Monthly Archives: gennaio 2022
Che succede?
UCRAINA. AGENDA DRAGHI 2022. CANTIERE GRANDE CENTRO. RIFORMA ELETTORALE. ETICA E TECNOLOGIA
31 Gennaio 2022 by Giampiero Forcesi | su C3dem.
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Oggi lunedì 31 gennaio 2022
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Il reincarico a Mattarella estrema spiaggia di un sistema in crisi
31 Gennaio 2022
Tonino Dessì su Democraziaoggi.
Sembrerebbe che oltre a Mattarella chi sia uscito più rafforzato dall’esito delle elezioni per il Quirinale sia Draghi, kingmaker di ultima istanza del suo kingmaker.
La formula di governo che Draghi presiede (per meno di un altro anno) è però al capolinea.
Poi si vedrà se i due kingmaker saranno in grado di gestire […]
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Che succede?
L’INDISPENSABILITA’ DI MATTARELLA PER LA CRISI DELLA POLITICA
30 Gennaio 2022 su C3dem.
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Oggi domenica 30 gennaio 2022
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Carbonia 1948. Ai primi di luglio precipita la situazione nel Sulcis. Verso la rottura dell’unità sindacale mentre, esito del medesimo quadro politico, si spacca il Psd’az e Lussu fonda il Partito Sardo d’Azione Socialista
30 Gennaio 2022
Gianna Lai su Democraziaoggi.
Oggi domenica nuovo post settimanale sulla storia di Carbonia, dal 1° settembre 2019.
Ed in effetti, ciò che i dirigenti comunisti denunciano da tempo in miniera, ha immediatamente delle consistenti riprove in città, la Camera del lavoro già impegnata ad organizzare i primi gruppi di minatori sulcitani, pronti a emigrare in Belgio1). L’Unità […]
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Analisi sulla rielezione di Mattarella
29 Gennaio 2022
Amsicora su Democraziaoggi.
Volete il mio commento alla rielezione di Mattarella? Eccolo
Oh che freddo! Oh che gelo!
Vento forte e nubi in cielo!
La pozzanghera è ghiacciata,
la grondaia si è gelata!
Indossiam sciarpe e cappelli,
bei maglioni e gran mantelli,
paraorecchie e poi giacconi
canottiere, calzettoni!
Ma ‘sto freddo non va via:
gela tutto, mamma mia!
Più pungente di una sberla:
sono i giorni della merla!
I giorni […]
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Al Quirinale
Ricevuti al Quirinale i Presidenti Casellati e Fico
“Ringrazio i Presidenti della Camera e del Senato per la loro comunicazione. Desidero ringraziare i parlamentari e i delegati delle Regioni per la fiducia espressa nei miei confronti. I giorni difficili trascorsi per l’elezione alla Presidenza della Repubblica nel corso della grave emergenza che stiamo tuttora attraversando – sul versante sanitario, su quello economico, su quello sociale – richiamano al senso di responsabilità e al rispetto delle decisioni del Parlamento. Queste condizioni impongono di non sottrarsi ai doveri cui si è chiamati – e, naturalmente, devono prevalere su altre considerazioni e su prospettive personali differenti – con l’impegno di interpretare le attese e le speranze dei nostri concittadini”. E’ quanto ha dichiarato il Presidente Mattarella al termine dell’incontro con i Presidenti del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, e della Camera, Roberto Fico, che gli hanno comunicato l’esito della votazione per l’elezione del Presidente della Repubblica.
- Dal sito web ufficiale del Quirinale
Il nuovo Presidente della Repubblica Italiana
- Sergio Mattarella: https://www.quirinale.it/page/biografia .
Oggi sabato 29 gennaio 2022
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Camillo Bellieni 100 anni fa ad oggi c’indicava la via sardista al federalismo
29 Gennaio 2022
Andrea Pubusa su Democraziaoggi.
Nel 1921 nascevano insieme il Partito comunista e il Partito sardo, due partiti rivoluzionari, uniti da una comune idea di trasformazione delle istituzioni, il federalismo. Mentre Gramsci si batteva per uno Stato federale formato da cinque macroaree, Sardegna, Sicilia, Nord, Centro e Sud, Lussu delineava un federalismo fondato sulle regioni. Al secondo Congresso del […]
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Ecco la proposta vincente di Salvini!
29 Gennaio 2022
Amsicora su Democraziaoggi.
Ecco la nuova proposta vincente di Salvini. Leggete e capirete il nome del nuovo presidente voluto dal kingkaker leghista. E non dite che Matteo non è uno statista!
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LA COSTITUZIONE DELLA TERRA HA BISOGNO DI UNA SOCIETÀ GLOBALE
26 GENNAIO 2022 / COSTITUENTE TERRA / IL PROCESSO COSTITUENTE / su Costituente Terra.
“Credo che la sfida sia quella di riuscire a conservare – anzi a “rifondare” – un costituzionalismo che operi localmente, se si vuole dare forza ad un costituzionalismo oltre lo Stato”
di Gaetano Azzariti su il manifesto (ripreso su chiesadeipoverichiesaditutti).
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OGGI venerdì 28 gennaio 2022
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IL PIANO DI RIPRESA E RESILIENZA.
Pnrr, rischio taglio dei fondi (perché l’Italia è cresciuta di più)
di Federico Fubini su Pianeta 2030.
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E l’Italia?
SI RISCHIA LA GUERRA
26 GENNAIO 2022 / EDITORE / DICONO I FATTI / su Costituente Terra.
La provocazione di una estensione della NATO fino alle frontiere della Russia riapre la guerra fredda. Un conflitto armato in Ucraina anche se non vi entrasse la NATO avrebbe conseguenze esiziali per l’Europa.
di Domenico Gallo
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Piercasinando for president!
28 Gennaio 2022
Amsicora su Democraziaoggi.
Gente, l’avrete già capito. Da un po’ ho perso ogni speranza. Tutto ciò che dico e faccio in politica è più una reminiscenza sbiadita del passato che una energia presente, proiettata sul futuro. E allora sul presidente della Repubblica son pronto alla resa. Del resto, abbiamo avuto Napolitano che, anziché dare l’incarico a Bersani,[…]
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DISEGUAGLIANZE
28 Gennaio 2022 su Democraziaoggi.
Così la pandemia ha acuito le disuguaglianze sociali in Italia: i numeri.
Oxfam: Nei 21 mesi della pandemia intercorsi tra il mese di marzo 2020 e il mese di novembre 2021 il numero dei miliardari italiani nella Lista Forbes è aumentato da 36 a 49 […]
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Sinodo e cammini sinodali della Chiesa in Italia
Come promuovere decisioni sinodali in una comunità ancora gerarchicamente strutturata? Colloquio con Grazia Villa
27 Gennaio 2022
di Giandiego Carastro su C3dem.
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- Cammino Sinodale delle Chiese in Italia.
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|I GRUPPI DONNE DELLE COMUNITA’ DI BASE E LE MOLTE ALTRE SI RACCONTANO
VISITAZIONI – testo breve
Leggi qui il testo integrale (*.pdf – 35 Mb)
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- Catholic Women’s Council (CWC). SUL CWC: Catholic Women’s Council (CWC) è un gruppo che unisce reti cattoliche di varie parti del mondo per lavorare insieme per il pieno riconoscimento della dignità e dell’uguaglianza nella Chiesa cattolica.
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OGGI giovedì 27 gennaio 2022 – Giorno della Memoria
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Bartolomeo Meloni tra storia e Memoria
27 Gennaio 2022
Marco Sini su Democraziaoggi.
Nel Giorno della memoria ricordiamo un partigiano sardo morto a Dacau, ricordato nel libro di Rita Arca “Notte e nebbia a Dachau – Bartolomeo Meloni tra storia e Memoria”, Iskra ed. – Ghilarza.
Meloni veniva da una importante famiglia di Santu Lussurgiu, una delle grandi famiglie rurali nella rivolta antifeudale di Giommaria Angioy, il primo […]
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ANPI. 0ggi Giorno della Memoria a Cagliari
27 Gennaio 2022
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Che succede?
TIMORI SERI (E MENO SERI) PER DRAGHI AL QUIRINALE
26 Gennaio 2022 su C3dem
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REBUS QUIRINALE. DISUGUAGLIANZE. PNRR E CLAUSOLE GREEN. UCRAINA
25 Gennaio 2022 su C3dem
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Che succede?
una Terra
un popolo
una Costituzione
una scuola
Newsletter n. 61 del 26 gennaio 2022
LA SFIDA
Cari Amici,
mentre è in corso un’elezione del Presidente della Repubblica in cui la cosa peggiore è come la raccontano i giornali, che non sono meno responsabili, con i loro proprietari, della crisi di credibilità della politica, nel cuore dell’Europa spirano impetuosi venti di guerra.
Questa coinvolge gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e la Russia e potrebbe perciò chiamarsi, e forse diventarlo, guerra mondiale, in un mondo ormai però ben provvisto di armi nucleari o altre simili ad esse; per sventare questo rischio, il Papa ha indetto proprio per oggi una “giornata di preghiera”.
Il casus belli del conflitto per l’Ucraina, con gli Stati Uniti che la rimpinzano di armi, l’Inghilterra che ritira i suoi diplomatici da Kiev, e la NATO pronta a mettercisi in mezzo (ma non così la Germania e la Francia) è particolarmente eloquente: cioè non esiste, o meglio non esisterebbe se non fosse costruito a tavolino. La Russia è accusata di voler invadere l’Ucraina, ma nello stesso tempo la sfidano facendo entrare l’Ucraina nella NATO, la quale è portata così fino ai confini della Russia. E a questa che si sente minacciata e ne vuole scongiurare il pericolo, come fecero a suo tempo gli Stati Uniti dinanzi alla provocazione dei missili a Cuba, si replica che l’Ucraina deve essere libera di allearsi con chi vuole.
Senonché la NATO non è solo un’alleanza, è una integrazione di armate sotto un comando unificato e un’unica obbedienza, altrimenti noi non avremmo le bombe atomiche a Ghedi e non avremmo avuto i missili Cruise schierati in Sicilia col compito di distruggere l’Ungheria. E come spiega Domenico Gallo, nella NATO non si entra se non è essa stessa a volerlo e non ne venga modificato il trattato istitutivo e così esteso non lo ratifichino tutti gli Stati membri (compresa l’italia).
Perciò mettere l’Ucraina nella NATO è una insensata e inutile provocazione, che appare tanto più temeraria in quanto fatta da Biden, che non ha saputo né prevenire né controllare l’assalto al Campidoglio né gestire decentemente il ritiro dall’Afghanistan, da lui definito “uno straordinario successo”.
Nel sito, in sede di “processo costituente” iniziamo la riflessione sul progetto di Costituzione “L’umanità al bivio” di Luigi Ferrajoli con tre interventi: uno di Raniero La Valle in cui ci si domanda che cosa è la Terra, se gli esseri umani sono unici o assimilabili agli altri esseri viventi, animali e piante, e quale rapporto prevedere tra gli Stati e i popoli nell’Assemblea generale e nell’ordinamento complessivo; un altro intervento dello stesso Ferrajoli per un confronto tra l’Assemblea dell’ONU e il Parlamento mondiale ipotizzato in una Federazione della Terra, e un articolo di Gaetano Azzariti sul “Manifesto” che pone il problema, peraltro già contemplato nel progetto Ferrajoli, dell’incontro tra costituzionalmente locale e globale. Dello stesso Ferrajoli è uscito oggi un lungo articolo sul supplemento mensile “Pianeta Terra” del Corriere della Sera. Una discussione che invitiamo a proseguire, così come invitiamo chi non lo avesse fatto a rinnovare l’iscrizione a “Costituente Terra”, anche in vista della prossima assemblea.
Molto bene sono andati gli incontri seminariali “da remoto” di “Costituente Terra” con le classi dell’Istituto Keplero di Roma, coordinati da Paola Paesano, l’ultimo dei quali, il 24 gennaio, dedicato ai nuovi problemi costituzionali e giuridici provocati dall’avanzare delle tecnologie informatiche.
Nel sito pubblichiamo altresì un commento di Boaventura de Sousa Santos sulle responsabilità dell’ONU nei confronti della crisi ucraina.
Con i più cordiali saluti
www.costituenteterra.it
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chiesadituttichiesadeipoveri
Newsletter n. 246 del 26 gennaio 2022
VENTI DI GUERRA
Carissimi,
non sappiamo se l’odierna giornata di preghiera per la pace in Ucraina e nel continente europeo promossa dal Papa nell’Angelus di domenica 23 gennaio riuscirà a fermare la guerra, come accadde quando, all’inizio dl pontificato, papa Francesco con la veglia di preghiera del 7 settembre 2013 riuscì a fermare la guerra con cui gli Stati Uniti e i loro alleati erano pronti a “punire” la Siria. Questa volta la promessa di guerra non è meno grave, perché il coinvolgimento degli Stati Unit, dell’Europa e della Russia ben potrebbe chiamarsi, e forse essere, una guerra mondiale, in un mondo ormai però ben provvisto di armi nucleari o altre simili ad esse.
Il casus belli del conflitto per l’Ucraina, con gli Stati Uniti che la rimpinzano di armi, l’Inghilterra che ritira i suoi diplomatici da Kiev, e la NATO pronta a mettercisi in mezzo (ma non così la Germania e la Francia) è particolarmente eloquente: cioè non esiste, o meglio non esisterebbe se non fosse costruito a tavolino. La Russia è accusata di voler invadere l’Ucraina, ma nello stesso tempo la sfidano facendo entrare l’Ucraina nella NATO, la quale è portata così fino ai confini della Russia. E a questa che si sente minacciata e ne vuole scongiurare il pericolo, come fecero a suo tempo gli Stati Uniti dinanzi alla provocazione dei missili a Cuba, si replica che l’Ucraina deve essere libera di allearsi con chi vuole. Senonché la NATO non è solo un’alleanza, è una integrazione di armate sotto un comando unificato e un’unica obbedienza, altrimenti noi non avremmo le bombe atomiche a Ghedi e non avremmo avuto i missili Cruise schierati in Sicilia col compito di distruggere l’Ungheria. E come spiega Domenico Gallo nel suo articolo in questo sito, nella NATO non si entra se non è essa stessa a volerlo e non ne venga modificato il trattato istitutivo e così esteso non lo ratifichino tutti gli Stati membri (compresa l’Italia).
Perciò mettere l’Ucraina nella NATO è una insensata e inutile provocazione, che appare tanto più temeraria in quanto fatta da Biden, che non ha saputo né prevenire né controllare l’assalto al Campidoglio né gestire decentemente il ritiro dall’Afghanistan, da lui definito “uno straordinario successo”.
Con i più cordiali saluti
www.chiesadituttichiesadeipoveri.it
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E l’Italia?
SI RISCHIA LA GUERRA
26 GENNAIO 2022 / EDITORE / DICONO I FATTI / su Costituente Terra.
La provocazione di una estensione della NATO fino alle frontiere della Russia riapre la guerra fredda. Un conflitto armato in Ucraina anche se non vi entrasse la NATO avrebbe conseguenze esiziali per l’Europa
di Domenico Gallo
La crisi Russia, Ucraina, NATO si avvita ogni giorno di più in una spirale di minacce militari e politiche in fondo alle quali non si intravede alcuna via di uscita. A nulla è servita la riunione a Ginevra il 12 gennaio del Consiglio Nato-Russia, principale forum di dialogo tra le due parti, convocata e presieduta dal segretario generale dell’Alleanza, Jens Stoltenberg, cui hanno partecipato per la Russia il viceministro degli Esteri Alexander Grushko, per gli Stati Uniti il sottosegretario di Stato americano Wendy Sherman, oltre gli ambasciatori presso la Nato degli Stati membri. Stoltenberg ha riconosciuto che nessun accordo è stato raggiunto per operare una de-escalation della tensione e, con riferimento alla questione centrale sul tappeto (l’adesione dell’Ucraina alla NATO) ha dichiarato: “Ogni Stato ha il diritto di decidere il proprio cammino e solo l’Ucraina può decidere quando aderire alla Nato. Gli alleati sono pronti a sostenere l’Ucraina per la sua adesione“. Poiché l’oggetto della crisi riguarda proprio l’adesione dell’Ucraina alla NATO, vale a dire l’ingresso del dispositivo militare della NATO nel territorio dell’Ucraina, che la Russia percepisce come una minaccia intollerabile alla propria sicurezza, è evidente che se si mantiene questa posizione fondamentalistica non si può fare nessun passo avanti per risolvere la crisi. Non a caso il fallimento del dialogo NATO – Russia ha comportato negli ultimi giorni una decisa escalation della tensione. Il Regno Unito ha annunciato che invierà d’urgenza armi anticarro all’Ucraina, mentre ingenti forze russe con reparti corazzati, artiglieria, armi pesanti e aviazione, sono state schierate in Bielorussia per grandi manovre militari congiunte. Contemporaneamente la Svezia ha rafforzato il suo dispositivo militare nell’isola baltica di Gotland. Ogni giorno che passa cresce la violenta reciprocità delle minacce militari.
Un dialogo serio non può essere fondato sulla richiesta di capitolazione dell’avversario come ha fatto Stoltemberg su mandato USA. Un conflitto armato in Ucraina, anche se non comportasse un intervento diretto della NATO nelle operazioni belliche, avrebbe conseguenze esiziali per l’Europa, basti pensare al tema dell’energia, dei profughi, delle devastazioni ambientali. Il nostro futuro non può rimanere appeso al filo degli umori di Blinken o di Stoltemberg. Dobbiamo renderci conto che ci troviamo di fronte all’ultimo atto, siamo arrivati in fondo ad un percorso che ci ha portato in un vicolo cieco dal quale non c’è una via d’uscita (pacifica).
Dopo il crollo del muro di Berlino Gorbaciov acconsentì alla riunificazione della Germania e sciolse il patto di Varsavia, chiedendo soltanto, a garanzia della sicurezza della Russia, che la NATO non spostasse i propri dispositivi militari nei Paesi dell’Europa dell’est. Invece in questi trent’anni gli Stati Uniti hanno lavorato forsennatamente per estendere la NATO ad est, includendo anche Paesi che facevano parte dell’ex Unione sovietica. Progressivamente ai confini della Russia sono stati dislocati dispositivi militari che obiettivamente costituiscono una minaccia e come tali vengono percepiti. Queste scelte insensate che hanno costruito, passo dopo passo, le condizioni per il ritorno di una nuova e molto più pericolosa guerra fredda, non sono frutto del fato cinico e baro, non ci cadute addosso per malasorte, l’Italia vi ha contribuito e ne è stata protagonista. Quando Stoltemberg dichiara che solo l’Ucraina può decidere quando aderire alla NATO, prende in giro l’opinione pubblica e nasconde la sostanza del problema poiché l’adesione alla NATO di un Paese che non ne faccia parte non è un fatto automatico, sono i Paesi membri dell’Alleanza che lo decidono necessariamente all’unanimità. Nel vertice della NATO svoltosi a Bucarest il 2 aprile 2008 si decise che la NATO avrebbe riconosciuto il “principio della porta aperta” sia per l’Ucraina sia per la Georgia. Nell’occasione, evidentemente, l’ambasciatore italiano ha espresso consenso o non si è opposto. E allora dobbiamo chiederci, quando mai nel dibattito politico è stato discusso quale posizione dovesse assumere l’Italia su un tema così delicato di politica estera, come l’adesione alla NATO dell’Ucraina e della Georgia?
Le scelte che l’Italia compie in sede NATO vengono effettuate in silenzio ed al riparo da ogni ingerenza dell’opinione pubblica. I Protocolli di adesione alla NATO delle Repubbliche di Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Romania, Slovacchia e Slovenia, sono stati ratificati con la legge 19 agosto 2003 n. 255, quelli di adesione di Croazia e Albania con la legge 30 dicembre 2008 n. 220, quello di adesione del Montenegro con la legge 16 gennaio 2017, n.2. Queste leggi sono passate senza clamore, senza discussione, come se si trattasse di un atto dovuto. Se i politici italiani avessero avuto la lungimiranza e il coraggio di dissociarsi, oggi non ci troveremmo con la guerra alle porte.
Che si può ancora evitare: basta dire No.
Domenico Gallo
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MEDIAMORFOSI potere poteri e società dell’informazione
Potere poteri
e società dell’informazione/1
di Vincenzo Vita su Rocca*
Il sociologo e filosofo francese Pierre Bourdieau (2010) scrive che «il campo del potere» è lo spazio al di sopra e al di là dei campi specifici e sul quale agiscono le forze che muovono per influenzare le interrelazioni fra i vari campi.
Lo studioso tedesco di scienze politiche Thomas Meyer (2003) parla di «mediatizzazione» della politica, introducendo – senza forse immaginare le conseguenze della sua premonizione – una categoria di analisi quanto mai pertinente per descrivere la situazione odierna. È importante introdurre riferimenti generali e «nominare» bene le diverse questioni. Riflettere oggi, infatti, sul nesso dialettico politica-comunicazione è ben diverso rispetto ad altre fasi della comunicazione.
Lasciamo stare la preistoria, segnata dalla transizione dall’oralità alla scrittura. Ma come sarà stata grave la lotta, senza vie di uscita.
Si potrebbe cominciare per comodità dall’età della Galassia Gutenberg, quando i caratteri a stampa limitarono radicalmente il ruolo dei monaci; per arrivare con un balzo veloce all’avvento delle trasmissioni circolari con il tubo catodico e le onde hertziane.
media and politics dai media ai mass media
Anzi. Proprio nella stagione della radio e della televisione raggiunse la sua epifania il tema media and politics. Il sistema informativo, infatti, era pesantemente entrato nei riti e negli usi del consumo di massa, scrollandosi di dosso il suo sapore elitario. Dall’aristocrazia si passava direttamente alla piccola borghesia. In verità, l’ascesa del peso dei media, divenuti mass media, fu facilitato da due fenomeni tra di loro pur assai distanti: per un verso il grande peso assegnato alla radio da Roosevelt per lanciare il New Deal, per un altro la spinta strumentale venuta dai regimi autoritari. Con una differenza sostanziale: negli Stati Uniti il desiderio riguardava l’incremento della spesa pubblicitaria in funzione anticiclica; in Europa fascismo e nazismo si impossessarono di strumenti ritenuti adatti alla propaganda.
Una delle teorie sugli effetti dei media, rovello che ha sempre impegnato la communication research, fu non per caso quella cosiddetta ipodermica, coniata dal suo fondatore Harold Lasswell. Come con una puntura il messaggio entra sotto la pelle. La teoria degli anni quaranta del secolo scorso si attagliava agli stati d’eccezione, ma ne ritroveremo tracce – ad esempio- nella stagione dei videomessaggi di Silvio Berlusconi o del vessillifero Emilio Fede.
La medesima impostazione fu corretta (e sminuita), dalle ricerche dello statunitense Paul Lazarsfeld, mentre una compiuta diagnosi degli usi e gratificazioni dei cittadini-utenti fu offerta dai cultural studies nati e cresciuti negli anni sessanta in Gran Bretagna su impulso di Stuart Hall. Alla base degli studi culturali si ha l’encoding/ decoding model. Hall individua tre tipi di decodifica: dominante (corrispondente al punto di vista egemone), oppositiva (frutto di un’opposta visione del mondo), negoziale (compromesso attraverso il conflitto). Come si vede, la comunicazione diviene un rapporto negoziale, attraversato da lotte ed asperità.
l’agenda setting
Saranno gli approcci dell’agenda setting e dell’agenda building (secondo gli studi del compianto Mauro Wolf) a meglio chiarire il punto: la comunicazione (classica) non influisce in modo diretto sugli orientamenti delle persone, bensì sulla costruzione del clima e delle priorità. Del resto, lo vediamo tuttora nei grandi quotidiani o nella televisione generalista: un tema sale e scende secondo opportunità extra-mediali. Pensiamo al terribile caso di scuola dell’Afghanistan, rimasto in testa alle notizie per un paio di settimane, e poi scomparso.
Naturalmente, stiamo parlando dei media analogici o di quelli digitali derivati a mo’ di copia conforme dai predecessori.
Il lungo periodo del dominio elettronico fa vivere gli alti e i bassi del nesso con la politica o, meglio, con il «campo del potere» definito da Bourdieau. Lottizzazioni partitiche (in primis alla Rai, ma non solo), sventagliata di editori «impuri», intrecci con associazioni non commendevoli connotano il percorso accidentato delle liaison dangereuse.
La riforma del servizio pubblico del 1975 (n. 103) servì da alibi per plasmare l’azienda «a canne d’organo», l’editoria sempre in affanno si posizionava nei pressi di governi e parlamenti, l’esplosione delle emittenti commerciali stravolgeva per un certo limitato numero di anni l’equilibrio, ma senza una vera normativa antitrust, perché la legge n. 223 del 1990 (ministro Oscar Mammì) tutto fu salvo che un’effettiva regolamentazione del settore.
la nuova avventura
tra comunicazione e politica
Peggio che mai, arrivarono nel 1984 i decreti legge chiamati Craxi (allora presidente del Consiglio) in favore delle reti di Silvio Berlusconi.
Lì cominciò la nuova avventura del rapporto con l’universo politico.
Un’opposizione spesso ignara e, comunque, flebile non riuscì a contrapporsi ad un andamento tanto forte da surdeterminare i lustri successivi. Neppure un
referendum tenutosi nel 1995 riuscì a frenare la resistibile ascesa del Cavaliere di Arcore. E neppure ne scalfì il successo la normativa degli anni novanta, di cui
ha la principale responsabilità il centrosinistra, fatta eccezione per la legge n. 28 del 2000 (par condicio) e – almeno nelle intenzioni – per la costituzione dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) con la legge n. 249 del 1997.
Le destre, a cominciare dagli ex ministri Romani e Gasparri, spensero ogni speranza, legittimando definitivamente l’impero del biscione. E il Testo Unico per la
radiodiffusione del 2005 è ancora in vigore.
Proprio con la offensiva congiunta di Fininvest-Mediaset e Forza Italia il contesto cambia, fino a rovesciare l’ordine degli addendi: la comunicazione si fa politica e quest’ultima vive di comunicazione.
il berlusconismo come ibridazione
tra comunicazione e politica
Il berlusconismo non è solo e tanto un fenomeno limitato alla sfera politica, bensì
un modello di ibridazione tra i due livelli.
I videomessaggi superano l’intermediazione giornalistica e costruiscono la relazione tra l’uno e la moltitudine zche diventa
via via uno stile e un criterio. Con numerosi seguaci: da Matteo Renzi a Salvini.
Torna di attualità la stessa sopra citata teoria ipodermica. Ma, ciò che è più importante, avvenne una piccola significativa rivoluzione, capace di cambiare la sintassi del sistema. Lo stile di Berlusconi conquista progressivamente l’egemonia sul
e nel discorso pubblico. Che, per riprendere Meyer, si «mediatizza».
Ma, nel frattempo, sembra svanire la cornice della modernità, per entrare nel territorio ambiguo che il condirettore del Wesley
Media Center Jay David Bolter (2020) chiama «Plenitudine digitale», ovvero – secondo la sua descrizione – «un universo di prodotti (dai social media ai videogiochi, dalla
tv al cinema, e così via) e pratiche (la realizzazione di tutti questi prodotti insieme al
loro remix, condivisione e critica) tanto vasto
e vario che non può essere descritto come un
insieme coerente: la plenitudine accoglie facilmente, anzi ingloba, le forze contraddittorie della cultura alta e popolare, dei vecchi e
dei nuovi media, delle opinioni sociali conservatrici e radicali. I media digitali oggi forniscono un ambiente ideale per questa pienezza. Per la nostra cultura mediale flat in cui ci sono molti punti focali ma nessun singolo centro»…
La storia si prende la rivincita. Il gruppo di comando Fininvest-Mediaset, supportato dal centrodestra, aveva fatto carte false per accelerare l’ingresso su larga scala della decodifica numerica. E non si accorse che perdeva in tal modo la sua centralità, annegata e confusa nella plenitudine. digitale e post-modernità
In verità, l’ambiente digitale non è un mero salto tecnologico, bensì una antropologia culturale, forse il vero avvio della post-modernità. E se, nei vari passaggi, si è parlato (Fidler; Grusin e Bolter) di «Mediamorfosi» o di «Ri-mediazione» – i media non si cannibalizzano, bensì si trasformano – è probabilmente venuto il momento di assumere lo scenario di un cambiamento profondo.
Il digitale (incredibilmente pensato per anni come un aggettivo di televisione) è il linguaggio del capitalismo delle piattaforme
e, prima che sia soppiantato a sua volta dall’informatica quantica, è una sorta di latino-rum delle macchine. È una parola indebitamente legata all’inglese to digit, mentre più semplicemente evoca le dita delle mani e la conta. I nativi digitali ben conoscono la realtà, navigando già alla giovanissima età di 5/6 anni. Si pone, dunque, un clamoroso problema di alfabetizzazione. Perché non basta navigare: è indispensabile conoscere filosofia e funzionamento degli dei pagani che ci accompagnano per tre-quattro ore al giorno di media. Computer, smartphone, cellulari di nuova generazione, tv streaming sono entrati nella quotidianità, attraverso quella che Roger Silverstone ha chiamato domestication. La vittima designata è il palinsesto, mentre prevale il flusso on demand.
C’è un pericolo incombente che attiene alla democrazia effettiva: il pubblico subisce un digital e un cultural divide. Tra chi è in grado di accedere ai servizi a pagamento e chi si deve accontentare del vecchio video generalista con i suoi format antiquati e ripetitivi.
(continua)
Vincenzo Vita
MEDIA MORFOSI
ROCCA 15 GENNAIO 2022
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MEDIAMORFOSI
potere poteri e società dell’informazione/2
Vincenzo Vita
Il Piano di Rilancio e Resilienza (Pnrr)
destina al digitale (termine che ricorre 143 volte nel testo) cospicue cifre,
più di 40 miliardi di euro.
Gli algoritmi dominano le strutture di
calcolo, moltiplicandole all’infinito. Big
Data, Cloud, profilazione divengono le parole magiche.
I social superano le audience dell’electronic age e persino la loro capacità di reperimento delle risorse pubblicitarie.
Ecco, i social, malgrado siano spesso utilizzati secondo schemi televisivi, ovvero
come bacheche, hanno fatto irruzione nelle retoriche pubbliche. Non c’è esponente
politico che non utilizzi Facebook, o Twitter, o Instagram, o WhatsApp, o Tik Tok
per rapportarsi ai referenti sociali.
Un msg ti allunga la vita e ti connette a
una società sempre meno frequentata dal
vivo e poco conosciuta nei sommovimenti
profondi.
La politica è trasmigrata nelle recenti modalità di comunicazione. Spesso acriticamente, come se non fosse chiaro che ogni
click è un regalo incosciente agli oligarchi
della rete e che l’utilizzo massivo degli Over
The Top (da Apple, a Microsoft, a Google, a
Facebook, a Twitter, a Alibaba per estendere la visuale) accresce enormemente il nuovo Potere, quello delle Big Tech, i più ricchi
e finanziarizzati del reame.
[segue]
OGGI mercoledì 26 gennaio 2022
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Romanzo Quirinale
26 Gennaio 2022
Rosamaria Maggio su Democraziaoggi.
In questa elezione del Presidente della Repubblica stiamo assistendo a diversi inediti.
Nei vari interventi di opinionisti e giuristi, non ho letto alcuna riflessione che avesse a che fare con i problemi istituzionali ai quali stiamo assistendo.
Intanto, mai si sono viste, in passato, autocandidature con conta di voti da parte di leader politici, ne’ autocandidature […]
————————-Domani——