appunto, manifestato ed esibito con le bandiere della pace. Per mostrare che solo da esso, e non certo da un’illusoria potenza militare, dipendono il prestigio e l’autorevolezza politica dell’Europa.
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Oggi venerdì 14 marzo 2025

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Morire per Kiev? No grazie!
14 Marzo 2025 su Democraziaoggi
La ovvia riprovazione per la brutalità con cui Trump si dedica a distruggere ogni forma di diritto nelle relazioni fra gli Stati per affermare il predominio della forza (la sua) come unica regola, non può fare da velo alle questioni reali che si celano dietro lo scontro fra il presidente Usa e Zelensky alla Casa […]
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Oggi mercoledì 12 marzo 2025

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Buone notizie sulla riforma della legge elettorale regionale
12 Marzo 2025
Andrea Pubusa su Democraziaoggi
È andata molto bene lunedì l’assemblea per la riforma della legge elettorale regionale indetta dalla Scuola di cultura politica F. Cocco. Molta partecipazione, molti interventi, tutti critici verso la legge vigente. In particolare non soddisfano le soglie di sbarramento, al 5% per le liste singole e addirittura il 10% per le coalizioni. Una enormità che […]
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“Salvare l’Europa, riparare il mondo”

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LE DUE AGGRESSIONI
di Raniero La Valle

Cari Amici,

forse è arrivato ora, in questi primi mesi del 2025, quel “cambiamento d’epoca” che papa Francesco aveva evocato in un profetico discorso alla Curia romana per il Natale 2019. Con la conversione ad U della politica americana ad opera di Trump, a cominciare dai rapporti con la Russia, tutti i discorsi che continuano i discorsi di prima, che usano le categorie di giudizio usate finora, che sbandierano le bandiere già sventolate, appaiono privi di senso, prima ancora che di consapevolezza storica. Ciò si verifica prima di tutto in Europa, i cui governanti sembrano impazziti, da Macron che promette gentilmente di mettere a disposizione la sua force de frappe nucleare, a sir Keir Starmer che l’”Economist” e “Repubblica” celebrano come il nuovo Churchill perché proprio lui, che è uscito dall’Europa, dovrà guidare di nuovo l’Europa alla vittoria, a Ursula von der Leyen che indice la campagna europea per la “pace attraverso la forza” e chiede agli Stati dell’Unione i soldi per le armi, come una volta si indicevano le Crociate e si chiedeva alle Potenze cristiane di finanziarle, benché il cambiamento consista precisamente nel fatto che, come diceva il Papa, “non siamo più in quell’epoca. E’ passata. Non siamo nella cristianità, non più”.

Sicché accade quello che ha descritto Marco Revelli in un lucido articolo su “Volere la luna”: mentre il mondo ruota di 180 gradi sul proprio asse, “tutti i riferimenti mutano di posto e di segno. Bene e male, giusto e ingiusto, amico e nemico, virtù e vizio, i termini polari di tutte le antitesi si scambiano di posizione. Ne è un sintomo la moltiplicazione dei paradossi. Come quello, ad esempio, per cui gli argomenti dei critici della guerra definiti fino a ieri spregiativamente come “anti-americani” si ripresentano oggi come “Voce dell’America” senza che nessuno faccia un plissé”, e come gli altri paradossi di questa nuova Babele.

Dunque, la prima operazione da fare sarebbe di rimettere le cose nella loro casella giusta, o per lo meno di smettere di insistere con le caselle sbagliate. Per esempio riguardo alla questione da cui oggi dipende tutto il resto: la questione del discernimento tra aggressore e aggredito. Si deve partire da una verità finora non ammessa, ma ormai acquisita: tutti dicono che avendo l’America di Trump tolto all’Ucraina il supporto della sua “Intelligence”, l’Ucraina non può più difendersi e quindi non può continuare la guerra senza subire una clamorosa sconfitta. Ciò vuol dire che la vera guerra, a parte il sangue dei caduti, era l’America a farla, che dirigeva e controllava tutte le operazioni, oltre che metterci dollari ed armi, ragione per cui la guerra è durata tre anni, nonostante lo scarto di potenza tra i due nemici ufficiali, Ucraina e Russia. Ma gli Stati Uniti non erano stati aggrediti dalla Russia; dunque se erano loro a fare la guerra alla Russia, si scambiano le parti, e anche la Russia figura per aggredita, come del resto ha sempre sostenuto giustificando la sua guerra con la minaccia della NATO ai suoi confini, e come il prof. Sachs ha documentato nel suo discorso al Parlamento europeo. Allora non si capisce perché nel momento in cui l’America di Trump vuole ritirarsi dalla guerra e spinge Zelensky a fare altrettanto, non ci si rallegra per la fine dell’aggressione americana, e della NATO al seguito, così come giustamente si depreca l’aggressione russa. Questa è la ragione per cui, checché ne pensino i fautori della vittoria dell’Ucraina e della sconfitta della Russia, a cominciare dall’improbabile Europa di Ursula von der Leyen, questa guerra deve e può finire subito. Del resto ciò conferma la teoria (di René Girard, e non solo) secondo cui la guerra è sempre una guerra dei doppi, amici e nemici sono eguali, si rassomigliano fino a confondersi, e la pace consiste nel cessare le rispettive, e in questo caso conclamate, reciproche aggressioni.

Ma a questo punto si pone il vero problema, che sarebbe una follia non affrontare subito: che mondo, se quello di prima finisce, vogliamo fare? Ossia qual è il nostro futuro? È questo il vero problema politico dell’Europa, e in ogni caso qui, da noi, per l’Italia.

Di questo, d’ora in poi, dovremo discutere. Forse non è più il mondo di cui una sola Potenza, o un sistema di Potenze (come la NATO, o “l’Occidente”) pretenda il dominio, ma è un mondo finalmente multipolare, dove l’India abbia la stessa dignità degli Stati Uniti, e il Brasile della Russia; e prima di tutto non ci siano scempi come quelli di Gaza, della Cisgiordania, della Siria, del Congo.

Con i più cordiali saluti

PRIMA LORO (Raniero La Valle)

P.S. Nel sito “Prima loro” pubblichiamo ancora l’appello “Che fare? Salvare l’Europa, riparare il mondo” con le relative firme, a cui altre si possono aggiungere, e due interventi o, se si vuole, ricette per la pace, di Jeffrey Sachs, che si aggiungono al suo discorso (anche questo nel sito) ai deputati europei: un articolo che sostiene che “L’accordo può essere firmato immediatamente” e un’intervista su “Il fatto quotidiano”: “Non armi nucleari ma dialogo con Putin”. Pubblichiamo anche un saggio di Riccardo Petrella sul “sistema America”, visto come “un pericolo per il mondo intero”, tanto più ora, dopo l’avvento di Trump.

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CHE FARE?
Salvare l’Europa, riparare il mondo

Marzo 4, 2025
Un appello per un più equilibrato giudizio sui fatti trascorsi e per aprire un cantiere di proposte per dare soluzione alle crisi in atto e creare le condizioni di un mondo diverso. L’Italia come soggetto politico innovativo.
Le nuove politiche di Trump, a prescindere dal giudizio che ciascuno ne può dare sul piano politico, culturale o religioso, mettono l’Europa in condizioni di massima emergenza e di transizione epocale.

Il rovesciamento improvviso della postura americana, al di là di ogni recriminazione o protesta, richiede in ogni caso un altrettanto rapido riassestamento della posizione europea e fa venir meno il vincolo di una lineare continuità con le politiche precedenti. Guerra, riarmo e entusiasmo per il massacro non possono essere la risposta europea alla crisi dei rapporti con Washington, che venga da Londra, da Parigi o da Kiev.

Ciò considerato, ricade sui cittadini europei, e in ogni caso sui cittadini italiani, il compito di cercare le strade della pace e di proporre specifiche politiche capaci di aprire alla speranza e all’alternativa di un mondo diverso.

In particolare si potrebbero fare le seguenti proposte:

Stabilire una moratoria nello scontro politico tra i partiti, senza nulla togliere ai progetti e alle identità di ciascuno nella tradizionale distinzione di destra e sinistra o di maggioranza e opposizione, ai fini di una condotta internazionale il più possibile condivisa.
Indire una Conferenza programmatica in cui discutere con l’apporto di componenti della società civile e la presenza del governo come osservatore, il tema “Salvare l’Europa, riparare il mondo”.
Investire sulla prospettiva che l’Italia, come soggetto politico protagonista della vita internazionale in condizioni di eguaglianza con le altre “nazioni grandi e piccole” a norma dello Statuto dell’ONU, possa promuovere a livello mondiale politiche di risanamento di interesse comune.
Discutere e sostenere in tutte le sedi opportune le seguenti scelte:
Che anche l’Europa, pur confermando la propria riprovazione per la violazione del diritto internazionale perpetrata dalla Federazione Russa col dare inizio alla guerra d’Ucraina, al pari degli Stati Uniti apra un immediato dialogo con la Russia per il ristabilimento di rapporti normali tra loro, prendendo atto che non risulta confermato il luogo comune delle minacciate future aggressioni da parte russa. Tali rinnovati rapporti dovrebbero partire da una rimozione delle sanzioni e da una revoca delle ostilità in corso in Ucraina. Ai fini di una bonifica del linguaggio di ostilità e di odio ancora corrente nei media, andrebbero riprese in esame le cause della guerra e il conclamato dualismo di “aggressore-aggredito”, tenendo conto delle rivelazioni in proposito fatte dal prof. Jeffrey Sachs al Parlamento europeo.
Avviare negoziati tra l’Unione Europea e la Russia, quale storica appartenente all’unica Europa, per il suo ingresso nell’Unione Europea, adeguatamente riformata a questo scopo nelle sue istituzioni e nelle sue procedure, in armonia con gli ideali originari perseguiti con l’unità europea e secondo l’auspicio già enunciato nel 1959 da De Gaulle di un’Europa dall’Atlantico agli Urali. Tale processo farebbe venir meno la pretesa di un incremento delle spese militari (fino a 800 miliardi!), lesivo del benessere delle popolazioni europee, e di una militarizzazione dell’Unione, a partire da un esercito europeo, come se l’Europa dovesse obbedire alle passate ideologie degli Stati identificati come tali dal diritto di guerra. Ai fini di una pacificazione dei cuori andrebbero promossi centri associativi di amicizia Italia-Russia, nella riscoperta della ricchezza delle tradizioni comuni.
Contrastare l’imposizione all’Ucraina di risarcimenti in “terre rare” o in denaro, per gli aiuti militari ricevuti in questi anni per la sua difesa, compresi quelli forniti dall’Italia. Al contrario, va sostenuto anche in sede europea che alla martoriata Ucraina si debba una riparazione e un pur tardivo rammarico per averla indotta a perpetuare una guerra ad oltranza e a inseguire una vittoria non sua a beneficio di Potenze ad essa estranee.
Negoziare con la Federazione Russa un assetto di pace definitiva in Europa che comprenda garanzie di reciproca sicurezza tra tutti i Paesi coinvolti nelle presenti ostilità e reduci dalla vecchia contrapposizione tra Est ed Ovest, nello spirito del vecchio Atto finale di Helsinki. Assistere Ucraina e Russia per conseguire un regolamento territoriale tra loro anche mediante l’instaurazione di autonomie nei territori contesi a salvaguardia del diritto e dell’autodeterminazione dei popoli, secondo modelli già sperimentati come ad esempio è avvenuto con la popolazione di origine tedesca in Alto Adige.
Disarmare le testate nucleari presenti in Europa e nel mondo, in modo progressivo e in proporzione a misure analoghe da parte della Russia e delle altre Potenze nucleari. Tale smantellamento genera significative ricadute economiche attuando le uniche possibili procedure che, anche grazie ad apporti scientifici italiani, sono state seguite per la riduzione delle testate nucleari dalle circa 70.0000 dell’epoca della guerra fredda alle circa 13.000 attuali. Occorre incentivare nel contempo il regime di non proliferazione nucleare, per giungere infine a un generale disarmo.
Ultimo ma non ultimo, promuovere una soluzione innovativa della “questione palestinese”, attraverso una rinnovata solidarietà ad Israele per lo scempio subito con gli attentati del 7 ottobre e la detenzione degli ostaggi, e ai palestinesi per la devastazione e gli eccidi perpetrati contro di loro a Gaza e la sempre più grave repressione in Cisgiordania. Ai palestinesi si deve assicurare un futuro non solo scongiurando la pulizia etnica e la minaccia di espulsione della intera popolazione residente da Gaza, condannate anche da centinaia di ebrei italiani, ma pure cancellando l’offesa ricevuta mediante i grotteschi progetti di colonizzazione balneare di quella riviera mediterranea. In prospettiva, si deve purtroppo prendere atto che la soluzione dei due Stati si è resa impossibile per le politiche di insediamento e repressione di Israele. Si potrebbe tuttavia aprire una fase di transizione nella quale sui Territori occupati l’ONU assumesse il mandato, sull’esempio dei vecchi mandati di un tempo, di presiedere e dar vita a uno Stato di Palestina con Gerusalemme est come capitale, uno Stato, però, a differenza di Israele, plurietnico multireligioso e democratico, accogliente per Ebrei e Palestinesi, che possa evolvere fino a diventare con Israele un unico Stato, sede di due popoli tra loro riconciliati, di due ordinamenti tra loro connessi e integrati e di più religioni, egualmente riconosciute come patrimonio originario delle rispettive comunità, sotto l’autorità di uno statuto civile di democrazia eguaglianza e pace.
Altre scelte, come ad esempio sulle migrazioni o il degrado ecologico, dovranno essere contemplate nella progettazione del futuro.
La natura inedita, ma realistica e possibile, delle soluzioni così proposte, proiettata sul piano internazionale potrebbe condurre a un nuovo assetto pacifico e costituzionalmente protetto della intera comunità mondiale, in alternativa al sistema di guerra e al rischio della fine.

“Comitati Dossetti per la Costituzione”, “Prima Loro”, “Chiesa di tutti Chiesa dei poveri”, Raniero La Valle, Giovanna Canavesi, Enrico Peyretti Mario Menin, direttore di “Missione Oggi”, Giuseppe Rotunno (“Civiltà dell’amore”), Comunità di Mambre, Domenico Gallo, Roberta De Monticelli, Roberto Savio, Stefania Tuzi, Sergio Castioni, Felice Scalia S.J., Francesco Di Matteo, Francesco Zanchini, Enrico Calamai, Luigi Maffezzoli, Giuseppe Castellese, Antonella Grimaldi, Giuseppe Riccio, Bianca Di Giovanni, Stella Velotta, Paolo Gini, Rita Podda, Domenico Di Modugno, Paolo Offer, Donatella Cornelio, Giulia Carrillo, Fabio Filippi, Maria Lacerenza, Diego Forlin, Grazia Viaggi, Rita Maria Orlando-Rylko, Giuseppe Moncada, Annunziata Venturelli, Vincenzo Pavan, Francesca Franca Mola, Paolo Zago, Vincenzo Leonoro , Paolo Bertagnolli, Anna Sabatini Scalmati, Antonino Mantineo, Paolo D’Amico, Francesco Comina, Marco Sironi, Francesco Domenico Capizzi, Eva Maio, Luis Orellana, Giovanni Spallanzani
(aperto alle firme)

4 marzo 2025

Habemus Alternos!

Congratulazioni a Marzia Cilloccu, nominata questa sera dal
Sindaco Massimo Zedda, Alternos per l’edizione 2025 della Sagra di Sant’Efisio.

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I sardi provenienti dai paesi che hanno fatto grande Cagliari

Nell’imminenza delle Festività pasquali, avviate mercoledì scorso con l’inizio della Quaresima, pensando in particolare ai riti della Settimana Santa, ripubblichiamo un articolo di Aladinpensiero come omaggio al più grande scultore ligneo del Settecento, Giuseppe Antonio Lonis, autore, tra l’altro, delle statue dei Misteri, portate in giro nei quartieri storici a far data da Martedì 15 aprile p.v. (Processione dei Misteri della Chiesa di San Michele).
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I sardi provenienti dai paesi che hanno fatto grande Cagliari
Giuseppe Antonio Lonis LibroGiuseppe Antonio Lonis (Senorbì 1720 – Cagliari 1805). Dotato di talento artistico sin dalla giovane età, dopo un periodo di apprendistato presso la bottega di uno zio, intorno al 1740 si recò a Napoli per affinare la tecnica scultorea. Entrò in contatto con artisti quali Gennaro Frances e Giuseppe Picano.
Rientrò in Sardegna nel 1750 e aprì una bottega a Cagliari, nel quartiere Stampace, dove lavorò i restanti 55 anni della sua vita avendo modo di trasmettere le sue conoscenze a un gran numero di apprendisti.
Il lavoro del Lonis si concentrò nella realizzazione di statue in legno policromo a soggetto religioso. Tali opere, in stile tardo barocco e neoclassico, si possono ammirare in diverse chiese soprattutto del meridione dell’Isola
. (Da Wikpedia)
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- Approfondimenti.
- Su Sardegna Visuale.
- Su Aladinews. La cultura ci salverà. Cagliari ricordi degnamente un suo grande artista: Giuseppe Antonio Lonis.
- Nelle processioni della Settimana Sarda a Cagliari, cosiddette dei Misteri, sono portate a spalla dai confratelli delle diverse Arciconfraternite molte statue del Lonis.

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DISARM EUROPE! Sabato 15 marzo a Roma riuniamoci attorno alla bandiera della pace e del disarmo

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L’invasione russa dell’Ucraina è un crimine. Difendere l’Ucraina è giusto.

Difendere la legalità e il diritto internazionale è un dovere degli Stati. Sempre e ovunque. Senza usare due pesi e due misure. In Ucraina come a Gaza.

Ma continuare la guerra è il modo più sbagliato e inconcludente per farlo.

La guerra e la propaganda di guerra sono vietate dal diritto internazionale dei diritti umani.

L’Europa doveva prevenirla. E non l’ha fatto. Voleva vincerla. E non c’è riuscita. E ora vorrebbe trascinarci in una devastante corsa al riarmo che fatalmente finirà col distruggere anche quel che resta dell’Europa.

Che fare ora?

Non possiamo lasciare che la carneficina continui.

Non possiamo lasciare che l’Europa precipiti in uno stato di guerra permanente.

Non possiamo permetterci una folle e sconclusionata corsa al riarmo che alimenterà la disperazione, i nazionalismi e l’autoritarismo.

Non possiamo permetterci la militarizzazione delle nostre vite, dell’economia e dei nostri paesi.

Non possiamo lasciare che ci tolgano anche la salute, la libertà e la democrazia.

Siamo realisti!

Trump ha riaperto il negoziato con Putin. Non ci piace -per niente- il modo in cui lo sta facendo. Ma dobbiamo fermare la carneficina e le conquiste militari e salvare quel che resta dell’Ucraina.

Questo è il momento di fare quello che non è ancora stato fatto: “lavorare per la pace”. Anche se molti non sanno nemmeno cosa voglia dire.

Nel nome del rispetto della dignità di ogni persona e della vita umana, della legalità e del diritto internazionale; nel superiore interesse dei bambini e delle bambine, per il bene dell’umanità, l’Europa torni ad essere uno “strumento di pace”! Per noi, per tutti i popoli oppressi e per il mondo intero.

La via della pace -lo ripetiamo- è la via della legalità, del diritto internazionale e del multilateralismo. Ridiamo forza alle Nazioni Unite. Organizziamo una nuova Conferenza di Helsinki che, come 50 anni fa, dia nuovo avvio alla costruzione in Europa di un nuovo sistema di sicurezza comune, dall’Atlantico agli Urali, basato sul disarmo, i diritti umani, il diritto all’autodeterminazione dei popoli e i diritti delle minoranze. Costruiamo l’Economia di Francesco, l’economia della pace e della fraternità.

Non basterà dire “Europa, Europa” per evitare l’inferno (vedi il doc. del 3 marzo 2025). L’Europa riscopra la sua ragion d’essere e faccia quello per cui è stata creata: la pace. La bandiera dell’Europa e la bandiera della pace camminano insieme.

Marco Mascia, Presidente Centro Diritti Umani “Antonio Papisca” – Università di Padova

Flavio Lotti, Presidente Fondazione PerugiAssisi per la Cultura della Pace

10 marzo 2025

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Leggi cosa hanno detto Simone Veil e Alcide De Gasperi.

“Tutti i suoi Stati membri si trovano ora di fronte a tre grandi sfide: la sfida della pace, la sfida della libertà e la sfida della prosperità, e sembra chiaro che esse possano essere affrontate solo nella dimensione europea. Iniziamo con la sfida della pace. Il periodo di pace di cui abbiamo goduto in Europa è stato una fortuna incredibile, ma nessuno di noi dovrebbe sottovalutarne la fragilità. La nostra Assemblea ha una responsabilità fondamentale per mantenere la pace, che probabilmente è la risorsa più importante di tutta l’Europa. La tensione che prevale nel mondo di oggi rende questa responsabilità ancora più grave, e la legittimità conferita a questa Assemblea dall’elezione a suffragio universale, speriamo, ci aiuterà a farcene carico, e a diffondere questa nostra pace nel mondo esterno”. (Dal discorso di Simone Veil, Presidente del primo Parlamento europeo eletto a suffragio universale e diretto, 17 luglio 1979)

“Qualcuno ha detto che la federazione europea è un mito. È vero, è un mito nel senso soreliano. E se volete che un mito ci sia, ditemi un po’ quale mito dobbiamo dare alla nostra gioventù per quanto riguarda i rapporti fra Stato e Stato, l’avvenire della nostra Europa, l’avvenire del mondo, la sicurezza, la pace, se non questo sforzo verso l’unione? Volete il mito della dittatura, il mito della forza, il mito della propria bandiera, sia pure accompagnato dall’eroismo? Ma noi, allora, creeremmo di nuovo quel conflitto che porta fatalmente alla guerra. Io vi dico che questo mito è mito di pace; questa è la pace, questa è la strada che dobbiamo seguire”. (Dal discorso di Alcide De Gasperi al Senato della Repubblica, 15 novembre 1950)

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Dobbiamo ricostruire un’Europa di pace

Non basta dire “Europa, Europa…”
per evitare l’inferno

“Dobbiamo recuperare lo spirito di Ventotene e lo slancio pionieristico dei Padri Fondatori, che seppero mettere da parte le ostilità della guerra, porre fine ai guasti del nazionalismo dandoci un progetto capace di coniugare pace, democrazia, diritti, sviluppo e uguaglianza.” Discorso di insediamento del Presidente del Parlamento Europeo David Sassoli (Strasburgo, 3 luglio 2019)

Cosa possiamo fare per salvare l’Unione Europea? Per promuovere l’Unione “politica”? Per colmare il gap esistente tra le ambizioni e la realtà?

Partiamo dal presupposto che siamo tutti d’accordo sul fatto che c’è bisogno di più Europa, soprattutto di più Europa “politica”. In molti lo stiamo ripetendo da diversi lustri, quanto meno dalla caduta del Muro di Berlino e dalla fine dell’era bipolare.

Il punto è: quale Europa “politica” vogliamo?

L’Europa che rilancia una folle corsa al riarmo o l’Europa che avvia un negoziato globale per la pace e la giustizia sociale internazionale?

L’Europa sonnambula che cammina verso il precipizio trascinando con se le popolazioni che dovrebbe servire o l’Europa determinata “a salvare le future generazioni dal flagello della guerra e a riaffermare la fede nei diritti fondamentali, nella dignità e nel valore della persona umana”?

L’Europa che lascia impuniti i crimini più atroci, quali i crimini di guerra e contro l’umanità o l’Europa che fa della giustizia penale internazionale una delle sue priorità?

L’Europa dei doppi standards – si alle sanzioni contro la Russia, no alle sanzioni contro Israele, si al mandato d’arresto internazionale contro Putin, no al mandato d’arresto internazionale contro Netanyahu – o l’Europa della legge uguale per tutti?

L’Europa che fa prevalere le criminali politiche neoliberiste sulla giustizia sociale, climatica e di genere o l’Europa che vuole dare piena attuazione agli obiettivi di sviluppo sostenibile entro il 2030 come previsto dall’Agenda delle Nazioni Unite?

L’Europa che alimenta la tumultuosa crescita dei partiti di estrema destra, cova nel suo seno i nazionalismi e costruisce muri ai suoi confini esterni, o l’Europa dei diritti fondamentali, dello stato sociale, della solidarietà, dell’accoglienza, dell’inclusione? E ancora.

L’Europa intergovernativa dell’unanimità e dei veti o l’Europa sopranazionale della maggioranza qualificata con un ruolo centrale del Parlamento europeo e del Comitato europeo delle Regioni e con un dialogo strutturato con le organizzazioni della società civile?

Quali sono i valori dell’Unione Europea? L’individuazione dei valori è fondamentale perché consente di capire le ragioni profonde che stanno alla radice del processo di integrazione sopranazionale europeo. Il prof. Antonio Papisca scriveva: “Il problema dei valori è il problema del perché dell’UE, della sua identità: l’Europa unita eventualmente si, ma à quoi faire?”

Qual è l’identità dell’Europa? Quella di difendere i rispettivi confini nazionali per evitare che le persone che cercano di fuggire dalle guerre e dalla fame possano arrivare da noi, o quella di spegnere gli incendi lavorando per la pace e il rispetto di tutti i diritti umani per tutti?

L’UE è sempre stata un attore civile (economico, commerciale, culturale). Un attore di soft power, a sostegno del diritto internazionale dei diritti umani, della diplomazia preventiva e del multilateralismo efficace, anche di fronte a minacce globali quali terrorismo, conflitti regionali, proliferazione di armi di distruzione di massa.

Per diventare un attore di hard power ci vogliono unità, visione, strategia, leadership, tutte caratteristiche che mancano all’UE. Ma soprattutto ci vogliono soldi, tanti soldi, che non ci sono o che bisogna togliere alla cura delle persone, della loro dignità e dei loro diritti fondamentali.

Oggi, l’UE è divisa. E’ divisa sulla politica estera, sulla politica di difesa, sullo sviluppo di una politica industriale in materia di armamenti, sulla politica di asilo e immigrazione, sulla politica della cittadinanza, sulla politica fiscale, sul green deal, ….

Ma non può esistere una politica comune di difesa senza una politica estera comune, senza una visione strategica di lungo periodo. Per esempio: quali saranno i rapporti dell’UE con la Russia quando la guerra sarà finita? Saranno rapporti fondati sul dialogo e la cooperazione o sulla deterrenza e il riarmo? La mancanza di una visione e di una volontà unitaria rimane dunque il problema centrale dell’UE.

* * *

Il futuro della pace e della sicurezza dell’Europa non può essere affidato alla follia di governanti che alimentano le guerre e una nuova spaventosa corsa al riarmo. Oggi c’è bisogno di una nuova Conferenza di Helsinki che, come nel 1975, riunisca tutti gli Stati del nostro continente e dia nuovo avvio alla costruzione in Europa di un sistema di sicurezza comune, dall’Atlantico agli Urali, basato sul disarmo, i diritti umani, il diritto all’autodeterminazione dei popoli e i diritti delle minoranze.

L’Europa deve ricominciare a lavorare per la pace, con coraggio, lungimiranza e creatività. Come fecero i Padri fondatori dell’Europa che, sulle macerie di due guerre mondiali, in un tempo di grandi sofferenze e divisioni, “osarono trasformare i modelli che provocavano soltanto violenza e distruzione”. Grazie a questo sforzo straordinario, l’Europa è stata un originale progetto e un grande esperimento di pace. Nessuno può permettersi di cancellare quella che è la prima ragion d’essere dell’Europa.

L’Europa che vogliamo ripudia la guerra, è fondata sulla pace e sui diritti umani, sulla dignità umana e sui diritti che le ineriscono, sui valori indivisibili e universali della libertà, della democrazia, dell’eguaglianza, della giustizia e della solidarietà.

L’Europa che vogliamo è aperta, democratica, solidale e nonviolenta. E’ l’Europa della convivialità e dell’interculturalità; un’Europa che è accoglienza di popoli, di lingue, di culture, di identità e di storie diverse; un’Europa che rifiuta il razzismo e la discriminazione in tutte le sue forme; che riconosce e rispetta i diritti dei migranti e il diritto d’asilo ai profughi e rifugiati in fuga dalla guerra, dalla violenza e dalla fame.

Abbiamo bisogno urgente di un’Europa di pace:

- decisa a riaffermare sé stessa come soggetto politico di pace, democratico e indipendente;
- determinata a costruire un ordine mondiale più giusto, pacifico e democratico centrato sulle Nazioni Unite e sul diritto internazionale dei diritti umani, sulla solidarietà e la cooperazione internazionale;
- decisa a contrastare la corsa al riarmo, a promuovere il disarmo e a combattere la fame, la sete, le malattie e la povertà promuovendo un’economia di pace e giustizia;
- impegnata a ridefinire coerentemente i suoi rapporti di amicizia e cooperazione con tutti i popoli e i paesi, a partire dai suoi vicini, con il mondo arabo e con il resto del mondo.

Abbiamo bisogno di un’Europa che sappia agire non in base alla legge della forza ma con la forza della legge. In questa prospettiva, l’Onu, istituzione multilaterale per antonomasia, è indispensabile per gestire l’ordine mondiale nel rispetto di “tutti i diritti umani per tutti” e per costruire un’economia di giustizia. C’è bisogno di una istituzione mondiale in cui tutti gli stati, grandi e piccoli, siano rappresentati e tutti i popoli, anche i più lontani e diseredati, possano far sentire la loro voce. Se l’UE è sincera nel proclamare oggi la centralità delle Nazioni Unite, occorre senza indugio che persegua il duplice obiettivo del potenziamento e della democratizzazione della massima organizzazione mondiale.

La via giuridica e istituzionale alla pace, con al centro l’architettura multilaterale e il diritto internazionale dei diritti umani generato all’indomani della Seconda guerra mondiale, è la bussola che l’Unione Europea deve seguire se vuole continuare ad esistere.

Marco Mascia, Presidente Centro Diritti Umani “Antonio Papisca” – Università di Padova

Flavio Lotti, Presidente Fondazione PerugiAssisi per la Cultura della Pace

3 marzo 2025
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Disimparare la guerra
ReArm Europe: un suicidio per l’Europa

10/03/2025 su Costituente Terra
Con l’approvazione del “ReArm Europe”: il Consiglio europeo, cioè i 27 capi di stato e di governo, accettando la proposta sconsiderata della Von Der Leyen, aprono la strada al suicidio dell’Europa.
Mimmo Rizzuti
Scrive Effrey Sachs a conclusione di un suo articolo di giovedì 6 marzo [ripubblicato da Aladinews]:
“È arrivato il momento per una diplomazia che garantisca la sicurezza collettiva in Europa, Ucraina e Russia. L’Europa dovrebbe aprire negoziati diretti con Mosca e spingere Russia e Ucraina a firmare un accordo basato sul comunicato di Istanbul del 29 marzo e sulla bozza di accordo del 15 aprile 2022. La pace in Ucraina deve essere seguita dalla creazione di un nuovo sistema di sicurezza collettiva per tutta l’Europa, da Londra agli urali e oltre.”
E questo può avvenire solo se si imbocca, anche con la mobilitazione e la presenza in tutte le piazze che rivendichino il ritorno ai principi e ai valori fondativi dell’Unione Europea, la strada, non già del riarmo dei singoli stati, che porterebbe a un’Europa fatalmente e tragicamente devastata da guerre – le ultime in ordine di tempo e le prime per distruzione e morte, dopo la prima e la seconda guerra mondiale del secolo scorso – ma quella di un nuovo patto tra popoli e stati, attraverso una costituzione della terra che riformi ONU e gli organismi internazionali e, soprattutto, introduca le garanzie e le istituzioni di garanzia che rendano effettive le enunciazioni di principio sulla pace, i diritti, la dignità e l’uguaglianza di tutti gli esseri umani, i diritti dei lavoratori, l’accoglienza e l’inclusione dei migranti, la tutela della natura.
Una costituzione sovrannazionale, condivisa e garantita da tutti, in grado di porre limiti e controlli ai poteri selvaggi dei nuovi padroni del mondo, giacché una possibile apocalisse mondiale segnerebbe anche la loro fine. La storia insegna che la deterrenza non ha mai evitato tragedie immani.
“Se vuoi la pace prepara la pace e non la guerra.”
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Oggi lunedì 10 marzo 2025

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Perché una nuova legge elettorale sarda
10 Marzo 2025
Andrea Pubusa su Democraziaoggi.
Si fa un gran parlare della necessità della Sardegna di contare di più nel confronto con lo Stato. Si lamenta con rabbia ed amarezza lo scarso peso decisionale su temi centrali come la tutela dell’ambiente e del paesaggio isolano, sotto attacco massiccio con pale eoliche e impianti fotovoltaici, si rivendicano più ampi poteri su […]
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Lunedì presentazione della proposta di legge elettorale regionale
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Per una Chiesa sarda. Convegno giovedì alla Facoltà Teologica

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COMUNICATO STAMPA
“Per una Chiesa sarda” è il titolo di un agile libretto di Bachisio Bandinu e di un forum, in programma giovedì 13 marzo (ore 17) nell’aula magna della Pontificia Facoltà Teologica (via Sanjust 13).
L’iniziativa si propone di esplorare modi e tempi, progetti e atti per un rapporto più proficuo tra chiesa locale e cultura antropologica sarda, tra messaggio evangelico ed esperienza di vita comunitaria nella prospettiva di una più efficace e ricca inculturazione della fede.
La manifestazione – promossa da Facoltà Teologica, Fondazione Sardinia e Movimento Ecclesiale di impegno Culturale e coordinata da Franco Siddi – verrà introdotta dal saluto del vescovo di Iglesias e preside della Facoltà mons. Mario Farci e vi interverranno don Mario Cugusi, Gianni Loy, Daniele Madau, Cristiana Meloni, don Antonio Pinna, e Andreina Pintor.
Conclusioni a cura di Bachisio Bandinu e dell’arcivescovo di Cagliari mons. Giuseppe Baturi.
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Oggi domenica 9 marzo 2025

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https://www.politicainsieme.com/meloni-salvini-e-tajani-non-siete-al-di-sopra-della-legge/
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Meloni e il governo attaccano la Cassazione sul risarcimento ad un migrante, mostrando la loro distanza dalla nostra Costituzione.
9 Marzo 2025
Andrea Pubusa su Democraziaoggi
Le sezioni unite della Corte di Cassazione hanno enunciato un principio importante: la compressione dei diritti fondamentali comporta per lo Stato l’obbligo al risarcimento. La presidente del Consiglo, assieme a non pochi ministri, Salvini anzitutto, gridano allo scandalo (”il risarcimento anche ai migranti, clandestini”), mostrando la loro crassa incultura costituzionale e peggio la loro […]
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8 marzo. Auguri a tutte le donne nella Giornata internazionale loro dedicata

img_2162Alcuni giorni fa abbiamo incontrato una cara amica dei tempi di Gulp (anni 60/70), Cristina Santa Cruz, che non vedevamo precisamente da quei lontani anni. Con lei e con altri amici abbiamo ricordato quei tempi, pieni di entusiamo e passione civile e politica. Abbiamo inoltre parlato di tutto, anche delle sorti del Mondo! Oggi Cristina ci ha fatto avere una lettera indirizzata a un quotidiano, datata, tuttavia ricca di spunti, anche polemici, e riflessioni tuttora validi. Ne pubblichiamo alcuni stralci per quanto può avere interesse generale, in particolare sul significato di alcuni “simboli” che rischiano di diventare inutili stereotipi. Il dibattito è aperto. Omettiamo volutamente luoghi precisi, date e nomi delle persone citate, non solo per evitare inutili polemiche, quanto per voler invitare a concentrare l’attenzione sulle problematiche sollevate. E, soprattutto: in realtà assumiamo la lettera di Cristina come pretesto per Dichiarare tutto l’affetto, l’amore, il rispetto, e Augurare tutto il bene possibile alle nostre Donne, a tutte le Donne della Sardegna e del Mondo. Ecco la lettera.
“… Vi scrivo per sapere da voi se avete mai scritto nel vostro giornale che UNA PANCHINA ROSSA è diventata, insieme alle scarpe rosse da donna, il simbolo della lotta alla violenza sulle donne. E, al di là della domanda retorica, chiedervi che cosa ne pensate.

Oggi sabato 8 febbraio 2025

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Sul ritorno al nucleare dal governo solo menzogne radioattive. Pronti al terzo referendum
7 Marzo 2025 su Democraziaoggi
Alfiero Grandi
Annunciato da tempo, il governo ha approvato il disegno di legge delega che viene venduto come il rientro del nucleare in Italia. Conferma, in realtà, l’incapacità di compiere le scelte in materia di politica energetica e di rispondere al venire meno del gas abbondante e a basso costo e la conseguente urgenza di politiche […]
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