Sostiene Greta

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456c7c35-f540-4d10-b175-a20406661bc7Un movimento planetario
di Pietro Greco, su Rocca.

Hanno iniziato a insultarla sui social. E purtroppo, almeno in Italia, anche su certa carta stampata. Segno che ha colpito nel segno. In Svezia l’hanno eletta invece «donna dell’anno». L’elezione, dicono le note di agenzia, è avvenuta tramite un sondaggio realizzato dall’isti- tuto Inizio per conto del quotidiano Aftonbladet. La vincitrice ha battuto a mani basse la leader dei cristiano-democratici, Ebba Busch Thor.
Lei è, naturalmente, Greta Thunberg: 16 anni appena compiuti lo scorso 3 gennaio. La ragazza forse più nota al mondo, almeno in ambito ecologico e politico. Perché è alla testa di un movimento sempre più esteso di ragazzi che ogni venerdì scende in piazza per chiedere al mondo degli adulti di restituire loro il futuro. Di contrastare, finalmente in maniera convinta e determinata, i cambiamenti del clima accelerati dall’uomo. Considerati da molti osservatori autorevoli la più grave minaccia che incombe sull’umanità in questo XXI secolo.
Il 15 marzo scorso Greta è stata, di fatto, consacrata leader di un movimento che ha (e si è) manifestato in 1700 città di 100 paesi diversi. Un movimento planetario. Ma lei è già leader di lungo corso. A dicembre, per esempio, aveva ammaliato tutti con il suo discorso a Cop24, la Conferenza sul clima organizzata dalle Nazioni Unite a Katowice, in Polonia. Tutto opera di questa «donna dell’anno» che è poco più di una ragazzina. Senza soldi e senza potere alcuno, ma con idee chiare e una volontà di ferro.
Ma, per quanto grandissima sia Greta, è chiaro che il suo grido, che non è di dolore bensì di mobilitazione, sta avendo successo perché ha toccato un nervo scoperto del mondo. Ha dato alla sua generazione un motivo valido e unificante per scendere in piazza: riappropriarsi del proprio futuro. Un futuro messo a rischio dal paradosso da cui non riesce a uscire il mondo degli adulti: avere una coscienza enorme del rischio che corre l’umanità a causa dei cambiamenti del clima e non riuscire a fare nulla (o, almeno, troppo poco) per evitarlo.

sostiene Greta
C’è un romanzo di Antonio Tabucchi ambientato nel 1938 in cui una persona normale e un po’ timorosa, il dottor Pereira, acquista consapevolezza della gravità della condizione in cui vive il Portogallo (il fascismo con la perdita della libertà) e all’improvviso decide di scendere in campo per opporsi con tutte le sue forze. Il romanzo si intitola Sostiene Pereira.
Greta è una ragazzina di quindici anni che all’improvviso, nel 2018, ottant’anni dopo il dottor Pereira, ha acquistato consapevolezza della gravità della condizione in cui vive il mondo intero (il cambiamento del clima accelerato dall’uomo) e all’improvviso decide di protestare davanti alla sua scuola per gridare con tutte le sue forze che è ora di fare qualcosa.
Il suo grido è stato forte abbastanza. In pochi mesi è diventata la leader di un movimento planetario. Conviene ascoltarla. Sostiene Greta che la temperatura media del pianeta è aumentata di circa 1 °C rispetto all’epoca preindustriale. E che le previsioni annunciano che aumenterà ancora, entro la fine di questo secolo, con conseguenze fisiche e sociali indesiderabili. Sostiene Greta che gli esperti dell’Ipcc, il panel di scienziati organizzato dalle Nazioni Unite, in un rapporto pubblicato nei mesi scorsi, hanno scritto nero su bianco che, allo stato delle conoscenze attuali, sarebbe bene che l’aumento della temperatura non superasse gli 1,5 °C a fine secolo. E comunque non andasse oltre i 2 °C, altrimenti il rischio è che il sistema climatico subisca un riassestamento con conseguenze drammatiche e irreversibili (nei tempi umani, si intende). Le conseguenze sono fisiche (aumento della temperatura, del livello dei mari, dello scioglimento dei ghiacci), ma anche sociali (centinaia di milioni di migranti climatici) ed economici (crollo di molte economie).
Sostiene Greta che sostiene l’Ipcc che possiamo ancora farcela, a rientrare nei limiti di 1,5 °C, ma dobbiamo agire rapidamente e drasticamente. Dimezzando le emissioni di gas serra entro il 2030 e azzerandole entro il 2050. A questo scenario i paesi che hanno sottoscritto la Convenzione delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici oppongono gli accordi raggiunti nel 2015 a Parigi, in occasione di Cop 21. Accordi che prevedono impegni su base volontaria che, se anche fossero realizzati integralmente, porterebbero a un aumento della tempera- tura media di 3 °C rispetto all’epoca preindustriale. Ben oltre la soglia di rischio acuto indicata dall’Ipcc.
Sostiene Greta che noi adulti abbiamo ormai un’enorme coscienza del rischio, ma che non stiamo facendo abbastanza per evitarlo. Che stiamo «rubando il futuro» alle nuove generazioni.
Sostiene Greta che i giovani di tutto il mondo hanno una gran voglia e una grande capacità di tentare di costruire un futuro climaticamente sostenibile. Ma che questa gran voglia e questa grande capacità sono inutili, perché potranno manifestarsi trop- po tardi.
Sostiene Greta che sostiene l’Ipcc che c’è pochissimo tempo. Non più di una decina di anni, appunto. Il 2030 arriverà troppo presto perché i giovani possano sostituire gli attuali adulti e prendere nelle loro mani il futuro del clima.
Sostiene Greta che siamo noi adulti a doverci svegliare. A cambiare il paradigma energetico. A consegnare nelle loro mani il pianeta e il suo clima così come noi (attuali adulti) lo abbiamo ricevuto dalle passate generazioni. Non abbiamo alibi. Sappiamo, ma non agiamo di conseguenza.

una coscienza enorme e viva
Sosteniamo noi, se ci è concesso, che in questo scenario di coscienza enorme (di tutti) e di incapacità ad agire di conseguenza (degli adulti che hanno la responsabilità del governo del pianeta), la ragazza svedese e i tanti giovani che si stanno mobilitando in tutto il mondo rappresentano un’inaspettata e straordinaria speranza. Forse l’ultima che abbiamo, come sostiene Greta e come sostengono i suoi coetanei. Questa speranza è la nascita (o la rinascita) di una superpotenza planetaria: un’opinione pubblica mondiale che si è manifestata in 1700 città di 100 diversi paesi in grado di imporre (il verbo è forte, ma non ne abbiamo tro- vato un altro adeguato) ai recalcitranti governi di seguire il percorso indicato dagli scienziati dell’Ipcc.
La declinazione del verbo imporre è chiara, anche alla luce di quanto è accaduto il 15 marzo scorso. Significa mobilitazione in maniera assolutamente pacifica. Ma, anche, in maniera assolutamente determinata. La stessa determinazione che Greta ha manifestato a Katowice: «Non siamo venuti qui – ha sostenuto Greta davanti ai rappresentanti dei circa duecento governi che l’ascoltavano – per pregare i leader a occu- parsene. Tanto ci avete ignorato in passato e continuerete a ignorarci. Voi non avete più scuse e noi abbiamo poco tempo. Noi siamo qui per farvi sapere che il cambiamento sta arrivando, che vi piaccia o no». Questo sostiene Greta. E questa è la speranza che lei e tantissimi come lei hanno acceso: un movimento planetario di giovani (e meno giovani) lucidi e determinati come la ragazzina svedese. Questa speranza è l’ultima che abbiamo. Il 15 marzo ha rappresento, dunque, il momento in cui la nostra «coscienza enorme» è uscita dal paradosso della «enorme inanità» e ha iniziato ad agire di conseguenza.
Sostiene Greta che loro non si arrenderanno. Che loro andranno fino in fondo. Le crediamo. Crediamo nel movimento dei giovani. D’altra parte, quale altra alternativa abbiamo?

Pietro Greco
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rocca-7-2019

One Response to Sostiene Greta

  1. […] PINOTTI. TRAVAGLIO GRILLINO. DOPO GRETA. FAMIGLIA 25 Marzo 2019 by Forcesi | su C3dem. Roberta Pinotti, “Il servizio civile come leva […]

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