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Sui drammatici fatti di Napoli

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Nessun mostro, solo due vittime
di Carla Maria Casula

Ancora una volta la politica, che da mezzo di coesione si evolve sempre più in strumento di frazionamento, commette l’errore di inserire due giovani vite spezzate (una fisicamente, l’altra psicologicamente) nelle due caselle asettiche della ragione e del torto. Aprioristicamente. Senza attendere l’esito delle indagini. Come se l’appartenenza a questo o a quel partito e l’aderenza alle rispettive ideologie avesse una rilevanza maggiore rispetto all’obiettività del giudizio. Come se il timbrare il cartellino della propria fede politica rispondesse a dei principi di più alto valore rispetto a quei precetti basilari che albergano nella coscienza di ognuno. Conseguentemente il diktat di partito, che spesso si configura come scriteriato “ordine di scuderia”, genera espressioni aberranti quali “Ben fatto! Un delinquente di meno!” e “Maledetto carabiniere, devi marcire in galera per tutta la vita. Buttate la chiave!”.
Due i protagonisti della tragica vicenda, avvenuta in pieno centro a Napoli, nella notte tra sabato e domenica, che divide l’opinione pubblica del Paese: un adolescente e un giovane militare in borghese. Il primo, quasi 16enne, residente nei quartieri spagnoli e figlio di una condizione di disagio socio-economico. Il secondo, neppure 24enne, carabiniere di stanza a Bologna. La vicenda, lungi dall’essere lineare, è, al contrario, venata da zone d’ombra. Il ragazzo, con il suo complice, in sella a uno scooter e col volto travisato dal casco integrale, affianca il militare che sta parcheggiando l’auto e gli punta una pistola con l’intento di farsi consegnare il Rolex. Il carabiniere, in compagnia della fidanzata, dopo essersi qualificato, reagisce sparando tre colpi, con la pistola di ordinanza, contro il 16enne, che morirà poco dopo nel Pronto Soccorso del presidio ospedaliero “Pellegrini”. L’arma puntata dal ragazzo alla tempia del militare è una perfetta replica della Beretta 92. [segue]