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Ostinatamente contro la guerra per la Pace. Nulla di intentato

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Interrompere la spirale di guerra, virare verso la pace.
di Alfiero Grandi.

Siamo al terzo gradino dell’invio delle armi in Ucraina. L’escalation continua e il contributo degli Usa e della Nato è diretto ad armare l’Ucraina, in altre parole è una scelta per continuare la guerra, scatenata dall’invasione russa, in nome della presunta possibilità dell’Ucraina di sconfiggere la Russia. Non è una guerra di attrito, definizione che ne sminuisce lutti e distruzioni, ma una guerra vera, con vittime e distruzioni crescenti. È una infezione pericolosa che può mettere in ginocchio i combattenti diretti e scatenare una guerra allargata devastante. L’invasione russa dell’Ucraina ordinata da Putin va avanti incontrando grandi difficoltà, con un ridimensionamento territoriale degli obiettivi. L’Ucraina ha contrastato l’invasione dimostrando quanto fossero infondati i calcoli iniziali di Putin, ma stanno emergendo difficoltà, al suo interno e si aprono interrogativi sul suo futuro, sui prezzi che sta pagando.

Almeno la metà del nostro paese giudica questa situazione pericolosa, foriera di vittime e danni materiali di portata crescente per la popolazione civile e non solo. Non tutti i conti sono oggi possibili ma la ricostruzione dell’Ucraina richiederà risorse enormi e la guerra continua. I pericoli che derivano dalla continuazione della guerra riguardano anzitutto i contendenti e le popolazioni più esposte ai combattimenti, ma si delinea anche una modifica che sarà sempre più difficile rendere reversibile delle relazioni nel pianeta. La guerra si diffonde come un’infezione nel pianeta. La globalizzazione, tanto esaltata in passato, oggi è compromessa. Si delinea un pianeta a grandi chiazze territoriali che si guardano in cagnesco, come e perfino peggio durante la guerra fredda. Non a caso è partita una rincorsa agli armamenti, all’aumento delle spese militari di proporzioni sconosciute da decenni.

Tutti privilegiano il riarmo, impiegando sempre maggiori risorse e senza riguardo alle priorità economiche e sociali che vengono relegate in secondo piano e che finiscono per diventare la variabile dipendente. Così la spesa per le armi cresce a discapito di quella sociale.

Dall’acquisto crescente di armamenti sempre più distruttivi, al loro impiego, alla guerra, il passo è breve. Il riarmo è una profezia negativa di guerra che si auto avvera. Per di più l’uso delle bombe nucleari continua a restare incombente. Una presenza minacciosa e pericolosa.

Anche a questo conflitto si può fare l’abitudine più diventa lunga la sua durata, al punto da sottovalutarne le conseguenze come la possibile deflagrazione di un conflitto mondiale. Non solo i protagonisti principali (Russia e Usa) anche il governo inglese non fa mistero che il suo appoggio all’Ucraina non è solo un aiuto per la difesa dall’invasore ma punta ad un cambio di regime in Russia, ad una sua sconfitta militare, senza disdegnare la possibilità di offensive (ucraine?) nel territorio russo. O azioni di forza per il grano, iniziativa evocata con leggerezza anche in Italia. Eppure, sono passati pochi mesi da quando l’imperativo nel mondo sembrava quello di coordinare e cooperare le iniziative degli stati per affrontare la crisi climatica del pianeta finalmente al centro delle iniziative. Prima che il climate change diventi irreversibile nel nostro pianeta. Ora la guerra uccide, devasta le strutture, l’ambiente, il cibo, semina odi e paure, scava solchi profondi, difficili da colmare. Perfino la cultura (tutta) sembra non essere più patrimonio mondiale, ma viene ridotta a subordinata delle scelte politiche, al punto che scrittori, artisti appartenenti alla cultura altrui subiscono l’ostracismo.

È una spirale pericolosa fondata sulla negazione dell’altro.

Prima che sia troppo tardi occorre fermare questa rincorsa, rimettendo al centro il dialogo, il cessate il fuoco, l’assistenza a chi è colpito dalla guerra, le trattative per realizzare le condizioni per arrivare ad accordi di pace. L’imperativo ora deve essere fermare la guerra. Il papa aveva messo da tempo in guardia, inascoltato, che una guerra mondiale era ormai in corso da anni in decine di aree del pianeta, anche se strisciante, diffusa a chiazze, non sempre visibile, in prevalenza fuori dall’Europa. Ora è arrivata anche in Europa. Presi da comprensibili reazioni si è pensato che bastasse sostenere la resistenza degli invasi, fino a concentrarsi sull’invio di armi sempre meno difensive, sempre più offensive, ammesso che questa distinzione abbia sempre un senso reale.

Gli Usa hanno colto l’occasione dell’invasione russa dell’Ucraina per serrare le fila e rilanciare l’alleanza atlantica, in crisi di scopo da tempo (basta ricordare Macron) e ora rinsaldata con l’individuazione del nemico da battere. Per una sorta di eterogenesi dei fini l’invasione dell’Ucraina ha portato al risultato che due paesi scandinavi, prima non allineati, hanno chiesto di entrare nella Nato. Un pessimo risultato per una guerra iniziata invadendo l’Ucraina con lo scopo anche di evitarne l’ingresso nella Nato. È la conferma che la scellerata decisione di Putin di invadere l’Ucraina ha rilanciato guerrafondai e produttori di armi. È evidente che la guida del crescente invio di armamenti è saldamente americana, al punto che la Nato è solo una componente dello schieramento di Ramstein ed è lì che si decide quali e quante armi inviare in Ucraina. Purtroppo, finora l’attenzione è stata prevalente sulla guerra con una coazione a ripetere: più armi e più sanzioni, senza neppure una riflessione se queste azioni siano state efficaci e se non sia giunto il momento per tutti di cambiare ottica e strategia. Prima che sia troppo tardi.

È giunto il momento di chiedersi dove si vuole arrivare.

Forse si può ancora invertire la tendenza. Anche il governo italiano dopo una fase in cui parlava solo dell’invio di armi all’Ucraina oggi sembra rendersi conto che occorre impegnarsi per iniziative di pace. Draghi ha messo al centro lo sblocco del grano ucraino. La priorità deve essere impedire che il conflitto in Ucraina scivoli verso una guerra mondiale. Sull’orlo di questo abisso troppi compiono macabri passi di danza. Passare dal sostegno con le armi all’Ucraina alla cessazione dei combattimenti e ad aprire trattative di pace richiede un cambiamento netto di impostazione. In altre parole, non è aumentando l’invio di armi e insistendo su sanzioni sempre più dure che si arriverà ad una prospettiva di pace. A meno che si pensi seriamente che sia possibile arrivare alla sconfitta e all’umiliazione della Russia, mettendo nel conto anche reazioni terribili. È un grave errore che l’Unione Europea rinunci ad avere una posizione autonoma per la pace e si impegni solo per armi e sanzioni.

Aprire un terreno diverso? Chi, come?

Le grandi potenze, e non solo loro, da tempo hanno fatto di tutto per svuotare la sede ONU di ruolo e credibilità. Senza un ruolo dell’ONU i rapporti mondiali sono stati abbandonati ai rapporti di forza, che esistono ovviamente, ma che dovrebbero essere contenuti proprio dalla sede internazionale di governo dei conflitti mondiali, cioè l’ONU. Svuotarne ruolo e significato è stato un clamoroso autogol e ora ne avremmo estremo bisogno.

Non è chiaro perché il governo italiano abbia sottoposto in solitudine al segretario generale dell’Onu una proposta per la pace. L’iniziativa in sé è interessante per il fatto di esserci, anche se nel merito è discutibile. Per avere forza la proposta doveva essere costruita insieme ad altri, ad esempio in sede europea, almeno con alcuni suoi membri autorevoli, e destinata all’assemblea dell’Onu, con la richiesta di convocarla in modo permanente fino alla soluzione della crisi, come proposto proprio in Italia. Alla pace si può arrivare se le rappresentanze mondiali, in sede ONU, si impegnano per questa soluzione. I paesi che hanno fin qui hanno preso iniziative di mediazione hanno reso evidente che occorre qualcosa di più, anzitutto un ripensamento delle posizioni delle potenze mondiali, a partire dalla Russia e dagli Usa, puntando a coinvolgere la Cina, concentrando le iniziative dell’UE nella direzione prioritaria della pace.

È giusto provare a sbloccare l’invio del grano ucraino nei paesi che rischiano di pagare un prezzo pesante, ma è inevitabile che avvenga attraverso un’intesa con i belligeranti e che vengano in evidenza altri aspetti come le sanzioni. Si è dato per scontato qualcosa che non lo è. Non può essere l’Ucraina a decidere il futuro delle relazioni mondiali, con il pericolo di arrivare a una guerra mondiale, insistendo per troncare le relazioni economiche con la Russia.

Se si vuole la pace occorre essere disponibili a trattare.

Continuare a puntare tutto sul sostegno armato rischia di fare un pessimo servizio all’Ucraina. Continuare a puntare tutto sulle armi rischia di portare i paesi della Nato sempre più sull’orlo di un conflitto mondiale e di provocare gravi danni economici e sociali a tutti. Per questo occorre che tutti gli attori si assumano la responsabilità di dire con chiarezza che è giunto il momento di puntare tutte le carte sulla cessazione dei combattimenti e sulla pace e questo compito non può essere delegato a nessuno. La pace deve deciderla l’Ucraina: è un modo sbagliato di porre il problema. Tutti dobbiamo aiutare l’Ucraina ad arrivare alla pace, senza però farne l’alibi per giustificare l’assenza di iniziative del resto del mondo, per continuare la guerra. Ognuno si assuma la responsabilità di fermare il gioco al massacro (anzitutto a danno degli ucraini) e lo faccia in modo trasparente nella sede ONU, la cui assemblea generale è la sede migliore per affrontare la questione ucraina. Da qualche parte occorre iniziare per risalire la china, perché nessuno ha interesse alla distruzione dei contendenti e questo va fatto ora, prima che i rapporti di forza sul terreno possano suggerire uno stato di fatto. In sostanza solo una iniziativa di pace ora può evitare un futuro separato, di fatto, come è avvenuto a Cipro.

Come è stato detto autorevolmente abbiamo bisogno di una conferenza sulla sicurezza e la pace come quella di Helsinki del 1975 non di una separazione dettata dalle armi. Questo andrebbe ricordato quando Erdogan si erge a mediatore, poi ricatta i paesi scandinavi che vogliono entrare nella Nato sui curdi. È uno squilibrio preoccupante che le rappresentanze politiche non diano voce alle opinioni dell’elettorato del nostro paese, che non vuole la guerra.

Per questo è più che mai necessario che l’ampia opinione pubblica che è per la pace faccia sentire con maggiore forza la sua opinione, che si autorappresenti. L’impegno attivo è cresciuto ma non basta ancora, anzitutto deve essere profondamente unitario e deve essere in grado di arrivare a cambiare profondamente l’ottica di azione del nostro governo, a modificare l’impostazione dell’Unione europea che rischia di essere una delle vittime di questa guerra, mentre dovrebbe essere protagonista di una soluzione di pace.
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Pubblicato da Jobsnews.it il 31 maggio 2022
By redazione |Maggio 31st, 2022

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appello
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La fine di una guerra senza fine
di Sandro Antoniazzi su C3dem

Un nuovo intervento, sulla guerra in Ucraina, mosso, come dice l’autore, da “sano realismo”, espressione autorevole di una delle anime, tra le molte e diverse, in cui si articola il mondo cattolico e democratico di fronte al tragico conflitto innescato dall’aggressione russa

Nella guerra in Ucraina ci troviamo di fronte a una situazione dove si continua a combattere, mentre sono pressoché ferme le prospettive di confronto politico.

Sembrano però perdere di peso le affermazioni di una parte dello schieramento occidentale secondo le quali è possibile “vincere” la guerra che, in alcune dichiarazioni di Zelensky, si spingono a volte sino a immaginare una riconquista di tutti i territori, Crimea compresa.

Sempre di più si sentono, invece, voci di esponenti politici europei che cercano di far presente l’esigenza di una trattativa con la Russia: ne fanno testo tanto il discorso di Draghi a Washington quanto le iniziative di Macron e di Scholz.

Del resto, è difficile pensare di continuare una guerra senza fine, come se fosse una guerra di logoramento reciproco.

Anche se non si volesse tener conto delle vittime umane quotidiane (quelle complessive, e non due morti qua e tre morti di là), la situazione sul teatro di guerra sembra chiara: la Russia ha rinunciato all’invasione dell’intera Ucraina, ma sembra ormai vicina alla conquista del Donbass.

Quando la Russia avrà completato l’occupazione del Donbass – con le relative conseguenze: introduzione del rublo, lingua russa, anagrafe russa, domani scuole russe – sarà difficile pensare di farla tornare indietro.

Quali sono in questa situazione le prospettive che si presentano?

Il fronte occidentale, sinora tutto sommato unito, sta approssimandosi sempre di più a un punto di stallo.

L’ultimo pacchetto di sanzioni fa fatica ad essere approvato, il che rende molto aleatoria la possibilità di ulteriori decisioni in questo senso.

Gli analisti intanto mettono in risalto il costo che ha per l’Europa l’adozione delle sanzioni, con il rischio crescente di una reazione negativa a livello delle popolazioni.

Inoltre, se le sanzioni hanno indubbiamente danneggiato la Russia, la rivalutazione dei prezzi energetici e la maggiore libertà propria di un sistema autocratico (ciò che ha prodotto il rafforzamento del rublo) le hanno consentito di non essere messa nell’angolo: decisioni estreme – niente più né gas né petrolio dalla Russia – sono razionalmente fuori dalla nostra portata.

Anche sul piano degli armamenti, da una parte iniziano a manifestarsi delle difficoltà (in Italia il terzo invio ha sollevato problemi, che rendono poco plausibile un eventuale quarto), ma soprattutto sembra che non basti il rifornimento di armi all’esercito ucraino per metterlo alla pari delle forze russe.

Non rimane dunque che lavorare perla pace, sapendo che questo significa per l’Ucraina la rinuncia ad alcuni territori, la Crimea e il Donbass, la prima già in mano ai russi da tempo, il secondo terra di permanente conflitto.

L’Ucraina in compenso vedrebbe riconosciuta la sua indipendenza come nazione e conserverebbe la zona Sud, con Odessa, essenziale per la sua attività di esportazione; il proseguimento della guerra potrebbe significare perdere anche l’area meridionale con lo sbocco sul mare e questo sarebbe una perdita irreparabile per l’Ucraina.

Se poi si dovesse parlare dei danni a livello mondiale, che questa guerra e il suo prolungamento determinano, l’elenco sarebbe lungo; e forse quello che sta facendo pensare i governi occidentali è una possibile rivolta dei paesi africani e arabi colpiti pesantemente dalla mancanza del grano.

Un po’ di toni meno bellicosi e di affermazioni trionfalistiche (come se la decisione di Finlandia e Svezia di rinunciare alla neutralità e chiedere l’ingresso nella NATO fosse un passo avanti e non un passo indietro) e un po’ più di sano realismo, forse, sarebbero un orientamento migliore da tenere nei rapporti internazionali.

Sandro Antoniazzi
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Cordoglio per la morte di Carlo Smuraglia

82bbcf5c-5050-42d7-807c-c0081b12da1aMorto Carlo Smuraglia, paladino della Costituzione. Anpi: resterà nella storia d’Italia
31 Maggio 2022 su Democraziaoggi
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Carlo Smuraglia era un giovane di 99 anni. Poteva parlare approfonditamente di Resistenza e Costituzione per più di un’ora, a braccio, stando in piedi, senza mai perdere il filo del discorso e tenendo l’uditorio attento. E poi chiedere scusa quando, a causa del caldo, si toglieva la giacca. Lo ricordo così.
Partigiano sempre (l.s.)

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(Segue)

Ostinatamente per la Pace. Nulla di intentato

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31 MAGGIO ORE 18 – #STOPTHEWARNOW UCRAINA: PACE, AIUTO UMANITARIO ED ACCOGLIENZA

1° webinar di FQTS – martedì 31 maggio 2022 dalle ore 18.00 alle 19.30

Una riflessione su quanto sta avvenendo oggi nel cuore dell’Europa: un conflitto che coinvolge non solamente Ucraina e Russia, ma anche tutti noi. Eventi geopolitici per i quali il Terzo settore non vuole e non può rimanere indifferente.

#StopTheWarNow Ucraina: pace, aiuto umanitario ed accoglienza sarà un dialogo coordinato da Silvia Stilli, portavoce di AOI al quale porteranno il loro contributo Carlo Borgomeo, presidente della Fondazione CON IL SUD; Vanessa Pallucchi, Portavoce del Forum del Terzo Settore; Chiara Tommasini, Presidente di CSVnet; Gianpiero Cofano, Segretario Generale Associazione Papa Giovanni XXIII e portavoce #StopTheWarNow; Alberto Capannini, Operazione Colomba; Ivana Borsotto, Presidente Focsiv.

Una riflessione comune che a partire dalle iniziative concrete che molti soggetti del nostro mondo hanno promosso e a cui hanno preso parte in questi difficili tempi di guerra, sarà occasione per dare visibilità al valore delle azioni di solidarietà internazionale che hanno mobilitato il Paese e alla straordinaria accoglienza immediata per donne, uomini, bambine bambini in fuga dalla guerra in Ucraina nel nome dell’impegno per la Pace.

Per partecipare è necessario registrarsi qui: https://tinyurl.com/heteubwj

Stop The War Now nasce come un’azione di pace promossa da organizzazioni della società civile italiana e da associazioni di solidarietà e cooperazione internazionale. A partire da un ristretto gruppo di realtà cattoliche l’iniziativa si poi rapidamente diffusa fino a raccogliere oltre 150 adesioni. Una carovana di pace che dal 1 al 4 aprile ha portato a Leopoli, in Ucraina, associazioni, volontari e aiuti umanitari, per poi riportare in Italia 300 rifugiati, la maggior parte dei quali in condizioni fisiche, psichiche e sanitarie molto precarie.

Questa iniziativa è stata un’importante risposta a quanto stava accadendo in Ucraina, un modo del Terzo settore per ribadire il suo fermo no ad ogni guerra, ad ogni violenza e violazione dei diritti umani. Contemporaneamente, ed in tempi molto rapidi, tutto il Terzo settore italiano si è mobilitato per portare risposte e sostegno ai bisogni del popolo ucraino: dalla raccolta di materiali e beni di prima necessità, all’assistenza sanitaria, dalle campagne di raccolta fondi, all’assistenza dei profughi in loco fino all’accoglienza nel nostro Paese. Il Terzo settore infatti, come per tutte le emergenze, non è rimasto fermo e indifferente, ma anzi, si è attivato immediatamente con iniziative di solidarietà.

Il progetto formativo FQTS (Formazione Quadri Terzo Settore), promosso dal Forum del Terzo Settore e CSVnet e sostenuto dalla Fondazione Con il Sud, ha l’obiettivo di declinare in azioni concrete e modalità operative aperte l’impegno di carattere relazionale, politico e organizzativo, sviluppandosi all’interno della dimensione comunitaria. Proprio in questo quadro e in conseguenza degli eventi geopolitici che stiamo vivendo e che ci chiamano in prima persona a ragionare sulle complessità di questa situazione, il progetto FQTS ha deciso che il 1° di un ciclo di quattro webinar previsti, approfondisse proprio la delicata attualità di questi mesi.

I quattro webinar sono rivolti non solo agli oltre 900 partecipanti al percorso formativo, ma a tutti coloro che vorranno approfondire e riflettere i temi di volta in volta trattati.
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SCONFIGGERE L’UOMO FORTE
28 Maggio 2022 su C3dem
Paolo Lepri, “Noi e la guerra. Una battaglia ideale per la difesa dei diritti” (Corriere della sera). Frans Timmermans, “Basta mettere i soldi in tasca a Mosca. La resistenza inizia nelle nostre case” (intervista a La Stampa). Siegmund Ginzberg, “Cent’anni di antiamericanismo” (Foglio). Rony Hamaui, “Sconfiggere l’uomo forte è il primo obiettivo” (lavoce.info). UCRAINA/RUSSIA: Vittorio E. Parsi, “La Ue non reggerà all’infinito. Bisogna farlo capire a Kiev” (intervista a Qn). Paola Peduzzi, “L’impatto dei negoziati prematuri, mentre Mosca ribalta il conflitto” (Foglio). Micol Flammini, “Le domande a Kiev” (Foglio). Gianandrea Gaiani, “Donbass, la tenaglia russa. A Mosca il 25% dell’Ucraina” (Mattino). Cecilia Sala, “I russi arrivano a Severodonetsk prima dei razzi americani” (Foglio). Paolo Mastrolilli, “Gli Usa si interrogano sui nuovi obiettivi” (Repubblica). Massimo Gaggi, “Perché Biden rischia di essere isolato” (Corriere della sera). Mattia Diletti, “Biden ha ereditato un paese polarizzato e paralizzato” (Scenari/Domani). Tommaso Ciriaco, “Il negoziato di Draghi per liberare il grano” (Repubblica). Vittorio Da Rold, “Quello che non torna nella strategia di Draghi sull’Ucraina” (Domani). Francesca Basso, “Le vie del grano: i treni o il Bosforo” (La Stampa). Marco Bresolin, “Per salvare l’embargo Ue sul petrolio, si va verso l’esenzione all’Ungheria” (La Stampa). David Carretta, “L’Europa è divisa su come deve finire la guerra” (Foglio). Barbara Spinelli, “Sulla guerra la Russia ha due linee diverse, e anche l’Europa” (Il Fatto). Franco Monaco, “Per la pace servono concessioni reciproche, non soltanto a Kiev” (Il Fatto). Carlo Galli, “Un abbaglio chiamato Putin” (Repubblica). Salvatore Bragantini, “Le contorsioni intellettuali dei ‘realisti’ e ‘complessisti’ sulle mosse di Putin” (Domani). Nadia Urbinati, “La guerra in Ucraina sta cambiando l’Occidente” (Domani). INOLTRE: Jeffrey Sachs, “Finalmente abbiamo capito che crescita e sviluppo non sono la stessa cosa” (Sole 24 ore).
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L’ASSE PD-M5S ALLA RICERCA DI EQUILIBRIO. RICORDARE DE MITA. SINDACATO E POPULISMO
28 Maggio 2022 su C3dem
Ilvo Diamanti, “FdI primo, tiene il Pd. L’Italia senza partiti, contano solo i leader” (Repubblica). Francesco Verderami, “Crisi del grano, allarme profughi” (Corriere della sera). Daniela Preziosi e Lisa Di Giuseppe, “L’irresistibile discesa del leader mai nato nel M5s” (Domani). Ferdinando Adornato, “L’asse Pd-M5s alla ricerca di equilibrio” (Messaggero). Lina Palmerini, “Per Letta e Meloni buone e cattive notizie dai sondaggi” (Sole 24 ore). Claudio Cerasa, “Prove di destra draghiana. Il manifesto antipopulista di Fedriga” (Foglio). Marco Cremonesi, “La visita a Parolin, i contatti turchi, Salvini pronto a partire per Mosca” (Corriere della sera). Stefano Passigli, “La guerra e le prospettive di governo” (Corriere della sera). Guido Melis, “Perché la Pubblica amministrazione rischia di non cambiare mai” (Domani). REFERENDUM: Gianluca De Rosa, “Il referendum e il Pd” (Foglio). “Percorsi separati per giudici e pm, il Sì di Ceccanti, il No di Ferraresi” (Sole 24 ore). Stefano Ceccanti, “Alcune considerazioni sul referendum sulla giustizia” (Paradoxa forum). INOLTRE: Dario Di Vico, “I sindacati travolti dal populismo” (Foglio). Gherardo Colombo, “Perché si può abolire il carcere” (Left)
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CIRIACO DE MITA: Marco Damilano, “Il tempo lungo di Ciriaco De Mita” (Foglio). Pierluigi Castagnetti, “Con lui se ne va un’epoca politica. Il suo coraggio non fu compreso” (intervista ad Avvenire). Marcello Sorgi, “L’ultimo democristiano” (La Stampa). Guido Bodrato, “Ha sempre creduto nella mano pubblica” (intervista al Manifesto).
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Riflessione sulla scomparsa di Ciriaco De Mita
di Lucio Garofalo
Seppur volessi, non riuscirei ad associarmi alla “canea” delle dichiarazioni di cordoglio, al coro quasi unanime delle condoglianze, più o meno sincere ed ipocrite che siano, per il lutto che ha investito la comunità di Nusco, in particolare la famiglia De Mita, nonché il territorio dell’Irpinia e dintorni. Non riesco ad avvertire alcun dolore autentico. Si potrà obiettare che “il sentimento del cordoglio è per l’uomo, non per il politico”… In verità, l’uomo e il politico sono inscindibili da circa 70 anni, se non oltre, da quando, nel 1953, se non erro, la “buonanima” esordì sulla scena politica aderendo alla corrente della “Sinistra di Base” che apparteneva alla “Balena bianca”, la Democrazia Cristiana. La carriera politica di De Mita decollò grazie anche alla moglie, che era la segretaria di Fiorentino Sullo, esponente di spicco della DC, anch’egli originario dell’Irpinia, precisamente di Paternopoli… Negli anni ’80, il figlio del sarto di Nusco riuscì a diventare uno degli uomini politici più potenti d’Italia, costituì il punto di riferimento, il perno centrale attorno a cui ruotava un ceto dirigente democristiano che annoverava numerosi elementi provenienti dall’Irpinia: Gerardo Bianco, Giuseppe Gargani, Salverino De Vito, Lorenzo De Vitto ed altri… Fu l’unico leader DC a ricoprire nello stesso tempo la carica di Presidente del Consiglio, dal 1988 al 1989, e segretario nazionale del partito, dal 1982 al 1989. Ciriaco De Mita è stato un astuto ed abile politico, nonché un intellettuale colto e raffinato, provvisto di una mente acuta, capace di elaborare un pensiero progettuale di ampio respiro, ma tali qualità politiche ed intellettuali furono subordinate ad un disegno egoistico di accrescimento e mantenimento del potere, per sé e per la propria cerchia familiare, amicale e clientelare… Ma il fallimento storico-politico del demitismo è testimoniato da numerosi fatti ed elementi concreti, alcuni dei quali appaiono in una dimensione drammatica e raccapricciante: dallo spopolamento crescente ed inarrestabile delle comunità dell’entroterra irpino, del cratere sismico in maniera particolare, alla chiusura di numerose fabbriche (alcune erano già decotte in partenza) ed intere aree industriali, installate durante la lunga stagione della ricostruzione post-sismica, grazie agli ingenti fondi pubblici erogati dalla Legge n. 219 del 1981: ben 60mila miliardi di vecchie lire, di cui una percentuale assai cospicua è stata dirottata per finanziare la camorra e rimpinguare le attività illecite ed il malaffare… Senza omettere che la nostra terra, l’Irpinia, detiene il lugubre primato dei suicidi in tutto il Meridione d’Italia… Potrei proseguire qui nel “dipingere” il macabro e desolante quadro storico-politico ed esistenziale, ma ritengo che la sintesi che ho formulato basti. Sorvolerei sul caso, arcinoto (ma non ai più), dell’Irpinia-gate, sul quale venne scritto e pubblicato un libro nel 1989… Insomma, con la dipartita di Ciriaco De Mita è scomparso un “nemico di classe” per il movimento comunista ed antagonista irpino (o, almeno, per i soggetti sopravvissuti, per i “cani sciolti”, tra cui il sottoscritto)… De Mita è stato un avversario politico per intere generazioni di comunisti e dissidenti che hanno osteggiato il suo sistema di potere, instaurato soprattutto in Irpinia e nel Sannio. Un sistema di potere molto ramificato e radicato principalmente nel settore della sanità regionale, delle imprese industriali, delle banche e dovunque si allungassero i suoi tentacoli voraci… In futuro si dovrà contrastare il “demitismo senza De Mita”, cioè il sistema di potere imposto ed esercitato dagli epigoni del “podestà” di Nusco… Perciò, temo che si rischi di rimpiangere (!) il “demitismo” con De Mita.
Lucio Garofalo
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Oggi martedì 31 maggio 2022

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Gli alberi non si tagliano, si amano!
31 Maggio 2022
Rosamaria Maggio su Democraziaoggi.
Si è svolta davanti al Palazzo di Giustizia di Cagliari, lo scorso 28 maggio, una manifestazione indetta da associazioni e cittadini preoccupati per il verde pubblico della città di Cagliari.
Hanno aderito, oltre a liberi cittadini, le associazioni Difensori della Natura, Sardegna pulita, Donne ambiente Sardegna, Green Stuff, Comitato globuli verdi, Amici della Bicicletta Cagliari, […]
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Appello no armi-trattativa subito. Crescono le adesioni. Mercoledì 1° giugno secondo incontro
31 Maggio 2022
Comitato No Armi – Trattativa subito.
Nuovo incontro mercoledì 1° giugno, ore 18, presso la sede della CSS, via Marche Cagliari.
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Verso il convegno su Charles de Foucauld

43946c92-c3c0-4856-8e22-74e17dbdd791 Materiali per l’incontro di martedì 7 giugno. Claudia Zuncheddu: Sulle piste dei tuareg dell’Hoggar verso l’Assekrem.
(L’Hoggar è tutta la catena montuosa Sud Algeria e nella cima del monte Assekrem, l’heremitage di C. de Foucauld).
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Charles de Foucauld Chicco di grano nel deserto
di Anna Pozzi
[segue]

Oggi lunedì 30 maggio 2022

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——————-Opinioni, Commenti e Riflessioni——————–
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ANPI Sarda. Oggi incontro regionale per la pace via zoom
30 Maggio 2022 su Democraziaoggi
L’impegno del’ANPI nell’attuale contesto internazionale
Lunedì 30 Maggio 1922 ore 17-20 – in diretta via ZOOM
Entra nella riunione in Zoom

https://us02web.zoom.us/j/87239886952?pwd=a3NZM2NQVDFkN0pSNXZhQnRuSFViUT09

Presenta
Antonello Murgia – Coord. Regionale
Introduce
Gianna Lai – Comitato Naz. ANPI
Dibattito
Conclude
Betty Leone – Comitato Naz. ANPI
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Scuola: cosa nasconde il decreto legge di attuazione del PNRR!
30 Maggio 2022
Rosamaria Maggio su Democraziaoggi.
Oggi sciopero della scuola in Sardegna. Gravi misure contro la scuola nel decreto legge di attuazione del PNRR. Ecco un riflessione critica.
Mentre si avvicina il termine per la conversione del decreto legge 36/22 del 29.4.22, attualmente in esame nelle commissioni competenti e che modifica la legge 59/17 in tema di accesso all’insegnamento e di […]
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Arrigo Miglio cardinale sardo

arrigo-al-48La nomina cardinalizia di mons. Arrigo Miglio: un riconoscimento per la Sardegna
di Franco Meloni

Arrigo Miglio ha tutti i titoli e le qualità per meritare la nomina a cardinale. Tra tutti l’aver guidato dal 1992 al 1999 la diocesi di Iglesias, dal 1999 al 2012 la diocesi di Ivrea e, infine dal 2012 al 2019 la diocesi di Cagliari, della quale è arcivescovo emerito. (segue)

Arrigo Miglio creato cardinale da Papa Francesco

a1c12773-05f9-4d14-94c0-126a7f3a0964Papa Francesco: Concistoro il prossimo 27 agosto
Papa Francesco crea 16 cardinali elettori e 5 ultraottantenni, tra questi ultimi Arrigo Miglio, arcivescovo emerito di Cagliari.
A mons. Arrigo Miglio da parte del direttore e dei redattori di Aladinpensiero online
Felicitazioni e i migliori Auguri di buon lavoro al servizio della Chiesa e dell’Umanità.

Oggi domenica 29 maggio 2022

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Carbonia. I 72 giorni della “non collaborazione”. Nelle miniere italiane, sciopero generale di solidarietà per il Sulcis: la politica è costretta a occuparsi di Carbonia mentre la deputazione sarda presenta alla Camera un controverso o. d.g. in difesa delle miniere. Di Vittorio avvia la trattativa a livello nazionale
29 Maggio 2022
Gianna Lai su Democraziaoggi.

Alla proposta delle Commissioni interne di riduzione dei costi, attraverso l’aumento della produzione e la riqualificazione delle strutture e del personale, la linea della SMCS resta sempre quella dei licenziamenti e della smobilitazione. Così, fin dalla seconda settimana di ottobre, si fanno tali le pressioni a livello politico, da indurre a un incontro […]
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ANPI: irrilevanti a fini di riforma i referendum 12 giugno
29 Maggio 2022 su Democraziaoggi.
L’Anpi nazionale ha preso posizione sui referendum del 12 giugno, ritenendoli irrilevanti a fini riformatori. L’Anpi mette in luce l’importanza dello strumento referendario, il cui uso però deve essere riservato a quesiti agevolmente comprensibili dal corpo elettorale e a cui si possa rispondere con un sì o un no, con effetti immediati, come, ad esempio, […]
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Verso il convegno su Charles de Foucauld

eccolo-due1354aa98-bea4-48a6-be63-3057499ca7dfMateriali pertinenti (tratti dal libro/presentazione di Brunetto Salvarani).
Intervista.

Ostinatamente per la Pace. Nulla di intentato

appelloPiano di pace cercasi
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Abbiamo superato il novantesimo giorno di guerra senza che si intravedano soluzioni. L’Italia ha finalmente emesso un vagito presentando la bozza di un piano di pace che, timidamente, affronta le controversie sul tappeto. Le reazioni di tutte le parti sono state negative. Ma non c’è alternativa. Occorre rilanciare, sollecitando Francia e Germania a ripresentare un piano di pace comune. Subito.
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di Domenico Gallo*
Abbiamo superato il novantesimo giorno di guerra e, per dirla con Guccini: ancora tuona il cannone / ancora non è contenta/ di sangue la bestia umana.

Sono 46 i paesi che hanno partecipato qualche giorno fa al vertice on line organizzato dal Segretario alla Difesa statunitense, Lloyd Austin, per allargare e rafforzare la Santa Alleanza creata a Ramstein il 24 aprile con la missione fornire una valanga di armamenti che consentano all’Ucraina di proseguire la guerra per mesi o per anni, fino a conseguire la vittoria. Il programma degli alleati occidentali a guida USA è che il cannone deve tuonare ancora a lungo. Il mantra è che sono gli ucraini che devono decidere quando ci siano le condizioni migliori per intavolare il negoziato che porterà fine alla guerra.

Niente di più falso! il comportamento dei belligeranti non dipende soltanto dalle parti in conflitto, ma in larga parte dal grado di consenso/dissenso, sostegno/boicottaggio, che viene dagli altri attori internazionali. Basti pensare che il conflitto in Bosnia cessò dopo che un attore internazionale (gli USA) convocò le parti belligeranti nella base militare di Dayton nell’Ohio. Dopo 21 giorni di intensi negoziati le parti stipularono l’accordo di pace, poi firmato formalmente a Parigi il 14 dicembre 1995.

A differenza della Bosnia, questa volta tutto possiamo aspettarci tranne che Biden convochi Putin e Zelensky e li rinchiuda in una base militare tenendoli prigionieri fino a quando non partoriscano un accordo di pace. Dopo Ramstein le campane della pace suonano a morto. La decisione di effettuare forniture militari illimitate, non può che spingere il governo di quel paese a prolungare all’infinito il conflitto, alzando sempre di più il prezzo per un negoziato di pace. Non possiamo ignorare che, a parte l’adesione alla NATO, fra la Federazione Russa e l’Ucraina c’è una pesante controversia territoriale che coinvolge l’intera Crimea (annessa alla Russia nel 2014) ed una larga parte del territorio del Donbass, abitato da una popolazione russofona e russofila che si è ribellata al governo centrale, creando le due repubblichette di Donetsk e Lugansk, nate da una sanguinosa guerra civile, che all’epoca provocò circa 14.000 morti. Se il concetto di vittoria per gli ucraini significasse il recupero dei territori annessi direttamente o indirettamente alla Federazione Russa, allora la guerra non finirebbe mai, crescerebbe d’intensità, si estenderebbe e potrebbe sfociare in un conflitto nucleare. E’ facile intuire che la Russia non rinuncerebbe mai alla Crimea, base principale della sua flotta, e che gli abitanti delle due repubblichette del Donbass, considerati dei traditori da Kiev per il loro appoggio all’invasione, non accetterebbero mai di tornare sotto la sovranità ucraina poiché ormai si è formato un baratro di odio incolmabile fra le due comunità. L’Europa, anche se arruolata nella Santa Alleanza di Ramstein, non ha nessun interesse, al prolungamento della guerra. Adesso finalmente stanno uscendo delle crepe nell’asse euro-atlantico. Anche se Draghi si è presentato a Washington come garante dell’unità USA-Europa, l’Italia ha emesso un primo vagito presentando la bozza di un piano di pace che, timidamente e per la prima volta, affrontava le controversie sul tappeto del conflitto Russo-Ucraino. Inutile dire che dall’amministrazione americana è venuto un silenzio assordante, mentre trapelava il malumore dell’altro Rappresentante dell’UE, che in quest’epoca storica si è disegnato il ruolo di portavoce della NATO più che dell’Unione Europea e quello di Kiev.

La risposta più sprezzante è venuta da Mosca per bocca di Dmitri Medvedev, vice presidente del Consiglio di Sicurezza russo: “c’è la sensazione che sia stato preparato non da diplomatici ma da politologi locali che hanno letto giornali provinciali e che operano solo sulla base delle notizie false diffuse dagli ucraini.” E’ una risposta, non si capisce se più stupida o più arrogante. I russi non si sono ancora resi conto che la rottura dell’unamismo fra USA e Unione Europea è per loro l’unica speranza di uscire fuori dal disastro in cui si sono cacciati. Sono interessanti le dichiarazioni di Kissinger a Davos: “8 anni fa quando è emersa l’ipotesi dell’ingresso dell’ucraina nella NATO ho scritto un articolo in cui dicevo che l’esito ideale sarebbe stato un’Ucraina neutrale una sorta di ponte fra Europa e Russia invece che una linea del fronte, una prima linea di schieramenti opposti interni all’Europa. Questa opportunità al momento non esiste più, non in quella forma, ma può ancora essere concepita come obiettivo finale.(..) il rischio è di entrare in uno spazio in cui la linea di demarcazione è ridisegnata e la Russia è completamente isolata. Bisogna ricordare che la Russia è stata una parte essenziale dell’Europa per oltre quattro secoli: i leader europei non dovrebbero perdere di vista l’orizzonte di una relazione a lungo termine con Mosca perché ci troviamo ora di fronte a una situazione in cui la Russia potrebbe alienarsi completamente dall’Europa e cercare un’ alleanza forte permanente con la Cina.(.) Dovremmo lottare per una pace a lungo termine”.

In questo contesto se il piano di pace presentato dall’Italia non riesce a decollare, non per questo bisogna rassegnarsi alla logica del cannone. Ci vorrebbero interlocutori più robusti, l’Italia dovrebbe sollecitare la Francia e la Germania a ripresentare un piano di pace comune, dissociandosi dalla politica di “guerra continua” degli USA. Il tempo è adesso: occorre agire subito.

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*Domenico Gallo
Nato ad Avellino l’1/1/1952, nel giugno del 1974 ha conseguito la laurea in Giurisprudenza all’Università di Napoli. Entrato in magistratura nel 1977, ha prestato servizio presso la Pretura di Milano, il Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi, la Pretura di Pescia e quella di Pistoia. Eletto Senatore nel 1994, ha svolto le funzioni di Segretario della Commissione Difesa nell’arco della XII legislatura, interessandosi anche di affari esteri, in particolare, del conflitto nella ex Jugoslavia. Al termine della legislatura, nel 1996 è rientrato in magistratura, assumendo le funzioni di magistrato civile presso il Tribunale di Roma. Dal 2007 al dicembre 2021 è stato in servizio presso la Corte di Cassazione con funzioni di Consigliere e poi di Presidente di Sezione. E’ stato attivo nel Comitato per il No alla riforma costituzionale Boschi/Renzi. Collabora con quotidiani e riviste ed è autore o coautore di alcuni libri, fra i quali Millenovecentonovantacinque – Cronache da Palazzo Madama ed oltre (Edizioni Associate, 1999), Salviamo la Costituzione (Chimienti, 2006), La dittatura della maggioranza (Chimienti, 2008), Da Sudditi a cittadini – il percorso della democrazia (Edizioni Gruppo Abele, 2013), 26 Madonne nere (Edizioni Delta Tre, 2019), il Mondo che verrà (edizioni Delta Tre, 2022)
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L’assemblea della Conferenza Episcopale Italiana
condivide la richiesta di ratifica del Trattato Onu di proibizione delle armi nucleari.

Nel documento finale dell’Assemblea generale dei vescovi italiani,
pubblicato su Avvenire di sabato 28 maggio 2022,
si afferma:
“Rispetto al dramma della guerra, che in Ucraina continua a seminare morte e distruzione,
i presuli hanno evidenziato l’importanza di far risuonare, con voce unanime e coraggiosa,
il no al conflitto e la volontà di costruire insieme la pace, facendo tacere le armi.
A questo proposito i vescovi hanno condiviso l’appello “Per una Repubblica libera dalle armi nucleari”
firmato nella scorsa primavera da oltre 40 Presidenti nazionali di associazioni cattoliche
che più volte si sono espresse in merito alle armi nucleari e all’adesione al Trattato Onu,
che l’Italia non ha ancora ratificato”.

Cordiali saluti.
Anselmo Palini
(componente la segreteria organizzativa dell’appello contro le armi nucleari)
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Costruiamo Convergenza per la Pace

27.05.22 – Europe for Peace

(Foto di Europe for Peace)
Guerre, rischio nucleare, armamentismo crescente, crisi climatica, emergenza ambientale, povertà, discriminazione crescente. Sono diverse e complessamente correlate le prospettive che ci conducono inequivocabilmente a comprendere che siamo ad un bivio storico ed è urgente e necessario scegliere se andare verso la Pace o verso la Catastrofe.

Allo scoppio di questo conflitto armato in Europa molti hanno sentito la necessità di far sentire la propria voce contro la guerra e a favore della pace. Numerose le iniziative, gli appelli e le manifestazioni.

Crediamo che in molti, ognuno con le sue forme e possibilità, stiamo portando avanti proposte e azioni valide e condivisibili. Tuttavia le iniziative, le voci che si sono e si stanno alzando per far prevalere la ragione sull’irrazionalità della violenza non sono coordinate tra loro e piuttosto che formare un coro forte e chiaro, spesso si perdono, se non addirittura si sovrappongo generando differenziamento piuttosto che convergenza.

Certamente questo fantastico moltiplicarsi di iniziative e di voci contro l’assurdità della guerra esprime una enorme ricchezza di analisi e riflessioni, una enorme potenzialità. Purtroppo però nessuno di noi ha mezzi e risorse, per competere con chi oggi fomenta la guerra, le armi, l’inquinamento, la disparità sociale.

Forse unendoci possiamo generare un effetto domino, un movimento sociale, arricchito da tutte le nostre diversità unite dall’obbiettivo comune di promuovere la vita e la pace. Crediamo che convergere sia la sfida di oggi per contrastare la destrutturazione e distruzione di un sistema sociale che volge al tramonto.

Dobbiamo fare uno sforzo intenzionale per guardare a ciò che ci unisce e non a ciò che ci divide, per diventare coro e orchestra che armonizza le diversità. È il momento storico che stiamo vivendo, è il bivio cruciale per il nostro futuro.

Dobbiamo iniziare a creare situazioni in cui possa emergere la co-ispirazione e l’intelligenza d’insieme, e soprattutto azioni concrete e convergenti, che possano contrastare la direzione che stanno prendendo gli eventi.

La sfida di oggi è creare la convergenza di tutte i movimenti e forze sociali, spirituali e politiche nel tentativo di fermare le scelte scellerate della guerra, il rischio nucleare, l’incremento delle spese belliche, delle produzioni inquinanti, della disuguaglianza.

Incontriamoci a Roma, il 4 giugno alle 19,30 nella straordinaria cornice dell’Eirenefest ai Giardini del Verano. Un incontro aperto a i movimenti sociali, politici e spirituali, un aperitivo per conoscerci meglio e organizzare insieme un incontro (sabato 18 giugno) per scambiare idee, analisi e proposte su cui convergere in azioni concrete che possano contrastare la direzione che stanno prendendo gli eventi.

Se vuoi costruire insieme questo incontro scrivi a europeforpeacehm@gmail.com

Federica Fratini

Relazioni Europe for Peace – Europa per la Pace

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Che succede nella Chiesa universale e in quella italiana?

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IL PAPA SCEGLIE ZUPPI. CRONACHE E PRIMI COMMENTI
25 Maggio 2022 su C3dem
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(segue)

Oggi sabato 28 maggio 2022

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——————-Opinioni, Commenti e Riflessioni——————–
Strani discorsi sulla guerra e la sua fine. Il buon senso e la logica non si sa dove siano quando si parla di trattative. Si aspetta il peggio?
28 Maggio 2022
Andrea Pubusa su Democraziaoggi
O sono discorsi troppo complessi e noi, gente comune, non li capiamo, oppure chi li fa è un po’ svalvolato e parla a ruota libera. Prendete il grano ucraino. Solo un folle può negare ch’esso vada distribuito. Non importa come la si pensa sulla guerra, quel ben di dio deve arrivare a destinazione e […]
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Più guerra per tutti? C’è chi dice No. È la maggioranza e si sta organizzando
28 Maggio 2022
Tea Sisto da Patria indipendente pubblicazione dell’ANPI
Non se ne occupa nessun quotidiano a tiratura nazionale, con eccezioni da contare sul palmo di una mano, eppure in Italia il popolo della pace si è mobilitato fin dai primi giorni dell’invasione dell’Ucraina. Ora dal Nord al Sud si sta strutturando in comitati per […]
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Oggi venerdì 27 maggio 2022

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——————-Opinioni, Commenti e Riflessioni——————–
Sardegna. Il Movimento per la pace c’è, ottiene risultati e cresce
27 Maggio 2022
Andrea Pubusa su Democraziaoggi
In Sardegna il movimento per la pace ha antiche radici. Quando esisteva la sinistra, i comunisti hanno sempre sviluppato un’azione contro l’installazione delle basi e la critica verso la presenza USA a La Maddalena è stata costante. Ai tempi della Presidenza di Mario Melis, introdotti nella legislazione sarda i referendum d’indirizzo (prima legge di […]
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Che succede?

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26 Maggio 2022 su C3dem
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