EUROPA

Rete Nazionale delle Donne per la Pace: “10, 100, 1.000 PIAZZE”

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“10, 100, 1.000 PIAZZE”
Il 26 giugno dalle 18.00 alle 20.00 la Rete Nazionale delle Donne per la Pace farà una manifestazione in molte piazze d’Italia.
In Sardegna la Rete Donne per la Pace sarà presente in 3 città: a Cagliari in Piazza Costituzione, a Oristano in Piazza Eleonora, a Sassari in Piazza Tola.

Oggi martedì 24 giugno 2025

img_4783 Insieme per la pace disarmata.img_4615
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Sabato 31 maggio 2025 Gianni Ibba a Barisardo

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Oggi venerdì 23 maggio 2025

img_4115img_4113Il governo di Israele è fuori dal diritto internazionale e dalle regole di umanità e così i governi e le istituzioni (come l’Italia e la UE) che non lo sanzionano
22 Maggio 2025 su Democraziaoggi
Andrea Pubusa
Basta leggere la nostra Costituzione e le Carte internazionali per sapere che al centro degli ordinamenti e dell’azione dei paesi civili c’è il rispetto della persona e la promozione dei suoi diritti inalienabili. Non occorre lunga discussione per mostrare che il governo di Israele ha superato da molto e abbondantemente queste prescrizioni normative e […]
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Gaza

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Oggi giovedì 22 maggio 2025

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ANPI: congelare accordo UE/Israele
21 Maggio 2025 su Democraziaoggi
«Fin dal 2024 l’ANPI e tante altre associazioni avevano chiesto all’Unione Europea e al governo italiano di sospendere l’accordo di cooperazione commerciale con Israele sottoscritto nel 2000, perché esso è vincolato al rispetto dei diritti umani. Finalmente, sia pur con gravissimo ritardo, la maggioranza dei Paesi europei ha manifestato l’intenzione di congelare tale accordo, anche […]
Tre mandati, meglio no
21 Maggio 2025. Andrea Pubusa su Democraziaoggi
Si discute molto dell’opportunità di consentire i tre mandati a livello regionale. La questione investe anche i comuni. C’è una forte spinta degli interessati che incidono anche sulle posizioni dei partiti. I favorevoli invocano la sovranità popolare, affermando che, in fondo, è il corpo elettorale che deve decidere se eleggere o meno un candidato […]

E’ il Papa della gioia

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di Raniero La Valle
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Cari Amici,

prima di quanto potessimo aspettarcelo, abbiamo avuto un papa nuovo, che ha lenito il dolore per la morte di papa Francesco. Noi lo abbiamo salutato come “il Papa della gioia“, perché ci ha detto che il male non prevarrà. E ci ha colpito la gioia con cui è stato accolto da parte di tutti: a cominciare dai cardinali che lo avevano eletto e lo hanno attorniato sul balcone di piazza san Pietro, per ascoltare il suo primo saluto in cui in 100 secondi per dieci volte ha fatto appello alla pace.

Che significa questa gioia, esplosa in piazza san Pietro e nel mondo? Inaspettata com’era, ci è apparsa come un segno dei tempi. E che tempi sono questi? Secondo papa Leone i tempi saranno buoni, se noi li viviamo bene. Ma, citando sant’Agostino, che è a monte della sua spiritualità, ha affermato che “noi siamo i tempi”. E questo lo ha detto ai giornalisti, per esortarli a stare nella storia, e questo è un cimento anche per noi, dato che ciascuno è responsabile di tutto. E l’altra esortazione, rivolta ai giornalisti ma valida per tutti, è che anche la parola deve essere “disarmata e disarmante”, come la pace, non viziata e faziosa: perché tutto comincia dalla parola, “in principio era la Parola”, appunto.

Ma i tempi sono anche cattivi. C’è un Barbaro insediato alla Casa Bianca e c’è in corso una guerra pericolosissima a due passi da noi, addirittura contro la Russia, una guerra che come tutte le guerre si vorrebbe che finisse al più presto, e che invece l’Europa fa di tutto perché non finisca; e c’è un genocidio che non si può chiamare tale, perché se no chi lo sta facendo si offende.

Per questo è una gran cosa che sia arrivato un Papa così. Viene dall’America, anzi dalle due Americhe, insieme periferia e centro del mondo; e ci ha detto che dobbiamo tenerci per mano, tutti gli uomini, tutti i popoli, mano nella mano con la mano di Dio: e ha gridato: “mai più la guerra”, esprimendo una continuità nel servizio petrino mai venuta meno da Giovanni XXIII in poi.

Ma questa volta c’è una novità nella ricezione di questa parola, finora inascoltata da tutti i potenti. E la novità è che ora un potente sembra d’accordo, e riprende la motivazione che fu di papa Giovanni: tutti i Papi hanno denunciato l’inumanità della guerra, la sua crudeltà, il suo essere sempre una sconfitta, come da ultimo diceva papa Francesco, motivi molto congeniali al ministero papale; ma papa Giovanni aveva dato il motivo nuovo e più moderno del ripudio della guerra (“in questa età”, precisava la “Pacem in terris”): il motivo era che essa è “fuori della ragione”, cioè è da dementi. Ed ecco che due giorni dopo Trump dice a Zelensky e a Putin: “fate finire questa stupida guerra”: finire la guerra non solo perché è malvagia, ma soprattutto perché è stupida: “Ho un messaggio per entrambi: fate finire questa stupida guerra. Stiamo perdendo cinquemila soldati a settimana, sia russi che ucraini”.

Per questo se ne può uscire: perché è così stupida da travolgere e punire prima di tutto chi la fa, e tanto più se la fa “senza ragione”. In questo senso oggi il più stupido di tutti è Zelensky, che si è tirato addosso e ha voluto continuare a tutti i costi una guerra che non gli toccava affatto e per la quale ha dato in olocausto il suo Paese; ma tutte le guerre dal Novecento in poi sono state stupide rovesciandosi contro i loro autori: gli Imperi centrali nella prima guerra mondiale, Hitler, Mussolini, il Giappone, tutti suicidi, la guerra del Vietnam, l’Iraq (le due Torri!), l’Afghanistan, la Libia, e naturalmente l’Ucraina, per non parlare di Gaza.

E qui c’è una logica nel fatto che a proclamare la follia della guerra sia il più folle dei governanti di oggi. Se Trump non vuole la guerra, non è perché la giudica cattiva (se no non manderebbe armi a Israele), ma perché è stupida, non fa “grande” l’America, costa un sacco di soldi e mette a rischio il dollaro: e lui lo comprende perché è un folle lucido più degli altri, e preferisce non il burro, ma i dazi ai cannoni. Perciò ora possiamo sperare che almeno la guerra d’Ucraina pur all’insaputa dell’Europa illuminista, e nonostante l’Europa, stupida com’è, finalmente, finisca.

Di seguito pubblichiamo il discorso di Papa Leone XIV ai giornalisti. Nel sito Prima Loro un’intervista all’Unità su papa Leone XIV.

Con i più cordiali saluti,
da “Prima Loro” (Raniero La Valle).
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Incontro con i Rappresentanti dei Media convenuti a Roma per il Conclave, 12.05.2025

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Alle ore 11.00 di questa mattina [12.05.2025], nell’Aula Paolo VI, il Santo Padre Leone XIV ha incontrato i Rappresentanti dei Media convenuti a Roma per il Conclave.

Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa ha rivolto loro:

Discorso del Santo Padre

Buongiorno! Good morning, and thank you for this wonderful reception! They say when they clap at the beginning it doesn’t matter much… If you are still awake at the end, and you still want to applaud… Thank you very much!

[traduzione italiana: Buongiorno e grazie per questa bellissima accoglienza! Dicono che quando si applaude all’inizio non vale granché! Se alla fine sarete ancora svegli e vorrete ancora applaudire, grazie mille!]

Fratelli e sorelle!

Do il benvenuto a voi, rappresentanti dei media di tutto il mondo. Vi ringrazio per il lavoro che avete fatto e state facendo in questo tempo, che per la Chiesa è essenzialmente un tempo di Grazia.

Nel “Discorso della montagna” Gesù ha proclamato: «Beati gli operatori di pace» (Mt 5,9). Si tratta di una Beatitudine che ci sfida tutti e che vi riguarda da vicino, chiamando ciascuno all’impegno di portare avanti una comunicazione diversa, che non ricerca il consenso a tutti i costi, non si riveste di parole aggressive, non sposa il modello della competizione, non separa mai la ricerca della verità dall’amore con cui umilmente dobbiamo cercarla. La pace comincia da ognuno di noi: dal modo in cui guardiamo gli altri, ascoltiamo gli altri, parliamo degli altri; e, in questo senso, il modo in cui comunichiamo è di fondamentale importanza: dobbiamo dire “no” alla guerra delle parole e delle immagini, dobbiamo respingere il paradigma della guerra.

Permettetemi allora di ribadire oggi la solidarietà della Chiesa ai giornalisti incarcerati per aver cercato di raccontare la verità, e con queste parole anche chiedere la liberazione di questi giornalisti incarcerati. La Chiesa riconosce in questi testimoni – penso a coloro che raccontano la guerra anche a costo della vita – il coraggio di chi difende la dignità, la giustizia e il diritto dei popoli a essere informati, perché solo i popoli informati possono fare scelte libere. La sofferenza di questi giornalisti imprigionati interpella la coscienza delle Nazioni e della comunità internazionale, richiamando tutti noi a custodire il bene prezioso della libertà di espressione e di stampa.

Grazie, cari amici, per il vostro servizio alla verità. Voi siete stati a Roma in queste settimane per raccontare la Chiesa, la sua varietà e, insieme, la sua unità. Avete accompagnato i riti della Settimana Santa; avete poi raccontato il dolore per la morte di Papa Francesco, avvenuta però nella luce della Pasqua. Quella stessa fede pasquale ci ha introdotti nello spirito del Conclave, che vi ha visti particolarmente impegnati in giornate faticose; e, anche in questa occasione, siete riusciti a narrare la bellezza dell’amore di Cristo che ci unisce tutti e ci fa essere un unico popolo, guidato dal Buon Pastore.

Viviamo tempi difficili da percorrere e da raccontare, che rappresentano una sfida per tutti noi e che non dobbiamo fuggire. Al contrario, essi chiedono a ciascuno, nei nostri diversi ruoli e servizi, di non cedere mai alla mediocrità. La Chiesa deve accettare la sfida del tempo e, allo stesso modo, non possono esistere una comunicazione e un giornalismo fuori dal tempo e dalla storia. Come ci ricorda Sant’Agostino, che diceva: “Viviamo bene e i tempi saranno buoni. Noi siamo i tempi” (cfr Discorso 80, 8).

Grazie, dunque, di quanto avete fatto per uscire dagli stereotipi e dai luoghi comuni, attraverso i quali leggiamo spesso la vita cristiana e la stessa vita della Chiesa. Grazie, perché siete riusciti a cogliere l’essenziale di quel che siamo, e a trasmetterlo con ogni mezzo al mondo intero.

Oggi, una delle sfide più importanti è quella di promuovere una comunicazione capace di farci uscire dalla “torre di Babele” in cui talvolta ci troviamo, dalla confusione di linguaggi senza amore, spesso ideologici o faziosi. Perciò, il vostro servizio, con le parole che usate e lo stile che adottate, è importante. La comunicazione, infatti, non è solo trasmissione di informazioni, ma è creazione di una cultura, di ambienti umani e digitali che diventino spazi di dialogo e di confronto. E guardando all’evoluzione tecnologica, questa missione diventa ancora più necessaria. Penso, in particolare, all’intelligenza artificiale col suo potenziale immenso, che richiede, però, responsabilità e discernimento per orientare gli strumenti al bene di tutti, così che possano produrre benefici per l’umanità. E questa responsabilità riguarda tutti, in proporzione all’età e ai ruoli sociali.

Cari amici, impareremo con il tempo a conoscerci meglio. Abbiamo vissuto – possiamo dire insieme – giorni davvero speciali. Li abbiamo, li avete condivisi con ogni mezzo di comunicazione: la TV, la radio, il web, i social. Vorrei tanto che ognuno di noi potesse dire di essi che ci hanno svelato un pizzico del mistero della nostra umanità, e che ci hanno lasciato un desiderio di amore e di pace. Per questo ripeto a voi oggi l’invito fatto da Papa Francesco nel suo ultimo messaggio per la prossima Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali: disarmiamo la comunicazione da ogni pregiudizio, rancore, fanatismo e odio; purifichiamola dall’aggressività. Non serve una comunicazione fragorosa, muscolare, ma piuttosto una comunicazione capace di ascolto, di raccogliere la voce dei deboli che non hanno voce. Disarmiamo le parole e contribuiremo a disarmare la Terra. Una comunicazione disarmata e disarmante ci permette di condividere uno sguardo diverso sul mondo e di agire in modo coerente con la nostra dignità umana.

Voi siete in prima linea nel narrare i conflitti e le speranze di pace, le situazioni di ingiustizia e di povertà, e il lavoro silenzioso di tanti per un mondo migliore. Per questo vi chiedo di scegliere con consapevolezza e coraggio la strada di una comunicazione di pace.

Grazie a tutti voi. Che Dio vi benedica!

[00533-IT.02] [Testo originale: Italiano]
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Oggi lunedì 12 maggio 2025

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Trattative in Turchia. Miracolo di Leone o di Donald? Speriamo bene. L’importante è che von der Leyen & C. stiano alla larga
11 Maggio 2025
Andrea Pubusa su Democraziaoggi
Lo so che sarò accusato di putinismo, ma da Mosca giungono buone notizie. Posso dire meglio che a Kiev, dove i volenterosi, ridicolmente, dopo aver perso sempre, minacciano sanzioni a Mosca, se non tratta? In realtà, le trattative ci sono già state in Turchia nel 2022, poco dopo l’inizio della guerra, ed erano giunte […]
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Oggi domenica 11 maggio 2025

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ANPI: contro la deriva delle manifestazioni neofasciste
10 Maggio 2025 su Democraziaoggi
«Il Comitato Nazionale dell’ANPI,
viste le continue e sempre più frequenti manifestazioni di organizzazioni di estrema destra che si riuniscono per esaltare il passato regime fascista, attraverso la riunione di un significativo numero di partecipanti, organizzati con divise e inquadramento paramilitare e/o militare, con saluti romani e chiamata del “presente”; ritenuto che negli ultimi tempi a Milano […]
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In Iran impiccato uno stupratore, da noi ai domiciliari
11 Maggio 2025
Andrea Pubusa su Democraziaoggi
Se dovessi seguire il Codice barbaricino e penassi in sardo, forse dovrei gioire alla notizia che uno supratore in Iran è stato condannato a morte e impiccato. Ma ora spesso penso in italiano, seguo la nostra bella Costituzione, nata dalla Resistenza, e condivido l’insegnamento di Cesare Beccaria, la persona è inviolabile, anche quando commette orribili crimini e lo Stato non può privarla della vita.[…]
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Importante

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I nostri figli non hanno bisogno di una visita gratis a bordo della vostra nave Trieste ma hanno bisogno di salvaguardare la propria salute, l’ambiente, la fauna e la flora della Sardegna, che voi con le vostre esercitazioni continuate ad inquinare, avvelenare e a distruggere. Abbiamo bisogno, noi sardi con i nostri figli, che liberiate il nostro territorio. Prima ve ne andate e meglio sarà per noi, nostri figli, l’ambiente, la fauna e la flora sarda.

Sabato 10 maggio 2025 dalle ore 10,00, manifesteremo in Piazza Delle Vittime del Moby Prince angolo Piazza Deffenu (Cagliari), per dire NO a chi utilizza il nostro cielo, il nostro mare e le nostre coste per esercitazioni di guerra, con armi e bombardamenti.

Oggi venerdì 2 maggio 2025

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1° maggio, Portella della ginestra
2 Maggio 2025 su Democraziaoggi
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Con lo slogan “Partigiani del lavoro”, scritto anche sulle magliette rosse indossate da molti sindacalisti, centinaia di persone hanno partecipato alla manifestazione organizzata dalla Cgil siciliana e dalla Camera del lavoro di Palermo a Portella della Ginestra, per commemorare il 78° anniversario della strage del Primo maggio del 1947 quando furono assassinate 11 persone tra […]
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Fercia un giurista e un galantuomo, come tutti gli avvocati può essere revocato
1 Maggio 2025
Andrea Pubusa su Democraziaoggi
Conosco Fercia dai tempi dell’Università. E’ uno studioso di grande valore e una persona seria. La Cucca, nel nominarlo difensore della Commissione di vigilanza ha compiuto un’ottima scelta. E – anche se non condivido la decisione della Commissione (peraltro assunta a maggioranza) – ritengo che Fercia abbia svolto professionalmente un ottimo lavoro. Tuttavia, detto […]
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[Biblioteca di Cultura e Storia del Protestantesimo]. Oggi 2 maggio l’apertura ufficiale della nostra biblioteca. Durante l’evento parteciperemo alla conferenza di Giulia Balzano (Ass. Menabò) sul carteggio che il pastore Piero Bensi tenne, dal 1951 al 1954, con i detenuti della colonia penale di Castiadas. Carteggio presente nell’archivio storico di chiesa, scansionato e digitalizzato da Emanuela Meloni, rielaborato e presentato in anteprima nel nostro incontro. Uno spaccato sulla condizione carceraria nell’Italia analfabeta degli anni ’50, uno sguardo sulla cura pastorale, un focus su una drammatica situazione oggi di grande emergenza e attualità: le carceri in Italia.
Ci vediamo alle 17 nei nostri locali del primo piano, in Viale Regina Margherita 54. Per chi non potesse partecipare, stiamo provando a organizzare un diretta live. E comunque avremo video e foto che posteremo su questa pagina. A presto sentirci.
Seguici su https://biblioprotestantesimo.it/inaugurazione-dei…/

Oggi venerdì 18 aprile 2025 – Venerdì Santo

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Settimana Santa: https://www.aladinpensiero.it/?p=162910

Politica oggi

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Costruire adesso l’alternativa alle destre

Alfiero Grandi

La discussione iniziata sul futuro dell’opposizione non è convincente. Anzitutto si dovrebbe riconoscere che le attuali opposizioni hanno la responsabilità storica di avere affrontato nel 2022 la sfida elettorale con le destre (unite da un’alleanza per il potere) incapaci di evitare il disastro di una maggioranza parlamentare di destra del 59% conquistata con solo il 44% dei voti. Le responsabilità di questa sconfitta annunciata sono diffuse e oggi in ogni occasione significativa la maggioranza delle destre ci ricorda che a metà legislatura nessuno sa dire se si ripeterà il disastro del 2022. La gravità del rischio è talmente grave da meritare un’attenzione che ancora non c’è da parte delle diverse opposizioni politiche e che dovrebbe essere oggetto di preoccupazione anche per le diverse soggettività sociali.
Il primo elemento di valutazione è l’influenza di una malintesa fedeltà atlantica che ha condizionato ogni altra scelta, in particolare sulla guerra in Ucraina. Questa scelta ha adottato una visione unilaterale della situazione con la conseguenza di non riuscire ad accompagnare il sostegno all’Ucraina almeno con una forte iniziativa per trattative e pace. Per questo la posizione è diventata un sostegno “fino alla vittoria” dell’Ucraina, in osservanza alle scelte Usa e Nato. Con la drammatica conseguenza di relegare in secondo piano la lotta al cambiamento climatico, che richiede la convergenza tra diversi, e di portare in primo piano il riarmo, fino alla proposta attuale di considerare fuori dai vincoli europei di bilancio le spese per gli armamenti. E’ evidente lo spirito guerrafondaio che caratterizza questa deriva bellicista, fino a prefigurare una nuova suddivisione del mondo, pur diversa dal passato.
Altro elemento è la sottovalutazione del ruolo che può e deve avere la nostra Costituzione i cui principi fondamentali possono ispirare un programma di governo alternativo alle destre, le quali – non a caso – nel loro programma hanno scritto elementi di sovversione costituzionale con cui stiamo facendo i conti. Autonomia regionale differenziata, prezzo pagato dagli alleati alla Lega; separazione delle carriere e conseguente Csm diviso, composto con sorteggio per disarticolare l’associazionismo dei magistrati (l’Anm ha superato l’80% dei votanti per la rappresentanza in controtendenza all’astensionismo nelle elezioni generali) con conseguente rischio per l’autonomia dei Pm e per l’obbligatorietà dell’azione penale, sono tutte modifiche radicali della Costituzione; premierato e cioè elezione diretta del Presidente del Consiglio con conseguente accentramento dei poteri e comprimendo il ruolo di garanzia del Presidente della Repubblica, riducendo il parlamento ad un ruolo subalterno al “capo” eletto direttamente, dando vita alla “capocrazia”.
Le destre puntano a cambiare la Costituzione con interventi radicali, le opposizioni avrebbero buon gioco a presentarsi idealmente (come i magistrati il 25 gennaio scorso) con in mano la Costituzione. L’errore del 2022 oggi viene riproposto da alcuni autorevoli esponenti delle opposizioni che sembrano avere dimenticato che proprio allora le opposizioni non riuscirono neppure a fare il cosiddetto accordo tecnico che oggi viene rilanciato come una grande trovata mentre è in realtà la rinuncia ad affrontare e superare le difficoltà per arrivare ad un accordo politico di legislatura. Perfino l’ipotesi che si torni a votare con il “rosatellum” alle prossime politiche non è detto che si realizzi, visto che a destra c’è un ripensamento sul ruolo della legge elettorale. Se fosse così semplice si sarebbe fatto nel 2022, come fu proposto e non ascoltato come ultima possibilità di evitare il disastro prima del voto. Così avremmo evitato di trovarci con una destra gonfiata dai meccanismi astrusi del rosatellum. Una destra che usa questa rendita (regalata) di una larga maggioranza parlamentare senza tanti riguardi per imporre le sue soluzioni.
La discussione fin qui sviluppata ha un limite di fondo ed è ragionare considerando solo i rapporti tra i gruppi dirigenti delle opposizioni, senza rendersi conto che le destre hanno si avuto un regalo imprevisto ma stanno alacremente lavorando per consolidare il loro ruolo, sia usando il potere allargato che implica lo stare al governo (nomine, ecc.) sia galvanizzando il loro elettorato con descrizioni che non corrispondono alla realtà ma che le opposizioni stentano a contrastare con efficacia.
Per di più dove sta scritto che si voterà nel 2027? La maggioranza è in affanno, sono le opposizioni che non riescono a decollare con un’opposizione alternativa credibile tale da farle esplodere. Ormai è chiaro che questa destra non porterà a risultati per il futuro del nostro paese, che è sostanzialmente fermo malgrado i miliardi del PNRR e che avrebbe bisogno di un intervento forte ed urgente, altrimenti non sarà in grado di reggere la gelata economica del trumpismo che spingerà Italia ed Europa in recessione.
Mancano idee forti e determinazione, è sbagliata l’analisi delle destre e sono deprimenti le loro proposte. Un esempio, l’auto è in crisi e per di più si rischia che la Cina diventi dominante nelle auto elettriche come lo è nei pannelli solari ma il governo ha tolto oltre 4 miliardi di euro dalla legge di bilancio.
Non c’è solo l’economia in stallo, che pure è decisiva, sono i meccanismi di fondo della democrazia moderna che rischiano una crisi verticale e c’è il rischio che le opportunità del PNRR vengano sprecate, anche sulla guerra le destre sono incapaci di qualunque iniziativa autonoma e questo riverbera anche sull’Europa che a sua volta è più afona del solito e sa solo parlare di aumentare produzione ed acquisto di armi, mentre dovrebbe preparare un’evoluzione dell’Europa verso la pace.
La discussione tra le opposizioni non deve guardare solo i rapporti tra i gruppi dirigenti ma deve avere di mira un coinvolgimento forte dei cittadini per renderli protagonisti di una nuova fase di costruzione di un’alternativa di massa alla destra che si candida a governare contro le destre. Una proposta preconfezionata nei salotti per coinvolgere solo dopo i cittadini non darebbe alcun aiuto a ridurre l’astensionismo, che è il vero, grande, preoccupante problema della democrazia. Il referendum sull’autonomia regionale differenziata era una potente occasione, insieme agli altri referendum sul lavoro e sulla cittadinanza. La Corte costituzionale ha preso una decisione contraria, non condivisibile, influenzata dalla preoccupazione che il referendum potesse dividere il paese ma la Consulta ha dimenticato che un referendum abrogativo è sempre promosso per cancellare scelte già fatte, quindi divisiva è la legge Calderoli, che la Consulta però non ha cancellato integralmente.
Il referendum sull’autonomia regionale differenziata era per le opposizioni il massimo punto di unità, ora non c’è più. Il valore di questo referendum stava nel potenziale coinvolgimento delle persone e poteva convincerle a votare, quindi un formidabile appuntamento per tutti: dirigenti, militanti, elettori, cote politico e cote sociale. Ora restano gli altri referendum che sono anch’essi molto importanti ma hanno apprezzamenti non univoci nelle opposizioni. La spinta unitaria non è immediata ma un buon lavoro può risolvere molti problemi.
Quindi se ora non si vuole cadere nella depressione politica di un’opposizione che ha perso il più importante punto di unità politica e sociale occorre costruire un percorso credibile che partendo dalla Costituzione (che resta il fondamento che deve ispirare un programma alternativo alla destra) arrivi ad un progetto che renda possibile e credibile un’alternativa alla destra, anche prima della scadenza naturale del 2027. Sarebbe diabolico se le opposizioni si facessero trovare impreparate di fronte ad una crisi improvvisa del governo delle destre, sempre possibile. Di più, proprio una credibile alternativa potrebbe incalzare il governo della destra e moltiplicarne le difficoltà fino a provocarne la crisi.
Un abbozzo di programma è indispensabile, partendo dalla Costituzione, ed è responsabilità dei gruppi dirigenti, ma occorre che questo dia vita ad un’ampia campagna di partecipazione, puntando a fare scrivere il programma dell’alternativa alle persone che sono disponibili ad impegnarsi sulle proposte, scrivendo, votando, mobilitando. Una grande discussione di massa è il modo migliore per preparare un’alternativa credibile alla destra. Esperienze precedenti hanno dato buona prova, perché dovremmo rinunciare alle esperienze positive del passato? La condizione è che il programma sia non solo dei partiti ma costruito con la società e con gli elettori.
Quello che manca nella discussione fin qui svolta è il lancio di una prospettiva forte, ideale e politica, sociale e partecipata, che cammini nella coscienza e sulle gambe delle persone. Occorre suscitare emozioni, non può essere un confronto a tavolino, nei salotti. E’ nel vivo delle lotte che si formano i quadri, le esperienze dei militanti, le nuove gerarchie nei dirigenti, da solo nessuno di questi sarà in grado di convincere chi si è ritirato deluso dall’impegno a tornare e a fare la sua parte, dando vita ad un grande patto per un’alternativa alle destre. Non c’è più tempo da perdere. Il momento è ora. Trump e la destra in campo nel mondo e in Europa non sono un fenomeno passeggero, la possibilità di costruire elementi di iniziativa unitaria va iniziata prima possibile per evitare di lasciare ad una destra aggressiva il tempo, che altrimenti non avrebbe, di durare. Prima l’alternativa politica e sociale sarà in campo per il futuro dell’Italia e dell’Europa meglio sarà.

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Anche su aladinpensiero online: https://www.aladinpensiero.it/?p=163780
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Il progetto costituente
Come vincolare il potere politico

11/04/2025
(Da “Il Manifesto” di venerdì 11/04) – Un estratto da «Progettare il futuro. Per un costituzionalismo globale». Il volume, edito da Feltrinelli, sarà in libreria a partire dal 15 aprile.
Luigi Ferrajoli

I poteri che contano, quelli il cui esercizio selvaggio sta minacciando il futuro dell’umanità, si sono trasferiti irreversibilmente fuori dei confini degli Stati nazionali e perciò della sfera del loro diritto e del loro governo. Ed è cambiata, conseguentemente, la natura delle aggressioni più gravi al diritto e ai diritti, le quali sono tutte di carattere globale. Ne consegue l’inadeguatezza del costituzionalismo odierno a fronteggiare queste aggressioni. A causa dei loro limiti spaziali, i governi nazionali e le loro costituzioni sono oggettivamente impotenti di fronte alle catastrofi planetarie in atto, destinate tutte, peraltro, ad aggravarsi.
NON È SOLO una questione di malgoverno, o di egoismi nazionali, o di volontà di sopraffazione politica o economica e neppure di semplice miopia delle forze politiche. È una questione drammaticamente oggettiva, ben più di fondo di quella soggettiva del presentismo e del localismo. Anche volendo, nessun attore della politica o dell’economia mondiale, per quanto potente – nessuno Stato pur dotato dei massimi armamenti militari, nessuna grande impresa multinazionale pur gestita da filantropi –, potrà mai affrontare, da solo, i problemi del riscaldamento climatico, del disarmo mondiale e delle disuguaglianze planetarie.
Se l’umanità vuole sopravvivere, poteri globali e aggressioni globali impongono un salto di civiltà, cioè un’espansione del costituzionalismo oltre lo Stato, all’altezza dei poteri da cui provengono le minacce al nostro futuro. È chiaro che questa espansione è possibile solo sulla base di un nuovo contratto sociale di carattere globale tra tutti gli Stati e i popoli del pianeta che istituisca, in forma vincolante, le garanzie universali della pace, dei diritti fondamentali di tutti e dei beni vitali della natura. È questo l’ultimo, decisivo passo che va compiuto nella storia del costituzionalismo e che, da quei principi di pace e di giustizia, se presi sul serio, è logicamente implicato e giuridicamente imposto.
Purtroppo la politica è ben lontana dal compiere questo passo. L’aspetto più insidioso e drammatico delle catastrofi in atto consiste nella cecità dei nostri governi e delle nostre opinioni pubbliche. (…) Nonostante i cataclismi ogni anno più gravi e devastanti, il mutare delle stagioni, i grandi caldi, gli incendi e le grandini, le siccità e le alluvioni, lo scioglimento dei ghiacciai, l’innalzamento dei mari e il prosciugarsi dei fiumi e dei laghi, quanti potrebbero accordarsi e concordemente vincolarsi per fronteggiare le sfide globali non stanno facendo nulla, se non varare, come in Italia, leggi punitive contro i giovani che con le loro proteste tentano di aprire loro gli occhi.
EPPURE UNA LEZIONE avremmo dovuta trarla da una grave emergenza che proprio in questi anni ha colpito tutto il mondo e ha mostrato tutta la nostra comune fragilità e interdipendenza: la pandemia di Covid-19, improvvisamente esplosa nel febbraio 2020. Il virus non conosce confini e in poche settimane ha invaso tutto il pianeta, senza distinzioni di nazionalità e di ricchezze. Ha provocato più di 600 milioni di contagi e 7 milioni di morti, ha paralizzato e sconvolto l’economia, ha alterato la vita quotidiana di tutti gli abitanti della Terra, ha reso evidente, con il suo terribile bilancio quotidiano di ammalati e di deceduti, la mancanza di istituzioni globali di garanzia della salute. (…)
UNA SIMILE TRAGEDIA avrebbe dovuto offrire due insegnamenti, entrambi vitali. Essa ha mostrato, in primo luogo, il valore insostituibile della sanità pubblica e del suo carattere universale e gratuito, che è la sola garanzia dell’uguaglianza nel godimento del diritto alla salute quale diritto fondamentale di tutti. Solo la sfera pubblica è in grado di investire fondi nella prevenzione e nella gestione delle epidemie e di pianificare – nell’interesse di tutti, senza privilegi né discriminazioni – le prestazioni sanitarie, al di là delle contingenti convenienze economiche che condizionano invece la sanità privata. In secondo luogo, avrebbe dovuto trarsi, dalla pandemia, l’insegnamento del carattere globale di tutte le catastrofi che minacciano il nostro futuro, e perciò della necessità di risposte parimenti globali. (…) Invece, non abbiamo imparato assolutamente nulla.
AL CONTRARIO si è sviluppata una generale rimozione, o peggio una diffusa negazione della pericolosità del virus e della necessità di misure di difesa – dall’obbligo delle mascherine alle restrizioni della libertà di circolazione – e poi perfino del valore dei vaccini. Immediatamente i populismi di tutto il mondo, sia al governo che all’opposizione – in Italia e in Inghilterra, negli Stati Uniti e in Brasile –, si sono dapprima avventati contro le misure prescritte dalla scienza medica, e poi hanno dato voce e rappresentanza ai negazionisti per raccattarne i voti. Si è rivelato, in questa vicenda, l’alto tasso di irrazionalità – la sfiducia nella scienza e nella ragione e la diffidenza e l’ostilità per la sfera pubblica – che forma l’oscuro sottofondo dell’anti-politica su cui fanno leva, in particolare a destra, tutti i populismi. In Italia, dove il virus si è diffuso prima e più duramente che in qualunque altro paese occidentale, costringendo a risposte severe ma necessarie, la destra negazionista andata al potere è giunta ad approvare l’istituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione della pandemia da parte del precedente governo, al solo scopo di censurarne le misure, senza le quali il numero dei nostri morti si sarebbe raddoppiato. Se questa è stata la reazione del nostro ceto politico e di una parte non piccola della pubblica opinione a un fenomeno clamorosamente evidente come è stata la pandemia, che per due anni ci ha chiusi nelle nostre case e ha minacciato la vita di tutti, è facile comprendere la cecità e l’imprevidenza di fronte alle altre ben più gravi catastrofi globali, assai meno visibili e impellenti, che incombono sul nostro futuro.
LE RAGIONI di questa incoscienza – ecologica, nucleare e umanitaria – e della nostra insensibilità morale sono molteplici. C’è il negazionismo più o meno consapevole di verità troppo scomode, comunque alimentato dall’avversione alla sfera pubblica. C’è la nostra indifferenza, generata anche dall’«idea di uomo» che, come ha scritto Joseph Stiglitz, «sta alla base dei modelli economici prevalenti, ossia un individuo calcolatore, razionale, egoista, che pensa solo a se stesso e non lascia spazio alcuno all’empatia, al senso civico, all’altruismo»: un essere orribile, cui non vorremmo assomigliare e che non vorremmo frequentare e che, tuttavia, viene proposto come modello di «razionalità».
C’è poi un altro fattore dell’impotenza e del disimpegno: una sorta di regressione infantile – anti-politica, anti-liberale, anti-sociale, anti-illuminista –, a sostegno della deresponsabilizzazione e della delega in bianco ai poteri, quali che siano, delle decisioni che contano sul nostro futuro. È il disimpegno illustrato da Kant nel suo saggio sull’illuminismo del 1784. «L’illuminismo», egli scrive, «è l’uscita dell’uomo dallo stato di minorità», cioè dall’«incapacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro». Sono questa minorità e questa passivizzazione che vengono oggi promosse dal crollo della partecipazione politica.
«È COSÌ COMODO essere minorenni!» prosegue Kant. «Non ho bisogno di pensare, purché possa solo pagare: altri si assumeranno per me questa noiosa occupazione». Questi «tutori che si sono assunti con tanta benevolenza l’alta sorveglianza sui loro simili minorenni» mostreranno loro – «dopo averli in un primo tempo istupiditi come fossero animali domestici» e impedito loro di «muovere un passo fuori della carrozzella per bambini in cui li hanno imprigionati» – «il pericolo che li minaccia qualora cercassero di camminare da soli». (…) È su questa mancanza di maturità che si basa l’indisponibilità a guardare la realtà, a prendere atto dei suoi orrori e dei suoi pericoli, a pensare il futuro come un possibile non-futuro, a concepire come possibile la scomparsa del genere umano.
Questa cecità è oggi il principale nemico dell’umanità. Essa è presente soprattutto tra i nostri governanti, più di tutti ammalati di presentismo e localismo, e impone perciò alla cultura giuridica e politica un aggiornamento radicale dei suoi apparati concettuali, onde consentire di vedere la realtà e di pensare le possibili soluzioni dei problemi. Solo se si mostrerà che un’alternativa allo stato attuale del mondo è possibile, pur se difficile, e che essa dipende dall’impegno di tutti, potranno prodursi un risveglio della ragione e lo sviluppo di una nuova energia costituente.

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Oggi sabato 12 aprile 2025

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11 Aprile 2025
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Oggi venerdì 11 aprile 2025

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10 Aprile 2025
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