Monthly Archives: marzo 2019
Che succede?
BASILICATA, QUEI VOTI CHE IL PD NON RECUPERA
26 Marzo 2019 by Forcesi | su C3dem.
Istituto Cattaneo, “Basilicata. Chi ha vinto, chi ha perso”. Cise-Luiss, “La vittoria del centrodestra grazie ai voti 2018 del M5S”. Mauro Calise, “Il doppio fronte del Carroccio senza veri rivali” (Mattino). Roberto D’Alimonte, “Torna il centrodestra, Salvini al bivio” (Sole 24 ore). Luigi Di Maio, “Serve un chiarimento tra alleati” (intervista al Corriere). IL PD E LA BASILICATA: Stefano Folli, “Quei voti che il Pd non recupera” (Repubblica). Federico Geremicca, “Nel Pd la gara è a chi ha perso di più” (La Stampa). Emanuele Macaluso, “La svolta a destra e il Pd dei notabili” (Il dubbio). David Allegranti, “Così il Pd ha costruito la sconfitta” (Foglio). Piero Bevilacqua, “Il Pd ha perduto i riferimenti sociali” (Manifesto). ANCORA SUL PD: Il Fatto, “Prodiani verso la lista con Bonino, Tabacci e la novità Pizzarotti”. Franco Monaco, “La Renzi-Boschi può rovinare pure Zingaretti” (Il Fatto). Paolo Mieli, “Sinistra senza idee forti” (Corriere). Luca Ricolfi, “La sinistra al bivio tra nostalgia e neoriformismo” (Messaggero). Nadia Urbinati, “Pd, è Salvini il vero nemico” (Repubblica). Maurizio Martina, “Il Pd è in campo, ora un governo ombra guidato da Zingaretti” (intervista al Corriere). Giacomo Papi, “Elogio della post sinistra” (Foglio).
Oggi mercoledì 27 marzo 2019
Avvenimenti&Dibattiti&Commenti&Appuntamenti—————
Le “buone pratiche esistenziali” di Latouche e la sostenibilità ambientale
27 Marzo 2019
Gianfranco Sabattini su Democraziaoggi.
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La mobilitazione degli studenti per protestare contro l’inerzia delle classi dirigenti sul degrado ambientale causato dalle modalità di funzionamento dei sistemi industriali moderni è stata l’occasione per rilanciare la “teoria della decrescita” che Serge Latouche, professore emerito di Scienze economiche all’Università di Parigi XI e all’Institut d’études du developpement économique et social di Parigi, […]
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Si parlerà di telelavoro e lavoro agile nell’iniziativa organizzata dalla Fp di Cagliari giovedì 28 marzo, dalle 16 alle 19 nel salone della Camera del Lavoro Cgil in viale Monastir 17: punto di partenza del dibattito l’esperienza positiva già avviata grazie a un accordo tra sindacato e amministrazione comunale di Cagliari che sarà illustrata, per la Fp da Eugenio Meloni, per il Comune da Luisella Mereu, dirigente del Servizio sviluppo organizzativo e risorse umane, e Riccardo Castrignano, dirigente del Servizio innovazione tecnologia e sistemi informatici.
Fatti e misfatti: la pessima legge elettorale sarda. Errare humanum est (2013), perseverare autem diabolicum (2019)
Oggi martedì 26 marzo 2019 sulla prima pagina de L’Unione Sarda.
Errare humanum est (2013), perseverare autem diabolicum (2019)
[CAGLIARI 25 giugno 2013]. A meno di otto mesi dalla fine della legislatura, il Consiglio regionale della Sardegna ha approvato una riforma della legge elettorale statutaria a larga maggioranza con 61 voti a favore, 7 contrari 6 astenuti.
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Rispondono sì i consiglieri: Salvatore Amadu – Arbau – Artizzu – Bardanzellu – Ben Amara – Andrea Biancareddu – Mario Bruno – Antonio Cappai – Cocco Pietro – Contu Felice – Contu Mariano – Corda – Cozzolino – Cuccu – Cuccureddu – Simona De Francisci – Diana Giampaolo – Diana Mario – Marco Espa – Floris Mario – Floris Rosanna – Floris Vincenzo – Domenico Gallus – Greco – Lai – Locci – Lotto – Lunesu – Manca – Mariani – Meloni Valerio – Sergio Milia – Moriconi – Mula – Mulas – Murgioni – Sergio Obinu – Giorgio Oppi – Peru – Petrini – Piras – Antonio Pitea – Pittalis – Efisio Planetta – Porcu – Randazzo – Rassu – Teodoro Rodin – Francesco Sabatini – Salis – Sanjust – Sanna Giacomo – Sanna Gian Valerio – Sanna Matteo – Solinas Antonio – Renato Soru – Giulio Steri – Angelo Stochino – Tocco – Tupponi – Massimo Zedda.
Rispondono no i consiglieri: Cocco Daniele – Cugusi – Paolo Luigi Dessì – Paolo Maninchedda – Carlo Sechi – Angelo Stocchino – Claudia Zuncheddu.
Si sono astenuti: la Presidente Claudia Lombardo – Michele Cossa – Attilio Dedoni – Meloni Francesco – Pisano – Solinas Christian.
Risultato della votazione
PRESIDENTE. Proclamo il risultato della votazione:
presenti 74
votanti 68
astenuti 6
maggioranza 41
favorevoli 61
contrari 7
(Il Consiglio approva).
Assenti
- Tarciso Agus
- Francesca Barracciu
- Ugo Capellacci
- Roberto Capelli
- Luciano Uras
- Marco Meloni
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Fonte: http://consiglio.regione.sardegna.it/resoconti/resoconto.asp?print=1&idverbale=140415
Tutto è scritto agli atti. Chi vuole saperne di più vada avanti.
Che succede?
AGONIA BREXIT E VIA DELLA SETA
25 Marzo 2019 by Forcesi | su C3dem.
BREXIT – Romano Prodi, “Così a Londra si consuma il naufragio di un paese” (Messaggero). Nicolas Bavarez, “Cosa insegna la Brexit ai demagoghi” (Repubblica). Jan Zielonka, “Brexit, la farsa che svilisce la democrazia in tutta Europa” (Il Fatto). L’appello di Timothy Garton Ash: “L’Europa di Londra” (Repubblica). CINA – Antonio Spadaro sj, “La Via della Seta non può esistere senza la fiducia fra la Cina e il Vaticano” (La Stampa). Diverso il parere di Ernesto Galli Della Loggia, “Sconti morali” (Corriere). Andrea Bonanni, “Conta Merkel non Di Maio” (Repubblica). Stefano Cingolani, “Le stelle cinesi d’Europa” (Foglio). Marta Dassù, “Serve una golden share europea per trattare con Pechino” (La Stampa). Maurizio Molinari, “Mattarella, il custode delle nostre alleanze” (La Stampa).
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Oggi martedì 26 marzo 2019
Avvenimenti&Dibattiti&Commenti&Appuntamenti—————
C’era una volta la sinistra
26 Marzo 2019
Carlo Dore jr. su Democraziaoggi.
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Che succede?
PROPOSTA PINOTTI. TRAVAGLIO GRILLINO. DOPO GRETA. FAMIGLIA
25 Marzo 2019 by Forcesi | su C3dem.
Roberta Pinotti, “Il servizio civile come leva obbligatoria” (lettera al Corriere). Marcello Sorgi, “L’ombra del declino su Di Maio” (La Stampa). Alesandro Campi, “Il ritorno all’opposizione, una strada obbligata per i grillini” (Messaggero). Carlo Sibilia (M5S), “Niente unisce il M5S alle sceneggiate di questa sinistra” (intervista a La Verità). Attilio Fontana, presidente Lombardia, “Dobbiamo difendere la borghesia” (La Verità). GRETA Marco Leonardi (Pd), “Oltre Greta, misure per lo sviluppo sostenibile” (libertà eguale.it). FAMIGLIA: In attesa del cosiddetto Congresso mondiale della famiglia a Verona, un’intervista del suo responsabile Brian S. Brown. “Orban difende il matrimonio. Non è autoritario” (La Verità). Un sondaggio di Nando Pagnoncelli, “Famiglia è anche la coppia gay. Favorevole il 44% degli italiani, contrario il 47%” (Corriere). L’ultima idea della Lega: Emiliano Pucci, “Lega, mossa anti-aborto: adottabile il concepito” (Messaggero). L’opinione di Mauro Magatti: “La sfida della famiglia è il futuro non il passato” (Corriere).
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Oggi lunedì 25 marzo 2019
Avvenimenti&Dibattiti&Commenti&Appuntamenti—————
PD. Queste sì che son soddisfazioni! Regione (ora anche la Basilicata) e (probabilmente) Cagliari al centrodestra. L’importante che non vincano i musi gialli!
25 Marzo 2019
Amsicora su Democraziaoggi.
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Oggi a Cagliari in Seminario alle ore 18
Aldo Moro: Sechi, “conoscerlo per capire la storia e la crisi del nostro Paese”
Sostiene Greta
Un movimento planetario
di Pietro Greco, su Rocca.
Hanno iniziato a insultarla sui social. E purtroppo, almeno in Italia, anche su certa carta stampata. Segno che ha colpito nel segno. In Svezia l’hanno eletta invece «donna dell’anno». L’elezione, dicono le note di agenzia, è avvenuta tramite un sondaggio realizzato dall’isti- tuto Inizio per conto del quotidiano Aftonbladet. La vincitrice ha battuto a mani basse la leader dei cristiano-democratici, Ebba Busch Thor.
Lei è, naturalmente, Greta Thunberg: 16 anni appena compiuti lo scorso 3 gennaio. La ragazza forse più nota al mondo, almeno in ambito ecologico e politico. Perché è alla testa di un movimento sempre più esteso di ragazzi che ogni venerdì scende in piazza per chiedere al mondo degli adulti di restituire loro il futuro. Di contrastare, finalmente in maniera convinta e determinata, i cambiamenti del clima accelerati dall’uomo. Considerati da molti osservatori autorevoli la più grave minaccia che incombe sull’umanità in questo XXI secolo.
Il 15 marzo scorso Greta è stata, di fatto, consacrata leader di un movimento che ha (e si è) manifestato in 1700 città di 100 paesi diversi. Un movimento planetario. Ma lei è già leader di lungo corso. A dicembre, per esempio, aveva ammaliato tutti con il suo discorso a Cop24, la Conferenza sul clima organizzata dalle Nazioni Unite a Katowice, in Polonia. Tutto opera di questa «donna dell’anno» che è poco più di una ragazzina. Senza soldi e senza potere alcuno, ma con idee chiare e una volontà di ferro.
Ma, per quanto grandissima sia Greta, è chiaro che il suo grido, che non è di dolore bensì di mobilitazione, sta avendo successo perché ha toccato un nervo scoperto del mondo. Ha dato alla sua generazione un motivo valido e unificante per scendere in piazza: riappropriarsi del proprio futuro. Un futuro messo a rischio dal paradosso da cui non riesce a uscire il mondo degli adulti: avere una coscienza enorme del rischio che corre l’umanità a causa dei cambiamenti del clima e non riuscire a fare nulla (o, almeno, troppo poco) per evitarlo.
sostiene Greta
C’è un romanzo di Antonio Tabucchi ambientato nel 1938 in cui una persona normale e un po’ timorosa, il dottor Pereira, acquista consapevolezza della gravità della condizione in cui vive il Portogallo (il fascismo con la perdita della libertà) e all’improvviso decide di scendere in campo per opporsi con tutte le sue forze. Il romanzo si intitola Sostiene Pereira.
Greta è una ragazzina di quindici anni che all’improvviso, nel 2018, ottant’anni dopo il dottor Pereira, ha acquistato consapevolezza della gravità della condizione in cui vive il mondo intero (il cambiamento del clima accelerato dall’uomo) e all’improvviso decide di protestare davanti alla sua scuola per gridare con tutte le sue forze che è ora di fare qualcosa.
Il suo grido è stato forte abbastanza. In pochi mesi è diventata la leader di un movimento planetario. Conviene ascoltarla. Sostiene Greta che la temperatura media del pianeta è aumentata di circa 1 °C rispetto all’epoca preindustriale. E che le previsioni annunciano che aumenterà ancora, entro la fine di questo secolo, con conseguenze fisiche e sociali indesiderabili. Sostiene Greta che gli esperti dell’Ipcc, il panel di scienziati organizzato dalle Nazioni Unite, in un rapporto pubblicato nei mesi scorsi, hanno scritto nero su bianco che, allo stato delle conoscenze attuali, sarebbe bene che l’aumento della temperatura non superasse gli 1,5 °C a fine secolo. E comunque non andasse oltre i 2 °C, altrimenti il rischio è che il sistema climatico subisca un riassestamento con conseguenze drammatiche e irreversibili (nei tempi umani, si intende). Le conseguenze sono fisiche (aumento della temperatura, del livello dei mari, dello scioglimento dei ghiacci), ma anche sociali (centinaia di milioni di migranti climatici) ed economici (crollo di molte economie).
Sostiene Greta che sostiene l’Ipcc che possiamo ancora farcela, a rientrare nei limiti di 1,5 °C, ma dobbiamo agire rapidamente e drasticamente. Dimezzando le emissioni di gas serra entro il 2030 e azzerandole entro il 2050. A questo scenario i paesi che hanno sottoscritto la Convenzione delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici oppongono gli accordi raggiunti nel 2015 a Parigi, in occasione di Cop 21. Accordi che prevedono impegni su base volontaria che, se anche fossero realizzati integralmente, porterebbero a un aumento della tempera- tura media di 3 °C rispetto all’epoca preindustriale. Ben oltre la soglia di rischio acuto indicata dall’Ipcc.
Sostiene Greta che noi adulti abbiamo ormai un’enorme coscienza del rischio, ma che non stiamo facendo abbastanza per evitarlo. Che stiamo «rubando il futuro» alle nuove generazioni.
Sostiene Greta che i giovani di tutto il mondo hanno una gran voglia e una grande capacità di tentare di costruire un futuro climaticamente sostenibile. Ma che questa gran voglia e questa grande capacità sono inutili, perché potranno manifestarsi trop- po tardi.
Sostiene Greta che sostiene l’Ipcc che c’è pochissimo tempo. Non più di una decina di anni, appunto. Il 2030 arriverà troppo presto perché i giovani possano sostituire gli attuali adulti e prendere nelle loro mani il futuro del clima.
Sostiene Greta che siamo noi adulti a doverci svegliare. A cambiare il paradigma energetico. A consegnare nelle loro mani il pianeta e il suo clima così come noi (attuali adulti) lo abbiamo ricevuto dalle passate generazioni. Non abbiamo alibi. Sappiamo, ma non agiamo di conseguenza.
una coscienza enorme e viva
Sosteniamo noi, se ci è concesso, che in questo scenario di coscienza enorme (di tutti) e di incapacità ad agire di conseguenza (degli adulti che hanno la responsabilità del governo del pianeta), la ragazza svedese e i tanti giovani che si stanno mobilitando in tutto il mondo rappresentano un’inaspettata e straordinaria speranza. Forse l’ultima che abbiamo, come sostiene Greta e come sostengono i suoi coetanei. Questa speranza è la nascita (o la rinascita) di una superpotenza planetaria: un’opinione pubblica mondiale che si è manifestata in 1700 città di 100 diversi paesi in grado di imporre (il verbo è forte, ma non ne abbiamo tro- vato un altro adeguato) ai recalcitranti governi di seguire il percorso indicato dagli scienziati dell’Ipcc.
La declinazione del verbo imporre è chiara, anche alla luce di quanto è accaduto il 15 marzo scorso. Significa mobilitazione in maniera assolutamente pacifica. Ma, anche, in maniera assolutamente determinata. La stessa determinazione che Greta ha manifestato a Katowice: «Non siamo venuti qui – ha sostenuto Greta davanti ai rappresentanti dei circa duecento governi che l’ascoltavano – per pregare i leader a occu- parsene. Tanto ci avete ignorato in passato e continuerete a ignorarci. Voi non avete più scuse e noi abbiamo poco tempo. Noi siamo qui per farvi sapere che il cambiamento sta arrivando, che vi piaccia o no». Questo sostiene Greta. E questa è la speranza che lei e tantissimi come lei hanno acceso: un movimento planetario di giovani (e meno giovani) lucidi e determinati come la ragazzina svedese. Questa speranza è l’ultima che abbiamo. Il 15 marzo ha rappresento, dunque, il momento in cui la nostra «coscienza enorme» è uscita dal paradosso della «enorme inanità» e ha iniziato ad agire di conseguenza.
Sostiene Greta che loro non si arrenderanno. Che loro andranno fino in fondo. Le crediamo. Crediamo nel movimento dei giovani. D’altra parte, quale altra alternativa abbiamo?
C’era una volta il miglior sistema sanitario del mondo.
SISTEMA SANITARIO ITALIANO
regionalismo ed effetti dirompenti
di Roberta Carlini, su Rocca.
Nel 1948, quando la Gran Bretagna introdusse il sistema sanitario nazionale – National Health Service – Aneurin Bevan, il ministro della salute, fece stampare un volantino per spiegare alla gente cos’era. C’erano scritte sopra, all’inizio, poche parole molto semplici. Vi si leggeva che chiunque – «ricco o povero, uomo, donna o bambino» – avrebbe potuto usarlo. Che non si trattava di beneficienza. Che tutti, attraverso le tasse, avrebbero contribuito a pagarlo. E poi c’era scritto: «ti solleverà dalle preoccupazioni economiche quando sei malato». Una frase molto semplice: nessuno deve preoccuparsi dei soldi quando già deve preoccuparsi della sua malattia.
La carica fortissima di questo principio è stata sottolineata da Stefano Vella, scienziato e dirigente dell’Istituto Superiore di Sanità, nel corso della discussione di un libro di recente pubblicato per Laterza da Giuseppe Remuzzi, intitolato «La salute (non) è in vendita». Un utilissimo riepilogo dei punti di forza e dei problemi del Sistema sanitario nazionale italiano, che ha appena celebrato i 40 anni dalla sua istituzione. Sono giorni in cui di salute e sanità si discute molto, anche in relazione all’impatto che sul sistema italiano potrà avere l’avvio del cosiddetto «regionalismo differenziato», ossia la richiesta di autonomia da parte del Veneto, Lombardia, Emilia Romagna. La sanità è uno dei principali terreni dello scontro. Per capire se e quanto dobbiamo preoccuparci, è utile tornare indietro agli anni nei quali i sistemi sanitari pubblici furono inventati e messi in pratica.
uguale per tutti
Aneurin Bevan non era un medico. E neanche un politico di mestiere: gallese, figlio di minatori, era stato egli stesso minatore e attivista sindacale, prima di entrare in parlamento con il partito laburista. La sua riforma, come ben mostrano le frasi citate prima, si basava sui principi fondamentali dell’uguaglianza e dell’universalismo. In Italia, gli stessi principi venivano affermati negli stessi anni dalla Costituzione, ma in materia di sanità avrebbero dovuto attendere trent’anni per essere messi in pratica, con la legge 833 del 1978 che ha istituito il Sistema sanitario nazionale. Prima di allora, c’erano le mutue pubbliche e private, che però lasciavano fuori moltissime persone. La legge del ’78 – una delle più importanti nel cosiddetto «decennio riformatore», che ci portò anche le riforme del fisco e del diritto di famiglia, lo Statuto dei lavoratori e il superamento dei manicomi, la legge sul referendum e il voto ai diciottenni, per citare solo le principali – si basava su tre pilastri fondamentali: universalità, solidarietà, uniformità. Ossia: tutti hanno pari diritto ad accedere alle cure; tutti contribuiscono alla spesa, in ragione del loro reddito, attraverso le tasse; le prestazioni sono uguali su tutto il territorio.
Oggi, con le denunce quotidiane sul malfunzionamento della nostra sanità, quelle parole possono sembrarci princìpi vuoti. Eppure, uno sguardo più lungo e più ampio ci porta a dire il contrario. Se pensiamo alla situazione precedente la sua istituzione, il Ssn senza dubbio ha funzionato nel ridurre le disuguaglianze di salute tra gli italiani. Non solo: gli studi scientifici – dal punto di vista sia medico che economico – confermano la bontà di quella impostazione. Due anni fa una estesa indagine della rivista Lancet ha collocato l’Italia tra i Paesi con migliore qualità della sanità, al dodicesimo posto su 195, prendendo in considerazione i tassi di mortalità per trentadue malattie. E dal punto di vista economico il nostro è tra i sistemi meno costosi, mentre – com’è noto – quello degli Stati Uniti, basato sui principi opposti (libero mercato e diseguaglianza di accesso alle cure), è il più costoso al mondo.
Non possiamo dire che quella frase di Bevan sia realizzata – ossia che, al momento in cui ci ammaliamo, possiamo pensare solo al problema della nostra malattia e non preoccuparci dei soldi; eppure, non viviamo la barbarie di altri Paesi nei quali la prima cosa da esibire al momento del bisogno di sanità è la propria carta di credito e anche i piani di cura sono stabiliti e dettagliati in base alla capacità individuale di pagare.
Detto questo, non possiamo però essere soddisfatti. Proprio in occasione delle celebrazioni di quarant’anni del Ssn, molti dati sono stati prodotti per mostrare che, purtroppo, non tutti sono uguali di fronte alla malattia. Alcuni di questi sono riepilogati proprio nel libro di Giuseppe Remuzzi, che è attualmente il direttore del- l’Istituto di Ricerche Farmacologiche del Mario Negri, professore di Nefrologia e strenuo difensore della sanità pubblica. La diseguaglianza più importante è quella che corre tra Nord e Sud: è in cattiva salute il 58,2% della popolazione anziana del Sud, contro il 49,9% del Nord. Nel Sud rinuncia alle cure il 13,2% degli abitanti, contro il 6,2% del Nord. Ma le diseguaglianze corrono anche nella stessa regione o persino nella stessa città. Il professor Giuseppe Costa, epidemiologo, ha fatto uno studio interessante sulla città di Torino, calcolando quanti mesi o anni di vita si perdono semplicemente passando da una fermata del tram all’altra. «Chi sale sul tram che attraversa la città dalla collina alto-borghese all’estremo est per andare nella barriera operaia di Vallette all’estremo nordovest vede salire dei passeggeri che perdono mezzo anno di speranza di vita ogni chilometro che percorre: più di quattro anni di aspettativa di vita separano i benestanti della collina dagli abitanti degli isolati più poveri del quartiere Vallette», ha scritto in un articolo per Scienza in rete. Un’altra grossa linea di demarcazione è il titolo di studio: come documenta l’Istat, un laureato ha un’aspettativa di vita di 5,2 anni superiore a chi ha solo la licenza elementare.
Ci sono differenze dovute al background sociale e familiare, agli stili di vita: chi ha più soldi e informazioni mangia meglio, fuma di meno, fa attività fisica, si occupa della prevenzione. Ma – scrive Remuzzi – anche a parità di malattia in alcune zone si viene curati meglio e si vive di più. Le variabili sono tante, ma molti studi mostrano in modo chiaro che c’è una correlazione sempre presente, ed è quella con il reddito. Più il reddito è alto, meno si muore. Può sembrare ovvio, ma è esattamente la ovvietà contro la quale i princìpi dei sistemi sanitari pubblici sono stati costruiti.
c’è regione e regione
Alle differenze nell’efficacia della sanità, si aggiungono poi le differenze nei costi. Qui l’aneddotica è infinita: la siringa per l’insulina che costa 4 centesimi negli ospedali del Nord e fino a 24 centesimi al Sud; il costo dei pasti in corsia, che varia dai 12 euro al giorno in Toscana ai quasi 14 in Puglia); e l’energia elettrica, le pulizie. Gli sprechi, concentrati soprattutto al Sud – ma presenti anche altrove – sono spesso messi sotto accusa e danno argomenti a quanti vogliono andare a un sistema in cui le regioni «virtuose» non siano costrette a finanziare quelle spendaccione; e/o che dia maggior spazio alla concorrenza dei privati, portatori di maggiore efficienza perché costretti a tenere i conti in ordine.
Così, due ingiustizie evidenti – la diseguaglianza in sanità tra territori diversi dello stesso Stato, che dà luogo a una continua migrazione per la salute in cerca delle cure migliori; e lo spreco di denaro pubblico – finiscono per causare altre ingiustizie: in particolare, quelle che si annidano dietro la nuova ventata di regionalismo, all’autonomia speciale chiesta da Veneto e Lombardia e (in misura più mite) dall’Emilia Romagna.
Queste riforme accentuerebbero la regionalizzazione, che è già da tempo una realtà, dei sistemi sanitari. In particolare, all’autonomia di gestione e organizzazione si aggiungerebbe, nelle proposte di Veneto e Lombardia, un’altra novità decisiva: quella sulla distribuzione delle risorse. Già dall’inizio degli anni ’90 la distribuzione dei fondi tra le regioni non è più parametrata alle spese fatte, ma ai cosiddetti «fabbisogni standard», calcolati in base alla popolazione e alla sua struttura. Una novità che ha portato ai commissariamenti delle regioni in disavanzo, ai piani di rientro, e – visto nella media – alla riduzione progressiva della spesa sanitaria in proporzione al Pil. Ora, le regioni che chiedono l’autonomia vogliono tenersi in casa la gran parte delle risorse prodotte. Considerando che si tratta delle tre regioni più produttive del Paese – da sole generano il 40% del Pil – non stupisce che il loro movimento sia stato definito, dall’economista Gianfranco Viesti, «la secessione dei ricchi». Per la sanità, il nuovo meccanismo di riparto delle risorse prevederebbe una contrattazione annuale, in una Commissione paritetica, che dovrebbe tener conto non solo della popolazione e dell’età, ma anche del gettito fiscale di quella regione. Il principio vale per tutte le materie delle quali queste regioni chiedono il trasferimento (tra le quali, importantissima, l’istruzione); per la sanità potrebbe avere effetti dirompenti. Secondo l’ordine dei medici italiani, aumenteranno la diseguaglianza nelle prestazioni e negli accessi alle cure. La Fondazione Gimbe, che sul tema del regionalismo differenziato in sanità ha fatto una consultazione pubblica, ha suonato forte l’allarme, vedendo due rischi: l’indebolimento delle capacità di verifica e controllo da parte dello Stato, e l’aumento delle iniquità. Sarebbe «la disgregazione definitiva del Sistema sanitario nazionale».
Roberta Carlini
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Roberta Carlini
[Su Rocca] Europa
Roberta Carlini al Centro Robert Schuman
Roberta Carlini (nella foto), nostra collaboratrice, giornalista e scrittrice, ricopre un nuovo incarico presso l’Istituto Universitario Europeo di Firenze, promotore di ricerche trasversali e comparative che concernono la società europea e i relativi processi di integrazione. Da metà marzo collabora come academic assistant con lo Schuman Centre, nel delicato ambito del pluralismo dei media e della libertà di informazione.
Un curriculum il suo, di tutto rispetto: dal 1988 al 2007 redattrice de «Il Manifesto» di cui è stata vicedirettrice dal ’98 al 2003, collabora con Internazionale e «L’Espresso» con commenti e inchieste sull’attualità economica, sociale e politica; è editorialista dei quotidiani locali del gruppo Gedi e autrice per Radio 3. È stata condirettrice di pagina99. Ha contribuito a fondare e coordinato il primo sito di informazione economica dal punto di vista di genere, www.inGenere.it. Ha pubblicato, tra l’altro, «L’economia del noi» (Laterza).
A lei gli auguri della Redazione e dei lettori di Rocca a cui continuerà a dedicare la sua collaborazione.
Si associano la Redazione e i lettori di Aladinews. E gli Amici Sardi della Cittadella di Assisi.
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Al via la “Scuola di formazione politica Francesco Cocco”
“Scuola di formazione politica Francesco Cocco” promossa da CoStat in collaborazione con la Confederazione Sindacale Sarda e con l’Anpi.
Sul progetto di “Scuola di formazione politica Francesco Cocco” promosso dal CoStat si è sviluppato un articolato dibattito, che ha fornito sufficienti indicazioni per consentirne in tempi rapidi l’avvio. Pertanto il CoStat ha deciso di procedere con gli adempimenti per la formalizzazione della Scuola, approvando lo Statuto e insediando gli organi di gestione per il primo triennio. Lo Statuto è stato registrato come prevede la normativa in materia di “associazioni non riconosciute” previa attribuzione del Codice fiscale da parte dell’Agenzia delle Entrate. Si è poi provveduto all’apertura di un conto corrente bancario. Per quanto riguarda la sede della Scuola, è stato individuato un immobile a Cagliari, nella via Marche, n. 9, in accordo con la Confederazione Sindacale Sarda e con l’Anpi, che lo gestiranno contemperando le esigenze delle tre organizzazioni, con una adeguata ripartizione degli spazi. Le tre Organizzazioni sosterranno i costi di acquisto e di ristrutturazione dei locali. Al riguardo è necessario uno sforzo aggiuntivo rispetto a quanto già fatto, con una raccolta straordinaria di fondi. Il dettaglio delle informazioni è riportato di seguito.
Che succede?
LA BULIMIA DELLE REGIONI
23 Marzo 2019 by Forcesi | su C3dem.
Un puntuale articolo dell’ex ministro per la Coesione territoriale e il Mezzogiorno, Claudio de Vincenti: “La bulimia delle regioni nell’iter delle autonomie differenziate” (Sole 24 ore). LA CRONACA: “Autonomia: il vertice segreto tra Casellati e Fico” (Messaggero); Dino Martirano, “Autonomia al palo in Parlamento” (Corriere). ALTRI COMMENTI RECENTI: Ugo De Siervo, “Se troppa autonomia rischia di frantumare il regionalismo” (La Stampa); Enrico De Mita, “Tutte le ambiguità del federalismo differenziato” (Sole 24 ore); Guido Fabiani, “Autonomia regionale differenziata: un rischio per l’Italia” (Money); Gianfranco Viesti, “Le risposte alle bugie targate Nord” (Messaggero). Luca Zaia, però, intervistato dal Corriere, dice: “E’ prevista sulla Carta. Fuori dalla storia chi si mette contro”. “Appello dei costituzionalisti: sull’autonomia votino le Camere” (Repubblica).Vittorio Emiliani, “’Secessione’. Un disastro per l’ambiente” (Il Fatto). Fabio Pammolli, “Le riforme smarrite: il federalismo” (Corriere); Francesco Verbaro, “I divari tra le regioni e l’alibi dell’immobilismo” (Sole 24 ore); Gian Paolo Manzella, “Dibattito sull’autonomia. Capitale dimenticata” (Messaggero). E ANCHE I VESCOVI SONO CRITICI: dopo che Franca Giansoldati, sul Messaggero, aveva riferito: “Autonomia, in campo anche i vescovi: no al festival dei particolarismi”, un corsivo dell’Avvenire critica il presidente della Lombardia che aveva replicato duramente al segretario della Cei: “Fontana non legge, ma parla. Ripassi la Costituzione”
Oggi domenica 24 marzo 2019
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[Su Rocca n. 7 2019] Reddito di cittadinanza in Finlandia
Il rigoroso esperimento con cui la Finlandia sta valutando il suo reddito di cittadinanza – che funziona in modo molto diverso dal nostro – sembra smentire i maggiori timori: in particolare, il sussidio non dissuade chi lo percepisce dal cercare un lavoro, e intanto ne migliora la salute e riduce lo stress. Sono le prime osservazioni, ancora preliminari, illustrate da un rapporto del governo finlandese dopo due anni di sperimentazione, in cui 2000 disoccupati scelti a caso in tutto il paese hanno ricevuto ogni mese 560 euro, garantiti per due anni anche a chi nel frattempo ha poi trovato un lavoro. Rispetto a un gruppo di controllo di 5000 disoccupati che non hanno ricevuto il reddito, i beneficiari nei due anni hanno lavorato lo stesso numero di giorni (una cinquantina), con uno stipendio simile, e hanno dichiarato livelli di benessere e stress sensibilmente migliori.
Ora i dati saranno analizzati più in dettaglio, e probabilmente serviranno altri test per capire a fondo quali sono i modelli migliori di reddito universale e quali effetti attendersi. Ma esperimenti rigorosi come questo indicano la via per scelte politiche basate su fatti concreti, e non su illazioni e preconcetti ideologici o di convenienza.
Che succede?
IL PULMAN DI CREMA. L’ARRIVO DI XI JIN PING. I TORMENTI DEL M5S
22 Marzo 2019 by Forcesi | su C3dem.
CREMA: Ezio Mauro, “Dove porta quel pulman” (Repubblica). Maurizio Molinari, “Il debutto di una nuova minaccia” (La Stampa). Marco Tarquinio, “Oltre la gran volgarità” (Avvenire, in risposta ai media della destra). Norma Rangeri, “Apprendisti stregoni del razzismo” (Manifesto). Flavia Perina, “La lezione dei ragazzi di Crema” (La Stampa). Stefano Cappellini, “La tratta dei diritti” (Repubblica). ITALIA-CINA: L’intervista di Sergio Mattarella ai media cinesi: “La collaborazione tra Italia e Cina”. Stefano Stefanini, “L’obbligo di parlare di diritti” (La Stampa). Franco Cardini, “Noi e la Cina: differenze e attrazioni dei due imperi” (Messaggero). Gianni Vernetti, “Pechino prepara la trappola del debito” (La Stampa). 5 STELLE: Franco Monaco, “I tormenti dei 5 stelle” (Settimana news). Danilo Paolini, “L’ultimo tradimento” (Avvenire). Stefano Folli, “La magistratura nella partita tra Pd e 5stelle” (Repubblica). PARTITO DEMOCRATICO: Fabio Martini, “Zingaretti debutta a Bruxelles. L’alternativa è tra noi e la destra” (La Stampa). Luca Lotti, “Rivendico tutto, anche il Giglio magico. Renzi? Si ricandiderà a Palazzo Chigi” (intervista a Repubblica). Gian Giacomo Migone, “Provaci ancora, Zingaretti, a dire qualcosa di sinistra” (Manifesto).
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OGGI sabato 23 marzo 2019
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————–Avvenimenti&Dibattiti&Commenti&Appuntamenti—————
La “Troika”, cane da guardia in difesa delle Banche
23 Marzo 2019
di Gianfranco Sabattini su Democraziaoggi.
Il Prof. Sabattini, dopo lo scritto su Varoufakis, continua nella sua meritoria opera di analisi e di informazione sulla politica europea e il sistema bancario.
Quando non riescono ad equilibrare il proprio bilancio corrente, nel senso che non riescono a bilanciare le entrate con le uscire, gli Stati ricorrono al mercato finanziario interno e/o internazionale […]
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