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La scelta rivoluzionaria del papa conservatore

di Franco Meloni


Benedetto XVI prima di prendere la decisione di dimettersi avrà sicuramente ripercorso l’esperienza dell’epilogo del pontificato che ha preceduto il suo, quello di Giovanni Paolo II, quando questo papa, sfiancato dalla grave malattia, aveva perso qualsiasi controllo dell’organizzazione della Chiesa cattolica. In questa situazione il potere venne gestito totalmente dalla Curia romana, che, già di per sè potente, probabilmente lo consolidò e lo accrebbe a dismisura. Tanto da condizionare pesantemente lo stesso Ratzinger, conoscitore ma non espressione della stessa Curia, nel momento in cui s’insediava nel trono di Pietro. Condizionamenti di cui Benedetto XVI evidentemente non è riuscito di liberarsi nel tempo, da cui al massimo si è difeso, ma che nel sopraggiungere di un indebolimento dovuto al decadimento fisico dell’età, lo stavano travolgendo, appunto nello stesso modo che ha visto soccombente papa Wojtyla. Benedetto XVI non è stato e non è certo un papa progressista e non si dimette perchè la Curia gli impediva di promuovere le riforme di cui la Chiesa ha necessità come il pane per la sua stessa sopravvivenza, quanto piuttosto perchè la Curia si oppone a qualunque vero cambiamento, a prescindere dalla sua direzione. Siccome del cambiamento si ha necessità e Benedetto XVI, convinto di questo, non è riuscito nemmeno a proporlo, passa la mano, sperando che lo Spirito santo illumini il sacro Conclave nell’individuare la persona che invece sappia e possa portare avanti tale missione. In questo senso Benedetto XVI, dando le dimissioni, si è mosso nell’interesse della Chiesa e in questo senso gli va comunque riconosciuto un grandissimo merito e dovuto il massimo rispetto.
Infine una notazione tutta sarda. La stampa locale ha ricordato la visita in Sardegna di Benedetto XVI nel settembre 2008. Doveva essere una visita di carattere squisitamente spirituale e tuttalpiù servire, sul piano sociale, a dare una mano alla Sardegna rispetto alla sua difficile situazione socio-economica. Sappiamo come andò a finire: la visita fu un’occasione di un deprecabile accordo tra l’allora vescovo di Cagliari Giuseppe Mani e Berlusconi che la strumentalizzarono al fine di impedire la rielezione di Soru alla presidenza della Regione e contribuire alla vittoria del centro destra alle imminenti elezioni regionali. Personalmente credo che Benedetto XVI subì questa impostazione: forse in questo caso il pontefice poco avvertì la manovra di bassa cucina locale, di cui era stato inconsapevole strumento. Al contrario per questioni analoghe di ben altra dimensione si sarà ben accorto delle manovre di quanti lo condizionavano opponendosi pesantemente al cambiamento. Ecco dunque, ribadiamo, una chiave di lettura delle sue dimissioni. Una scelta consapevolmente rivoluzionaria di un papa conservatore, che non ha voluto e non vuole ostacolare lo Spirito che, come si sa, spira dove vuole.

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da La Repubblica on line 11 febbraio 2013