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Rispetto e Giustizia sociale

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Il concetto di rispetto nelle moderne teorie della giustizia sociale

Gianfranco Sabattini*

Riflettere sulla giustizia sociale, secondo Benedetta Giovanola, docente di Etica ed economia, “significa chiedersi quale eguaglianza sia necessario promuovere in società che vogliano dirsi giuste e quali diseguaglianze siano ammesse in tali società”. In altri termini, secondo l’autrice, occorre chiedersi cosa sia la giustizia sociale, quali le sue componenti costitutive, in cosa consista le promozione dell’uguaglianza e se, per perseguirla, occorra ammettere qualche disuguaglianza.
La necessità di dare risposte a questi interrogativi, a parere di Giovanola, “sono oggi al centro della riflessione filosofica sulla giustizia sociale, che si colloca per lo più all’interno della cornice teorica dell’egualitarismo”, il cui rinnovato interesse è riconducibile alla teoria delle giustizia sociale formulata nel 1971 da John Rawls; testo destinato a diventare punto di riferimento ineludibile del dibattito sulle teorie contemporanee della giustizia. Queste ultime, secondo l’autrice, si collocherebbero, sia pure in gran parte, “nel solco della tradizione inaugurata da Rawls”, in considerazione del fatto che il testo del filosofo americano è divenuto “il principale punto di riferimento” del dibattito contemporaneo.
Giovanola ritiene che le concezioni espresse successivamente alla pubblicazione di “Una teoria della giustizia” di Rawls siano accomunate dal fatto che il loro obiettivo consista nel formulare un discorso sulla giustizia sociale teso a promuovere l’eguaglianza, senza trascurare però possibili differenze individuali; quindi, evitando che la giustizia si traduca “in un livellamento verso il basso”, ma con la “garanzia di alcune libertà fondamentali e di eque opportunità di accesso ai vantaggi della cooperazione sociale”; con la garanzia, cioè, di realizzare un’uguaglianza sociale che “annulli ogni forma di esclusione o discriminazione sulla base della razza, del genere, della religione [...], ma anche della classe economica e sociale alla quale si appartiene”.
Tuttavia, a parere di Giovanola, le teorie della giustizia contemporanee si soffermerebbero “prevalentemente, se non esclusivamente, sul ruolo delle istituzioni nella promozione della giustizia sociale”, intesa quest’ultima per lo più come giustizia distributiva; mentre, a parere dell’autrice, “scarsa attenzione”, a differenza della corrente di pensiero che privilegia la riflessione sull’egualitarismo sociale e relazionale, verrebbe riservata alla dimensione “propriamente sociale” della giustizia.
Per Giovanola. l’egualitarismo socio-relazionale, secondo Giovanola, si discosterebbe dalle altre teorie della giustizia intesa come giustizia distributiva, perché assegnerebbe centralità al concetto di uguaglianza delle persone nelle loro reciproche relazioni. L’egualitarismo socio-relazionale, però, sempre secondo Giovanola, non sarebbe, a sua volta, privo di limiti; ciò in quanto esso porrebbe in secondo piano, o addirittura escluderebbe, gli aspetti distributivi, ovvero li interpreterebbe “esclusivamente” alla luce delle ricadute a livello di uguaglianza socio-relazionale.
Per la studiosa di etica ed economia, perciò, mancherebbe a tutt’oggi “una riflessione sulla giustizia sociale capace di tenere insieme, in modo equilibrato, aspetti distributivi e aspetti socio-relazionali, evitando riduzionismi e subordinazioni, da un lato, ma anche semplici giustapposizioni dall’altro”. L’intento è quindi quello di contribuire a “colmare la lacuna”, indagando sulla possibilità di formulare una teoria della giustizia sociale più ampia ed articolata, che “non si esaurisca nella sua dimensione distributiva”, ma ne includa anche “gli aspetti più specificamente sociali e relazionali”.
A tal fine, l’autrice espone criticamente le prospettive metodologiche alle quali sono riconducibili le principali teorie contemporanee che si contendono la scena riguardo all’egualitarismo, ovvero la teoria dell’”egualitarismo della sorte” e quella dell’”egualitarismo socio-relazionale”, che si differenziano per il modo d’intendere il concetto di giustizia sociale: in termini di giustizia distributiva la prima; come uguaglianza socio-relazionale la seconda. La critica di entrambe le teorie, consente di mettere in luce il riduzionismo che le caratterizzerebbe, motivando l’autrice a cercare di formulare un concetto più articolato di giustizia sociale, “capace di dar conto sia degli aspetti distributivi, sia di quelli socio-relazionali”.
A tal fine, Giovanola assume che, se la giustizia sociale è intesa, oltre che in senso distributivo, anche come “uguale valore morale” da riconoscersi a tutti i componenti il sistema sociale, occorre qualificare la giustizia sociale con il predicato del rispetto, dovuto a tutti i soggetti coinvolti nelle procedure distributive. In tal modo, la giustizia sociale, fondata anche sul “rispetto”, consentirebbe “di superare i limiti e il riduzionismo dell’egualitarismo della sorte e dell’egualitarismo socio-realazionale” e, nello stesso tempo, di recepirne le loro istanze valoriali principali, restando però “sempre nell’orizzonte teorico dell’egualitarismo”.
Secondo Giovanola, sulla base del concetto di giustizia sociale qualificata dal predicato del rispetto, diverrebbe possibile caratterizzare in termini più puntuali le diverse “dimensioni costitutive delle giustizia sociale”; ma consentirebbe anche “di articolare il rapporto che intercorre tra di loro”; cioè, sviluppando il discorso sul più comprensivo ”egualitarismo del rispetto”, diverrebbe possibile formulare meglio il concetto di giustizia sociale, senza abbandonare la prospettiva di analisi rawlsiana, ma andando oltre quanto esplicitamente affermato da Rawls riguardo al concetto di giustizia sociale, senza tuttavia tradirne lo spirito.
A parere di Giovanola, con la formulazione dell’egualitarismo del rispetto diverrebbe inoltre possibile acquisire un’adeguata “cornice teorica” per la formulazione di una concezione “non riduzionistica” del concetto di giustizia sociale, che ingloberebbe anche le istanze dell’egualitarismo socio-relazionale; ciò perché quest’ultimo, nascendo dall’intento di “recuperare gli scopi distintivi dell’egualitarismo”, consentirebbe non già di eliminare l’impatto “della sorte bruta nelle questioni umane”, ma di creare “una società di eguali”, promuovendo una reale “uguaglianza sociale”, piuttosto che formulare “criteri che presiedono [solo] a una giusta distribuzione” del prodotto sociale. In questo modo, secondo Giovanola, la critica dell’egualitarismo socio-relazionale, “pur se diretta principalmente all’egualitarismo della sorte, può essere estesa alla maggior parte delle teorie della giustizia contemporanee e alla loro enfasi sugli aspetti distributivi”. Ma qual è il “bene” di natura relazionale che l’egualitarismo della sorte finirebbe di trascurare?
Si tratta di un bene “sui generis” che nasce dalla comune condivisione delle motivazioni sottostanti la relazione che intercorre tra i fruitori di un altro bene particolare, quale può essere, ad esempio, un “bene comune” (un bene cioè condiviso da tutti membri di una comunità); il bene relazionale è individuabile, non nel bene comune in sé e per sé considerato, ma nella relazione che si instaura tra i diversi componenti la comunità. Un parco o il verde pubblico di un condominio, ad esempio, sono forme diverse di bene comune, implicanti un particolare rapporto tra la comunità e i beni comuni, ma anche un altrettanto particolare rapporto tra tutti i componenti la comunità stessa. Il bene relazionale è, quindi, la relazione che si instaura tra i componenti una comunità che hanno interesse a condividere la fruizione del bene comune e non il rapporto tra ogni singolo componente la comunità e il bene stesso. Se il rapporto tra i membri della comunità evocasse solo interessi individuali sul bene comune e non anche la relazione tra le persone cointeressate alla sua fruizione condivisa, il bene comune mancherebbe d’essere il supporto materiale del bene relazionale, scadendo a bene privato (o pubblico) cui non corrisponderebbe alcun bene relazionale.
Dal significato del concetto più comprensivo di giustizia sociale che può aversi adottando la prospettiva dell’egualitarismo socio-relazionale, le questioni distributive – afferma Giovanola – non sarebbero “escluse dall’agenda egualitaria”, ma verrebbero “subordinate a una concezione più ampia di eguaglianza, da declinare sul piano morale, sociale e politico”: sul piano morale, l’eguaglianza indicherebbe che tutte le persone hanno uguale valore; su quello sociale, essa implicherebbe che la società sia concepita come un’impresa cooperativa tra eguali, dove a ciascuno possa essere attribuito lo stesso status sociale; sul piano politico, infine, la concezione più ampia di eguaglianza comporterebbe che i cittadini possano avanzare delle pretese, gli uni rispetto agli altri, proprio in virtù del loro status di cittadini uguali.
Giovanola ritiene tuttavia che, se l’egualitarismo socio-realazionale ha il “merito di aver aperto la riflessione sulla giustizia sociale alle questioni non distributive, rivendicando l’importanza delle relazioni interpersonali e sociali come costitutive del discorso sulla giustizia”, cionondimeno esso (l’egualitarismo socio-relazionale) presenta “alcune criticità: in primo luogo, perché subordina le questioni distributive a quelle relazionali e alla promozione di una società di eguali; in secondo luogo, perché il perseguire la realizzazione di una società di eguali comporta l’obiezione che si realizzi un livellamento del valore delle persone “verso il basso”; infine, perché l’egualitarismo socio-relazionale tralascia la considerazione delle responsabilità e dell’autonomia dell’individuo che, invece, sempre a parere di Giovanola, sono di “fondamentale importanza per il discorso sulla giustizia sociale”.
L’autrice sostiene che tali criticità possono essere rimosse, se il predicato del rispetto viene inteso nel senso che la sua qualità venga riconosciuta alle persone in “modo diseguale”, per cui essa (la qualità o dimensione del rispetto) possa essere “sia di eguaglianza sia di disuguaglianza”. Ciò, secondo Giovanola, comporterebbe il superamento dell’”enfasi esclusiva sul rispetto uguale“, ma anche la considerazione della “rilevanza del rispetto diseguale, mostrando come esso sia intrinseco alla giustizia sociale”. Rivendicare l’importanza del rispetto diseguale consentirebbe, secondo Giovanola, di valorizzare l’”eccellenza delle persone, il loro merito e le loro capacità”, anche nell’interesse dei più svantaggiati; fatto, quest’ultimo del tutto coerente, come Giovanola riconosce, con il “principio di differenza” introdotto da Rawls, proprio al fine di rimuovere le differenze di status individuale dovute alla sorte ed evitare che tali differenze, anziché avvantaggiare ulteriormente coloro che sono gia avvantaggiati, possano essere utilizzate all’interno di un’organizzazione sociale con cui le differenze della sorte (in termini materiali e di dotazioni personali) possano andare vantaggio dei più svantaggiati.
In conclusione, il discorso di Giovanola risulta tendenzialmente ridondante rispetto alla teoria della giustizia di Rawls. Se quest’ultima è inquadrata all’interno della prospettiva statuale del neocontrattualismo repubblicano, non può sfuggire il fatto che il filosofo americano ha elaborato la sua teoria della giustizia come equità, formulando i principi ai quali i membri della società (o cittadini dello Stato) devono raccordarsi, per regolare la “struttura di base” della società stessa, cioè le sue istituzioni politiche, economiche e sociali. La teoria rawlsiana della giustizia sociale è strettamente connessa all’organizzazione dello Stato e trae la sua giustificazione dal “consenso per intersezione” fra diverse istanze valoriali, che hanno in comune un’idea di giustizia comprendente tolleranza, pluralismo e uguale rispetto. Quest’ultimo, in virtù del principio di differenza, posto alla base della teoria formulata da Rawls, deve intendersi non come “rispetto uguale”, ma come rispetto che può essere “diseguale o gerarchico” (inteso nel senso che gli attribuisce Giovanola), solo se la disuguaglianza va a vantaggio dei meno favoriti dalla sorte.
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* Anche su Avanti! online.
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Nella foto statua della Giurisprudenza (particolare), autore Bino Bini, atrio Rettorato Università di Cagliari.