Monthly Archives: febbraio 2022
Pace Pace Pace
ANPI appello per la pace in Ucraina
di Gianfranco Pagliarulo – Pres. Naz. ANPI
Nell’ambito della riflessione sulla invasione dell’Ucraina ci sembra molto importante condividere la seguente lettera-appello del Presidente nazionale dell’ANPI. Un vero manifesto dei democratici in questa complessa vicenda.
In questa situazione così difficile e complessa ma specialmente drammatica, occorre avere una visione molto chiara ed approfondita, cioè non propagandistica, ed aprire una battaglia su obiettivi di progresso e assieme realistici.
LE ORIGINI
L’invasione russa è il punto di arrivo di tensioni e polemiche, alle volte molto violente, non solo fra Stati Uniti e Federazione russa, ma specificamente fra l’Unione Europea e la Federazione russa, in particolare da quando sono entrati nell’Unione Europea (e nella Nato) i Paesi dell’Est. È essenziale sottolineare inoltre la giustificata preoccupazione della Russia per il proliferare della presenza della Nato nei Paesi dell’Est a fronte di un accordo definito verbale (ma di cui sembra che si ritrovino anche tracce ufficiali), in base al quale dopo il dissolvimento dell’Unione Sovietica ci si impegnava a non far entrare nella Nato i Paesi dell’ex blocco dell’Est.
STRENUA DIFESA DEL MULTIPOLARISMO
Il mondo disegnato dalla caduta del muro di Berlino in poi è un mondo multipolare dove dovevano andare in frantumi le rigide divisioni segnate dai due blocchi della guerra fredda e doveva prevalere un clima di coesistenza pacifica. Non c’è solo la Cina come Paese emergente e potenzialmente leader dell’economia mondiale; ci sono altri soggetti come l’India, l’Africa del Sud, i Paesi dell’America Latina, la stessa Unione Europea. Un mondo ridisegnato non più alle dipendenze delle due superpotenze. Questo mondo multilaterale, policentrico, pacifico, già minato da un trentennio di tensioni e di nuova guerra fredda di cui non si vede traccia autocritica nei comportamenti e nelle dichiarazioni degli States, dell’UE e della Nato, viene messo definitivamente in discussione dall’invasione dell’Ucraina guidata da una logica oggettivamente imperiale, se si considerano le parole di Putin relative alla storia plurisecolare della Russia. Dobbiamo a maggior ragione rivendicare oggi, al tempo della globalizzazione e nel pieno di una pandemia che ha rivelato la fragilità del genere umano davanti all’attacco invisibile del virus, la necessità di un mondo davvero multipolare, in cui le alleanze politiche e militari non siano più imperniate sull’idea dell’amico-nemico, ma siano strumento di collaborazione politica ed economica fra i popoli del mondo. Non va dimenticato che sullo sfondo rimane un’altra area di grave tensione: Taiwan.
LA NATO
Perciò la Nato deve essere profondamente riformata limitando rigorosamente i suoi compiti all’azione di difesa dei Paesi membri, contestando la sindrome di onnipotenza di cui da tempo soffre, criticando il doppiopesismo che ha assunto in varie circostanze, come quando davanti all’aggressione di Erdogan nei confronti dei curdi siriani (ottobre 2019) il Segretario generale della Nato Stoltenberg, invece di una chiara condanna, utilizzò imbarazzate e imbarazzanti parole di comprensione verso la Turchia. La Nato nacque nel 1949 contro il blocco dell’est. La sua funzione storica si è obiettivamente esaurita, e la sua permanenza è diventata fattore di destabilizzazione e di freno alla coesistenza pacifica. Ma la richiesta di uscita dalla Nato nel mondo attuale, dati i reali rapporti di forza, è obiettivamente utopistica. La Nato va quindi vincolata ai suoi compiti esclusivamente difensivi.
L’ONU
L’Onu è da tempo un gigante impotente, come è evidente anche davanti alla crisi ucraina. Va riformata la sua struttura a cominciare dal Consiglio di Sicurezza che, rappresentando le potenze vincitrici della seconda guerra mondiale, è costantemente bloccata dai veti reciproci limitandosi, quando riesce, ad approvare risoluzioni che non trovano poi pratica applicazione nei rapporti internazionali. Oggi non hanno di fatto voce grandi Paesi come l’India, il Brasile, l’Africa del Sud e più in generale l’ONU non ha un ruolo significativo né come deterrente verso i focolai di guerra né come strumento per contrastare le diseguaglianze nel mondo. L’obiettivo è far sì che l’ONU diventi la struttura sovranazionale garante di una nuova coesistenza pacifica alla base del nuovo ordine mondiale.
I NAZISTI E L’UCRAINA
Perché Putin parla di denazificazione? In premessa c’è da dire che non sempre Putin ha tenuto le debite distanze da personaggi ambigui o esplicitamente dell’estrema destra russa, come per esempio (ma si potrebbero fare molti altri esempi) il “filosofo” Alexander Dugin, oscurantista, esoterico, ammiratore di Julius Evola e teorizzatore della fondazione di un impero euro-asiatico con al centro Mosca. Detto questo, la preoccupazione di Putin corrisponde ad una presenza vera, reale e molto consistenti organizzazioni naziste in Ucraina.
La storia dell’Ucraina dal colpo di forza successivo a Maidan (2014) non corrisponde affatto, comevuole la narrazione dominante, allo stereotipo delle democrazie occidentali, ma è profondamente inquinata da forze e comportamenti esplicitamente nazisti: la presenza spesso determinante anche nel governo di diverse organizzazioni nazifasciste come Svoboda (il cui primo nome era Partito Socialnazionalista Ucraino), Pravji Sector, organizzazione paramilitare organicamente connessa col famigerato Battaglione Azov, e altre organizzazioni. Sono stati rivalutati criminali di guerra collaborazionisti e responsabili di efferate stragi in particolare di ebrei, come Stepan Bandera, oggi eroe nazionale dell’Ucraina. Queste forze sono le responsabili del massacro e dell’incendio della sede dei sindacati di Odessa (2014). Il Battaglione Azov, prima formato da volontari di estrema destra e poi assorbito nelle Forze Armate ucraine, è una organizzazione militare nazista, come attestato dai suoi simboli che riproducono in modo fedele o lievemente deformato la svastica e il sole nero fortemente voluto da Himmler, da tante dichiarazioni dei suoi esponenti, dalle sue azioni violentissime e criminali. Tale battaglione, famigerato per le sue efferatezze e crudeltà, è stato mandato all’attacco dalle autorità di Kiev nel corso della vera e propria guerra contro il Donbass che dura da otto anni e che ha causato decine di migliaia di vittime. Il fondatore del battaglione Andriy Biletsky, intervistato da Repubblica il 23 febbraio e in quella sede dichiaratosi assolutamente non antisemita, né nazista, né fascista, è noto come il “Fuhrer bianco” avendo sottolineato (parole sue) “la purezza razziale della nazione Ucraina, impedendo che i suoi geni si mischino con quelli di razze inferiori”, svolgendo così “la sua missione storica di guida della Razza Bianca globale nella sua crociata finale per la sopravvivenza”. Vanno rimarcate le gravissime responsabilità degli Stati Uniti nel sostegno al colpo di forza del 2014 e ai governi successivi e la grave miopia dell’Unione Europea che ha sempre sostenuto acriticamente Kiev senza mai mettere a fuoco la pesantissima infiltrazione nazifascista nei gangli del potere ucraino, le sue decisioni discriminatorie come l’abolizione dell’insegnamento della lingua russa in una terra russofona, in una più generale rimozione, da parte dell’UE, del crescere del fenomeno neonazista e neofascista in Europa.
PER UNA NUOVA DEMOCRAZIA
Tutto ciò va denunciato e condannato con la massima chiarezza, ma non può giustificare un’invasione militare motivata da una sorta di nuovo irredentismo che viola il principio dell’autodeterminazione dei popoli e l’idea stessa di un mondo multipolare che è tale se si regge sulla non ingerenza negli affari di un altro Stato, sul contrasto a qualsiasi visione imperiale e a qualsiasi divisione del mondo fra grandi potenze.
Da ciò deriva l’assoluta nettezza della posizione della Segreteria Nazionale che ha condannato fermamente l’invasione dell’Ucraina in base a un principio di legalità internazionale che va sempre rispettato e la cui violazione va sempre aspramente denunciata. La difesa dei princìpi di democrazia e di autonomia dei popoli non può essere un espediente retorico e tanto meno un’affermazione ipocrita, ma deve essere una regola rigorosa, valida sempre e per tutti, a oriente e occidente, nella prospettiva sostenuta dall’ANPI di un’espansione della democrazia e dei diritti civili e sociali. Va promosso l’orizzonte di una nuova, piena democrazia, dove si valorizzi il nesso fra rappresentanza e partecipazione popolare, contrastando la deriva plebiscitaria delle cosiddette “democrature” e superando lo stallo presente oggi nelle stesse democrazie occidentali e nella UE.
LE PROPOSTE PER LA PACE
In questo scenario l’unica via d’uscita è, anche attraverso un (per quanto difficile) auspicabile e rinnovato ruolo dell’ONU, l’immediato cessate il fuoco, il ritiro delle forze armate russe, l’indipendenza e la neutralità dell’Ucraina al di fuori della Nato e dell’Unione Europa in base a una ragionevole e urgentissima trattativa diplomatica, l’autonomia (prevista dagli accordi di Minsk ma mai realizzata da Kiev) delle regioni del Donbass, l’isolamento e la condanna delle formazioni nazifasciste, in un clima di costruzione di una concordia nazionale assente dai tempi del colpo di forza del 2014. C’è da aggiungere l’avvio di trattative per la progressiva smilitarizzazione dei confini fra i Paesi dell’est (Estonia e Lettonia confinano con la Federazione russa, la Lituania confina con la Bielorussia a pochi chilometri dalla frontiera russa) e la Russia da entrambe le parti in forme e modalità concordate. Ed infine, per quanto riguarda il nostro Paese, il rispetto assoluto e incondizionato dell’art. 11 della Costituzione (“L’Italia ripudia la guerra….”), il che vuol dire evitare ad ogni costo il coinvolgimento dell’Italia negli eventuali sviluppi militari del conflitto. Non dimentichiamo mai che l’Italia è piena di basi militari USA e NATO e che da giorni dall’aeroporto di Sigonella decollano i droni di ricognizione sull’Ucraina.
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Il Forum delle Associazioni antifasciste e della Resistenza: “L’attacco all’Ucraina va condannato senz’appello”
24 Febbraio 2022
La presa di posizione del Forum. “Uomini donne e bambini, a cui va tutta la nostra solidarietà, tornano a temere per loro vite mentre dopo 77 anni una guerra di grandi proporzioni sembra riaffacciarsi in Europa”
Con l’attacco all’Ucraina, che condanniamo senza appello, uomini donne e bambini, a cui va tutta la nostra solidarietà, tornano a temere per loro vite mentre dopo 77 anni una guerra di grandi proporzioni sembra riaffacciarsi in Europa.
Questa tragedia richiama tutti al più grande senso di responsabilità e di fermezza.
Come Forum delle Associazioni antifasciste e della Resistenza, eredi di coloro che in tempi e con modi diversi si opposero alle politiche nazionaliste del nazismo e del fascismo, aspirando a un mondo di Pace Libertà e Giustizia, sentiamo l’obbligo di richiamare tutti al pieno rispetto dell’art. 11 della Costituzione, con il quale le Madri e i Padri Costituenti ben conoscendo gli orrori della guerra, vollero sottolineare il perenne dovere al ripudio della guerra e alla ricerca di soluzioni negoziali.
Ci rivolgiamo dunque alle forze politiche, associative, sindacali, ai singoli cittadini perché alzino la loro voce in difesa della Pace e dei princìpi del diritto internazionale contro risorgenti nazionalismi e nuovi sovranismi.
Ci rivolgiamo all’Unione Europea perché in modo unitario prenda l’iniziativa per riaffermare un’Europa libera, unita e di pace come immaginata a Ventotene e come impostata e faticosamente costruita dai suoi Padri fondatori.
24 febbraio 2022
Il Forum delle Associazioni antifasciste e della Resistenza:
ANPI – Associazione Nazionale Partigiani d’Italia
AICVAS – Associazione Italiani Combattenti Volontari Antifascisti in Spagna
ANED – Associazione Nazionale Ex Deportati nei campi nazisti
ANEI – Associazione Nazionale Ex Internati
ANFIM – Associazione Nazionale Famiglie Italiane Martiri
ANPC – Associazione Nazionale Partigiani Cristiani
ANPPIA – Associazione Nazionale Perseguitati Politici Italiani Antifascisti
ANRP – Associazione Nazionale Reduci dalla Prigionia
FIAP – Federazione Italiana Associazioni Partigiane
FIVL – Federazione Italiana Volontari della Libertà
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Prepariamo la Pace
Mercoledì 2 marzo videoconferenza nazionale Comitati per la pace: facciamo un incontro nazionale online dei Comitati per la pace alle ore 21 su https://www.peacelink.it/diretta
Verranno raccolte tutte le proposte su come continuare la mobilitazione dopo la giornata nazionale del 26 febbraio contro la guerra in Ucraina.
Oggi lunedì 28 febbraio 2022
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ANPI appello per la pace in Ucraina
28 Febbraio 2022
Gianfranco Pagliarulo – Pres. Naz. ANPI
Nell’ambito della riflessione sulla invasione dell’Ucraina ci sembra molto importante questa lettera-appello del Presidente nazionale dell’ANPI. Un vero manifesto dei democratici in questa complessa vicenda.
In questa situazione così difficile e complessa ma specialmente drammatica, occorre avere una visione molto chiara ed approfondita, cioè non propagandistica, ed aprire una battaglia su […]
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Give Sardinia a chance
28 Febbraio 2022
Pietro Casula su Democraziaoggi.
Movimento per la Sardegna – Sardi nel mondo
Prima di tutto una precisazione: non sono un grande fan dell’accoppiata sardismo-lega. Appartengo a una minoranza, lo so. La causa, il progetto centenario del Partito sardo d’azione, per me è buono, troppo buono per fare comunella con la Lega.
Eppure l’unione si è fatta e apparentemente non ci […]
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CHE SUCCEDE?
L’EUROPA DI FRONTE A PUTIN
24 Febbraio 2022 by Giampiero Forcesi | su C3dem
(segue)
Putin perde? Sicuramente non sta vincendo, anzi…
Che cosa ha ottenuto Putin fino ad ora.
di Nicolò Migheli su fb
- Una Nato coesa che non si vedeva dalla Guerra Fredda.
- Una Ue che scopre una politica estera e di difesa comune. Per la prima volta finanzia l’acquisto di armamenti.
- In Svezia e Finlandia il consenso per entrare nella Nato aumenta, specie dopo le minacce russe
- La Germania quasi raddoppia il suo bilancio della difesa passando dall’1,4% al 2% con un voto del Bundestag all’unanimità.
- Una ondata di simpatia e solidarietà senza precedenti verso l’Ucraina. Zelensky definito “eroe” sui media.
- I vari Salvini, Le Pen e sovranisti vari che dimentichi delle solidarietà con Russia Unita, ora sono imbarazzati da Putin e, con qualche distinguo, appoggiano i propri governi.
- L’Armata Russa mostra limiti soprattutto nelle catene logistiche. Soldati affamati che saccheggiano i market, mezzi senza benzina, convogli che si perdono nei campi diventando facili obiettivi.
- Al quarto giorno delle operazioni gli obiettivi prefissati non paiono raggiunti.
- Una opposizione interna a Putin che cresce nelle difficoltà.
- Domani ci sarà un incontro al confine tra Bielorussia e Ucraina, speriamo che ci siano risultati.
- Ad oggi Putin non sta vincendo, è talmente debole da minacciare l’arma atomica.
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Riflessioni possibilmente razionali e fuori dal coro, per fermare la guerra
27 Febbraio 2022
Andrea Pubusa su Democraziaoggi.
Si può ragionare fuori dal coro? Fuori da fatwe intolleranti?
Primo pensiero. L’informazione in Italia e in Occidente non è attendibile. È una propaganda di guerra più che una narrazione dei fatti, è una chiamata all’arruolamento più che una riflessione critica sugli avvenimenti, con un pluralismo di voci. Si punta a creare un pensiero unico, […]
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Guerra e Pace. Lo sguardo dall’America: l’aggressione fallirà
L’INSURREZIONE NELL’UCRAINA PREVARRÁ
di Marino de Medici
Il destino dell’Ucraina è ormai indissolubimente legato a quello dell’insurrezione che sconvolgerà quel vasto territorio. È ancora presto per preconizzarlo, ma l’invasione a lungo pianificata da Vladimir Putin non raggiungerà i suoi obiettivi ma fallirà dinanzi ad una resistenza nazionale assistita e rifornita dagli Stati Uniti e dall’alleanza dei maggiori Paesi europei. [segue]
Oggi domenica 27 febbraio 2022
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Carbonia. Ministero degli Interni, Partito comunista e sindacati, “i veri protagonisti politici di quei momenti”. Il PCI minacciato dalla dichiarazione di illegalità
27 Febbraio 2022
Gianna Lai su Democraziaoggi
Nuovo post domenicale sulla storia di Carbonia, dal 1° settembre 2019.
Per Scelba l’obiettivo era, “decapitare l’organizzazione armata che i comunisti avevano ereditato dalla Resistenza e isolare il PCI nel ghetto dell’opposizione, in una situazione resa permanentemente precaria dal sospetto o dalla minaccia della dichiarazione di illegalità”, dice Giovanni De Luna. […]
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Pino Arlacchi: “È la Nato che sta alla base della crisi ucraina, e della sua soluzione”
27 Febbraio 2022
Pino Arlacchi – da L’antidiplomatico
Per alimentare la riflessione sull’invasione russa dell’Ucraina pubblcihiamo questo interessante articolo di Pino Arlacchi, ex vice-segretario dell’Onu.
È l’Europa che ha in mano le chiavi per far cessare l’attacco militare della Russia all’Ucraina, solo che voglia decidersi ad agire invece di barcamenarsi tra Washington e il Cremlino come […]
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No alla Guerra per la Pace. A sostegno delle popolazioni dell’Ucraina.
Le manifestazioni contro la guerra per la Pace in tutto il mondo costituiscono complessivamente un formidabile strumento di contrasto alle politiche guerrafondaie e di aggressione contro le popolazioni. La riuscita delle manifestazioni di sabato 26 a Cagliari come in tutte le altre parti del
mondo da speranza in tale direzione. Occorre continuare con determinazione e impegno su questa strada, a sostegno di tutte le iniziative che costringano Putin a fermare la guerra e a mettersi intorno a un tavolo con i legittimi rappresentanti del popolo ucraino e di tutte le parti coinvolte, perché si trovino soluzioni attraverso accordi ragionevoli, che evitino ulteriori perdite di vite umane e distruzioni di beni comuni.
Oggi sabato 26 febbraio 2022
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Putin nel trappolone dell’occidente? Fra i due litiganti il terzo gode, la Cina?
26 Febbraio 2022
Andrea Pubusa su Democraziaoggi
I casi spesso trovano spiegazione nelle lunghe ombre della storia. Nella partita Occidente/Russia queste proiezioni antiche sono evidenti e dichiarate. Putin, nel suo monologo televisivo, lo ha detto espressamente. L’Ucraina non è storicamente, culturalmente e politicamente un’entità distinta dalla Russia. Può essere indipendente, ma non ostile, non può far parte di un fronte opposto. […]
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Che succede?
L’EUROPA DI FRONTE A PUTIN
24 Febbraio 2022 by Giampiero Forcesi | su C3dem
(Segue)
Pace, Pace, Pace
Prepariamo la pace – Domani manifestazione a Cagliari
25 Febbraio 2022.
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La Russia deve ritirarsi dall’Ucraina. Poi si torni alle trattative.
25 Febbraio 2022
Tonino Dessì su Democraziaoggi.
Con questo articolo Democraziaoggi avvia una riflessione libera sullo scontro Nato/Russia, combattuto in Ucraina.
A leggere certe prese di posizione di persone che simpatizzano per Vladimir Putin “da sinistra” e che tuttora si considerano “comuniste” ci sarebbe persino da ridere, se non si percepisse l’ennesima manifestazione di una drammatica perdita di razionalità, […]
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Iniziative di pace in tutt’Italia, mobilitazione contro la guerra.
Iniziative di pace in tutt’Italia, mobilitazione contro la guerra.
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Riceviamo questo messaggio (e rilanciamo) come sostenitori, amici e simpatizzanti dell’associazione PeaceLink, avendo Aladinpensiero aderito alla campagna di mobilitazione contro la guerra in Ucraina, lanciata
all’indirizzo https://www.peacelink.it/campagnaucraina
L’associazione segnala le iniziative antiguerra che si
svolgeranno nella Regione Sardegna il prossimo sabato, e che si trovano su questo link:
https://www.peacelink.it/calendario/search.php?q=&id_geo=18
Si possono poi consultare la mappa di tutte le iniziative in Italia:
https://www.peacelink.it/peacelink/manifestazioni-26-febbraio
Per socializzare le iniziative nonviolente di mobilitazione nella nostra Regione siamo anche
invitati a segnalare eventi e manifestazioni contro la guerra all’indirizzo www.peacelink.it/segnala
che verranno poi pubblicati sul calendario di PeaceLink
www.peacelink.it/calendario
Per restare in contatto durante lo svolgimento delle iniziative, siamo invitati a partecipare al canale Telegram https://t.me/peacelink con l’hashtag #bastaguerre
In queste ore di tensione e apprensione, al crocevia tra la crisi sanitaria, economica, climatica, ecologica e militare l’associazione ci saluta con la speranza che la collaborazione tra persone di buona volontà, potenziata da un utilizzo sociale delle tecnologie della comunicazione, possa gettare dei semi di speranza per il futuro di tutti noi e delle generazioni a venire.
Cordiali saluti
Associazione PeaceLink
www.peacelink.it
info@peacelink.it
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La guerra globale in Europa
Possiamo ancora fermarla
di Alfonso Gianni
Lo scontro bellico più volte minacciato è quindi in atto. Quando, non molte ore fa, eravamo ancora sull’orlo del baratro di una nuova guerra ad alta intensità entro i confini geografici del continente europeo, ci ha raggiunto l’esternazione dell’uomo delle sentenze epocali e (solo per lui) definitive. Si parla di Francis Fukuyama che in una intervista di un’intera pagina su la Repubblica del 22 febbraio, dopo avere con disinvoltura riconosciuto che la storia non è finita perché Putin vorrebbe “estendere la zona di influenza sull’Europa orientale, tornando a controllare i Paesi entrati nella Nato dopo il 1991” afferma perentoriamente: “Ho passato molto tempo in Ucraina negli ultimi sette anni, poiché abbiamo programmi per addestrare i giovani. Ogni volta ripeto che lo faccio perché Kiev è il fronte della lotta globale per la democrazia”. Un fronte alquanto inquinato e traballante visto il pessimo stato di salute delle istituzioni ucraine, la corruzione e il malaffare che ne corrodono le fondamenta, la presenza di consistenti forze fasciste e neonaziste capaci di interpretare e indirizzare nel modo più violento le diffuse pulsioni nazionalistiche. Ma è così che l’autore de La fine della storia e l’ultimo uomo intende riassumere la missione salvifica degli Usa e per estensione dell’Occidente.
Vista così, e Fukuyama è uomo ascoltato dalla amministrazione Biden, la crisi ucraina non lascerebbe davvero speranze. Saremmo di fronte a uno scontro di portata storica, oltre che globale, che peraltro e sempre più rapidamente sposta in avanti, cioè verso est, la linea del fronte. Il patto Nord Atlantico al suo sorgere nel 1949 comprendeva 12 paesi. In seguito a otto allargamenti si è giunti a 30, con un’intensificazione delle adesioni negli ultimi 20 anni, a partire da quel fatidico 1999, quando venne demolita la Jugoslavia. Infatti i nuovi ammessi sono tutti paesi del disciolto Patto di Varsavia e della smembrata repubblica federale jugoslava. La successione rende chiaro il processo e le intenzioni dei suoi promotori: nel 1999 entrano a far parte della Nato Polonia, Repubblica ceca e Ungheria, cinque anni dopo, nel 2014, è la volta di Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Romania Slovacchia e Slovenia; cui si aggiungono nel 2009 l’Albania e la Croazia; nel 2017, il Montenegro e nel 2020 la Macedonia del Nord. Così l’attuale segretario della Nato, Jens Stoltenberg, alla recente Conferenza di Monaco sulla sicurezza tenutasi il 18 febbraio, ovviamente senza la Russia, ha potuto con grande enfasi vantarsi che “l’allargamento della Nato negli ultimi decenni è stato un grande successo e ha anche aperto la strada a un ulteriore allargamento della Ue”. Il che, per la verità, non sempre è avvenuto come dimostra il caso della Turchia, membro Nato, ma finora fuori dalla Ue.
Esattamente il contrario di quanto George Kennan, figura di spicco negli anni della Guerra Fredda, propugnatore della politica del containment nei confronti dell’Urss, scrisse nel 1997 nella veste di storico, secondo il quale invece – come ci ha ricordato Alberto Negri in suo recente articolo su il manifesto – “ L’allargamento della Nato è il più grave errore della politica americana dalla fine della guerra fredda … questa decisione susciterà tendenze nazionalistiche e militariste anti-occidentali … spingendo la politica estera russa in direzione contraria a quella che vogliamo”. Ma ciò non ha impedito a Stoltenberg di annunciare con giubilo che “questo è il settimo anno consecutivo di aumento della spesa della difesa degli alleati europei, accresciuta di 270 miliardi di dollari dal 2014” anche se gli americani non si accontentano e vorrebbero di più. Vale la pena di notare che il settennato che parte dal 2014 è richiamato sia dal segretario della Nato che da Fukuyama nella sua intervista del 22 febbraio.
Eh già, il 2014: l’anno nel quale le manifestazioni di piazza Maidan a Kiev si trasformarono in una mattanza; l’anno in cui venne firmato il patto noto come Minsk 1, seguito l’anno successivo dal Minsk 2, che avrebbero dovuto garantire il cessate il fuoco e la reintegrazione dei territori di Donesk e Lugansk tramite elezioni, un loro status speciale e un’amnistia per i partecipanti alla rivolta armata, patti che le autorità ucraine non hanno mai voluto e che le consistenti forze fasciste interne all’Ucraina hanno sempre considerato alla stregua di un tradimento; l’anno in cui la Russia annesse la Crimea; come è sempre a partire dal 2014 che è cresciuta esponenzialmente la dipendenza europea dalle forniture di gas russo, passando dal 30% all’attuale 47%. L’Italia è nella media europea di questi valori, il che spiega assai bene come l’attivismo del governo italiano in questa contingenza, peraltro non travolgente, sia ben più legato ad assicurarsi la continuità delle forniture di gas che non a salvaguardare la pace.
Non c’è da stupirsi dunque se la dirigenza russa si senta accerchiata e senza spazio per indietreggiamenti. Non è una novità, ci spiegano gli studiosi della storia, della cultura e della mentalità russe. E’ vero, ma è una ragione in più perché le loro ragioni – che come per tutti non assolute – venissero almeno comprese e prese in considerazione. Come ci ricorda l’ambasciatore Giuseppe Cassini in un articolo sull’ultimo numero della rivista Alternative per il Socialismo di imminente uscita, i russi si ricordano bene che negli anni Novanta il loro paese ritirò tutti gli ordigni nucleari posizionati in Ucraina, Bielorussia e Kazakhstan mentre gli Usa non hanno ritirato i loro, a cominciare da quelli posizionati nel nostro Friuli. Così come non hanno dimenticato le rassicurazioni ricevute, seppure verbalmente, sul fatto che lo scioglimento del Patto di Varsavia non avrebbe comportato l’estensione della Nato fino ai loro confini, con l’unica eccezione della Germania dell’Est. “Che ci fanno gli Stati Uniti in Ucraina alle porte del nostro Paese? Dovrebbero capire che non abbiamo più spazio per arretrare” ha esclamato Putin a dicembre.
Non hanno voluto capirlo. E allora Putin ha deciso di avanzare. Ma non è affatto la scelta migliore. Il riconoscimento, con la teatralità della diretta televisiva, dell’indipendenza di Lugansk e Donesk, con le conseguenze che sono maturate in queste ore sul terreno militare, ammutolisce, per il momento, ogni sforzo sul terreno del dialogo e della diplomazia. “Un grave errore”, lo ha giustamente definito Tommaso Di Francesco su il manifesto. Il confronto, spostatosi interamente sul piano muscolare-militare, è in queste ore in continuo movimento ed è difficile perfino inseguire tutti i passi e le mosse. Ma la sua direzione è purtroppo chiara ed è tragica. Putin ha motivato questa scelta con un lungo discorso alla nazione di cinquanta minuti. In altre occasioni è stato assai più lapidario ed efficace, come quando disse “Chiunque non rimpianga il decesso dell’Unione Sovietica non ha cuore, chiunque voglia resuscitarla non ha cervello”. Per farlo ha dovuto reinterpretare la storia a proprio uso e consumo.
Definire l’Ucraina un prodotto artificiale, chiamando in causa le responsabilità di Lenin, non ha senso da qualunque punto di vista. Non è forse necessario, ma comunque sempre utile, spingersi fino alla nascita del Rus’ di Kiev tra il X e l’XI secolo dove nacque il mito fondativo della “terra russa”, un fattore decisivo nella formazione dello Stato moscovita due secoli più tardi. La “terra russa”, tutta la “terra russa” è l’esito di un processo storico, quello appunto della “raccolta delle terre russe”, come ha recentemente ricordato Adriano Roccucci, ordinario di storia contemporanea a Roma tre e profondo conoscitore della storia di quel paese. Un territorio è parte della “terra russa” non tanto perché abitato da una popolazione di una determinata etnia, ma perché attraverso un secolare processo di espansione quel territorio è stato conquistato dai russi. La Russia non è andata in cerca di colonie, ma dell’allargamento del suo territorio.
Quando, nel 1924, entrò in vigore la Costituzione, l’Urss comprendeva quattro repubbliche: la Repubblica socialista federale sovietica russa (Rsfsr), la Repubblica socialista sovietica ucraina, la Repubblica socialista sovietica bielorussa e la Repubblica federale socialista transcaucasica. Non vi era alcun bisogno di inventarsi l’Ucraina, che c’era già da tempo, poiché la Rsfsr aveva una popolazione pari ai due terzi di quella di tutta l’Urss e una superficie pari al 95 per cento di tutta l’Unione. Se formalmente il principio dell’uguaglianza era rispettato era nella pratica inevitabile che l’Urss apparisse e in effetti funzionasse più come l’estensione della Rsfsr che non come una unione di diverse repubbliche.
Ma a Putin la ricostruzione storica falsata sulle origini dell’Ucraina, come la stessa battuta sulla decomunistizzazione che lui farebbe per davvero e non a metà, serve per tracciare un percorso sostanzialmente unitario della storia russa, entro la quale la rivoluzione bolscevica e l’esperienza sovietica sono al massimo una lunga parentesi all’interno del cammino multisecolare della “Russia, la nostra sacra potenza” come dicono le prime parole dell’inno della attuale Federazione Russa. E Putin è l’uomo che ha portato il suo paese fuori dai turbolenti periodi del crollo del socialismo reale restituendo al suo paese solidità e dignità che tutto il mondo deve rispettare.
Solo che non è la guerra che le può garantire. Solo chi è vivo può riconoscere l’altro, dunque anche le sue motivazioni, le sue necessità i suoi meriti. Una volta stabilite in sede analitica quali sono e come sono distribuite – come sempre in modo diseguale – le responsabilità che hanno portato ad una certa situazione, bisogna fare il passo successivo e cercare di comprendere le ragioni di ognuno e su questa base avviare una soluzione possibile che precluda l’avvento della guerra o ne blocchi immediatamente l’inizio e lo svolgersi. E ancora possibile nella crisi ucraina. Non si deve solo sperarlo ma agire in questa direzione. Non può essere solo il papa a ricordarlo. Il movimento pacifista internazionale che ha, come tutti i movimenti, un andamento carsico, può e deve tornare ad essere un fattore determinante. Non si tratta solo di fare appelli generici alla pace, ma di indicare una strada, premendo sui vari governi perché la perseguano. L’Unione europea non può oscillare tra l’appalto della politica estera a Macron da un lato e l’adagiarsi sul più trito filoatlantismo dall’altro. Nel 1975, in piena guerra fredda, si svolse con successo il vertice di Helsinki ove l’Atto finale venne sottoscritto dai 35 Paesi dell’emisfero nord, per garantire sicurezza e cooperazione, un decalogo per una coesistenza pacifica in piena guerra fredda: integrità territoriale, inviolabilità dei confini post-bellici, non ingerenza negli affari interni, né ricorso alla forza, autodeterminazione dei popoli, rispetto dei diritti umani.
Ora bisogna prima di tutto fermare la macchina bellica in atto. Ma non saranno solo le sanzioni economiche alla Russia decise in sede Ue a riuscirci. L’Italia deve giocare un ruolo di pace in tutti gli organismi internazionali dei quali fa parte. E’ necessario e forse ancora possibile pensare ad una soluzione in qualche modo simile a quella di Helsinki, che cioè ponga l’Ucraina in una condizione di neutralità, fuori dalla Nato e libera da ogni sudditanza verso la Russia, garantendo alle zone prevalentemente popolate da russi una effettiva autonomia. Già prima del precipitare della situazione nelle ultime ore, era ben discutibile che, in base allo stesso statuto della Nato, l’Ucraina fosse in grado di rispondere alle caratteristiche richieste dall’articolo 10 che prevede l’ingresso di Stati europei solo se in grado “di contribuire alla sicurezza della regione”. Ma come si sa gli articoli dei Trattati vengono interpretati in base agli argomenti della forza che non a quelli del diritto. Contano di più le riflessioni di un sociologo come Volodymyr Ishchenko secondo il quale molti ucraini pensano che entrare nella Alleanza atlantica comporta una minaccia maggiore per la sovranità del paese, incrementando le tensioni con la Russia ed esponendolo ai rischi di venire trascinati nelle guerre statunitensi, infinite quanto perdenti. In una intervista a Jacobin Magazine il sociologo di Kiev ricorda che “secondo i sondaggi condotti nel corso di questi trent’anni dall’indipendenza sovietica, lavoro salari e prezzi sono sempre stati al primo posto, mentre identità, lingua. Relazioni geopolitiche, Ue, Russia, Nato sono sempre stati in fondo alla lista delle priorità ucraine”. Ovvero, si potrebbe dire con un balzo di tigre nel passato, pane, pace, lavoro, le stesse parole d’ordine della rivoluzione bolscevica di più di cento anni fa.
Oggi venerdì 25 febbraio 2022
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Domenico Gallo su Democraziaoggi.
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La guerra globale in Europa
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Alfonso Gianni
(Segue)