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Oggi domenica 26 gennaio 2025
Che scellerati governanti! Ci stanno portando al disastro
26 Gennaio 2025
Andrea Pubusa su Democraziaoggi
Guardate questa foto: una fila di disgraziati che incatenati vengono imbarcati in un aereo USA per essere deportati chissà dove. “Promesso e fatto”, annuncia Trump, il presidente della più grande potenza del mondo, considerata da noi esempio di civiltà e democrazia. E ciò che è peggio, i media […]
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A Terralba si è svolta la XXXVIII MARCIA DELLA PACE – Mons. César Essayan, vescovo a Beirut, Vicario Apostolico della Chiesa latina in Libano ha guidato la Veglia di preghiera
COMUNICATO STAMPA
A Terralba si è svolta la XXXVIII MARCIA DELLA PACE
Mons. César Essayan, vescovo a Beirut, Vicario Apostolico della Chiesa latina in Libano ha guidato la Veglia di preghiera
“Il Libano pur essendo un piccolo paese di solo 10.452 km quadrati, era stato definito da Papa Giovanni Paolo II come “un messaggio” del Vivere Insieme offerto al mondo. È il Libano il messaggio che vogliamo annunciare e difendere, è il Libano il messaggio che rinasce dalle sue ceneri ogni volta che sanguina fino a morire. Parlare del Libano e del suo popolo è raccontare la Salvezza che si attua quando il Vangelo viene preso sul serio malgrado tutto.”
Queste le parole di Mons. César Essayan, vescovo a Beirut, Vicario Apostolico della Chiesa latina in Libano che oggi ha parlato di pace a Terralba.
Oggi sabato 25 gennaio 2025
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Un compagno, un amico mi scrive…
25 Gennaio 2025
Giacomo Meloni su Democraziaoggi.
Caro professore, caro compagno Andrea,
chi avrebbe mai pensato che alla nostra età – anch’io comincio ad essere anziano – avremmo vissuto queste tragedie!
La Germania, a cui, dopo la sconfitta della II guerra mondiale, era proibito costruire armi, ora invece, dopo l’invasione della Ucraina da parte delle truppe della Federazione russa, si può […]
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Ciao professore!
Intervista al Prof. Enrico Corti realizzata nell’ambito del seminario conclusivo del blocco “riqualificazione del paesaggio” del Progetto ITACA – Cagliari 10 aprile 2008. https://m.youtube.com/watch?v=pYcr-7ROy5Y
Addio a Chicco Corti
Tristezza e commozione per la morte del prof. Ing. Enrico Alfonso Corti, conosciuto nella grande cerchia di amici come Chicco. Esimio professore ordinario di ingegneria e architettura, coltissimo e finissimo intellettuale di levatura europea, nonché affermato professionista come progettista della pianificazione territoriale, era persona che sapeva porsi in ascolto di qualsiasi interlocutore, anche il più umile, in modo rispettoso e attento. Maestro di tante generazioni di studenti e di operatori della Pubblica amministrazione, sempre disponibile nei confronti dei ceti popolari (lo ricordiamo attivissimo negli anni 70-80 nei movimenti di lotta dei quartieri della città), mettendo a disposizione le sue competenze ed esperienze. Non era nato in Sardegna, bensì in Lombardia, a Travedona – Monate (VA), il 2 gennaio 1938 (aveva pertanto appena compiuto 87 anni), ma vi ha trascorso massima parte della sua vita: a Sassari e soprattutto a Cagliari. Enrico Corti è sicuramente da iscrivere tra i grandi intellettuali sardi e tra gli illustri cittadini cagliaritani.
Così lo salutano i suoi amici: “Ciao Chicco, grazie per quanto hai saputo donarci della tua scienza ed esperienza e, soprattutto la tua amicizia. Ti ricorderemo sempre”.
I funerali si svolgeranno domenica mattina, alle ore 10,30, al cimitero di San Michele.
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Oggi venerdì 24 gennaio 2025
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Quante follie il nostro governo!
24 Gennaio 2025
Andrea Pubusa su Democraziaoggi
Se non si trattasse di cose serie, verrebbe da ridere.
L’Italia arresta un ricercatore iraniano su richiesta di estradizione USA ed è pronta a mandare il malcapitato nelle carceri a stelle e strisce, quando si accorge che l’arresto non è legittimo. Mancano i presupposti sentenzia Nordio. Sennonche’ la sua distrazione precedente ha determinato l’arresto altrettanto […]
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Noi non siamo americani. Siamo Sardi, Italiani, Europei e come tali siamo cittadini del Mondo.
L’inno alla Gioia, di Ludwig van Beethoven, inno dell’Europa.
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Addio a Chicco Giua
Un bel ricordo dell’illustre clinico su Casteddu online.
Cagliari, ci ha lasciato il conosciutissimo Enrico Giua Marassi: il cordoglio dei familiari
I funerali si terranno venerdì 24 gennaio 2025, alle ore 15.15, nella Sala del Commiato del Cimitero di San Michele https://www.castedduonline.it/cagliari-addio-a-enrico-giua-marassi-la-citta-perde-uno-dei-medici-piu-conosciuti/
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[fm] Lo conobbi nell’autunno del 2016, non ricordo precisamente la data, ma benissimo il luogo e la circostanza: nella sede di via Roma della CSS, dove si riuniva il Comitato per il NO nel Referendum costituzionale sulla riforma Renzi-Boschi. Lui, valente clinico, già primario di pneumologia, poi in quiescenza, di fede liberal-democratica, mal sopportava che la nobile Costituzione repubblicana venisse violentata da una pseudo-riforma. Terminata quella battaglia, dal suo e mio punto di vista andata a buon fine, non si fece più vedere.
Il discorso di insediamento di Trump è andato oltre ogni peggiore aspettativa. Quello che si è profilato davanti agli occhi è stato il fantasma di un cripto-fascismo planetario con cui dovremo fare i conti nei prossimi anni
Ai Mittenti e Interlocutori della Lettera agli ebrei e delle Notizie da Chiesa di tutti Chiesa dei poveri
Giovedì 23 gennaio 2025
CRIPTOFASCISMO PLANETARIO
Cari Amici,
l’Occidente che non è andato a Washington per l’inaugurazione di Trump ha passato lunedì, 20 gennaio, una giornata di sgomento e di incubo. Il discorso di insediamento di Trump è andato oltre ogni peggiore aspettativa. Quello che si è profilato davanti agli occhi è stato il fantasma di un cripto-fascismo planetario con cui dovremo fare i conti nei prossimi anni. La democrazia, come sacro valore dell’Occidente, è in crisi, e addirittura, come hanno detto i primi sconsolati commenti seguiti alla festa di Capitol Hill, sarebbe finita. Non però per un destino, bensì per responsabilità e scelta di coloro stessi che oggi la rimpiangono. Quella che è finita è in realtà la democrazia ridotta a puro esercizio elettorale, non a caso disertato dai più, senza tutto quello che ci avevamo messo dentro noi nella nostra Costituzione, ciò per cui l’Italia dovrebbe essere un modello, altro che Salvini.
L’America paga il conto, e lo fa pagare a noi, delle scelte sbagliate che ha fatto dopo la caduta del muro di Berlino e l’attacco alle due Torri di New York. Inseguendo, come del resto fa da sempre, il mito dell’“America first”, – prima l’America – ha creduto che la sua sicurezza e la sua fortuna stessero nel dominio del mondo, nell’avere un’Armata quale non si era mai vista prima sulla Terra, e perfino nel disporsi alla guerra preventiva, perché “la migliore difesa è una buona offesa”. Questo era il diafano Biden, non a caso bersaglio del rigetto elettorale. Dava per ormai finita la Russia, e per questo le ha lanciato contro la povera Ucraina, e proclamava urbi et orbi (nei documenti sulla strategia nazionale americana) la competizione strategica e la sfida finale con la Cina, il solo avversario che avesse “sia l’intento di rimodellare l’ordine internazionale, sia il potere economico, diplomatico, militare e tecnologico per farlo”. Sicché Casa Bianca e Pentagono hanno messo nella spesa militare 800 miliardi di dollari all’anno, mentre la Russia ce ne mette 80, togliendo centinaia di miliardi di dollari all’anno al benessere del popolo americano. Dobbiamo a questo, come ha detto Bernie Sanders, l’eterno candidato alla Presidenza della sinistra americana, se “non c’è una ragione razionale per cui abbiamo una disuguaglianza enorme e crescente di reddito e ricchezza, non c’è una ragione razionale per cui siamo l’unico grande Paese a non garantire l’assistenza sanitaria per tutti, non c’è una ragione razionale per cui 800.000 americani sono senza casa e milioni di altri spendono più della metà del loro reddito per mettere un tetto sopra la testa, non c’è una ragione razionale per cui il 25% degli anziani in America cerca di sopravvivere con 15.000 dollari all’anno o meno, per cui abbiamo il più alto tasso di povertà infantile di quasi tutte le nazioni ricche, per cui i giovani lasciano l’università profondamente indebitati o per cui l’assistenza all’infanzia è inaccessibile per milioni di famiglie”.
Ciò spiega gli eventi di oggi, come si sia passati dall’Occidente “allargato” fino all’Indo-Pacifico, al Giappone e all’Australia di Biden al cripto-fascismo globale di Trump, con tanto di autarchia (i dazi), le sanzioni, gli ordini esecutivi a pioggia, la confusione dei poteri, la giustizia di regime, la pena di morte, l’immunità fiscale dei super-ricchi, e la pretesa di decidere quando cominciare o finire queste “ridicole” ma sempre tragiche guerre.
Tuttavia, il peggio che si è materializzato in America in questo lunedì nero del 20 gennaio, potrebbe non essere tale da contagiare il mondo intero. Potrà fare grandissimi danni, e fare scuola soprattutto nelle maggioranze silenziose, ma potrebbe restare circoscritto a ciò che si è visto tra il Campidoglio e la Capital One Arena, un bagno di folla osannante e soggiogata, chiuso però in una bolla che è l’America e non è il mondo. Non c’è un solo globo terracqueo, il mondo non è pronto per un fascismo planetario, ha altri pensieri, un’altra vocazione. Certo, dipende da noi, ma ora è chiara l’alternativa: o la resa a questa caduta della storia, o la resistenza e la costruzione di una vera comunità internazionale di diritto con un’umanità indivisa.
Del resto non tutto quello che Trump ha annunciato e minacciato col suo sguardo torvo si realizzerà veramente, sembra più un bluff da miles gloriosus che un vero annuncio. Non ci sarà nessun approdo e insediamento su Marte entro la fine di questo mandato presidenziale. La scienza è stata tassativa: a questo punto dell’evoluzione della specie, l’umanità non è in grado, fisicamente e antropologicamente, di affrontare un viaggio in quel pianeta lontano. Non foss’altro che per la durata del viaggio, due anni per l’andata e il ritorno esposti alle radiazioni cosmiche, soggetti all’indebolimento muscolare e scheletrico che il corpo umano subirebbe in una lunga permanenza nello Spazio, con i connessi scompensi del tono muscolare cardiaco. Occorrerebbe costruire enormi astronavi ruotanti, in grado di generare al proprio interno una forza simile alla gravità terrestre, ciò che si potrebbe fare solo direttamente nello Spazio, sfruttando ipotetiche materie prime raccolte anch’esse lassù (da asteroidi o dalla Luna); per non parlare della vita su Marte, fino a 126 gradi sottozero.
Ciò vuol dire che il mito dell’accoppiata Trump-Musk è già caduto, e se l’obiettivo politico più simbolico di tutte le promesse presidenziali si mostra come impossibile e falso, vuol dire che anche il resto non è troppo sicuro, a cominciare dalla deportazione, o espulsione, di milioni di migranti, dati per criminali internazionali e invasori: si dovrebbe fare con l’esercito schierato sul confine meridionale col Messico, lasciando “i nostri guerrieri liberi di sconfiggere i nostri nemici”, come dice Trump; ma con questo finisce il mito della fortezza americana, l’idea che mai nessuno potrà varcare in modo offensivo la frontiera degli Stati Uniti; ecco che secondo Trump questo sarebbe già avvenuto ad opera dei migranti, essendo mancata la difesa dei confini, neanche l’America fosse Lampedusa come è nell’immaginazione ossessiva di Salvini.
E per quanto riguarda il ritorno incondizionato al petrolio, al carbone, così da irradiarlo a suon di dollari in tutto il mondo, in che consiste l’”America first”? Consiste nel fatto che l’America sarà la prima a risentirne, insieme alle isole che saranno sommerse dal mare, e ne avrà cicloni e tornado sempre più devastanti, e bruceranno le città, come ieri l’incendio di Chicago e oggi quello di Los Angeles, dove perfino i ricchi “hanno perso le loro case”.
E che dire di questo presentarsi di Trump come il Messia che Dio stesso avrebbe protetto col suo scudo perché compisse la sua missione in America e nel mondo? Per l’America non si tratta di una novità, c’era il giovane Bush che andando a distruggere l’Iraq diceva di “piangere appoggiato alla spalla di Dio”. E ora Trump tira fuori la religione come sgabello ai suoi piedi, e mette Dio sopra di sé, a garante del suo potere. Solo che il Dio della tradizione ebraico-cristiana a cui si rifà il messianismo giunto in America attraverso la Ginevra di Calvino, non è un Dio che si può chiamare in servizio a fare da scudiero ai potenti, ma è il Dio che rovescia i potenti dai troni ed esalta gli umili, il Dio tutto misericordia e niente vendetta di papa Francesco. E dunque se religione deve essere e si giunge a giurare su due Bibbie al Campidoglio, come se una non bastasse, quella di Lincoln del 1861 e quella donata a Trump dalla madre nel 1955, bisogna ricominciare a chiedersi chi è questo Dio a cui si fa così plateale appello.
Forse, di fronte a queste sfide, bisognerebbe ripensare alla cattiva qualità della secolarizzazione quale l’abbiamo acriticamente fatta in Occidente: anche per questo sarebbe importante che l’identità spirituale e profetica dell’ebraismo tornasse a risplendere, non trascinata negli stermini, non ristretta a una sola etnia, non tradita dalle politiche dello Stato di Israele.
Con i più cordiali saluti,
Lo Scriba per “Prima loro”
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In diffusione:
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Oggi giovedì 23 gennaio 2025
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USA, che democrazia è questa?
23 Gennaio 2025
Andrea Pubusa su Democraziaoggi
Ci sono molti che in buona o mala fede decantano la democrazia americana. Un modello da assumere ad esempio e a radicare anche da noi. Ora chiedo a quelli in buona fede cosa pensano dei fatti sotto i nostri occhi? Biden grazia il figlio e ancora tutti i suoi collaboratori non solo per i […]
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Ecco la reazione di Trump al sermone della Vescova anglicana.
Budde è “cattiva”, ha scritto il tycoon dicendo di pretendere da lei delle scuse. “Questo pseudo-vescovo che ha parlato era una radicale di sinistra che odia Trump con accanimento. È stata sgradevole nel suo tono e non è stata né convincente né intelligente. Lei e la sua chiesa devono delle scuse al pubblico!”.
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Per connessione, un mio intervento.
Sulla sua pagina fb, qualche giorno fa in un intervento come sempre intelligente, sul “trumpismo e noi”, Tonino Dessì osservava: “(…) stavolta non pare che ci sia stato un ulteriore smottamento della classe operaia. Posti di lavoro in crescita e buoni contratti collettivi come sotto la Presidenza Biden (il più importante rinnovo è stato proprio quello metalmeccanico e nel settore dell’automotive) era da molto che negli USA non se ne vedevano. Semmai ha pesato l’inflazione, che quegli aumenti salariali ha continuato a eroderli. Ma era anche un’inflazione da domanda di fattori della produzione e conseguentemente anche da costo del lavoro e Biden ha cercato di temperare quell’aspetto tollerando un surplus di immigrazione che rispondeva alla dinamica del rapporto tra domanda e offerta di lavoro industriale in un’economia vicina alla piena occupazione (…)“.
Oggi mercoledì 22 gennaio 2025
Una legge sull’autonomia differenziata può essere deliberata, parola della Consulta
22 Gennaio 2025
Andrea Pubusa su Democraziaoggi.
Ormai è noto. La Consulta ha dichiarato inammissibile il referendum abrogativo della legge sull’Autonomia differenziata delle Regioni. La Corte ha rilevato che “l‘oggetto e la finalità del quesito non risultano chiari“. La Consulta – come si ricorderà – si era già espressa il mese scorso in merito alla cosiddetta ‘legge Calderoli’, […]
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A Brescia prove tecniche di criminalizzazione del dissenso e del conflitto
21 Gennaio 2025 su Democraziaoggi
Il governo Meloni prosegue nell’azione di svuotamento delle libertà costituzionale con i suoi interventi repressivi, senza una modificazione formale della Carta, fra l’altro non ammissibile per restrizioni delle libertà inviolabili e fondamentali. Ecco una presa di posizione del CDC sui fatti di Brescia, nei quali si sono manifestati chiaramente questi atti repressivi in sostanziale violazione […]
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Vincerò! - di Domenico Galbiati su PoliticaInsieme: https://www.politicainsieme.com/vincero-di-domenico-galbiati/
Prima loro. La Speranza non delude
Ai Mittenti e Interlocutori della Lettera agli ebrei e delle Notizie da Chiesa di tutti Chiesa dei poveri
Lunedì 20 gennaio 2025
PRIMI I CINESI PRIMA GLI OSTAGGI
Cari Amici,
chi l’avrebbe detto? Quando abbiamo cominciato a scrivervi dall’indirizzo mail “Prima loro”, chi avrebbe potuto pensare che primi sarebbero stati i Cinesi? Prima infatti che Trump, il pregiudicato, giurasse per la Casa Bianca, ecco che i Cinesi gli telefonano il 17 gennaio, e di certo non solo per Tik Tok. Sembrava che fossimo prossimi alla fine del mondo, con questa nave dei folli condotta da cattivi nocchieri, con genocidi, sfide, missili di profondità, droni, naufragi e muri, dall’Ucraina a Gaza, dal Mediterraneo al Messico, e invece ecco che tutto forse comincia di nuovo. Certo neanche Xi Jinping è un santarellino, come non lo era Biden, ma ora Cinesi e Americani si parlano, e dicono che risolveranno molti problemi insieme, e a partire da subito. “Il presidente ed io – ha detto Xi – faremo tutto il possibile per rendere il mondo più pacifico e sicuro”.
Il rovesciamento sarebbe radicale. Per capire da dove veniamo basta sapere che cosa c’era scritto nei vigenti documenti strategici americani, usciti il 12 ottobre 2022 dalla Casa Bianca di Biden e dal Pentagono di Lloyd Austin. C’era scritto che questo sarebbe stato un decennio decisivo di “competizione strategica” per “plasmare il futuro dell’ordine internazionale”, di cui gli Stati Uniti, nel proprio interesse, avrebbero dovuto essere i vincitori. In questa partita, scriveva Biden, “la Repubblica Popolare Cinese rappresenta la sfida geopolitica più importante per l’America. La Russia rappresenta una minaccia immediata e continua all’ordine di sicurezza regionale in Europa ed è una fonte di disturbo e instabilità a livello globale, ma non ha le capacità trasversali della Repubblica Popolare Cinese”. La Cina era considerata infatti il solo competitore che avesse “sia l’intento di rimodellare l’ordine internazionale, sia il potere economico, diplomatico, militare e tecnologico per farlo”.
“Pechino – continuava Biden – ha l’ambizione di creare una crescente sfera di influenza nell’Indo-Pacifico e di diventare la potenza guida del mondo, col suo modello autoritario e usando il suo potere economico in modo coercitivo verso le altre nazioni”. Né si trattava di divergenze discutibili, le accuse erano brucianti: “genocidio e crimini contro l’umanità in Xinjiang, violazioni di diritti umani in Tibet, smantellamento dell’autonomia e della libertà di Hong Kong”.
E qui Biden rimandava al documento sulla strategia militare del Pentagono, nel quale Lloyd Austin scriveva, il 27 ottobre 2022:
“La Repubblica Popolare Cinese (RPC) rimane il nostro competitore strategico più importante per i prossimi decenni. Ho raggiunto questa conclusione sulla base delle crescenti azioni di forza della Repubblica Popolare Cinese per rimodellare la regione dell’Indo Pacifico e il sistema internazionale per adattarlo alle sue preferenze autoritarie, e sulla base di una profonda consapevolezza delle intenzioni chiaramente dichiarate della RPC e della rapida modernizzazione ed espansione delle sue forze armate”.
Il Dipartimento della Difesa era impegnato pertanto a “ottenere e sostenere vantaggi militari, contrastare forme acute di coazione dei nostri avversari e complicare le più significative attività degli avversari che, se non affrontate, metterebbero in pericolo la nostra superiorità militare ora e in futuro”. Tutto ciò quando, come aveva scritto Biden, “quella militare americana è la più forte forza militare che il mondo abbia mai conosciuto”.
Già dal settembre 2002, un anno dopo l’attentato alle Due Torri, i documenti sulla sicurezza nazionale americana rivendicavano il principio di una guerra preventiva, sostenendo che “la migliore difesa è un buona offesa”; tuttavia in quei documenti il giovane Bush apprezzava gli sforzi della Cina per definire la natura del proprio ordinamento, e la metteva per così dire sotto osservazione, in attesa che facesse “fondamentali scelte” sul carattere del proprio Stato.
Ciò per quanto riguarda la Cina. Per Israele invece Bush era stato molto esplicito nel contestargli la colonizzazione della Cisgiordania e nel pretendere la soluzione della questione palestinese: “Il conflitto israelo-palestinese è critico a causa del tributo di sofferenza umana, a causa dello stretto rapporto dell’America con lo Stato di Israele e con gli Stati arabi chiave, e a causa della importanza di quella regione per le altre priorità globali degli Stati Uniti. Non ci può essere pace per nessuna delle due parti senza libertà per entrambe le parti. L’America è impegnata per una indipendente e democratica Palestina, che viva accanto a Israele in pace e sicurezza. Come tutti gli altri popoli, i palestinesi meritano un governo che serva i loro interessi e presti ascolto alle loro voci. Se i palestinesi abbracciano la democrazia e il governo della legge, affrontano la corruzione e rifiutano fermamente il terrorismo, possono contare sul sostegno americano per la creazione di uno Stato palestinese. Lo stesso Israele ha un grande interesse al successo di una Palestina democratica. L’occupazione permanente minaccia l’identità e la democrazia di Israele. Quindi gli Stati Uniti continuano a sfidare i leader israeliani affinché adottino misure concrete per sostenere l’emergere di uno Stato palestinese vitale e credibile. Man mano che ci siano progressi verso la sicurezza, le forze israeliane devono ritirarsi completamente dalle posizioni che detenevano prima del 28 settembre 2000 (il giorno della salita di Ariel Sharon sulla spianata del Tempio e l’inizio della seconda Intifada). Le attività di insediamento israeliano nei territori occupati devono finire. Man mano che la violenza si placa, la libertà di movimento dovrebbe essere ripristinata, permettendo ai palestinesi innocenti di riprendere il lavoro e la vita normale. Gli Stati Uniti possono svolgere un ruolo cruciale ma, in definitiva, una pace duratura può arrivare solo quando Israeliani e Palestinesi risolvano i problemi e pongano fine al conflitto tra loro”.
Nulla di tutto questo da allora è avvenuto: la Cina è diventata cattiva e coattiva, l’ultimo Nemico da abbattere, NATO e Russia si sono affrontate in Ucraina, 750. 000 coloni hanno invaso la Cisgiordania, è stata liquidata l’idea di uno Stato palestinese, gli Stati Uniti si sono ben guardati dal promuovere una indipendente e democratica Palestina, Hamas non ha rinunciato al terrorismo e a Gaza è stato scatenato l’inferno. E ora arriva la destra al potere in America, e le destre accorrono a Washington per l’inaugurazione di Trump. Ma perché, non erano destre al potere quelle che ci hanno governato fin qui? Trump comincerà la deportazione degli immigrati. Ma perché, in Albania che cosa si vuol fare? “A tutti i costi”!
A questo punto la prognosi è difficile. Ma grande è stata la nostra commozione nel vedere il resto degli ostaggi ancora vivi tornare a casa, il placarsi dell’indignazione nei riguardi di Netanyahu della folla e dei parenti dei sequestrati, l’attesa per la liberazione dalle carceri israeliane di centinaia di palestinesi tenuti in ostaggio e prigionieri estragiudiziali. E grande è il sollievo per il venir meno dello scandalo del nome di Israele associato alle efferatezze di Gaza, vero rovesciamento del comandamento: “non pronunziare il nome di Dio invano”.
La pace, per Israele sarebbe la salvezza, mentre la sua società è divisa, ed è in corso un esodo, una “migrazione al contrario” di molti Ebrei da quella Terra, e il mondo è attonito per ciò che è stato fatto a Gaza. fino all’ultimo, fino allo “scialo di morte” dell’ultima mezz’ora prima della tregua, che ha fatto ancora diciannove vittime.
E se le cose dovessero cambiare davvero, Ucraina compresa, l’evento della tregua di Gaza dimostrerebbe che anche un solo gesto di pace produce frutti, può contagiare il mondo, che “la speranza non delude”, come il Papa ha ripetuto ieri sera nella trasmissione di Fazio.
Con i più cordiali saluti,