SOCIETÀ

Oggi giovedì 25 luglio 2024

img_7994Le carceri italiane sono irrespirabili. Ma la risposta governativa è la repressione
- 25 Luglio 2024 su Democraziaoggi.
Luca Rondi – Altraeconomia 23.7.2024
Il report semestrale di Antigone fotografa un sistema al collasso. Sono 14mila le presenze in più rispetto ai posti disponibili, 58 i suicidi dall’inizio dell’anno e ben 11 le rivolte scoppiate negli istituti dal 27 giugno al 18 luglio con il caldo che attanaglia i reclusi. Sia gli adulti, sia […]
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Oggi giovedì 25 luglio 2024. San Giacomo Aspostolo, il maggiore.

img_7997Auguri a tutti i/le Giacomo e Giacomine, nelle varie denominazioni!

Democrazia è…

img_7991Ogni atto rivolto contro la libera informazione, ogni sua riduzione a fake news, è un atto eversivo rivolto contro la Repubblica. Garanzia di democrazia è, naturalmente, il pluralismo dell’informazione. A questo valore le istituzioni della Repubblica devono rivolgere la massima attenzione e sostegno. L’intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione dell’incontro con i componenti dell’Associazione Stampa Parlamentare, i direttori dei quotidiani e delle agenzie giornalistiche e i giornalisti accreditati presso il Quirinale per la consegna del Ventaglio da parte dell’Associazione Stampa Parlamentare

24/07/2024
La ringrazio, Presidente, per le sue parole di saluto e ringrazio la Stampa Parlamentare e i quirinalisti per questo incontro, divenuto un appuntamento per riflettere brevemente su quanto ha presentato l’anno di lavoro che si avvia a una pausa per le istituzioni.

Il ringraziamento più intenso riguarda il prezioso e talvolta non facile compito di seguire e interpretare il mondo delle istituzioni e della politica, dandone notizia ai cittadini, esprimendo opinioni, suggerimenti, critiche che – non va mai dimenticato – sono essenziali nella vita democratica.

Le preoccupazioni e gli interrogativi che lei ha presentato sono comprensibilmente numerosi. Anzitutto quello sulla libertà di informazione.

Nella società dell’informazione globale è del tutto superfluo richiamare l’importanza che l’informazione riveste per il funzionamento della democrazia, per un’efficace tutela del sistema delle libertà La democrazia, infatti è, anzitutto, conoscenza. È contesto nel quale avviene il confronto fra le idee e si esercita il diritto a manifestarle e testimoniarle. Alla libertà di opinione si affianca la libertà di informazione, cioè di critica, di illustrazione di fatti e di realtà. Si affianca, in democrazia, anche il diritto a essere informati, in maniera corretta. Informazione, cioè, come anticorpo contro le adulterazioni della realtà.

Operare contro le adulterazioni della realtà costituisce una responsabilità, e un dovere, affidati anzitutto ai giornalisti. La legge Gonella, che ha istituto l’Ordine dei giornalisti, ne dà una rappresentazione pregevole: “È diritto insopprimibile dei giornalisti la libertà di informazione e di critica, limitata dall’osservanza delle norme di legge dettate a tutela della personalità altrui ed è loro obbligo inderogabile il rispetto della verità sostanziale dei fatti, osservati sempre i doveri imposti dalla lealtà e dalla buona fede”.

Va sempre rammentato che i giornalisti si trovano a esercitare una funzione di carattere costituzionale che si collega all’art.21 della Carta fondamentale, con un ruolo democratico decisivo. Si vanno, negli ultimi tempi, infittendo contestazioni, intimidazioni, quando non aggressioni, nei confronti di giornalisti, che si trovano a documentare fatti. Ma l’informazione è esattamente questo. Come anche a Torino, nei giorni scorsi.

Documentazione di quel che avviene, senza obbligo di sconti. Luce gettata su fatti sin lì trascurati. Raccolta di sensibilità e denunce della pubblica opinione. Canale di partecipazione e appello alle istituzioni. Per citare ancora una volta Tocqueville, “democrazia è il potere di un popolo informato”.

Ecco perché ogni atto rivolto contro la libera informazione, ogni sua riduzione a fake news, è un atto eversivo rivolto contro la Repubblica. Garanzia di democrazia è, naturalmente, il pluralismo dell’informazione. A questo valore le istituzioni della Repubblica devono rivolgere la massima attenzione e sostegno.

Si è aperta la discussione sulla opportunità di una nuova legge organica sull’editoria, come è avvenuto in precedenti occasioni di svolta in questa industria. È inevitabile tener conto della evoluzione tecnologica che ha mutato radicalmente diffusione e fruizione delle notizie. È responsabilità della Repubblica e dell’Unione Europea che i valori del pluralismo si affermino anche nei nuovi ambiti e si creino le condizioni per accompagnare la transizione in atto.

Ai giornali, alla stampa, alla radio e alle tv, si sono affiancate oggi le piattaforme digitali, divenute principali responsabili della veicolazione di contenuti informativi.

Appare singolare che a un ruolo così significativo corrisponda una convinzione di minori obblighi che ne derivano, con una tendenza, del tutto inaccettabile, dei protagonisti a sottrarvisi.

Gli over the top appaiono distanti dal sentimento comune, dalle relazioni di appartenenza alla comunità entro cui operano, quasi occupassero uno spazio meta-territoriale che li rende veicoli di innovazione, capaci di intercettare opportunità economiche, senza tuttavia considerare che anche per essi valgono i principi di convivenza civile propri agli Stati e alla comunità internazionale da cui traggono benefici.

Ho citato questioni non nuove, tanto è vero che l’Unione Europea ha approvato, nell’aprile di quest’anno, in un confronto tra Parlamento Europeo e Consiglio dell’Unione, il nuovo Regolamento sulla libertà dei media, adesso in fase di progressiva attuazione, a partire dal prossimo 8 novembre, per quanto riguarda i diritti dei destinatari dei servizi di media, vale a dire dei cittadini.

In sintesi: promozione del pluralismo e della indipendenza dei media in tutta l’Unione, con protezione dei giornalisti e delle loro fonti da ingerenze politiche; pubblicità sui fondi statali destinati a media o a piattaforme; garanzia del diritto dei cittadini alla gratuità e pubblicità delle informazioni; indipendenza editoriale dei media pubblici; protezione della libertà dei media dalle grandi piattaforme; istituzione di un nuovo Comitato europeo per i servizi di media per promuovere una applicazione coerente di queste norme.

Come si vede, un cantiere e un percorso impegnativo per l’Unione e per gli Stati membri, coscienti del valore che questo tema riveste per la libertà del nostro continente.

Tema, vorrei aggiungere, impegnativo per tutti coloro che del mondo dell’informazione fanno parte.

Tra i suoi richiami, Presidente, vi è quello che fa riferimento alla pubblica opinione, che guarda, con apprensione e smarrimento crescenti, alla situazione internazionale, attraversata – come lei ha ricordato – da tensioni, conflitti di varia natura, guerre. Vicino a noi, vicino ai confini dell’Unione Europea: in Ucraina, in Medio Oriente dopo la disumana giornata del 7 ottobre e la reazione israeliana con tante migliaia di vittime. Ma anche altrove, in altri luoghi del mondo.

L’Italia è impegnata, con convinzione, a sostegno dell’Ucraina. Insieme alla quasi totalità dei Paesi dell’Unione e insieme a quelli dell’Alleanza Atlantica. Alla Nato la Federazione Russa ha regalato un rilancio imprevedibile di ruolo e di protagonismo. Chi non ricorda le parole di più di un Capo di Stato e di governo di Paesi della Nato che, appena tre anni fa, la definivano in stato di accantonamento, per usare un termine davvero riduttivo rispetto alle espressioni allora adoperate?

Lei fa presente – con ragionevole fondamento – che si registra una fatica maggiore nelle pubbliche opinioni sull’impegno per l’indipendenza dell’Ucraina.

È vero. A nessuno – comprensibilmente – piace un’atmosfera in cui la guerra abbia prolungata presenza, anche se non vi si è coinvolti. Come non lo è l’Italia.

Pensiamo a come appare questo spettacolo di guerre agli occhi dei nostri giovani, che ritengono Erasmus e Schengen talmente naturali da non ritenerli più una conquista, ma una condizione ovvia, dalla Scandinavia a Malta, da Lisbona a Bucarest.

Aggiungo, personalmente, che spinge a grande tristezza vedere che il mondo getta in armamenti immani risorse finanziarie, che andrebbero, ben più opportunamente, destinate a fini di valore sociale. Ma chi ne ha la responsabilità? Chi difende la propria libertà – e chi l’aiuta a difenderla – o chi aggredisce la libertà altrui?

Uno dei momenti, che fa più riflettere – anche oggi – sugli errori gravidi di conseguenze, si identifica con le parole che Neville Chamberlain, Primo Ministro britannico, pronunziò, a Londra, al ritorno dalla conferenza di Monaco nel 1938: “Sono tornato dalla Germania con la pace per il nostro tempo”.

Come tutti ricordiamo, Hitler pretendeva di annettere al Reich la parte della Cecoslovacchia che confinava con la Germania – i Sudeti – dove viveva anche una minoranza di lingua tedesca. La Cecoslovacchia – che aveva fortificato quel confine temendo aggressioni – ovviamente rifiutava. Le cosiddette potenze europee del tempo – Gran Bretagna, Francia, Italia – anziché difendere il diritto internazionale e sostenere la Cecoslovacchia, a Monaco, senza neppure consultarla, diedero a Hitler via libera. La Germania nazista occupò i Sudeti. Dopo neppure sei mesi occupò l’intera Cecoslovacchia. E, visto che il gioco non incontrava ostacoli, dopo altri sei mesi provò con la Polonia (previo accordo con Stalin). Ma, a quel punto, scoppiò la tragedia dei tanti anni della Seconda guerra mondiale. Che, verosimilmente, non sarebbe scoppiata senza quel cedimento per i Sudeti.

Historia magistra vitae.

L’Italia, i suoi alleati, i suoi partner dell’Unione sostenendo l’Ucraina difendono la pace, affinché si eviti un succedersi di aggressioni sui vicini più deboli. Perché questo – anche in questo secolo – condurrebbe a un’esplosione di guerra globale.

Naturalmente, avvertiamo indispensabile adoperarsi – in Ucraina come tra Israele e Palestinesi – per la fine della guerra, per chiudere queste piantagioni di odio, che le guerre rappresentano anche per il futuro. Palestre di disumanità nel calcolo delle giovani vittime mandate a morire, come avveniva nelle pagine più buie della Prima guerra mondiale. Lei ha richiamato un altro aspetto inquietante: il diffondersi di una sub cultura che si ispira all’odio. Una violenza che – come lei ha detto – da verbale diventa frequentemente fisica.

Nei giorni scorsi il tentativo di grave attentato a Trump; in maggio quello, di più pesanti conseguenze al Primo Ministro slovacco, Fico; nello stesso mese quello all’ex Sindaca (spero che si possa ancora dire) di Berlino, Giffey; al deputato europeo tedesco Ecke; che hanno fatto seguito ad altri attentati contro esponenti politici in Germania, talvolta con conseguenze mortali; due anni fa l’attentato al marito di Nancy Pelosi, sopravvissuto a fatica.

È fondamentale e doveroso ribadire la condanna ferma e intransigente nei confronti di questa drammatica deriva di violenza contro esponenti politici di schieramenti avversi trasformati in nemici.

Occorre adoperarsi sul piano culturale contro la pretesa di elevare l’odio a ingrediente, a elemento legittimo della vita: una spinta a retrocedere nell’inciviltà.

Si registrano anche un crescente antisemitismo, l’aumento dell’intolleranza religiosa e razziale, che hanno superato il livello di guardia. Un odio che viene spesso alimentato sul web, che va non soltanto condannato ma concretamente contrastato con rigore e severità.

Vi sono, in giro per il mondo, molti apprendisti stregoni, incauti nel maneggiare, pericolosamente, strumenti che generano odio e violenza.

Lei ha parlato degli avvenimenti elettorali in altri Paesi. Numerosi quest’anno, e in grandi democrazie. Dall’Indonesia, all’India, dal Regno Unito alla Francia, nell’Unione Europea, a novembre negli Stati Uniti.

L’Italia ha rapporti di amicizia e vicinanza tradizionali con Washington, maturati all’indomani della Seconda Guerra mondiale con il generoso contributo alla ricostruzione offerto con il Piano Marshall e con il sostegno alla nostra democrazia, consolidatosi nell’Alleanza Atlantica e in altri numerosi contesti delle organizzazioni internazionali.

I vincoli di condivisione di valori dei nostri due popoli rafforzano i rapporti tra gli Stati e ne consentiranno la costante crescita. Al Presidente Biden va il ringraziamento della comunità internazionale per il suo apprezzato servizio e per la sua leadership.

Sotto altro profilo, rimango sorpreso quando si dà notizia o si presume che vi possano essere posizionamenti a seconda di questo o quell’esito elettorale, come se la loro indubbia importanza dovesse condizionare anche le nostre scelte. Nessuno – vorrei presumere – ipotizza di conformare i propri orientamenti a seconda di quanto decidono gli elettori di altri Paesi e non in base a quel che risponde al rispetto del nostro interesse nazionale e dei principi della nostra Costituzione. Questo vale sia per l’Italia, sia per l’Unione Europea.

Lei, Presidente, ha cortesemente citato alcune delle parole che ho pronunziato a Trieste qualche giorno addietro.

Come lei ha ricordato, ho parlato di Tocqueville, di Bobbio, di Popper. Ma ho parlato anche di altri, non meno illustri, tutti ormai, purtroppo, non più in vita.

Ho espresso – intenzionalmente – considerazioni concrete ma sul piano generale, di principi, senza alcun trasferimento ai temi del confronto politico attuale. E non è il caso di farlo qui.

Il mio riferimento alla correttezza e nitidezza dei sistemi elettorali muoveva – oltre che dall’inderogabile necessità di piena democraticità – dalla alta preoccupazione delle crescenti astensioni dal voto, invitando a chiedersi se una delle sue ragioni non sia la disaffezione provocata dalla percezione dalla eccessiva limitazione delle scelte effettivamente affidate agli elettori.

Se proprio vuole uno spunto di attualità, non glielo nego.

Riguarda la lunga attesa della Corte Costituzionale per il suo quindicesimo giudice. Si tratta di un vulnus alla Costituzione compiuto dal Parlamento, proprio quella istituzione che la Costituzione considera al centro della vita della nostra democrazia.

Non so come queste mie parole saranno definite: monito, esortazione, suggerimento, invito.

Ecco, invito, con garbo ma con determinazione, a eleggere subito questo giudice. Ricordo che ogni nomina di giudice della Corte Costituzionale – anche quando se ne devono scegliere diversi contemporaneamente – non fa parte di un gruppo di persone da eleggere, ma consiste, doverosamente, in una scelta rigorosamente individuale, di una singola persona meritevole per cultura giuridica, esperienza, stima e prestigio di assumere quell’ufficio così rilevante.

Vi è un altro tema che le sue considerazioni mi inducono ad affrontare. Quello delle paure che attraversano alcuni Paesi, in un mondo globalizzato e sempre più interconnesso.

Vi sono molte persone che vivono in uno stato di tensione di fronte ai grandi cambiamenti in corso sempre più velocemente. Come ben sappiamo, registriamo condizioni nuove: di vita quotidiana, di modelli sociali, di lavoro, di formule di lavoro, di strumenti di cui avvalersi, di prospettive. Vi si affiancano fenomeni nuovi: dai mutamenti del clima alle possibili pandemie, da strumenti economici e sociali, ormai indispensabili, in mani di pochi e potenti gestori al di sopra dei confini e dell’autorità degli Stati, dalle migrazioni, in ogni continente, alla crescente fusione di popolazioni e di culture, a nuovi strumenti che la scienza propone.

Tutto questo genera, forse comprensibilmente, allarme in tanti, che si sentono disorientati, forse indifesi. E che rischiano di cadere nella rete ingannevole di chi fa credere che la soluzione sia semplice: tornare a un’epoca dorata che non c’è più (se pur mai c’è stata). E che non ci sarà più. Perché la storia cammina, i cambiamenti non si possono fermare, il tempo non torna indietro.

img_7994Vi è un tema – l’ultimo che cito – che sempre più richiede vera attenzione: quello della situazione nelle carceri. Non ho bisogno di spendere grandi parole di principio: basta ricordare le decine di suicidi – decine di suicidi – in poco più dei sei mesi, in quest’anno.

Ma vorrei condividere una lettera che ho ricevuto – per il tramite del garante di quel territorio – da alcuni detenuti di un carcere di Brescia: la descrizione è straziante. Condizioni angosciose agli occhi di chiunque abbia sensibilità e coscienza. Indecorose per un Paese civile, qual è – e deve essere – l’Italia.

Il carcere non può essere il luogo in cui si perde ogni speranza, Non va trasformato, in questo modo, in palestra criminale. Vi sono, in atto, alcune, proficue e importanti, attività di recupero attraverso il lavoro. Dimostrano che, in molti casi, è possibile un diverso modello carcerario.

È un dovere perseguirlo. Subito, ovunque.

Vi ringrazio per la vostra presenza e vi ricambio intensamente gli auguri di una buona pausa estiva. E rivolgo i complimenti più grandi a Ilaria Caracciolo per la bellezza e il significato coinvolgente del ventaglio.

Grazie.
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Mons. Luigi Bettazzi, operatore di Pace: a ottobre a Cagliari un incontro-dibattito.

img_7982 Il presidente del Meic di Cagliari, Mario Girau, ci informa che a cura del medesimo Movimento si terrà nel mese di ottobre un Incontro-Dibattito su “Mons. Luigi Bettazzi, Vescovo del Concilio, Operatore di Pace”. Relatore principale sarà il card. Arrigo Miglio, successore di mons. Bettazzi nella sede vescovile di Ivrea e oggi Arcivescovo emerito della nostra Diocesi nonché amministratore straordinario della Diocesi di Iglesias.
Come documentazione preparatoria dell’evento – che intende inserirsi nel percorso di attuazione dell’ambizioso e giusto programma di “Cagliari Città della Pace”, che il MEIC, ha condiviso nella recente scadenza elettorale di Cagliari città metropolitana – siamo contenti di esercitare il nostro spirito collaborativo con la pubblicazione degli appunti testuali dell’omelia che padre Dionigi Spanu s.j. ha tenuto il 15 luglio scorso per la messa in suffragio di mons. Bettazzi a un anno dalla morte *. Vi terremo informati.

In ricordo di Luigi Bettazzi, vescovo di Ivrea, ad un anno dal suo transito.

In memoria della strage mafiosa di via D’Amelio. Onore ai servitori dello Stato barbaramente assassinati dalla mafia. Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta: Agostino Catalano, Emanuela Loi (prima donna a far parte di una scorta e anche prima donna della Polizia di Stato a cadere in servizio) Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Raccogliamo l’appello del Capo dello Stato: “Troppe sono state le incertezze e gli errori che hanno accompagnato il cammino nella ricerca della verità sulla strage di via D’Amelio”.

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di Patrizio Rovelli
A 32 anni dalla strage di via D’Amelio le commemorazioni ufficiali, che pure sono importanti per tenere viva la Memoria, devono cedere il passo a un’analisi che consenta di comprendere appieno cosa ha rappresentato per il nostro Paese questo vile attentato mafioso in cui hanno perso la vita sei servitori dello Stato e che ha messo a rischio gli stessi fondamentali valori di Legalità e Giustizia patrimonio della nostra Costituzione.
Una analisi peraltro indispensabile per tentare di accertare le responsabilità e i reali obbiettivi del clamoroso depistaggio – il più grave nella Storia della Repubblica – che nascose la verità per oltre quindici anni.
Non è bastato, infatti, un terzo di secolo per individuare chi deviò il corso delle indagini nella loro prima e più delicata fase, favorendo le fuorvianti e calunniose dichiarazioni del falso pentito Scarantino. Scomparsa e mai più ritrovata l’Agenda rossa di Borsellino, persi di vista i pur evidenti collegamenti con la Strage di Capaci, solo nel 2008, grazie alla collaborazione di Gaspare Spatuzza, mafioso reo confesso dell’omicidio del Parroco Antimafia Don Puglisi, si arrivò a ricostruire l’azione militare che aveva portato un attacco così sanguinoso alle nostre Istituzioni.
In questi ultimi anni un ruolo fondamentale nella ricerca della Verità lo hanno avuto i figli di Paolo Borsellino, Lucia, Manfredi e soprattutto Fiammetta, che continuano ancora a chiedere Giustizia per il padre e gli agenti della scorta.
Fiammetta è oggi la fonte più accreditata da cui apprendere quelle parti di verità utili per cercare di costruire un Paese migliore in cui la Legalità possa tornare ad essere – come i Costituenti hanno scritto – valore fondante della nostra convivenza democratica.
Giovanni Falcone e Paolo Borsellino con le loro famiglie conobbero l’isola dell’Asinara dove vissero per circa un mese perché la loro permanenza a Palermo, nella fase più delicata del primo maxiprocesso, era diventata estremamente pericolosa.
Fiammetta è tornata in Sardegna ospite di OPG – osservatorio per la Giustizia nel marzo del 2019 con tre emozionanti incontri che hanno visto protagonisti a Cagliari, Nuoro e Oristano migliaia di giovani, la Chiesa sarda e la parte più attenta della Società civile.
Fiammetta in quei momenti straordinari di intensa commozione e solidarietà ci ha ricordato che “la Verità è un diritto”. Ci ha pure ricordato con un richiamo forte e coraggioso, nel delicato momento in cui una parte del Paese predicava opinioni aberranti come “tutti colpevoli, nessuno innocente”, frutto di un giustizialismo estremo che mal si concilia con i valori costituzionali sui quali siamo chiamati tutti a giurare, che esistono gli errori giudiziari. Affermare come lei fece nel luglio 2017 che “Vittime innocenti” della strage di via D’Amelio sono anche gli uomini ingiustamente accusati dal falso pentito Scarantino, ha rappresentato per le coscienze migliori uno stimolo forte per tentare di realizzare un processo di pacificazione basato sui valori di Legalità e Giustizia che non può certamente ignorare le grandi sofferenze che ci sono dietro la carcerazione ingiusta di persone accusate e condannate per fatti mai commessi. Senza contare che – come accade per tutti gli errori giudiziari – i veri colpevoli sono lasciati liberi di continuare a delinquere.
Dalla parte della famiglia Borsellino si è sempre schierato con grande sentimento di solidarietà il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che ha pronunciato in proposito chiare parole di condanna del depistaggio: “La tragica morte di Paolo Borsellino insieme a coloro che lo scortavano con affetto deve ancora avere una definitiva parola di Giustizia. Troppe sono state le incertezze e gli errori che hanno accompagnato il cammino nella ricerca della verità sulla strage di via D’Amelio”.

Patrizio Rovelli
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Ringraziamo l’autore dell’articolo per la cortese autorizzazione alla pubblicazione. L’articolo è apparso come editoriale ne L’Unione Sarda di venerdì 19 luglio 2024.
L’illustrazione di testa e’ tratta dall’home page odierno [19/07/2024] del Ministero della Difesa.

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Sestu ricorda la sua Emanuela Loi.
Su Casteddu online: https://www.castedduonline.it/sestu-ricorda-la-sua-emanuela-loi-32-anni-dopo-una-cerimonia-per-non-dimenticare/
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Per ricordare Luigi Bettazzi, Vescovo, Profeta e Costruttore un grande di Pace

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Ricordo di Monsignor Luigi Bettazzi

di Teresa Crespellani e Umberto Allegretti

Per chi ha avuto il grande privilegio di essere stato per tanti anni tra i suoi amici e collaboratori, ricordare Mons. Luigi Bettazzi a circa un anno dalla sua morte significa immergersi nella relazione con una persona indimenticabile: per il sorriso, la fine ironia e la serietà, la profondità e la fermezza, la carità e la ricchezza di speranza. Atteggiamenti che chiunque avesse contatti, vicini e anche lontani, con lui, non poteva non cogliere che come riflessi di una personalità peculiare operante nello scenario privato e pubblico del nostro tempo.
Ma in questa sede non intendiamo solo ricordare un amico, bensì riportare alla memoria alcuni tratti di un Vescovo speciale, che, ispirandosi alla radicalità del Vangelo, ha lasciato un’impronta particolare nella vita ecclesiale e sociale del Novecento, traendo dal messaggio evangelico “cose vecchie e cose nuove” e portando, in una Chiesa ancora molto tradizionale, una voce profetica, originale, libera e aperta al dialogo.

Oggi domenica 14 luglio 2024

img_3099Referendum abrogativo della legge Calderoli. Battaglia difficile, ma da vincere
14 Luglio 2024
A.P. Su Democraziaoggi
Il referendum abrogativo ha un avversario insidioso. Per ottenere l’eliminazione della legge occorre che votino il 50% più uno degli aventi diritto e che la maggioranza voti SÌ. Coi tempi che corrono, caratterizzato da una forte propensione per l’astensionismo il compito è a dir poco proibitivo. Occorre anzitutto capire se gli amici di Calderoli accetteranno la […]
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L’antisemitismo di Israele verso i Palestinesi

img_4715di Lucio Garofalo

Chiunque abbia difeso finora il governo di Israele, si arrampica sugli specchi in modo goffo e maldestro per avallare le assurde “ragioni” di uno Stato rivelatosi terrorista e criminale. Ma è impensabile, oltre che immorale, avallare una linea strategica priva di qualunque fondamento razionale, per cui rischia di ritorcersi contro chi la sostiene. Nessuno che davvero conti all’interno della “comunità internazionale” ha osato condannare gli atti di terrorismo di Stato commessi da Israele contro popolazioni inermi come quelle presenti nella striscia di Gaza. Nemmeno l’attuale pontefice ha assunto una posizione di netta esecrazione morale e politica nei riguardi dell’aggressiva e spregiudicata politica israeliana che si è spinta davvero oltre ogni limite accettabile. Quando si parla di “antisemitismo” ci si riferisce ovviamente all’antisemitismo storico, convenzionalmente inteso, cioè al classico razzismo contro gli Ebrei, vittime dell’Olocausto nazista. Ma esiste anche un antisemitismo commesso contro il popolo palestinese, anch’esso appartenente alla stirpe “semitica”, anch’esso vittima di una politica di persecuzione e di aggressione imperialista, di atti ostili e terroristici, di cui si conoscono i responsabili.

Il direttore su “La Voce Serafica della Sardegna”.

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Su Il Portico importante articolo dell’arcivescovo di Cagliari Segretario generale della CEI.

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Chiediamo venia agli amici de Il Portico, settimanale diocesano di Cagliari, se ci permettiamo di ripubblicare l’editoriale dell’arcivescovo di Cagliari, nonché Segretario generale della CEI, Giuseppe Baturi, che fa una sintesi dei contenuti della 50a Settimana Sociale dei Cattolici in Italia, tenutasi a Trieste dal 3 al 7 luglio u.s. Condividiamo in toto l’enfasi che dà mons. Baturi ai discorsi che in tale sede hanno tenuto il presidente della Repubblica e il Papa, sulla democrazia e sull’imperativo del contrastarne il suo indebolimento in Italia e nel Mondo. L’arcivescovo Baturi, come si può leggere, ha concluso il suo intervento con questa frase: “Di tutto questo e di molto dovremo riabituarci a parlare tra noi e con noi anche a Cagliari e in Sardegna”. Immediata una missiva del presidente del Meic di Cagliari Mario Girau: “Eccellenza, conti pure sull’impegno e la collaborazione del MEIC. Buona serata”. A cui con altrettanta immediatezza ha corrisposto il Vescovo: “ Grazie. Dovremo organizzare più momenti di confronto. Buona serata”.
Questa è solo un’anticipazione. Anche noi vi auguriamo Buona serata.

Si raccolgono le firme: «L’aula magna del Tribunale di Cagliari venga intitolata ad Aldo Scardella»

img_7919Nel ricordo di Aldo Scardella, la petizione va avanti: «L’aula magna del Tribunale di Cagliari con il suo nome»
Accusato di essere l’autore di un omicidio efferato, nel 1986 si tolse la vita in carcere. Aveva 25 anni: «Vittima di un errore giudiziario»
Massimiliano Rais su L’Unione Sarda.
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Oggi venerdì 12 luglio 2024

img_3099 Il regno d’Italia nasce dal regno di Sardegna?
12 Luglio 2024
Andrea Pubusa su Democraziaoggi.
Nei giorni scorsi l’Unione sarda ha diffuso un opuscolo in cui lo storico Francesco Cesare Casula ha illustrato la sua nota tesi secondo cui il Regno d’Italia è nato dal Regno di Sardegna. Ora, da un punto di vista formale la tesi appare ineccepibile. Il processo unitario italiano è stato guidato dal Regno di Sardegna […]
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Diocesi di Cagliari
COMUNICATO STAMPA

Campagna per l’adesione alla proposta di OPG osservatorio per la Giustizia di intitolare a ALDO SCARDELLA, Vittima dell’Errore Giudiziario, l’Aula Magna del Palazzo di Giustizia di Cagliari.

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img_7910. Servizio di Massimiliano Rais.
https://www.videolina.it/articolo/tg/2024/07/10/cagliari_aldo_scardella_l_aula_del_tribunale_con_il_suo_nome-78-1201982.html
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Aladinpensiero appoggia e s’impegna nella campagna per la raccolta delle firme, in collaborazione con il proponente OPG e altre organizzazioni aderenti come l’Associazione Socialista Diritti e Riforme. L’avv. Patrizio Rovelli ci informa che allo stato sono state effettivamente raccolte o prenotate circa 1000 firme, ma l’obbiettivo è ben più ambizioso. A settembre si conta di allestire appositi banchetti in alcune piazze della città. Per ora chi volesse aderire può scaricare il modulo sotto riportato, scannerizzarlo e inviarlo alla mail  opg.giustizia@gmail.com  o anche richiedere tramite la stessa mail, l’invio del modulo compilabile online.
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Il modulo di adesione alla Campagna

Auguri di buon lavoro al Sindaco Massimo Zedda, alla sua Giunta, a tutte e tutti consiglere/i del Consiglio comunale di Cagliari.

img_7885La nuova Giunta del Sindaco Massimo Zedda, cinque donne e quattro uomini.

Giustizia riparativa

patrizio-rovelli-ft2Perché intitolare ad Aldo Scardella l’Aula magna del Palazzo di Giustizia di Cagliari?
di Patrizio Rovelli*

Il nostro obiettivo è avere la certezza che nessuno dimentichi mai la tragica fine di questo giovane. Soprattutto le nuove generazioni e in particolare giudici, avvocati, pubblici ministeri e agenti e ufficiali di polizia giudiziaria che nel 1986 – l’anno in cui il 2 luglio Aldo si tolse la vita da innocente nel carcere di Buoncammino a Cagliari – non erano neppure nati o erano ancora ragazzi.
Va detto che sul tema degli errori giudiziari si gioca oggi una partita importante del futuro della Giustizia nel nostro Paese. L’articolo 24 comma 4 della Costituzione (rimasto in gran parte inattuato) stabilisce, infatti, che la legge deve determinare “le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari”. E il sistema processuale è ancora sprovvisto di una disciplina che consenta agevolmente a chiunque assuma di essere stato condannato ingiustamente con sentenza irrevocabile, di far nuovamente ricorso alla giurisdizione per ottenere il riconoscimento della propria innocenza.
La Giustizia, secondo la Legge Fondamentale, può quindi sbagliare così come l’esperienza dimostra. E possono sbagliare non solo gli inquirenti (i pubblici ministeri e la polizia giudiziaria), ma anche i giudici e naturalmente gli avvocati che tutelano nel processo imputati e persone offese.
La morte di Aldo è stata la conseguenza di uno degli errori giudiziari più evidenti degli ultimi cinquant’anni.
Aldo era innocente tanto che dopo la sua morte i veri autori dell’omicidio di cui era ingiustamente accusato furono arrestati e condannati.
Il sacrificio della Sua vita deve essere sempre ricordato da chiunque quotidianamente varchi la soglia di un Tribunale. Tutti dobbiamo essere consapevoli della delicatezza dei nostri ruoli e delle enormi sofferenze che gli errori giudiziari arrecano a chi li subisce e ai loro cari.
È nostro dovere provare a immaginare una giustizia penale diversa in cui l’analisi della casistica degli errori giudiziari consenta di evitarli, attraverso la riforma di tutti quegli istituti processuali che comunque incidono sulla decisione del giudice.
È certamente importante ribadire che la ragionevole durata del processo è un valore fondamentale. Ma lo è ancora di più il contenuto di verità e giustizia delle decisioni dei tribunali.
​La magistratura, l’avvocatura e soprattutto il Legislatore devono avere consapevolezza, ognuno per la parte di propria competenza, della fondamentale rilevanza di queste tematiche.
Va a questo proposito ricordato che in alcuni recenti interventi il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha voluto ribadire, a margine del caso Palamara, come sia assolutamente necessaria una “rigenerazione etica e culturale” della magistratura italiana. Lo ha scritto nell’ottobre del 2021 in una lettera inviata al presidente della ANM; e lo ha ribadito all’inizio del 2022 nel discorso tenuto davanti alle Camere riunite in occasione del suo secondo insediamento nella più alta carica dello Stato.
In verità qualche segnale di riflessione è da ultimo venuto anche dalla magistratura che nella sua parte più sensibile ha ricordato e riconosciuto gli errori gravissimi commessi nella vicenda di Enzo Tortora.
Così come pare di poter cogliere un segnale positivo in uno degli ultimi passaggi della Mozione approvata dal 36º congresso nazionale dell’ANM tenutosi a Palermo dal 10 al 12 maggio scorso, nel cui terzultimo capoverso si legge che è auspicio della ANM che la comune cultura di giudici, avvocati e pubblici ministeri possa concorrere a rendere la giustizia “migliore e più giusta”.
Sorprende non poco a tale ultimo proposito che nei tanti progetti di riforma costituzionale presentati dal Governo e dal guardasigilli Nordio, considerato da molti un garantista, non vi sia neppure una proposta che finalmente contempli la piena attuazione dell’articolo 24 comma 4 della Costituzione.
Va in conclusione ricordato il pensiero – oggi più che mai attuale – di Francesco Carnelutti che affermava che dietro ogni sentenza di assoluzione c’è sempre un errore giudiziario. Un errore giudiziario che merita “riparazione”, secondo una corretta interpretazione e attuazione del dettato costituzionale, riconoscendo a chi è stato assolto il diritto al risarcimento per il danno subito all’immagine e al patrimonio economico e affettivo a causa della ingiusta sottoposizione al processo.

*Patrizio Rovelli
Presidente OPG – osservatorio per la Giustizia.
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Articolo apparso come Editoriale su L’Unione Sarda.
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Per opportuna correlazione ripubblichiamo il servizio su Aldo Scardella a 38 anni dalla sua morte.

Accadde 2 luglio di 38 anni fa. Per non dimenticare Aldo Scardella

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/>di Patrizio Rovelli

Il 2 luglio del 1986 nel carcere di Buoncammino moriva Aldo SCARDELLA vittima di un evidente errore giudiziario. Aveva 26 anni ed era accusato di un omicidio che non aveva commesso.
Dopo la sua morte la Procura di Cagliari arrestò gli autori di quel crimine che vennero poi condannati dalla giustizia italiana.
Di lui parlò Enzo Tortora che volle visitare la sua tomba e deporvi dei fiori.
L’Osservatorio per la Giustizia ha deciso di raccogliere le firme per intitolare ad ALDO l’aula più importante del palazzo di giustizia di Cagliari.
Perché nessuno dimentichi mai, varcando l’ingresso del tribunale della nostra città, il sacrificio della vita di questo giovane condannato a diventare un drammatico e dolorosissimo esempio di errore giudiziario.
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aldo-scardella-272024jpgQuesta mattina mi sono sentito sinceramente onorato di accompagnare Cristiano Scardella, fratello di Aldo e l’avv. Patrizio Rovelli, amico di sempre, a rendere omaggio ai Aldo Scardella morto suicida il 2 luglio del 1986 nel carcere di Buoncammino, vittima innocente di un clamoroso errore giudiziario. Con commozione abbiamo accarezzato la foto del giovane Aldo e deposto un mazzo di garofani rossi sulla sua tomba. Aldo merita molto di più dei nostri omaggi e della nostra commozione, seppure importanti perchè sinceri e per lui impegnati, merita di essere ricordato da tutti, compresi gli operatori della giustizia, quella giustizia che a lui è stata barbaramente negata. Ecco perchè la proposta dell’Osservatorio per la Giustizia di intitolare ad ALDO l’aula più importante del palazzo di giustizia di Cagliari, va appoggiata e portata avanti con convinzione e impegno corale fino alla sua accoglienza [fm].
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E’ online Rocca n. 14/2024
15 luglio 2024

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