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Dibattito: rompere gli schemi e azzardare perché la Sardegna abbia futuro. Ecco come la pensa Nicolò Migheli

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Campus lug14Anche i professori a volte sbagliano
di Nicolò Migheli
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Chiunque in questi ultimi vent’anni abbia seguito le tendenze demografiche della Sardegna ha consapevolezza che l’isola è destinata a perdere popolazione. Il tasso di natalità è di 1.08, uno dei più bassi della Repubblica, quando per mantenere gli attuali 1.600.000 abitanti è indispensabile che sia almeno del 2,10. Non solo, è la piramide dell’età che preoccupa. Un futuro con pochi giovani che dovranno mantenere generazioni sempre più anziane. Molti piccoli paesi resteranno deserti, anche perché la popolazione tende sempre più verso la città. Paesi che perdono scuole, uffici postali, caserme dei carabinieri, Chi può fugge. Un cane che si morde la coda. Si scappa perché non vi è né lavoro né servizi, ma se la popolazione si riduce, si riducono anche questi. Il professor emerito Andrea Saba sulla Nuova Sardegna del 2 di luglio, con un articolo dal titolo “Far rinascere i paesi fantasma con l’agricoltura plurietnica” dà la sua ricetta. Il professore scrive che l’impoverimento demografico è sostanzialmente figlio della crisi dell’agricoltura. Una produzione, a suo avviso, che risente troppo degli sbalzi di prezzo e non riesce a stare sul mercato, con il risultato che gli operatori finiscono per abbandonarla. Saba trova nelle colture no food ed in Matrìca la risposta. Basterebbe che una quota di terreni venisse destinata alla produzione di cardi o di oleaginose, per garantire un reddito che integrerebbe il resto. Aggiunge poi: visto che già rumeni e marocchini sono nelle nostre campagne, bisognerebbe – secondo lui – incentivare una immigrazione controllata di contadini a cui dare terreni e case. Poiché i prezzi a tutt’oggi risultano essere ancora alti, dovrebbe intervenire la regione con un programma specifico. Andrea Saba non è un economista qualsiasi, è stato docente di Economia Industriale alla “Sapienza” di Roma, assistente di Paolo Sylos Labini, laureato a Cambridge, autore di vari studi sullo sviluppo e l’articolo risente della sua posizione “industrialista”. - segue -