Monthly Archives: dicembre 2013
Per una Sardegna nuova. Cando si tenet su bentu est prezisu bentulare
di Salvatore Cubeddu, Fondazione Sardinia
La situazione drammatica dell’economia, della condizione sociale e della fragilità culturale invoca, oggi in Sardegna, politiche nuove, esige intelligenza progettuale e capacità creativa.
E’ il momento storico a dirci che non c’è posto per una politica di sopravvivenza, per l’ordinaria amministrazione e neppure per un progressismo moderato. Si tocca con mano lo stato di depressione e ancora peggio la chiusura di ogni orizzonte, che ci fa dire: “non ce la facciamo, non ne usciamo, non c’è nulla da fare”. Troppe cose in Sardegna sono accadute senza ideazione e senza progetto, così si è offuscata persino la speranza di progettare, è stata cancellata la prospettiva del futuro, è stato tolto il diritto di sognare. Nell’idea di Sardegna manca l’amore della speranza perché non c’è tensione desiderante, capace di creatività.
Eppure proprio la situazione di stallo può diventare un fattore propulsivo e rivoluzionario, stimolo per un nuovo modo di dire e di fare e per un nuovo modo di rappresentare la Sardegna a noi stessi e agli altri. Paradossalmente la situazione drammatica attuale diventa il dispositivo per il rilancio di una nuova costruzione. Per noi la Sardegna non è oggetto della mancanza e del fallimento se davanti a noi poniamo l’impresa, il progetto e il programma. Ciò che è crisi diventa dispositivo d’opera e d’invenzione. Siamo convinti che dinanzi a noi c’è l’avvenire che non viene da sé e che si compie nel fare. A patto che la politica diventi invenzione, come l’economia, come la cultura. Niente scene del negativo, abbiamo cose da raccontare e da produrre: tutto da vivere, tutto da fare. L’identità sarda si costruisce nell’itinerario della produzione materiale e della produzione di senso.
Da queste riflessioni è sorta nella Fondazione Sardinia una serie di incontri e di dibattiti che sono provvisoriamente confluiti in questa proposta di Sardegna nuova.
Si tratta, nell’aspetto economico, di un programma di concrete opere pubbliche, non di un vero e proprio nuovo modello di sviluppo. Le linee di questo restano, piuttosto, sullo sfondo, sottintese e richieste. Ma l’innovazione riguarda tutti gli aspetti della realtà sarda.
Al di là di ogni schieramento e di ogni appartenenza politica, vogliamo fare partecipi di questa nostra riflessione quanti, tra i Sardi ed i loro estimatori, intendono impegnarsi per un contributo di arricchimento e di elaborazione, nella prospettiva di una diffusione più ampia e con il proposito di farne partecipi il popolo sardo.
“Quando tira vento, c’è
chi alza muri per difendersi
e chi costruisce mulini a vento”
(M. de Cervantes).
SARDIGNA NO(V)A
Un NEW DEAL per la SARDEGNA del terzo millennio: appunti per un nuovo inizio.
SOMMARIO: 1. le nuove drammaticità sarde. 2. Le urgenze dell’ora. 3. Un progetto inevitabile. 3.1. il risanamento dei territori; 3.2. Le pianure irrigate per la sovranità alimentare; 3.3. l’energia, della Sardegna, per i Sardi, dei Sardi. 3.4. L’emergenza linguistica. 4. Investimenti per il lavoro e per costruire una Sardegna nuova. 5. La riforma delle istituzioni: la nuova Olbia, Sassari- Cagliari- Nuoro- Oristano con vecchie e nuove funzioni, Città di Sardegna, una burocrazia redistribuita e rinnovata, un altro destino per i paesi. 6. Provvisorie osservazioni conclusive.
1. Le nuove drammaticità sarde. Per due settimane nelle case e nelle campagne dei 60 comuni si è lavorato ad uscire dal fango. Il lavoro sarà lungo.
Il diluvio scende dalle alture alle coste e travolge gli arenili scarsi dell’immensa ciambella in costruzione. Siamo all’ultimo aggiornamento, ma il fenomeno si ripete ad intervalli sempre più brevi. La natura segue il suo corso, indipendentemente dall’insipienza dei nostri ostacoli.
Tra sette – otto mesi, nel nostro interno in abbandono potrebbe riproporsi il pericolo di sempre, il fuoco distruttore. Nel centro Sardegna, sempre più abbandonato, l’inselvaticamento della natura finirà per annientare gli antidoti di un’agricoltura millenaria ormai in estinzione.
Intanto è costante l’aria inquinata portata dai venti: da Sarrock e P. Torres verso Cagliari e Sassari, da P. Vesme nella direzione di S. Antioco, Carbonia ed Iglesias, da Macomer e Ottana nei quattro quadranti della Sardegna centrale. Laddove i fumaioli si sono spenti, il loro fumo ha lasciato sul suolo tracce forse imperiture.
Siamo alla fine del nostro mondo, gli uomini hanno avviato l’apocalisse. Possiamo cercare un’altra ‘rivelazione’? Siamo disponibili a pensare alla risoluzione dei problemi facendo fronte con finanziamenti, con progetti, con l’organizzazione e i tempi necessari? La responsabilità è nelle nostre mani. Per quello che è stato (se non altro per non averlo impedito) e per quello che sarà. Quello che è non può essere più accettato.
Dobbiamo cambiare, noi innanzitutto. I sardi sono la vera risorsa per se stessi. Se essi rinunciano, nessuno può portare loro la salvezza. Neanche se continuasse – e non può a lungo proseguire (né sarebbe corretto pretenderla!) – la straordinaria solidarietà che ci arriva dal Continente, dagli Italiani per una volta finalmente solidali con i Sardi. Anche al nostro interno, la solidarietà di queste settimane segnerà a lungo positivamente i giorni che ci aspettano. Perciò osiamo sognare. Per offrire un seguito a ciò che vediamo, per promuovere a progetto ciò che è positiva reazione all’emergenza, per darci la realizzabile immagine di una Sardegna nuova.
E la natura domanda la fine di certi comportamenti e la promozione di nuovi. Le istituzioni cercano da decenni un’ altra legittimazione. La società vede giovani ed operai in giro per le strade ad elemosinare il tozzo di pane dell’assistenza in attesa che qualcuno costruisca il lavoro. Ma, quale lavoro si creerebbe se pure ci fossero i finanziamenti? Come spenderemmo i miliardi se, per una qualche benefica resipiscenza dello Stato italiano, ci venisse restituito il mal tolto degli ultimi decenni? Come spenderemmo i soldi pubblici nel creare lavoro: per fare che cosa? Chi agirebbe? Secondo quale nuova idea di Sardegna?
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2. Le urgenze dell’ora. Otto province da abolire e nuove aggregazioni dei comuni da organizzare in vista dell’inevitabile necessità dell’ente intermedio: davvero, da Cagliari, è possibile guidare il territorio della Sardegna senza aspettarsi una ribellione a un centralismo già oggi denunciato come invadente? Cagliari, da sola, versus 376 comuni: esperimento già fallito con il feudalesimo. Non per i feudatari, ma sì per i Sardi. E’ invece indispensabile restituire un forte senso ai capoluoghi delle province storiche: Cagliari, Sassari, Nuoro, Oristano.
Città e paesi da ricostruire, ad iniziare da Olbia, secondo comune per numero di abitanti e primo in quanto capoluogo del turismo. E’possibile profittare del presente disastro per rimodellare l’urbanistica della città correggendone storture e valorizzandone le risorse? Olbia da rimodellare quale città del futuro. Lanciare una nuova idea di città gallurese – una città di mare in simbiosi con i bellissimi monti del Limbara, non in contrasto – fruendo delle presenze, delle amicizie, degli interessi internazionali, intelligentemente e accortamente orientati da una società locale che ora va facendo un’esperienza così amara degli errori commessi?
Trecento piccoli comuni sono in decadenza per il crollo demografico e per la fuga degli abitanti (sempre nella direzione di Cagliari ed Olbia): anche a loro bisogna restituire un senso. Un hinterland cagliaritano da bloccare nell’insana crescita demografica ristabilendo la funzione della città, il suo significato ed i limiti nei confronti dell’insieme del territorio isolano.
Cagliari come città dell’economia moderna, delle telecomunicazioni e della ricerca, del commercio e degli scambi, Cagliari città vedetta della Sardegna nei confronti delle numerose ‘capitali’ del Mediterraneo? Cagliari ha le potenzialità di diventare per la Sardegna quella che Milano è per l’Italia, New York per gli USA (pur essendo Washington la capitale), Rio de Janeiro per il Brasile (con Brasilia costruita ex novo). Non più rinserrata in un castello dove racchiudersi e difendersi, ma città guida nella prosperità, nella cultura e nell’arte.
Una cultura da riorganizzare, nei suoi aspetti istituzionali/scolastici e nella sua dimensione politica/identitaria. Cresce la pressione dei ministeri romani per l’unificazione delle due università di Cagliari e di Sassari, proprio mentre Nuoro ed Oristano insistono per mantenere i loro recenti insediamenti. Il processo, non facile né breve, domanderà un vero campus per un’Università della Sardegna. Dove, come, chi si assumerà la responsabilità di accelerare intelligentemente il processo?
Un progetto di opere pubbliche che alleggerisca la fame di lavoro domanda finanziamenti destinati a rispondere a questo non semplice carico di problemi che si impongono alla comunità sarda.
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3. Un progetto inevitabile. Si sente e si legge dappertutto: la prima cosa che manca in Sardegna è il lavoro. Eppure, anche se avessimo i finanziamenti – ad esempio, i soldi che lo Stato dovrebbe darci indietro, perché nostri (quanti? Mettiamo un miliardo di euro?) – non sapremmo quali opere pubbliche sarebbero in grado di occupare, mettiamo, diecimila lavoratori nel breve periodo per un’operazione da new deal.
Eppure la Sardegna è tutta da rifare, non solo avendo davanti la presente catastrofe, ma pure a partire dal risanamento dell’ambiente nelle zone industriali, alla rifondazione di un’agricoltura che si affianchi alla pastorizia, alla decisione sul riequilibrio demografico nel territorio, al ruolo delle due città (Cagliari ed Olbia) che divorano la popolazione dei paesi, al destino delle province, alla qualificazione complessiva dell’istruzione e della cultura.
Osservando con serietà la condizione dei Sardi, dobbiamo recuperare la lungimiranza e il coraggio di assumere decisioni che ci proiettino nell’arco dei prossimi 20/50 anni per la definizione delle decisioni economiche, istituzionali, culturali.
3.1. Le migliaia di lavoratori in cassa integrazione devono essere utilizzati per il risanamento dei territori di Macchiareddu, Porto Torres, Porto Vesme, Ottana, Arbatax. Dato che l’esigenza dell’assistenza è destinata a permanere (ma non altrettanto facile sarà garantire le necessarie risorse sine termine) , essa deve essere finalizzata a chiedere un contraccambio, a tempo totale o parziale (adeguandovi il salario), al personale uscito senza possibilità di rientro dal processo produttivo. Chi non venisse impiegato nel risanamento ambientale dovrebbe venire organizzato per altri lavori socialmente utili.
3.2. Le pianure irrigate dovrebbero venire solamente destinate alle coltivazioni che garantiscano la sovranità alimentare del popolo sardo. In nessun modo debbono essere messe a disposizione di Matrica o di altre società intenzionate a profittare delle presenti difficoltà dell’agricoltura per utilizzare le nostre terre e per produrre materia prima in vista del processo produttivo della cosiddetta chimica verde. Andrebbe anche verificata fino in fondo l’eventuale disponibilità di terreni marginali. Si ha la chiara impressione che in molti stiano barando per farci trovare tutti in condizioni di non ritorno, a livello governativo e locale, nel mondo imprenditoriale, associativo e sindacale. Tarda, purtroppo, a partire un movimento di opinione che chieda conto in anticipo di scelte che ci stanno sovrastando. La situazione appare straordinariamente simile alla segretezza delle decisioni che ci hanno portato fuori dall’obiettivo 1 dell’Unione Europea e, prima ancora, al grande inganno che riversò in Sardegna la grande industria di base petrolchimica e metallurgica.
3.3. La Regione sarda ha riavuto nella sua dotazione e in suo potere l’energia elettrica delle dighe. Si tratta di un dato importante, che però viene tenuto riservato e che non viene fatto rientrare nel presente dibattito sull’energia ‘verde’. Essa, invece, si aggiungerebbe alle energie rinnovabili per rendere l’Isola totalmente autonoma dalle energie fossili inquinanti e dispendiose. La Regione deve riprendere in considerazione l’esperienza della società sarda dell’elettricità (Ersae), per confermarne l’attualità e rimodernarne l’organizzazione.
3.4. L’emergenza linguistica rappresenta la realtà e la metafora della presente condizione del popolo sardo. Esiste un parallelo indiscutibile e impressionante tra la perdita della lingua e la perdita della nostra economia, tra l’espropriazione culturale e l’espropriazione delle nostre risorse, tra il lasser faire nella cura della nostra anima più profonda e la leggerezza con cui lasciamo che invadano di cardi e di eucaliptus le nostre pianure dopo che per cinquant’anni hanno avvelenato con la petrolchimica alcuni dei nostri migliori litorali. Parallelismi della nostra irresponsabilità voluta ed accettata.
4. Investimenti per il lavoro e per costruire una Sardegna nuova. Bisogna avere il coraggio politico e la capacità finanziaria e organizzativa di proporre un grande progetto di opere pubbliche, che abbia quale punto fermo quello di evitare la funzione/ciambella dello sviluppo urbanistico intorno alle coste e di promuovere la continuità della distribuzione della popolazione nei paesi della Sardegna. Inevitabile agire su Olbia e Cagliari, attuali punti di attrazione a motivo dell’espletamento della funzione turistica (Olbia) e della concentrazione burocratica (Cagliari).
Ad Olbia bisogna risanare, riqualificare, cancellare. Alla città bisognerebbe offrire l’opportunità di rinascere come città d’eccellenza. E’ inutile mettere pezze a situazioni irrecuperabili. Bisogna ripensare la città, secondo la legge e la qualità del vivere. Olbia ha molti amici potenti e qualificati, che sarebbero interessati a collaborare ad operazioni ambiziose e di prospettiva.
A Cagliari ancora si va avanti ad occhi chiusi, in assoluto isolamento rispetto agli interessi della Sardegna, ubriachi di un’espansione demografica che ora troverebbe spazio solo nella cinta dei comuni dell’hinterland. Su Stangioni era uno stagno, procedere nel percorso verso la sua urbanizzazione è una follia, ambientale, urbanistica e demografica. Basta, con l’accettare la crescita del polo urbano a svantaggio degli altri comuni della Sardegna. Si pensi: quante famiglie ospiterebbe l’urbanizzazione di una SS 554 trasformata in semplice strada comunale? Resterebbero dei sardi al di fuori del promontorio e della costa intorno al Golfo degli Angeli? A Cagliari e nel suo hinterland bisogna migliorare quello che c’è, non estenderlo.
A Sassari, Oristano e Nuoro, una volta retrocesse dal loro ruolo di ente provinciale, cosa resterebbe per impedire al loro interno una crescita esponenziale di risentimento nei confronti della città ora capitale, già a ragione accusata di centralismo, sempre ma soprattutto nel quinquennio della presente amministrazione regionale di centrodestra?
5. La riforma delle istituzioni resta oggi elemento determinante anche negli aspetti economici, politici e culturali. E’ da considerare troppo tranchant l’abolizione totale delle province. Non regge una Sardegna dove il potere è concentrato tutto su Cagliari, diventando le unioni dei comuni nient’altro che decentramenti funzionali e burocratici, senza vera identità istituzionale (che è fatta di valori storici, economici, etc. ). Per questo è necessario ripensare la redistribuzione dei ruoli istituzionali tra i capoluoghi storici della Sardegna in modo che vi sia funzionalità delle città rispetto ai comuni circostanti, potenziale parità di opportunità tra gli ex capoluoghi di provincia, rispetto delle vocazioni storiche e culturali di tutte le città sarde.
La proposta: a) Sassari e Cagliari restano capoluoghi di provincia, e si dividerebbero il territorio sardo.
b) I presìdi attualmenti aperti dalle due università sarde a Nuoro dovranno progressivamente allargarsi fino a costituire l’Università della Sardegna. Gradualmente si arriverebbe alla loro unificazione e, nel tempo (richiesto dal procedere dei grandi lavori di costruzione del campus, a partire dalla città ed allargandosi nei boschi e nei giardini, nell’Ortobene ed oltre), verrebbero spostate e unificate le facoltà in modo da riqualificare il capoluogo barbaricino nel segno dell’istruzione e della cultura (sarebbe la Cambridge sarda!). Non è difficile immaginare la grande massa di risorse e di occupazione necessarie nel corso delle differenti fasi del processo e nella successiva situazione operativa della grande Università della Sardegna. (L’idea, in fondo, non è originale: la Corsica, appena avute le istituzioni autonomistiche, ha fondato la propria università a Corte, l’antico capoluogo in mezzo alle montagne).
c) Non lontano da Oristano – e fruendo del suo porto, potenziando il suo aeroporto (offrendo, finalmente, a loro un senso), presso le le colline e nei boschi alle pendici del monte Arci (il monte sacro dell’età neolitica!) – dovrebbe costruirsi ex novo un Capitol delle nuove istituzioni della Sardigna No(v)a, esso pure pensato come un campus istituzionale – con le moderne condizioni dell’ospitalità – e non una nuova città della burocrazia. Nella nuova Città di Sardegna risiederebbe la sola dirigenza al servizio delle grandi istituzioni della Sardegna: consiglio, governo, apici degli assessorati; i segni della cultura (il rettorato) e dei valori universali (una chiesa cattedrale? Una sede monumentali a carattere interreligioso?).
Gli impiegati della nuova regione sarda sarebbero gradualmente individuati tra i giovani, e meno giovani, abitanti nei comuni di tutta la Sardegna, collegati tra loro e con i loro dirigenti del ‘Capitol’ tramite il telelavoro. Ovviamente, pensato nella prospettiva dei decenni, il processo di progressiva redistribuzione nel territorio del personale, attualmente concentrato in poche città, andrebbe curato sia nelle capacità professionali e sia attraverso un’apposita contrattazione di funzioni e riconoscimenti normativi ed economici. Questa soluzione, nel mentre alleggerisce la pressione demografica delle città, offrirebbe una chance di permanenza e di nuova prospettiva ai tanti comuni in via di chiusura, consentendo elementi di nuova qualità della vita ai lavoratori dell’impiego pubblico.
Anche il sistema stradale riceverebbe nuovi effetti benefici nell’indirizzare le sue direttrici verso il centro geomorfologico dell’Isola. Nessun amministratore comunale sarebbe più distante di centocinquanta chilometri dalla nuova capitale istituzionale della Sardegna.
6. Provvisorie osservazioni conclusive. Alla facile osservazione di utopia rispondo con la richiesta di altrettante soluzioni alternative alla elencazione dei problemi inizialmente esposti. Alla preoccupazione sulla scarsità dei finanziamenti c’è l’esperienza del new deal degli anni trenta, non solo in America: la scelta dei lavori pubblici viene fatta appunto nei tempi di crisi. Sulla questione della classe dirigente dico: noi tutti siamo classe dirigente, diamoci da fare, lasciateci immaginare e realizzare, noi saremmo in grado di avviare, dirigere, portare a compimento il processo, andando anche oltre la presente generazione.
Anche chi vuole l’indipendenza della Sardegna non vuole solo agitare una bandiera: vuole soprattutto far stare meglio i propri cittadini e rendere migliore la propria terra.
(Questo documento è stato redatto da Salvatore Cubeddu ed ha avuto una prima fase di discussione tra i soci della Fondazione Sardinia il 7 e il 9 dicembre 2013).
Cagliari 11.12.13
La LAMPADA di ALADIN
SOLUZIONE INTERNA CAMERALE ma di ALTO PROFILO per la DIREZIONE GENERALE della FIERA. Giampiero Uccheddu nuovo direttore generale della Fiera internazionale della Sardegna (con provvedimento del presidente della Camera di commercio di Cagliari Giancarlo Deidda, del 9 dicembre). Il dott. Uccheddu ha competenze e volontà per fare bene, gestendo la fase di ripensamento e rilancio di una nuova Fiera (tenendo anche conto del riordino del settore a livello italiano), al servizio della città e della Sardegna. I migliori auguri di buon lavoro dalla redazione di Aladinpensiero.
CAGLIARI CITTA’ METROPOLITANA. Intervento di Matteo Lecis Cocco-Ortu, a commento di una recente proposta dei parlamentari sardi del Pd. Per correlazione su Aladinews.
Eventi segnalati dalla LAMPADA di ALADIN
con gli occhiali di Piero…
EL MOZOTE – ESPORTAZIONE DELLA DEMOCRAZIA
Il 10 dicembre 1981 il battaglione Atlacatl. corpo specializzato dell’esercito salvadoregno, al servizio del dittatore Josè Napoleon Duarte, entra nel villaggio di El Mozote, provincia di Morazàn, El Salvador, centro America.
Separano gli uomini dalle donne, i bambini dalle madri.
Sono armati e addestrati dai militari dell’esercito degli Stati Uniti. (segue)
Mestieri. Storie di artigiani, contadini e mercanti.
Mercoledì 11 dicembre Camera di Commercio, via Roma 74, Sassari. Mestieri semplici ma di antica sapienza, sono raccontati in questo libro attraverso le fotografie di Salvatore E. Masala, bianco e nero analogico degli anni ’70-80, e le interviste di Sandro Ruju. La pagina fb (segue)
CITAZIONE DELLA SERA
L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali…
(Costituzione Italiana, art.11)
Aperte le iscrizioni ai corsi del progetto Isidoro nell’ambito del programma Cultivar, formazione per l’Agricoltura. Vai alla pagina dedicata del Centro Servizi della Camera di Commercio, che lo organizza insieme all’Università della Sardegna (Università di Cagliari – Università di Sassari).
Blog isidoroformazione
gli occhiali di Piero su Nobel e premi Nobel. Uno per tutti: Grazia Deledda
PREMIO NOBEL
Il 10 dicembre, anniversario della morte di Alfred Nobel (1896) è il giorno in cui si tengono le cerimonie di consegna dei Premi Nobel, a Stoccolma (per Letteratura, Chimica, Medicina, Fisica) e a Oslo (quello per la Pace).
Il premio per l’Economia è dato non dal fondo Nobel, ma dalla Banca di Svezia in memoria di Nobel.
Ricordiamo che 10 dicembre 1927 il Nobel per la Letteratura andò a Grazia Deledda. Ma, limitandoci al Nobel per la Pace, sarebbe divertente verificare (ed eventualmente revocare) se davvero ogni volta siano state rispettate le condizioni dettate da Nobel nel suo testamento:
“… alla persona che più si sia prodigata o abbia realizzato il miglior lavoro ai fini della fraternità tra le nazioni, per l’abolizione o la riduzione di eserciti permanenti e per la formazione e l’incremento di congressi per la pace.”
Ricordo soltanto alcuni nomi: (segue)
CITAZIONE DELLA SERA
Qualunque ora lieta gli dei ti abbiano concesso
coglila con mano grata e non differire le gioie
anno dopo anno.
(Orazio)
con gli occhiali di Piero…
CAMILLO BELLIENI
Camillo Bellieni muore a Napoli il 9 dicembre 1975, lo stesso anno in cui muore a Roma Emilio Lussu, il 5 marzo. Scompaiono con loro i due grandi della nuova speranza dei sardi, fondatori del Movimento degli ex-combattenti in Sardegna e subito dopo del Partito sardo d’azione (1921).
Bellieni, nato a Sassari il 31 gennaio 1893, due lauree, giurisprudenza e filosofia, due medaglie al valor militare nella Grande Guerra, fu l’ideologo e primo Direttore del partito. Antifascista, sospeso da docente universitario, vagò insegnante precario per le città d’Italia.
Dopo la caduta del fascismo rimase sardista, mentre Lussu si faceva socialista, differenze tra i due che, a ben guardare, anche se maturano attraverso la dura esperienza della resistenza nel ventennio fascista, datano fin dalle origini: una maggiore propensione di Bellieni all’idea indipendentista (che ispirerà in tempi più vicini i Mossa e i Caria), una maggiore tendenza di Lussu al federalismo e all’europeismo.
Una sintesi tra le due posizioni mancò nel momento in cui Lussu registrò la propensione borghese del gruppo dirigente sardista e se ne separò (1948): una ferita che si riapre continuamente nella storia successiva del sardismo, sia sulla sponda indipendentista, sia su quella socialista.
La scomparsa del partito socialista nella palude craxiana e la collocazione a destra del partito sardista segna tristemente il tramonto degli ideali che furono incarnati da questi grandi personaggi, ma forse la storia darà ancora qualche possibilità alla sintesi unitaria tra sardismo indipendentista e sardismo di classe.
Camillo Bellieni, le sue spoglie avvolte nella bandiera dei Quattro Mori, è sepolto nel cimitero di Sassari.
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CITAZIONE DELLA SERA
Qualunque ora lieta gli dei ti abbiano concesso
coglila con mano grata e non differire le gioie
anno dopo anno.
(Orazio)
“Nega semper: la negazione come fantasma dei Sardi”
Lunedì 9 dicembre 2013, a partire dalle ore 17,00 e fino alle ore 20,00, presso la sede della Fondazione Sardinia, in piazza San Sepolcro 5, conferenza sul tema di BACHISIO BANDINU.
Nella parlata sarda ricorre un imperativo categorico: nega semper! Non si tratta di negare qualcosa che non si condivide, qualcosa che mi ponga in contrasto con un altro, non è semplicemente in riferimento ad un fatto. (segue)
con gli occhiali di Piero…
CITAZIONE DELLA SERA Amo la poesia perchè mi fa amare / e mi dona la vita./E di tutti i fuochi che muoiono in me /ce n’è uno che brucia come il sole. (Gregory Corso)
IMMACOLATA CONCEZIONE
Oggi si celebra la Madre di Gesù di Nazareth.
Per i credenti essa fu concepita Immacolata, cioè senza la macchia del peccato originale. E’ il dogma dell’Immacolata Concezione, proclamato da Pio IX in questo giorno del 1853, da non confondere col dogma della verginità della Madonna (Concilio di Costantinopoli, anno 553).
“Que soy era Immaculada Councepciou”, disse a Bernadette Soubirous l’apparizione della bianca signora di Lourdes, così che Bernadette, che parlava e capiva soltanto il guascone, cominciò a essere creduta poichè nel 1858 non era certo al corrente del dogma proclamato qualche anno prima.
FESTA NAZIONALE CORSA
Oggi in Corsica è Festa Nazionale, sotto la protezione dell’Immacolata.
La “Festa di a Nazione”, che data dal 1735, è ancora oggi molto sentita: si festeggia in particolare a Morosaglia, dove nacque Pasquale Paoli; a Borgo, luogo della battaglia dove i corsi batterono i francesi invasori nel 1768; a Ponte Nuovo, luogo della battaglia contro le truppe francesi di Luigi XV, che vide la sconfitta della Repubblica (1769); a Corte, capitale della Repubblica Corsa, sede del governo, della zecca e dell’Università al tempo di Pasquale Paoli. Tanti auguri, amici corsi dell’isola sorella.
GIOVANNI BATTISTA TUVERI
Muore l’8 dicembre 1887 a Collinas, dov’era nato, Giovanni Battista Tuveri.
Ne abbiamo parlato il 4 agosto, anniversario della nascita, e il 29 novembre per la sua opposizione alla “fusione perfetta” (vedi Aladin Pensiero).
JOHN LENNON. L’8 dicembre 1980 un giovane malato di mente spara 5 colpi di pistola contro John Lennon, davanti all’ingresso di casa a New York. Quattro colpi vanno a segno, Lennon arriva già morto all’ospedale. Il mondo stupì: uccidere un cantante, proprio senza senso… eppure Robert Altman, profeticamente, cinque anni prima nel film Nashville aveva messo in scena l’uccisione di una cantante, idolo delle folle: la eccessiva esposizione sul palco del mondo di questi nuovi idoli li proponeva come bersagli all’attenzione di deboli menti.All’evento demenziale segue un altrettanto demenziale risposta: nel film lo spettacolo deve continuare e il pubblico, dopo qualche minuto di choc, canta in coro “It dont worry me” (Non me ne importa); nella realtà il pubblico corre ad acquistare i dischi del defunto artista che, da morto meglio che da vivo, raggiunge e mantiene la vetta delle classifiche.
RAPPORTI ISRAELE-PALESTINA. L’INTIFADA. 8 dicembre 1987, (segue)
L’urlo dei Sardi contro la disperazione
di Vanni Tola
L’etica e gli avvoltoi, la tragedia e la cinica burocrazia, il comportamento di Equitalia che richiede i contributi agli alluvionati come se niente fosse accaduto, un amministrato e un uomo politico che “cala” sui territori colpiti per portare parole, tante parole. Tutte ciò è tenuto insieme e legato a un nome, Pasqualino Contu di Orosei. Il Signor Pasqualino Contu era un imprenditore che gestiva una azienda produttrice di manufatti in cemento armato. L’alluvione del 18 novembre ha modificato tragicamente il suo destino di uomo e di imprenditore. La sua azienda era stata sommersa da un metro e mezzo di fango, con danni per un milione e mezzo di euro. E non era neppure la prima volta che accadeva. In passato altre due alluvioni avevano messo in ginocchio lo stabilimento, ma il Signor Pasqualino Contu, imprenditore, era riuscito a rialzarsi e ripartire. Questa volta, la terza, il colpo è stato troppo duro. La grande forza di volontà, la tenacia e l’intraprendenza di questa persona perbene sono state sopraffate dalla disperazione. L’imprenditore si è tolto la vita, nel giardino della sua casa a Orosei. Lascia la moglie e tre figlie di ventisette, ventiquattro e otto anni. (segue)