EUROPA

Oggi domenica 11 maggio 2025

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ANPI: contro la deriva delle manifestazioni neofasciste
10 Maggio 2025 su Democraziaoggi
«Il Comitato Nazionale dell’ANPI,
viste le continue e sempre più frequenti manifestazioni di organizzazioni di estrema destra che si riuniscono per esaltare il passato regime fascista, attraverso la riunione di un significativo numero di partecipanti, organizzati con divise e inquadramento paramilitare e/o militare, con saluti romani e chiamata del “presente”; ritenuto che negli ultimi tempi a Milano […]
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In Iran impiccato uno stupratore, da noi ai domiciliari
11 Maggio 2025
Andrea Pubusa su Democraziaoggi
Se dovessi seguire il Codice barbaricino e penassi in sardo, forse dovrei gioire alla notizia che uno supratore in Iran è stato condannato a morte e impiccato. Ma ora spesso penso in italiano, seguo la nostra bella Costituzione, nata dalla Resistenza, e condivido l’insegnamento di Cesare Beccaria, la persona è inviolabile, anche quando commette orribili crimini e lo Stato non può privarla della vita.[…]
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Importante

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I nostri figli non hanno bisogno di una visita gratis a bordo della vostra nave Trieste ma hanno bisogno di salvaguardare la propria salute, l’ambiente, la fauna e la flora della Sardegna, che voi con le vostre esercitazioni continuate ad inquinare, avvelenare e a distruggere. Abbiamo bisogno, noi sardi con i nostri figli, che liberiate il nostro territorio. Prima ve ne andate e meglio sarà per noi, nostri figli, l’ambiente, la fauna e la flora sarda.

Sabato 10 maggio 2025 dalle ore 10,00, manifesteremo in Piazza Delle Vittime del Moby Prince angolo Piazza Deffenu (Cagliari), per dire NO a chi utilizza il nostro cielo, il nostro mare e le nostre coste per esercitazioni di guerra, con armi e bombardamenti.

Oggi venerdì 2 maggio 2025

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1° maggio, Portella della ginestra
2 Maggio 2025 su Democraziaoggi
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Con lo slogan “Partigiani del lavoro”, scritto anche sulle magliette rosse indossate da molti sindacalisti, centinaia di persone hanno partecipato alla manifestazione organizzata dalla Cgil siciliana e dalla Camera del lavoro di Palermo a Portella della Ginestra, per commemorare il 78° anniversario della strage del Primo maggio del 1947 quando furono assassinate 11 persone tra […]
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Fercia un giurista e un galantuomo, come tutti gli avvocati può essere revocato
1 Maggio 2025
Andrea Pubusa su Democraziaoggi
Conosco Fercia dai tempi dell’Università. E’ uno studioso di grande valore e una persona seria. La Cucca, nel nominarlo difensore della Commissione di vigilanza ha compiuto un’ottima scelta. E – anche se non condivido la decisione della Commissione (peraltro assunta a maggioranza) – ritengo che Fercia abbia svolto professionalmente un ottimo lavoro. Tuttavia, detto […]
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[Biblioteca di Cultura e Storia del Protestantesimo]. Oggi 2 maggio l’apertura ufficiale della nostra biblioteca. Durante l’evento parteciperemo alla conferenza di Giulia Balzano (Ass. Menabò) sul carteggio che il pastore Piero Bensi tenne, dal 1951 al 1954, con i detenuti della colonia penale di Castiadas. Carteggio presente nell’archivio storico di chiesa, scansionato e digitalizzato da Emanuela Meloni, rielaborato e presentato in anteprima nel nostro incontro. Uno spaccato sulla condizione carceraria nell’Italia analfabeta degli anni ’50, uno sguardo sulla cura pastorale, un focus su una drammatica situazione oggi di grande emergenza e attualità: le carceri in Italia.
Ci vediamo alle 17 nei nostri locali del primo piano, in Viale Regina Margherita 54. Per chi non potesse partecipare, stiamo provando a organizzare un diretta live. E comunque avremo video e foto che posteremo su questa pagina. A presto sentirci.
Seguici su https://biblioprotestantesimo.it/inaugurazione-dei…/

Oggi venerdì 18 aprile 2025 – Venerdì Santo

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Settimana Santa: https://www.aladinpensiero.it/?p=162910

Politica oggi

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Costruire adesso l’alternativa alle destre

Alfiero Grandi

La discussione iniziata sul futuro dell’opposizione non è convincente. Anzitutto si dovrebbe riconoscere che le attuali opposizioni hanno la responsabilità storica di avere affrontato nel 2022 la sfida elettorale con le destre (unite da un’alleanza per il potere) incapaci di evitare il disastro di una maggioranza parlamentare di destra del 59% conquistata con solo il 44% dei voti. Le responsabilità di questa sconfitta annunciata sono diffuse e oggi in ogni occasione significativa la maggioranza delle destre ci ricorda che a metà legislatura nessuno sa dire se si ripeterà il disastro del 2022. La gravità del rischio è talmente grave da meritare un’attenzione che ancora non c’è da parte delle diverse opposizioni politiche e che dovrebbe essere oggetto di preoccupazione anche per le diverse soggettività sociali.
Il primo elemento di valutazione è l’influenza di una malintesa fedeltà atlantica che ha condizionato ogni altra scelta, in particolare sulla guerra in Ucraina. Questa scelta ha adottato una visione unilaterale della situazione con la conseguenza di non riuscire ad accompagnare il sostegno all’Ucraina almeno con una forte iniziativa per trattative e pace. Per questo la posizione è diventata un sostegno “fino alla vittoria” dell’Ucraina, in osservanza alle scelte Usa e Nato. Con la drammatica conseguenza di relegare in secondo piano la lotta al cambiamento climatico, che richiede la convergenza tra diversi, e di portare in primo piano il riarmo, fino alla proposta attuale di considerare fuori dai vincoli europei di bilancio le spese per gli armamenti. E’ evidente lo spirito guerrafondaio che caratterizza questa deriva bellicista, fino a prefigurare una nuova suddivisione del mondo, pur diversa dal passato.
Altro elemento è la sottovalutazione del ruolo che può e deve avere la nostra Costituzione i cui principi fondamentali possono ispirare un programma di governo alternativo alle destre, le quali – non a caso – nel loro programma hanno scritto elementi di sovversione costituzionale con cui stiamo facendo i conti. Autonomia regionale differenziata, prezzo pagato dagli alleati alla Lega; separazione delle carriere e conseguente Csm diviso, composto con sorteggio per disarticolare l’associazionismo dei magistrati (l’Anm ha superato l’80% dei votanti per la rappresentanza in controtendenza all’astensionismo nelle elezioni generali) con conseguente rischio per l’autonomia dei Pm e per l’obbligatorietà dell’azione penale, sono tutte modifiche radicali della Costituzione; premierato e cioè elezione diretta del Presidente del Consiglio con conseguente accentramento dei poteri e comprimendo il ruolo di garanzia del Presidente della Repubblica, riducendo il parlamento ad un ruolo subalterno al “capo” eletto direttamente, dando vita alla “capocrazia”.
Le destre puntano a cambiare la Costituzione con interventi radicali, le opposizioni avrebbero buon gioco a presentarsi idealmente (come i magistrati il 25 gennaio scorso) con in mano la Costituzione. L’errore del 2022 oggi viene riproposto da alcuni autorevoli esponenti delle opposizioni che sembrano avere dimenticato che proprio allora le opposizioni non riuscirono neppure a fare il cosiddetto accordo tecnico che oggi viene rilanciato come una grande trovata mentre è in realtà la rinuncia ad affrontare e superare le difficoltà per arrivare ad un accordo politico di legislatura. Perfino l’ipotesi che si torni a votare con il “rosatellum” alle prossime politiche non è detto che si realizzi, visto che a destra c’è un ripensamento sul ruolo della legge elettorale. Se fosse così semplice si sarebbe fatto nel 2022, come fu proposto e non ascoltato come ultima possibilità di evitare il disastro prima del voto. Così avremmo evitato di trovarci con una destra gonfiata dai meccanismi astrusi del rosatellum. Una destra che usa questa rendita (regalata) di una larga maggioranza parlamentare senza tanti riguardi per imporre le sue soluzioni.
La discussione fin qui sviluppata ha un limite di fondo ed è ragionare considerando solo i rapporti tra i gruppi dirigenti delle opposizioni, senza rendersi conto che le destre hanno si avuto un regalo imprevisto ma stanno alacremente lavorando per consolidare il loro ruolo, sia usando il potere allargato che implica lo stare al governo (nomine, ecc.) sia galvanizzando il loro elettorato con descrizioni che non corrispondono alla realtà ma che le opposizioni stentano a contrastare con efficacia.
Per di più dove sta scritto che si voterà nel 2027? La maggioranza è in affanno, sono le opposizioni che non riescono a decollare con un’opposizione alternativa credibile tale da farle esplodere. Ormai è chiaro che questa destra non porterà a risultati per il futuro del nostro paese, che è sostanzialmente fermo malgrado i miliardi del PNRR e che avrebbe bisogno di un intervento forte ed urgente, altrimenti non sarà in grado di reggere la gelata economica del trumpismo che spingerà Italia ed Europa in recessione.
Mancano idee forti e determinazione, è sbagliata l’analisi delle destre e sono deprimenti le loro proposte. Un esempio, l’auto è in crisi e per di più si rischia che la Cina diventi dominante nelle auto elettriche come lo è nei pannelli solari ma il governo ha tolto oltre 4 miliardi di euro dalla legge di bilancio.
Non c’è solo l’economia in stallo, che pure è decisiva, sono i meccanismi di fondo della democrazia moderna che rischiano una crisi verticale e c’è il rischio che le opportunità del PNRR vengano sprecate, anche sulla guerra le destre sono incapaci di qualunque iniziativa autonoma e questo riverbera anche sull’Europa che a sua volta è più afona del solito e sa solo parlare di aumentare produzione ed acquisto di armi, mentre dovrebbe preparare un’evoluzione dell’Europa verso la pace.
La discussione tra le opposizioni non deve guardare solo i rapporti tra i gruppi dirigenti ma deve avere di mira un coinvolgimento forte dei cittadini per renderli protagonisti di una nuova fase di costruzione di un’alternativa di massa alla destra che si candida a governare contro le destre. Una proposta preconfezionata nei salotti per coinvolgere solo dopo i cittadini non darebbe alcun aiuto a ridurre l’astensionismo, che è il vero, grande, preoccupante problema della democrazia. Il referendum sull’autonomia regionale differenziata era una potente occasione, insieme agli altri referendum sul lavoro e sulla cittadinanza. La Corte costituzionale ha preso una decisione contraria, non condivisibile, influenzata dalla preoccupazione che il referendum potesse dividere il paese ma la Consulta ha dimenticato che un referendum abrogativo è sempre promosso per cancellare scelte già fatte, quindi divisiva è la legge Calderoli, che la Consulta però non ha cancellato integralmente.
Il referendum sull’autonomia regionale differenziata era per le opposizioni il massimo punto di unità, ora non c’è più. Il valore di questo referendum stava nel potenziale coinvolgimento delle persone e poteva convincerle a votare, quindi un formidabile appuntamento per tutti: dirigenti, militanti, elettori, cote politico e cote sociale. Ora restano gli altri referendum che sono anch’essi molto importanti ma hanno apprezzamenti non univoci nelle opposizioni. La spinta unitaria non è immediata ma un buon lavoro può risolvere molti problemi.
Quindi se ora non si vuole cadere nella depressione politica di un’opposizione che ha perso il più importante punto di unità politica e sociale occorre costruire un percorso credibile che partendo dalla Costituzione (che resta il fondamento che deve ispirare un programma alternativo alla destra) arrivi ad un progetto che renda possibile e credibile un’alternativa alla destra, anche prima della scadenza naturale del 2027. Sarebbe diabolico se le opposizioni si facessero trovare impreparate di fronte ad una crisi improvvisa del governo delle destre, sempre possibile. Di più, proprio una credibile alternativa potrebbe incalzare il governo della destra e moltiplicarne le difficoltà fino a provocarne la crisi.
Un abbozzo di programma è indispensabile, partendo dalla Costituzione, ed è responsabilità dei gruppi dirigenti, ma occorre che questo dia vita ad un’ampia campagna di partecipazione, puntando a fare scrivere il programma dell’alternativa alle persone che sono disponibili ad impegnarsi sulle proposte, scrivendo, votando, mobilitando. Una grande discussione di massa è il modo migliore per preparare un’alternativa credibile alla destra. Esperienze precedenti hanno dato buona prova, perché dovremmo rinunciare alle esperienze positive del passato? La condizione è che il programma sia non solo dei partiti ma costruito con la società e con gli elettori.
Quello che manca nella discussione fin qui svolta è il lancio di una prospettiva forte, ideale e politica, sociale e partecipata, che cammini nella coscienza e sulle gambe delle persone. Occorre suscitare emozioni, non può essere un confronto a tavolino, nei salotti. E’ nel vivo delle lotte che si formano i quadri, le esperienze dei militanti, le nuove gerarchie nei dirigenti, da solo nessuno di questi sarà in grado di convincere chi si è ritirato deluso dall’impegno a tornare e a fare la sua parte, dando vita ad un grande patto per un’alternativa alle destre. Non c’è più tempo da perdere. Il momento è ora. Trump e la destra in campo nel mondo e in Europa non sono un fenomeno passeggero, la possibilità di costruire elementi di iniziativa unitaria va iniziata prima possibile per evitare di lasciare ad una destra aggressiva il tempo, che altrimenti non avrebbe, di durare. Prima l’alternativa politica e sociale sarà in campo per il futuro dell’Italia e dell’Europa meglio sarà.

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Il progetto costituente
Come vincolare il potere politico

11/04/2025
(Da “Il Manifesto” di venerdì 11/04) – Un estratto da «Progettare il futuro. Per un costituzionalismo globale». Il volume, edito da Feltrinelli, sarà in libreria a partire dal 15 aprile.
Luigi Ferrajoli

I poteri che contano, quelli il cui esercizio selvaggio sta minacciando il futuro dell’umanità, si sono trasferiti irreversibilmente fuori dei confini degli Stati nazionali e perciò della sfera del loro diritto e del loro governo. Ed è cambiata, conseguentemente, la natura delle aggressioni più gravi al diritto e ai diritti, le quali sono tutte di carattere globale. Ne consegue l’inadeguatezza del costituzionalismo odierno a fronteggiare queste aggressioni. A causa dei loro limiti spaziali, i governi nazionali e le loro costituzioni sono oggettivamente impotenti di fronte alle catastrofi planetarie in atto, destinate tutte, peraltro, ad aggravarsi.
NON È SOLO una questione di malgoverno, o di egoismi nazionali, o di volontà di sopraffazione politica o economica e neppure di semplice miopia delle forze politiche. È una questione drammaticamente oggettiva, ben più di fondo di quella soggettiva del presentismo e del localismo. Anche volendo, nessun attore della politica o dell’economia mondiale, per quanto potente – nessuno Stato pur dotato dei massimi armamenti militari, nessuna grande impresa multinazionale pur gestita da filantropi –, potrà mai affrontare, da solo, i problemi del riscaldamento climatico, del disarmo mondiale e delle disuguaglianze planetarie.
Se l’umanità vuole sopravvivere, poteri globali e aggressioni globali impongono un salto di civiltà, cioè un’espansione del costituzionalismo oltre lo Stato, all’altezza dei poteri da cui provengono le minacce al nostro futuro. È chiaro che questa espansione è possibile solo sulla base di un nuovo contratto sociale di carattere globale tra tutti gli Stati e i popoli del pianeta che istituisca, in forma vincolante, le garanzie universali della pace, dei diritti fondamentali di tutti e dei beni vitali della natura. È questo l’ultimo, decisivo passo che va compiuto nella storia del costituzionalismo e che, da quei principi di pace e di giustizia, se presi sul serio, è logicamente implicato e giuridicamente imposto.
Purtroppo la politica è ben lontana dal compiere questo passo. L’aspetto più insidioso e drammatico delle catastrofi in atto consiste nella cecità dei nostri governi e delle nostre opinioni pubbliche. (…) Nonostante i cataclismi ogni anno più gravi e devastanti, il mutare delle stagioni, i grandi caldi, gli incendi e le grandini, le siccità e le alluvioni, lo scioglimento dei ghiacciai, l’innalzamento dei mari e il prosciugarsi dei fiumi e dei laghi, quanti potrebbero accordarsi e concordemente vincolarsi per fronteggiare le sfide globali non stanno facendo nulla, se non varare, come in Italia, leggi punitive contro i giovani che con le loro proteste tentano di aprire loro gli occhi.
EPPURE UNA LEZIONE avremmo dovuta trarla da una grave emergenza che proprio in questi anni ha colpito tutto il mondo e ha mostrato tutta la nostra comune fragilità e interdipendenza: la pandemia di Covid-19, improvvisamente esplosa nel febbraio 2020. Il virus non conosce confini e in poche settimane ha invaso tutto il pianeta, senza distinzioni di nazionalità e di ricchezze. Ha provocato più di 600 milioni di contagi e 7 milioni di morti, ha paralizzato e sconvolto l’economia, ha alterato la vita quotidiana di tutti gli abitanti della Terra, ha reso evidente, con il suo terribile bilancio quotidiano di ammalati e di deceduti, la mancanza di istituzioni globali di garanzia della salute. (…)
UNA SIMILE TRAGEDIA avrebbe dovuto offrire due insegnamenti, entrambi vitali. Essa ha mostrato, in primo luogo, il valore insostituibile della sanità pubblica e del suo carattere universale e gratuito, che è la sola garanzia dell’uguaglianza nel godimento del diritto alla salute quale diritto fondamentale di tutti. Solo la sfera pubblica è in grado di investire fondi nella prevenzione e nella gestione delle epidemie e di pianificare – nell’interesse di tutti, senza privilegi né discriminazioni – le prestazioni sanitarie, al di là delle contingenti convenienze economiche che condizionano invece la sanità privata. In secondo luogo, avrebbe dovuto trarsi, dalla pandemia, l’insegnamento del carattere globale di tutte le catastrofi che minacciano il nostro futuro, e perciò della necessità di risposte parimenti globali. (…) Invece, non abbiamo imparato assolutamente nulla.
AL CONTRARIO si è sviluppata una generale rimozione, o peggio una diffusa negazione della pericolosità del virus e della necessità di misure di difesa – dall’obbligo delle mascherine alle restrizioni della libertà di circolazione – e poi perfino del valore dei vaccini. Immediatamente i populismi di tutto il mondo, sia al governo che all’opposizione – in Italia e in Inghilterra, negli Stati Uniti e in Brasile –, si sono dapprima avventati contro le misure prescritte dalla scienza medica, e poi hanno dato voce e rappresentanza ai negazionisti per raccattarne i voti. Si è rivelato, in questa vicenda, l’alto tasso di irrazionalità – la sfiducia nella scienza e nella ragione e la diffidenza e l’ostilità per la sfera pubblica – che forma l’oscuro sottofondo dell’anti-politica su cui fanno leva, in particolare a destra, tutti i populismi. In Italia, dove il virus si è diffuso prima e più duramente che in qualunque altro paese occidentale, costringendo a risposte severe ma necessarie, la destra negazionista andata al potere è giunta ad approvare l’istituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione della pandemia da parte del precedente governo, al solo scopo di censurarne le misure, senza le quali il numero dei nostri morti si sarebbe raddoppiato. Se questa è stata la reazione del nostro ceto politico e di una parte non piccola della pubblica opinione a un fenomeno clamorosamente evidente come è stata la pandemia, che per due anni ci ha chiusi nelle nostre case e ha minacciato la vita di tutti, è facile comprendere la cecità e l’imprevidenza di fronte alle altre ben più gravi catastrofi globali, assai meno visibili e impellenti, che incombono sul nostro futuro.
LE RAGIONI di questa incoscienza – ecologica, nucleare e umanitaria – e della nostra insensibilità morale sono molteplici. C’è il negazionismo più o meno consapevole di verità troppo scomode, comunque alimentato dall’avversione alla sfera pubblica. C’è la nostra indifferenza, generata anche dall’«idea di uomo» che, come ha scritto Joseph Stiglitz, «sta alla base dei modelli economici prevalenti, ossia un individuo calcolatore, razionale, egoista, che pensa solo a se stesso e non lascia spazio alcuno all’empatia, al senso civico, all’altruismo»: un essere orribile, cui non vorremmo assomigliare e che non vorremmo frequentare e che, tuttavia, viene proposto come modello di «razionalità».
C’è poi un altro fattore dell’impotenza e del disimpegno: una sorta di regressione infantile – anti-politica, anti-liberale, anti-sociale, anti-illuminista –, a sostegno della deresponsabilizzazione e della delega in bianco ai poteri, quali che siano, delle decisioni che contano sul nostro futuro. È il disimpegno illustrato da Kant nel suo saggio sull’illuminismo del 1784. «L’illuminismo», egli scrive, «è l’uscita dell’uomo dallo stato di minorità», cioè dall’«incapacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro». Sono questa minorità e questa passivizzazione che vengono oggi promosse dal crollo della partecipazione politica.
«È COSÌ COMODO essere minorenni!» prosegue Kant. «Non ho bisogno di pensare, purché possa solo pagare: altri si assumeranno per me questa noiosa occupazione». Questi «tutori che si sono assunti con tanta benevolenza l’alta sorveglianza sui loro simili minorenni» mostreranno loro – «dopo averli in un primo tempo istupiditi come fossero animali domestici» e impedito loro di «muovere un passo fuori della carrozzella per bambini in cui li hanno imprigionati» – «il pericolo che li minaccia qualora cercassero di camminare da soli». (…) È su questa mancanza di maturità che si basa l’indisponibilità a guardare la realtà, a prendere atto dei suoi orrori e dei suoi pericoli, a pensare il futuro come un possibile non-futuro, a concepire come possibile la scomparsa del genere umano.
Questa cecità è oggi il principale nemico dell’umanità. Essa è presente soprattutto tra i nostri governanti, più di tutti ammalati di presentismo e localismo, e impone perciò alla cultura giuridica e politica un aggiornamento radicale dei suoi apparati concettuali, onde consentire di vedere la realtà e di pensare le possibili soluzioni dei problemi. Solo se si mostrerà che un’alternativa allo stato attuale del mondo è possibile, pur se difficile, e che essa dipende dall’impegno di tutti, potranno prodursi un risveglio della ragione e lo sviluppo di una nuova energia costituente.

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Oggi sabato 12 aprile 2025

img_2633 Condanna Turetta, molti interrogativi
11 Aprile 2025
Andrea Pubusa su Democraziaoggi.
Avrete senz’altro saputo della condanna di Turetta all’ergastolo per l’assurdo assassinio della sua ex fidanzata, Giulia Cecchettin, con 75 coltellate. La corte d’assise – come era facilmente prevedibile – lo ha condannato all’ergastolo. E fin qui nulla quaestio, nessuna questione. Ciò che fa discutere è che i gjudici non hanno riconosciuto l’aggravante della crudeltà, e […]
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Oggi venerdì 11 aprile 2025

img_2599 Il “talento sprecato” o la mercificazione del talento
10 Aprile 2025
Lucio Garofalo su Democraziaoggi
In passato qualcuno mi ha rimproverato di avere sprecato il mio “talento”, di aver dissipato il mio ingegno e le mie qualità nell’arte della scrittura. È probabile che abbiano un po’ di ragione. Tuttavia, mi piacerebbe capire che cosa significhi “sprecare” un talento. Si intende, per caso, non saper […]
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Oggi mercoledì 9 aprile 2025

img_2580UNA SCUOLA PER SUDDITI
8 Aprile 2025
Lucio Garofalo su Democraziaoggi
È tempo di bilanci, di giudizi e di riflessioni. Anche sui sistemi di valutazione adottati (più o meno consciamente) nelle scuole italiane. La docimologia è quella branca della pedagogia che pretende di essere una disciplina scientifica che si occupa dei criteri e dei parametri applicati nella valutazione scolastica. […]
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Europarmata

img_2578EUROPA SOGNI DI GLORIA

Cari Amici,
rincuorati dalla grande manifestazione dei 100.000 di sabato scorso a Roma contro il riarmo europeo e per la cessazione dello sterminio di Gaza, vi mandiamo il lunghissimo testo della risoluzione del Parlamento europeo del 2 aprile. Ve lo mandiamo perché nella sua grottesca follia rappresenta il punto di caduta di questa forma di Unione Europea, partita, come si ricorderà, per unire i denari e i mercati, non i popoli dell’Europa. Questo punto di caduta si può riassumere nella frase: vorrei ma non posso.

Che cosa vorrebbe questa Europa, sedotta e abbandonata dall’America? A parte la dichiarazione di guerra alla Russia, e il miraggio secondo cui grazie al “deciso sostegno militare dell’Unione Europea” e solo grazie ad esso, l’Ucraina “sarà in grado di conseguire la vittoria contro la Russia”, quello che platealmente dice di voler fare l’Europa di Ursula von der Leyen e di Macron, è di prendere il posto dell’America, diventata cattiva, come Prima Potenza mondiale. C’è un sintomo altamente simbolico di questa velleità: gli 800 miliardi del piano di riarmo. Perché proprio 800 e non 750 o 1000? Calcolata come prodotto di improbabili finanziamenti, sembra una cifra di fantasia. Certo non serve a ottenere la famosa vittoria sulla Russia, perché ci vorranno quattro anni per arrivare a questo tetto di spesa, e fra quattro anni chissà che fine avrà fatto la guerra d’Ucraina. Invece gli 800 miliardi sono pari alla spesa militare degli Stati Uniti. Fatto dall’Europa, è un tradimento che risponde a un abbandono, perché un cardine della politica estera e di “difesa” degli Stati Uniti, consacrato da anni nei documenti sulla strategia della sicurezza nazionale americana formulati dalla Casa Bianca e dal Pentagono, è che nessuna Potenza deve non solo superare , ma nemmeno eguagliare la potenza americana. Le altre Potenze sono ben lungi dal poterlo fare (la Russia spende 86 miliardi di dollari, la Cina 291), ed ecco che ora ci si mette l’Europa. Ciò vuol dire sostituirsi agli Stati Uniti nella pretesa di porsi come guida delle Genti e Sovrana del mondo: basta leggere la risoluzione del Parlamento di Strasburgo,ma scritta a Bruxelles, per vedere enunciato questo progetto globale, dal recupero di metà di Cipro dalla dominazione turca al controllo della “regione artica”, dal Mali alla Cina. Ci sarebbe da dire “Prosit !” se non fosse, più che un progetto, un’allucinazione e un incubo. Non per questo è stata fatta l’Europa, non l’Europa di Ventotene che, come siamo stati informati non è l’Europa della signora Meloni, ma nemmeno della nomenclatura che ha preso il potere a Bruxelles.

Questa Europa ha preso il lutto per il divorzio americano, dice che la democrazia è in pericolo, anzi già sconfitta. Ma in realtà altre sono le sue gramaglie: ciò su cui piange è la sconfitta del capitalismo nella forma selvaggia della sua globalizzazione, seguita alla fine della guerra fredda. Valga per tutti l’elogio funebre pronunciato su “La Repubblica” da Ezio Mauro: il nuovo potere, cioè l’America di Trump, scrive, “in un solo giorno ha chiuso il ciclo storico della globalizzazione, ha cancellato il liberismo economico imprigionando il libero commercio e i mercati aperti, ha messo fuori gioco l’Organizzazione mondiale del commercio, ha affondato le Borse e reinstallato il protezionismo”. Come mai non sospettano che se questo capitalismo è andato così rapidamente in crisi, è perché è stato devastante per milioni di uomini e popoli interi? Mai esso aveva portato a diseguaglianze abissali come quelle oggi denunciate, mai aveva prodotto una tale epidemie di guerre. La miopia dell’Unione Europea è quella di volerlo ristabilire tale e quale, e crede di poterlo fare con le solite forme delle armi e della guerra. Invece è il momento di pensare e provvedere a un nuovo modello economico, di cui peraltro già si sono conosciuti i germi, e perciò anche a un nuovo modello di convivenza e di vita.
Nel sito “Prima loro” pubblichiamo la risoluzione del Parlamento europeo del 2 aprile e un articolo di Andrea Zhok sulla crisi del sistema e il nesso tra capitalismo e guerra.

Con i più cordiali saluti

da “Prima Loro” (Raniero La Valle).
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Con convinzione, come Costituente Terra, abbiamo fatto nostro l’appello presentato da Luciana Castellina, Luigi Ferrajoli e Gian Giacomo Migone.
Dobbiamo lavorare per un Europa della democrazia e della giustizia sociale, per un disarmo globale contro chi vuole fare solo profitto sulla vita delle persone.
Per iniziare è necessario il cessate il fuoco immediato in tutte le parti del mondo in cui oggi si stanno compiendo stragi, dalla Palestina all’Ucraina .
Non possiamo essere complici di questo scempio .
È oggi il tempo di costruire un’Europa e un mondo diversi, lontani da guerre e nazionalismi, e lo dobbiamo fare insieme.
L’APPELLO:
“Troviamoci, tutte e tutti, a Roma, sabato 5 aprile, all’appuntamento già indetto dal M5S, a manifestare per un’Europa unita per la pace, fondata sulla giustizia sociale e la democrazia, come l’hanno intesa Spinelli, Colorni e Rossi, dal carcere di Ventotene.
L’arresto delle stragi in atto a Gaza e Cisgiordania, in tutto il Medio Oriente, Sudan, Congo, Ucraina, Yemen e in altre parti del mondo sono la prima urgenza. Siamo dalla parte delle vittime. Rifiutiamo di essere rappresentati dal governo italiano che non riesce nemmeno a seguire l’esempio di altri governi europei che finalmente chiedono il cessate il fuoco a tutela dei Palestinesi.
Un’Europa diversa da quella attuale, unita, federale, dotata di politica estera, con una difesa coerente ed indipendente – radicalmente alternativa al riarmo sostenuto da von der Leyen – può contribuire alla pace da oggi. Serve un mondo multipolare, che abbia come obiettivo il disarmo globale, sottratto agli interessi dei fabbricanti di armi e dei risorgenti nazionalismi, pronti – come quello propagato dal governo Meloni – a sottomettersi a chi, ancora una volta, vuole spartirsi il nostro continente, a Washington come a Mosca. La strada è lunga e piena di ostacoli, ma a Roma, il 5 aprile, saremo in tanti con le sole bandiere della Pace e dell’Europa che intendiamo costruire.
Ci rivolgiamo innanzitutto a tutte le libere associazioni con vocazione di pace, comunità religiose che rifiutano ogni uso aggressivo e strumentale della loro fede, sindacati (il convegno della Cgil può essere una buona occasione per unire le piazze), persone come padre Alex Zanotelli e Moni Ovadia che da tempo c’ispirano.
Cara Schlein, caro Conte, Fratoianni, Bonelli e Acerbo, fate la vostra parte, mettetevi d’accordo e poi troviamoci insieme.“
Luciana Castellina
Luigi Ferrajoli
Gian Giacomo Migone

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Oggi lunedì 7 aprile 2025

img_2551 La nuova Liberazione riparte dalla Memoria dei Martiri della Resistenza
6 Aprile 2025 su Democraziaoggi.
Gianfranco Pagliarulo, presidente nazionale Anpi
Il ricordo della strage delle Fosse Ardeatine e di tutte le atrocità del nazifascismo rinnova oggi il nostro impegno antifascista. Vogliamo ricordare i 335 martiri di Roma e tutte le vittime degli eccidi commessi da camicie nere e occupanti tedeschi, e anche le staffette e i partigiani […]
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Oggi domenica 6 aprile 2025

img_2532 Nel mondo siamo ad una svolta storica? Che fare in Europa?
5 Aprile 2025
Andrea Pubusa su Democraziaoggi
Confesso. Di economia capisco poco e altrettanto o ancor meno di politica internazionale ed altro ancora. Eppure non invidio molti di quei sapientoni che ci fanno lezione nei giornali e in Tv, e poi li vedo confusi perché non ne hanno azzeccato una. Guardate la guerra Russia/Ucraina. Ci hanno sempre parlato di un invasore […]
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Energia per l’oggi e domani. Nucleare? La 4a generazione semplicemente NON ESISTE ! Lectio magistralis di Giorgio Parisi, premio Nobel per la Fisica

img_2543Guardate la registrazione della lezione magistrale di Giorgio Parisi, premio Nobel per la fisica, sulla questione energetica. Veramente interessante e chiara pur nella complessità dell’argomento. Solo una chicca: il nucleare di 4a generazione su cui il Governo punterebbe per il futuro energetico dell’Italia, semplicemente allo stato NON ESISTE e non esisterà per molti anni del nostro futuro e delle generazioni a venire!
———————————————Questo è il link per vedere la registrazione della lezione di Giorgio Parisi sul tema: ENERGIE RINNOVABILI PER L’AUTONOMIA ENERGETICA DELL’ITALIA, IL NUCLEARE CHE C’ENTRA?
https://us02web.zoom.us/rec/share/tFc7I1aL1h6PnvF6390uZW3sG4nU_1WuanecAy_b0LvzXMF8z-RnDez3lkZPwuqY.OqWgzN8GdXdt87QE?startTime=1743780946000
Codice d’accesso: J^=Ts=0c
Saluti e Grazie al Ccordinamento per la Democrazia Costituzionale.
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Oggi sabato 5 aprile 2025

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Tutti in piazza il 5 aprile
4 Aprile 2025 su Democraziaoggi
Lettera aperta
La guerra iniziata il 24 febbraio 2022 con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, si protrae ormai da oltre tre anni causando sofferenze inenarrabili alle popolazioni coinvolte, disastri ambientali incommensurabili e la morte sui due fronti di centinaia di migliaia di giovani mandati al massacro dai rispettivi governi.
La NATO e i vertici dell’Unione Europea […]
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Oggi 3 aprile 2025 giovedì – Sapienza del vivere e felicità

img_2473Dalle piazze alla politica: l’urgenza di un’Europa protagonista per la pace
2 Aprile 2025 su Democraziaoggi
Alfiero Grandi
La manifestazione di Piazza del Popolo era molto partecipata. Se sommiamo le manifestazioni contemporanee a Roma – certo con impostazioni diverse – è confermato che esiste una richiesta di partecipazione democratica in controtendenza con il crescente astensionismo elettorale, che invece indebolisce la democrazia. Per questo, quelle domande devono trovare risposte e, attraverso queste, arrivare […]
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img_2465Connessioni.
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Europa, Europa

prima-loro-1-aprile-2025
IL NOME ALLE COSE

Cari amici,

tutto è cominciato quando l’uomo, nel giardino, ha dato il nome alle cose, Dare il nome alle cose è il primo passo per conoscerle, padroneggiarle, se del caso combatterle. Per questo si discute tanto se definire o no la Meloni fascista, e si insiste sulla litania dell’aggressore-aggredito. Ma nella divisione manichea del mondo, tanto cara all’Occidente, tra quelle che sono chiamate “democrazie” e le cosiddette “autocrazie”, dove collocare l’America di Trump che è eletto a furor di popolo ma sovverte le regole del potere, malmena i giudici, governa per decreti esecutivi e vuol conquistare la Groenlandia e il Canada? E che nome dare a Israele dove pure si vota, ma che si definisce come Stato etnico, esclusivo e confessionale?

Per trovare il nome appropriato bisogna guardare agli indizi. Per gli Stati Uniti si può prendere per esempio una componente identificante del regime trumpiano, che è la deportazione dei migranti presenti nel Paese e che per varie ragioni sono considerati illegittimi o delinquenti o comunque sgraditi. Per farlo Trump ha tirato in ballo la Alien Enemies Act, che è una legge sui nemici, risalente al 1798, forse mai applicata se non nella Seconda guerra mondiale per internare e isolare i giapponesi residenti in America. I primi a farne le spese sono stati i venezuelani, 350.000 dei quali godono di uno statuto di protezione temporanea negli Stati Uniti dove sono arrivati per sottrarsi al regime di Chávez. Centinaia di loro, definiti “stupratori, assassini e gangster” dalla portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt, imbarcati su tre aerei, sono stati deportati in Salvador che ne ha ricavato 5.000 dollari l’uno e li ha imprigionati in un lager. Un giudice ha tentato di fermare gli aerei in volo e di farli rientrare ma l’ordine non è stato eseguito col pretesto che essi non si trovavano più nello spazio aereo degli Stati Uniti, e Trump ha definito quel magistrato “un giudice lunatico, di sinistra radicale, un agitatore e un provocatore”.

Ma, come ha scritto una giornalista che lavora in un’organizzazione per i diritti degli immigrati, Sonali Kolhatkar, in un articolo diffuso in Italia dalla benemerita agenzia Other News di Roberto Savio, non si tratta solo dei venezuelani: chiunque può essere fatto sparire in qualsiasi momento. Il governo sta prendendo di mira i cittadini americani di colore. Sta prendendo di mira gli accademici di colore che lavorano o studiano nel Paese con documenti validi, in particolare quelli che sono musulmani o cercano giustizia per la Palestina. Tutti a rischio di non essere graditi al potere. Ricordando la poesia “First They Came” di Martin Niemöller, si può dire che “oggi l’amministrazione se la prende con venezuelani e palestinesi, domani potrebbe essere chiunque di noi. Tollerare la crudeltà anti-immigrati apre la porta a tutti noi di essere vittime di tale ferocia. Nessuno è immune”.

Un’altra notizia, ben più che un indizio, è che esiste uno stretto rapporto di collaborazione tra l’esercito israeliano e il Massachuttes Institute of Technology (MIT) di Boston, anche nel supporto alla guerra di Gaza. Come rivela un rapporto “Science for Genocide”, pubblicato da un gruppo pro-palestinese interno all’Università, i laboratori del MIT dal 2015 hanno ricevuto 3,7 milioni di dollari di finanziamento da parte del Ministero della Difesa israeliano, destinati a progetti volti a sviluppare algoritmi che aiutino gli sciami di droni a inseguire meglio gli obiettivi in fuga, a migliorare la tecnologia di sorveglianza subacquea e a supportare gli aerei militari nell’elusione dei missili. Dal 7 ottobre 2023 due di queste sponsorizzazioni sono state rinnovate, mentre una è scaduta a dicembre 2024. Inoltre il MIT mantiene collaborazioni istituzionali con aziende che vendono grandi quantità di armi a Israele. Tra queste figurano Elbit Systems, il maggiore appaltatore militare di Israele, nonché Maersk, Lockheed Martin e Caterpillar, collaborazioni che garantiscono ingenti profitti ai complici del genocidio e un accesso privilegiato al talento e alle competenze del MIT. Quello di Israele, afferma il rapporto, “è l’unico esercito straniero a sponsorizzare la ricerca del MIT”. Come dicono gli studenti il regolamento stesso del MIT imporrebbe di rompere le collaborazioni con tali imprese se esistono “prove credibili che le loro attività contribuiscono alla soppressione dei diritti umani”. In risposta alla pubblicazione dei dati, il MIT ha bloccato l’accesso al sistema interno di gestione delle sponsorizzazioni.

Tutto ciò dimostra il coinvolgimento strutturale degli Stati Uniti nelle guerre di Israele, come c’è stato un coinvolgimento finora nella guerra d’Ucraina dove, come ha rivelato il New York Times, dalla base Usa di Wiesbaden, in Germania, i generali Mykhaylo Zabrodskyi e Christopher Donahue, dirigevano le azioni militari ucraine nel quadro di una operazione, chiamata “Task force Dragon”.
Molte altre cose si potrebbero citare per chiedersi in base a quale diritto, interno e internazionale, gli Stati Uniti fanno tutto questo, e se ciò li qualifichi ad essere annoverati tra le democrazie o le autocrazie: un’attribuzione peraltro difficile anche per altri Paesi, a cominciare da Israele con la sua identità di Stato ebraico, di un solo popolo, senza Costituzione e con una capitale eterna, e la pretesa di essere nelle sue condotte militari “legibus solutus”. E tutto ciò mentre la condanna della Le Pen in Francia accende in tutto il mondo il clamore sulle regole della democrazia.

In America la questione si complica perché da un’amministrazione all’altra gli Stati Uniti sembrano compiere anche le azioni più efferate ostentando una presunzione d’innocenza. Perciò risulta difficile, ma non solo con Trump, collocarli simpliciter nelle “democrazie” o nelle “autocrazie”, la magica distinzione che rende l’Occidente così fiero di appartenere a queste ultime. Per chiarezza occorrerebbe allora dare agli Stati Uniti un altro nome che corrisponda alla stessa coscienza che essi, e altri Stati simili a loro, hanno di sé. Questa coscienza è quella di essere al di sopra del bene e del male, di godere di una sorta di suprematismo bianco o anglosassone o messianico e religioso, di comportarsi nella presunzione che tutto sia loro concesso e tutto sia loro dovuto (e perché no la Groenlandia, Panama, le terre rare, la Palestina, Gaza?). Allora forse si dovrebbe dar loro un nome nuovo: non democrazie e non autocrazie, ma autolatrie. O piuttosto, poiché di se stessi fanno un idolo, e se lo adorano da soli, autoidolatrie.

Nel sito Prima Loro pubblichiamo un’analisi del professor Massimo Faggioli sui rapporti tra Trump e il Papa, un articolo sulle manifestazioni palestinesi contro Hamas a Gaza e sulla devastazione psicologica prodotta dalla guerra, e un articolo su Israele e l’ipotesi esclusa di Raniero La Valle pubblicato su “Il Fatto Quotidiano”. Eventuali firme da aggiungere ai mittenti della Lettera all’Europa [vedisotto] possono essere comunicate all’indirizzo notizieda@primaloro.com.

Con i più cordiali saluti

da “Prima Loro” (Raniero La Valle).
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Cara Europa,

ti scriviamo per dirti che ti siamo vicini, perché, dopo che hai perduto le tue coordinate, tutti ti strattonano, cercano di farti andare dove non vuoi, a perderti. Nella confusione, sono pure scesi in piazza, per dire le cose più diverse, abbandonandoti intanto a torvi governanti ben vestiti e ben armati, e in sostanza per esaltarti e tradirti. Dicono Europa Europa, e tu non ci sei, perché ti hanno amputato, ti vogliono divisa, hanno bisogno di un nemico, e questo nemico se lo costruiscono dentro l’Europa stessa, è la Russia, che sarebbe una minaccia e un pericolo per il solo fatto di esistere. Biden addirittura diceva che la Russia doveva essere portata alla “condizione di paria”. Qui aveva ragione Trump quando diceva che Biden era stato il peggiore presidente degli Stati Uniti, una democrazia mitizzata come modello di democrazia da esportare per tutti, che vorrebbe far regredire un altro grande Paese alla condizione castale, non solo ultima casta, ma fuori casta, fuori cioè della società, fuori dell’umanità.

Certo, Biden non era un filosofo, e negli ultimi due anni della sua presidenza la ragione se n’era andata, tanto che l’America era governata dalle due o tre persone che gli erano più vicine, e si è visto con quali risultati. Invece è un filosofo, anzi addirittura sarebbe un “nuovo filosofo”, Bernard Henri Lévy, il quale per aizzarci alla lotta contro la Russia scrive sulla “Stampa” che Putin ci odia (lui lo sa), vuole disgregare l’Unione Europea portando l’Est sotto il suo controllo, e in questo fa con Trump una “coppia diabolica”. Un filosofo che legge la storia come un affare di diavoli! Se fosse questa la tua cultura, dove sarebbe finita la cultura europea!

Ma anche uscendo da queste bassure, ai piani appena più alti della politica e dell’informazione, troviamo i campioni di quella che chiamano Unione Europea, che ti vogliono smembrata e divisa. E in ogni caso approntano il grande bisturi delle armi, almeno 800 miliardi. Si pavoneggiano rivendicando per l’Europa le radici ebraico-cristiane, ma sono contro san Paolo, lo prendono per putiniano. San Paolo dice ai Corinti che un corpo non può essere smembrato: “Non può l’occhio dire alla mano non ho bisogno di te; oppure la testa ai piedi: non ho bisogno di voi. Anzi proprio le membra del corpo che sembrano più deboli, sono le più necessarie, perché nel corpo non ci sia divisione ma anzi le varie membra abbiano cura le une delle altre e se un membro soffre tutte le altre soffrono insieme perché tutte le membra del corpo, pur essendo molte sono un corpo solo”. Dell’Unione Europea sono 27 ma tu Europa, a contare la Russia e perché no, l’Ucraina, ne conti almeno 29.

D’altra parte noi come faremmo se non ci fosse la Russia, e se ci distruggessimo per distruggerla, solo perché ci siamo costruiti il fantasma che ci minaccia? Ma una supposta minaccia può giustificare qualsiasi violenza?

La Russia non è il nostro nemico, lo dice perfino Tajani, e la Meloni non vuole mandare i soldati a combatterla. Certo, l’Ucraina violata, ma lì c’erano precisi e innegabili motivi, come allo stesso Parlamento europeo ha spiegato un autorevole e informato americano, il prof. Jeffrey Sachs. Senza Russia non sei più tu Europa. Ci hai arricchito con i suoi pensieri. Come potevamo noi capire l’anima profonda, efferata, della guerra, senza “Guerra e pace” di Tolstoi? Come potevamo noi capire l’umanità violata di quanti sono considerati “animali umani”, e sono scambiati e venduti, vivi o morti che siano, come le “Anime morte” di Gogol? Lì erano i servi della gleba, qui oggi “l’umanità violata” descritta da Roberta De Monticelli in Palestina e in ogni altro genocidio. E come comprendere tanta ingenuità di un’opinione pubblica candida, onesta e plagiata, senza “L’idiota” di Dostoevskij?

Perciò, cara Europa, dobbiamo ripristinare l’unità del tuo corpo, e risuscitare la tua anima morta. Non basta dire Europa, dobbiamo chiederci chi sei, che cosa c’è nel tuo DNA, qual è l’anamnesi dei tuoi mali e scoprire la cura che ti può guarire.

Nel tuo DNA ci sono anzitutto Creonte ed Antigone, il potere e la libertà, la legge e la grazia, l’obbedienza e la dignità. Ma anche c’è stata l’intronizzazione della guerra, proclamata padre e principio di tutte le cose, di tutti re, da Eraclito a Kant, che la considerava un prodotto della natura, e la pace invece un artificio. Ma nel DNA dell’Europa ci sono anche tutte le passioni umane, che ci sono state svelate nella tragedia greca, amore e morte, gelosia e dono di sé, progetto e speranza.

Ma poi bisogna fare l’anamnesi, tutte le malattie dell’Europa, l’imperialismo universalista dell’Occidente, cominciato a Roma, il culto dei Cesari, la società di signori e servi, le persecuzioni religiose, le scoperte come conquista, il genocidio degli Indios e il rifiuto dell’Altro, le colonie, fino alle due guerre mondiali e alla Shoà, e dopo, le resistenze all’attuazione dello Stato sociale, la mancata messa a profitto della rimozione del muro di Berlino e il recupero della guerra, la restaurazione neoliberista dell’impero del profitto e del mercato, fino al punto da snaturarti, da non sapersi più ciò che tu sei, un personaggio in cerca d’autore[1].

Il problema è che i tuoi governanti credono che tu abbia bisogno di un Nemico, è l’esistenza di un Nemico che ti conferirebbe la tua ragion d’essere, e perfino quando ti sorvolano telefonate di pace ti vogliono disporre alla guerra. Dicono che il Nemico è già lì per invaderci, fino al Portogallo, ma non arriva come nel deserto dei Tartari.

La verità è che non si rassegnano alla caduta del muro di Berlino. Era questo che aveva permesso a un’ancora “Piccola Europa” di avviarsi verso l’unità, di guardare con occhi nuovi al mondo e di avere la pace, era stato questo che aveva fatto spazio all’alternativa keinesiana e l’aveva preparata all’euro, e pazienza per la Germania divisa, a qualcuno piaceva anche così, almeno era senza esercito.

E allora qual è la cura per te, che ti faccia guarire, come avere per l’Europa una prognosi non riservata, che ti metta fuori pericolo?

La cura è capire che l’Europa non ha bisogno di un Nemico, ma ha bisogno di un’Idea. Anzi che l’Europa stessa è un’Idea, un’Idea che si fa storia, altrimenti non è più nulla. “Idea Europa” era appunto il titolo di un’opera che ne scandaglia la storia ideale, di un teologo gesuita tedesco, Erich Przywara, citato da papa Francesco quando ha ricevuto il Premio Carlo Magno.

Avere un’idea vuol dire avere una visione per la quale vale la pena vivere e lottare, le idee che abbiamo tradito, democrazia, socialità, liberalismo. Ma essere un’Idea che si fa storia vuol dire farsi carico del mondo, e rimettere in gioco la fede che attesta che l’umanità sarà salva, le fedi che abbiamo perduto perché non abbiamo saputo difenderle dalla giusta critica della laicità, il socialismo (“avanza con noi l’epoca nuova!”), il cristianesimo…

E allora qui va detta la cosa più trasgressiva ed eretica che oggi si possa dire: che per salvarsi l’Europa deve recuperare il suo bene maggiore e perduto, il cristianesimo. Una tale proposta può apparire paradossale nel momento in cui la fabbrica del male arriva a tetti mai raggiunti prima, fino al decreto di sterminio notificato alla popolazione di Gaza dai volantini lanciati, con le bombe e i missili dall’esercito israeliano: “Alla gente di Gaza – è scritto in arabo – prima di iniziare il piano obbligatorio di Trump, che imporrà il vostro sfollamento da Gaza, che vi piaccia o no, ripensateci: la mappa del mondo non cambierà se la gente di Gaza scompare. Nessuno vi noterà. Nessuno chiederà di voi. Né all’America né all’Europa importa di Gaza. Nemmeno agli Stati Arabi. Sono nostri alleati. Ci forniscono denaro, petrolio e armi. Vi mandano solo sudari. Il gioco finirà presto. Chiunque voglia salvarsi prima che sia troppo tardi, siamo qui per restare fino al giorno del giudizio”. La soppressione dell’umano che qui è rivendicata come cultura comune, è il rovesciamento assoluto del cristianesimo, fondato sull’umanità di Dio, ma è anche la bestemmia che rovescia il Patto del Sinai, e ambedue ti chiamano in causa, dalla Casa Bianca a Tel Aviv: e tu dove sei Europa?

Sembra però irreale che oggi l’Europa possa attingere al tesoro cristiano, perché vi fa ostacolo il secolarismo, penetrato in tutte le sue fibre e perché la modernità stessa, e non senza ragione, si è fondata e si identifica con esso, intendendo il secolo come il luogo in cui Dio non c’è, non importa poi se esista o meno, o se viene creduto nel privato delle istituzioni e dei cuori.

Dalla laicità così intesa non si può tornare indietro, nata com’è dalle guerre di religione tra i principi cristiani nel XVII secolo. Ma è stato proprio un cristiano, luterano olandese, Ugo Grozio, che ha fornito, sia pure come ipotesi paradossale, la formula della laicità su cui la modernità si è costruita: giustizia e diritto sono connaturati alla terra, ed è compito nostro istituirli, anche nella blasfema ipotesi che Dio non ci sia (etsi deus non daretur) e non si occupi dell’umanità. E così abbiamo fatto: senza bisogno di essere atei, abbiamo prodotto l’illuminismo e la modernità accogliendo l’ateismo che è il vero nome della secolarizzazione.

Questa ipotesi è stata abbondante di frutti, ma come ora si vede non basta a salvarci. Forse è il caso di provare l’ipotesi opposta: non c’è bisogno di essere credenti per combattere l’orrore con tutte le forze spirituali e umane mosse dalla indimostrata ipotesi che Dio ci sia e si occupi dell’umanità.

C’è però, c’era fino a ieri, un ostacolo insormontabile perché questo potesse avvenire: che il cristianesimo nel suo risvolto mondano si è intrecciato con l’Idea e con la storia d’Europa nelle forme del regime costantiniano o di “cristianità” che “da Costantino a Hitler”, secondo la formula di Erich Prziwara, ha cercato di organizzare l’Occidente come uno Stato totalitario, nel quale, per dirla con la Civiltà Cattolica, si attuava “un legame organico tra cultura, politica, istituzioni e Chiesa”; ciò che supponeva la Chiesa come la realizzazione stessa del Regno di Dio sulla terra, e quindi faceva della Chiesa la vera sovrana terrena.

Ma questa forma è passata, non solo grazie alla gloriosa laicità, ma perché il cristianesimo ne è uscito e la Chiesa stessa ne ha operato il ripudio, prima reagendo con veemenza, sentendosi aggredita, poi con la grande proclamazione del Concilio Vaticano II e il suggello profetico di Papa Francesco che, proprio ricevendo il premio Carlo Magno, come al Consiglio d’Europa e alla Curia romana, ha attestato che l’impresa di Carlo Magno è finita, che “non siamo più nell’epoca di cristianità, non più”.

Non per questo egli è rimasto a mani vuote, perché in cambio ha offerto all’Europa e al mondo, un annuncio nuovo, che Dio è solo misericordia, e che se, forse, come lui crede, l’Inferno è vuoto, non possono gli uomini né minacciarlo né “aprirne le porte” sulla terra, a Gaza come ad Auschwitz.

Con la più viva partecipazione

Da Prima Loro, Raniero La Valle, Luis Orellana, Giovanni Spallanzani e:

Elena Basile, ambasciatrice, mons. Domenico Mogavero, già vescovo di Mazara del Vallo, mons. Raffaele Nogaro, già vescovo di Caserta, Angelo Gaccione, scrittore, Domenico Gallo, Alex Zanotelli, Enrico Peyretti, Edvige Cambiaghi, Franco Meloni (Aladinpensiero News), Fernando Cancedda, Giuseppe Saponaro, Eva Maio, Antonio Malorni, ricercatore del CNR, Angelo Cifatte, Maria Grazia Campari, Flavio Pajer, docente di Pedagogia delle religioni, Paolo Bertagnolli, Donatella Gregori, Giovanna Ciarlantini, Luana Neri, Federico Palmonari, fisico nucleare, don Sergio Mercanzin (“Russia ecumenica”), Giovanni De Gaetano, Luigi Alfieri, già ordinario di Filosofia politica all’Università di Urbino, Filippo Isgro, Ubaldo Radicchi, Enrico Andreoni, Giuseppe Maria Angelone, Elena Bucchione, Francesco Domenico Capizzi, chirurgo, Maria Teresa Cacciari, Carla Gentilli, docente di lettere, Agata Cancelliere, Ennio Cabiddu, Disarmisti esigenti, Carlo Volpi, Franca Maria Zapponi, Monica Migliorini, Pierpaolo Loi, Alessandra Chiappini, Paolo Brutti, Lucia Tibaldo, Stefano Fiore, Massimo Michelucci, Antonella Doria, Maria Luisa Arena, Franco Borghi, Maria Pia Pelizzoni, Luigi Ghia, Moreno Biagioni, Giovanna Bonina, Sergio Paronetto, Pax Christi Verona, Guido Rapalo, Fabrizio Valletti, gesuita, Fabio Filippi, editore, Giovanni Ambrosoni, Mario Marchiori, Enrico Milani, avvocato, Francesco Di Matteo, avvocato, Fernando Filanti, Lino Balzo, Movimento di Lotta per la Salute, l’Ambiente, la Pace e la Nonviolenza, Maria Grazia Niutta, Davide Ciccarelli, Giuseppe Staccia, Luca Ulianich, Anna Sabatini Scalmati, Liviana Gazzetta, Francesco Zanchini, già ordinario di diritto canonico all’Università di Teramo, Giuseppe Gallelli, Nicola Striano, Marco Panti, Gino Buratti, Oliviero Arzuffi, Franco Barbieri, Ersilia Bosco, Carlo Fiocchi, Addolorata Ines Peduto, biologa, Vincenzo Politi, ingegnere, Fiorella Edvige Pasetti, Angela Mancuso, Gianluca Fioretti, Giovanni Bonomo, Norberto Julini, coordinatore nazionale di Pax Christi Italia, Marco Vitale, Aldo Grilli, Giacomo Meloni, segretario nazionale Confederazione Sindacale Sarda, Norma Naim, già dirigente della Regione Campania.

Quanti volessero aggiungersi ai mittenti di questa lettera lo possono fare comunicando la loro firma a notizieda@primaloro.com.
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