Monthly Archives: aprile 2023
Che succede?
Costituente Terra Newsletter n. 113 del 19 aprile 2023
Chiesadituttichiesadeipoveri n. 294 del 19 aprile 2023
STEREOTIPI CADUTI
Cari amici,
lo smantellamento della protezione speciale per gli immigrati, appassionatamente perseguito dal governo, in realtà era stato sancito nel decreto legge varato dal macabro Consiglio dei ministri riunito a Cutro dopo il tragico naufragio. Si trattava di un messaggio rivolto ai cadaveri appena finiti sulla riva. Diceva loro: “siete venuti per godervi la protezione speciale, e noi ve la togliamo”. Di questa norma, in attuazione della linea Piantedosi, nessuno, tranne l’Avvenire, si era accorto, mentre l’attenzione generale si era rivolta alle fantasiose norme penali che la presidente Meloni voleva andare a far valere in tutto l’orbe terracqueo. Se ne sono accorti ora, quando il decreto legge è arrivato all’aula del Senato, e a questo punto l’unica speranza è che non sia convertito in legge. Le norme abrogate sono quelle, non a caso chiamate umanitarie (sicché è ora disumano abolirle), per le quali anche gli immigrati che non godevano della protezione internazionale ordinaria in virtù del diritto di asilo, non potevano essere espulsi dall’Italia se si erano inseriti in modo “effettivo” nella sua vita sociale, e se vi avevano contratto o potevano eccepire effettivi vincoli di natura familiare, sicché il loro allontanamento coatto avrebbe comportato “una violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare del migrante”. Mettere ora i migranti fuori del diritto, significa renderli clandestini, ascritti a una “regola non bollata”, non più “occupabili”, se non in nero, e ridurli a “paria” (come i russi per Biden), esiliati e apolidi.
Aggiunto alla proclamazione dello stato di emergenza, alla lettura come errori di grammatica del fascismo di ritorno celebrato al vertice delle istituzioni, e a tutto il resto, lo smantellamento della protezione per i naufraghi, i profughi , i migranti e i loro familiari, fa cadere anche l’ultimo stereotipo della celebre definizione che Giorgia Meloni in spagnolo ha dato di se stessa. Infatti una donna non si fa chiamare “il Signor Presidente del Consiglio”, una madre non manda armi che imparzialmente vanno a uccidere bambini e altri figli di mamma che si combattono tra loro, una italiana non fa la sovranista in Italia e la suddita (o vassalla, come dice Macron) degli Stati Uniti e del norvegese Stoltenberg, e una cristiana non toglie protezione a nessuno, anzi addirittura dovrebbe soccorrere il prossimo, amare i nemici e considerare fratelli gli stranieri. E non va in Abissinia (come i fascisti chiamavano l’Etiopia) ad abbracciare i bambini neri “a casa loro”.
Resta però una domanda che riguarda Silvio Berlusconi. Le sue condizioni sono migliorate e l’augurio sincero (non come quello di certi “coccodrilli” troppo precipitosi) è che guarisca del tutto e torni al suo ruolo e alle sue responsabilità politiche. E la domanda è: che cosa c’entra Berlusconi con queste impietose politiche del governo? Non voleva interpretare una destra liberale, democratica, inclusiva, non voleva con le sue televisioni e promesse di governo raccontare un mondo di felicità e festose relazioni? Che cosa c’entra con l’accanimento contro i migranti e i naufraghi, cosa c’entra con la guerra ad oltranza che uccide l’Ucraina e vuole eliminare la Russia, che cosa c’entra con la riabilitazione del fascismo il cui abbandono da parte di Fini a Fiuggi consacrò sdoganando il Movimento Sociale-Alleanza Nazionale? Che c’entra con questo governo di destra retrodatata? Nella sua esperienza di governo egli ne ha fatte molte di cattive e sbagliate, ma come non vedere che quest’ultima, tenendo in piedi questo governo, è la peggiore, e perfino tradisce la coscienza che egli ha di sé? Non lo diciamo per tornare sulla sua vicenda personale, ma perché ne va della democrazia italiana.
Nel sito pubblichiamo di Gaetano Azzariti un articolo su “Un altro regionalismo è possibile”, di Domenico Gallo un articolo su “Guerra e finzione di guerre”, di Raniero La Valle una relazione a Brescia su “Origini vicine e lontane della guerra in Ucraina” e di Alessandro Marescotti un articolo sul fallimento dell’invio di armi e di Mauro Castagnaro un ricordo di Vittorio Bellavite.
Con i più cordiali saluti,
Chiesadituttichiesadeipoveri – Costituente Terra (Raniero La Valle)
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ORIGINI VICINE E LONTANE DELLA GUERRA IN UCRAINA
19 APRILE 2023 / COSTITUENTE TERRA / LA CONVERSIONE DEL PENSIERO /
Dalla concezione belluina dello Stato “sovrano” ai documenti sulla strategia nazionale della sicurezza e della difesa degli Stati Uniti. Nascita e fallacia di un Impero
Pubblichiamo dal sito web di Costituente Terra la relazione di Raniero La Valle per la presentazione a Brescia il 13 aprile 2023 al Centro Comboni per “I giovedì della Missione” del libro: “Leviatani, dov’è la vittoria?”
Parafrasando il grido di Isaia, “Sentinella, quanto resta della notte?” che Giuseppe Dossetti riprese in un celebre discorso per la commemorazione di Giuseppe Lazzati, dobbiamo gridare: a che punto è la notte?, a che punto è la notte nella quale siamo sprofondati con questa guerra in Europa e in Ucraina?
Perché questa notte non accenna affatto a finire, anzi diventa sempre più fonda, una a una si spengono le stelle del cielo e le costellazioni spariscono tra le nubi; non siamo nemmeno d’accordo tra noi che la guerra debba finire, non c’è un giornale, tranne due, che ancora dicano che ci voglia la pace, perfino la cultura torna al pessimismo antropologico, dice con Kant che la guerra è secondo natura e la pace invece è un artificio, ma nessuno mette in atto questo artificio, perché i cuori si sono induriti.
E non è solo una questione di cuore. È che anche le menti si sono perdute. I linguaggi, la stampa, la televisione, le radio che maneggiano le notizie, impongono un unico pensiero, veicolano una sola opinione, e fanno sì che perfino il tassista dica che Putin è una belva, e che le armi bisogna mandarle.
In tal modo viene propagata una fede. Ma non è la fede pasquale, non è la fede che arriva alla parola inaudita dell’amore dei nemici, perché siamo “fratres omnes”, fratelli tutti, ma è la fede nelle armi; sono loro che stanno al comando, sono loro che decidono quante guerre si devono fare, e quanto devono essere lunghe perché i profitti salgano e le scorte siano consumate, e le armi di vecchia generazione siano distrutte sui campi di battaglia, e siano sostituite con armi sempre nuove, con tecnologie tali che i soldati devono andare in Germania, in Inghilterra, o venire in Italia, a Sabaudia e in Sardegna, per addestrarsi, per imparare l’arte della guerra, come la chiama Isaia, per imparare ad uccidere con queste armi.
E armi, sempre più armi, si mandano da tutto il mondo in Ucraina, sicché ci sono più armi che soldati, e mentre i soldati finiscono e muoiono, le armi non finiscono mai, perché sono sempre rimpiazzate. E Zelensky, che sempre più ne chiede, non sa cosa farsene, e allora progetta piani per riconquistare perfino la Crimea, compresa la base navale russa di Sebastopoli; ed è anche prevista la distruzione del ponte che unisce la Russia alla Crimea, un ponte di 16 chilometri, da poco costruito, il più lungo d’Europa; questi piani potrebbero attuarsi però solo attraverso una completa disfatta della Russia; il New York Times scrive che gli americani sono “entusiasti” di aiutare l’Ucraina a conquistare la Crimea, e ciò conferma che appunto per annientare la Russia essi stanno sostenendo e prolungando la guerra in Europa.
E con le armi mandate dagli inglesi la guerra si farà sporca e contaminerà e deturperà la popolazione del Donbass, eventualmente liberata, per i prossimi millenni, perché sono armi ad uranio impoverito che come ha spiegato lo stesso “Corriere della Sera”, per migliaia di anni restano nell’ambiente, modificano il DNA e causano linfomi, leucemie e malformazione di feti. Ma nessuno pensa al bene del popolo, questo vuole l’irredentismo ucraino, questo vuole l’amor proprio, il mito della nazione. l’importante è che il Donbass stia con l’Ucraina e non con la Russia, anche se ha una popolazione russofona, sicché per il Donbass e per la Crimea combattono due sanguinosi nazionalismi, quello russo e quello ucraino; ed è per riconquistare il Donbass che i carri armati tedeschi avanzano in terra ucraina come i Panzer tedeschi della seconda guerra mondiale, quando invasero la Russia nell’operazione Barbarossa nella quale trovarono il gelo e la morte almeno 90.000 soldati del Corpo di spedizione italiano.
Ed è per questo infinito profluvio di armi mandate dall’America, dall’Europa e dall’Italia che quella che, secondo la sconsiderata e arbitraria offensiva di Putin non doveva essere nemmeno una guerra, ma solo un colpo di mano militare, è diventata una guerra ad oltranza fino al rischio di una guerra nucleare mondiale.
Ed oggi siamo a tragedie senza fine. Città distrutte, centinaia di migliaia di soldati caduti, civili uccisi. Respinto, senza nemmeno una lettura, il piano di pace della Cina, che pure per la sua equità poteva essere un’ottima base di trattativa. Martedì della scorsa settimana poi la Finlandia è entrata nella NATO, e la Russia ha annunciato inquietanti contromisure sulla sua frontiera occidentale, mentre ai missili a uranio impoverito risponde minacciando di usare armi atomiche tattiche. Intanto a san Pietroburgo una statuetta imbottita di tritolo fa saltare in aria un certo Tatarsky nella sala dove egli teneva una conferenza, e non si sa se i mandanti siano stati gli ucraini o russi dissidenti.
La tragedia diventa ancora più severa per il coinvolgimento delle Chiese. Zelensky arriva a infliggere gli arresti domiciliari al metropolita Pavel del monastero ortodosso delle Grotte e a mettergli un braccialetto elettronico ad una caviglia, sotto l’accusa di collaborare con la Russia; e questa accusa equivale all’accusa di esistere come Chiesa, perché il metropolita arrestato appartiene alla Chiesa unita al patriarcato di Mosca, a differenza della Chiesa autocefala che si è separata da Mosca per divenire una Chiesa nazionale ucraina. D’altra parte il patriarca russo Kirill ha dato all’Ucraina il pretesto dello scisma e a Zelensky l’alibi per arrestare Pavel, avendo sposato la politica di Putin e facendosi, come ha detto col suo vivido linguaggio papa Francesco, chierico di Stato e addirittura “chierichetto di Putin”, suscitando del patriarca moscovita le ire. Così la guerra ha portato una divisione anche tra le Chiese, e in Ucraina si è tornati ai fasti della “Chiesa del silenzio” di sovietica memoria.
E allora bisogna chiedersi come siamo arrivati a questo punto, quali sono le origini vicine e lontane della guerra in Ucraina.
Le origini lontane sono quelle a cui allude il titolo di questo libro quando parla dei Leviatani. I Leviatani sono dei mostri biblici, delle bestie feroci di terra o di mare, evocate nei libri sapienziali e profetici della Bibbia, ed è questo il nome che il filosofo Thomas Hobbes ha dato allo Stato moderno nell’illustrarne la genesi. Fino ad allora la comunità politica era declinata in categorie teologiche, ma con Thomas Hobbes nel XVII secolo si teorizza e si consuma il passaggio dalle categorie teologiche alle categorie politiche, si passa dalla trascendenza divina al nomos umano. Dice Hobbes che lo Stato è il Dio mortale, è il Leviatano; esso è ormai una costruzione totalmente artificiale, è la grande macchina che inaugura l’età della tecnica. Lo Stato nasce, secondo Hobbes, come reazione ad una situazione di pericolo e di paura in cui si trovano gli uomini nello stato di natura dell’homo homini lupus; nasce da una scintilla di ragione degli uomini che, per superare questa condizione di uccidibilità generalizzata, che poi in realtà era lo stato delle guerre civili in atto in quel momento in Europa. decidono di fare un patto, da cui nasce lo Stato; essi rinunciano a difendersi da sé, e trasferiscono a un’altra entità, a una persona sovrana, allo Stato, la loro sicurezza, la loro sopravvivenza. Così nasce lo Stato; e siccome lo Stato deve assumere i poteri di questi cittadini per garantirli, prende obbedienza e restituisce protezione; esso nasce pertanto nelle forme dell’assolutismo; nasce con la polizia all’interno e la guerra all’esterno; e nasce assumendo la nazione come suo fondamento, come materia della sua identità, come sua legittimazione o, come dice qualcuno, come suo alibi[1]. Ma le nazioni sono straniere le une alla altre, gli stranieri diventano nemici, e la soluzione del loro conflitto è la guerra. Essa è frutto della sovranità, che Jean Bodin aveva teorizzato come la summa in cives ac subditos legibusque soluta potestas, vale a dire come potestà “assoluta”, cioè sciolta dalle leggi, nei confronti dei cittadini e dei sudditi; ed era stato Francisco De Vitoria che, per legittimare la guerra degli spagnoli che avevano conquistato (o, come si dice, “scoperto”) l’America, aveva introdotto la legittimazione della guerra, come espressione esterna della sovranità. Il domenicano spagnolo aveva fatto questo ragionamento: il sovrano rappresenta la perfezione e l’autosufficienza della comunità politica, intesa aristotelicamente come perfetta, come societas perfecta. Pertanto egli non può riconoscere alcuna autorità al di sopra di sé, superiorem non recognoscens, allora quando ha da affermare un proprio diritto, si fa giustizia da sé, non può appellarsi a nessun altro, il sovrano è giudice nella sua causa; e il modo in cui egli si fa giustizia, la forma della sua giurisdizione, è la guerra; e quindi la guerra, come estremo modo di rapporto tra poteri sovrani, viene posta a fondamento e cardine del diritto internazionale inteso appunto come norma di rapporti tra poteri sovrani. E dal ‘500 al 1945 la guerra è precisamente questo; sta dentro il diritto internazionale, non è una patologia, non è un catastrofico accidente, è la forma culminante di un rapporto internazionale considerato come un rapporto pattizio fra Stati sovrani; nel momento in cui questo patto si rompe, non c’è altro modo di risolvere la controversia se non la guerra; quindi guerra perfettamente legittima. Questo è il Leviatano.
Ma la storia è anche sempre piena di sorprese, di altre possibilità. Perché nello stesso tempo si sviluppa il diritto, come monopolio sì dello Stato, ma anche come suo limite, il diritto che è una forza simmetrica alla violenza. E la lotta per il diritto che si sviluppa in tutti questi secoli fino a noi, mina le basi dell’assolutismo, mette vincoli alla forza, cerca di dare limiti e regole alla guerra, scopre e proclama, di rivoluzione in rivoluzione, i diritti fondamentali e universali dell’uomo.
È con queste premesse che si giunge alla grande crisi del ‘900. Con la I e la II guerra mondiale, con il nazifascismo, con la Shoà, prevalgono le categorie della distruzione, della guerra, della sovranità incondizionata, della demonizzzione dell’altro, dello straniero; tutte queste cose giungono alla loro estrema aberrazione, portano l’umanità alla più grande tragedia mai conosciuta. E qui c’è il colpo di reni, qui c’è la grande svolta, la grande revisione del 1945, l’anno in cui tutto sembra dover cambiare, dover cominciare di nuovo. Si mette fuori legge la guerra, viene dichiarata come “un flagello”, nella Costituzione italiana sarà addirittura “ripudiata”, si ridimensiona la categoria della sovranità, perché si stabilisce un ordinamento internazionale che dovrebbe vincere anche l’assolutezza delle prerogative sovrane, si afferma l’uguaglianza di tutte le persone, senza distinzione di razza, sesso, religione, nazionalità ecc., ma non solo delle persone, anche delle nazioni grandi e piccole, tutte sono eguali, dice la Carta dell’ONU, si fondano le Nazioni Unite, si inaugura, con la Carta dell’ONU, un nuovo diritto internazionale, che non è più solamente pattizio, nato da un contratto, ma che aspira a diventare uno ius cogens, un diritto cogente per tutti; si sanziona il delitto di genocidio, addirittura si inventa una parola che prima non esisteva, i popoli venivano sterminati ma ancora nessuno aveva definito questo delitto con un termine specifico, genocidio; si dà avvio alla decolonizzazione, si sogna la nuova comunità universale delle nazioni.
Ma è, come ben sappiamo, una rivoluzione incompiuta. Subito, a partire da quello stesso anno, vengono seminati i germi della nuova crisi; irrompe la bomba atomica sui cieli del Giappone, si riaccende lo scontro irriducibile tra i sistemi, l’Europa è divisa, si formano i blocchi, comincia la guerra fredda, la decolonizzazione si impantana in sanguinosi conflitti. C’è anche chi cerca di fondare un mondo diverso: nel 1986 Gorbaciov e il leader dell’India Rajiv Gandhi firmano la dichiarazione di New Delhi per un mondo libero dalle armi nucleari e non violento, ma l’Occidente non la raccoglie. E nell’ultimo decennio del secolo, con la dissoluzione dell’impero sovietico, mentre nasce la grande speranza che si possa costruire un mondo diverso, la storia prende un altro corso. La grande speranza dell’89 svanisce. Viene ripristinata la guerra, la quale con la guerra del Golfo riceve una nuova legittimazione, tornano i nazionalismi, si riaffaccia il mito dello Stato nazione, si fomenta la divisione dei vecchi Stati secondo linee che sono insieme etniche e religiose, si torna a legittimare il principio cuius regio eius et religio, come negli accordi di Dayton per l’ex Jugoslavia che stabiliscono confini che passano tra etnia e etnia, tra religione e religione, mentre ci sono moltitudini di migranti, di stranieri, che premono sulle frontiere dell’Europa; decadono e deperiscono le vecchie sovranità statuali, anche la nostra, assorbite in contesti più ampi, e si erge, di nuovo affermandosi come legibus soluta, una nuova sovranità universale, che non è più quella dell’ONU, ma è quella della NATO che tende a sostituirsi ad essa, mentre esplode il mercato globale.
E proprio la globalizzazione intesa come deregulation e competizione di tutti contro tutti, ripristina quello stato di natura da cui, secondo Hobbes si doveva uscire con il Leviatano, ripristina quello stato di guerra civile che però, nel villaggio globale, è ormai guerra civile mondiale.
Tutto quello che ne segue, fino alla guerra d’Ucraina, è raccontato in questo libro. Ma in esso manca l’ultimo tassello: quello che è successo nell’ottobre del 2022, dunque pochi mesi fa, là dove questo libro si arresta. È a quel punto che escono due documenti cruciali dell’amministrazione americana.
Si tratta dei due documenti programmatici in cui, in piena guerra d’Ucraina, il 12 e 27 ottobre 2022, la leadership americana enuncia le due strategie fondamentali degli Stati Uniti: il primo è la “National Security Strategy” del Presidente Biden, il secondo ne è la pianificazione operativa sul piano militare, ed è la “National Defense Strategy of The United States of America 2022” firmata dal capo del Pentagono Lloyd Austin,
Questi due documenti,investono il destino del mondo come tale, e non solo di una sua parte.
Essi infatti postulano un unico potere che si protende alla totalità del mondo, e presumono che questo debba avere un unico ordinamento politico, economico e sociale e corrispondere a un unico modello di convivenza umana; questo è un presupposto che da tempo gli Stati Uniti hanno posto a base della loro relazione col mondo, da quando, dopo l’11 settembre 2001 e lo shock dell’attacco alle Due Torri, avevano enunciato l’ideologia a cui doveva essere conformato l’assetto del mondo, come era concepito dagli Stati Uniti. Secondo quella ideologia il solo modello valido per ogni nazione sarebbe riassumibile in tre termini: Libertà, Democrazia e Libera Impresa; dunque un modello che mette insieme una definizione antropologica, una indicazione di regime politico ed una forma obbligatoria di organizzazione economico-sociale.
A questo punto io potrei illustrarvi nei dettagli questi due lunghi documenti, che porto qui con me; ma non ne abbiamo il tempo e non credo che lo gradireste. Perciò vi racconto solo le grandi scelte che con essi vengono fatte. Sono documenti che ben pochi conoscono in Italia e in Occidente, perché sono stati occultati dalla stampa e nascosti dai governi, per l’effetto negativo che avrebbero sull’opinione pubblica riguardo ai rapporti con l’America.
Scenari di guerra e di pace. Verso il convegno di mercoledì 3 maggio 2023
Utopia e distopia
ORIGINI VICINE E LONTANE DELLA GUERRA IN UCRAINA
19 APRILE 2023 / EDITORE / DICE LA STORIA / DICE KANT / Costituente Terra
Dalla concezione belluina dello Stato “sovrano” ai documenti sulla strategia nazionale della sicurezza e della difesa degli Stati Uniti. Nascita e fallacia di un Impero
Pubblichiamo la relazione di Raniero La Valle per la presentazione a Brescia il 13 aprile 2023 al Centro Comboni per “I giovedì della Missione” del libro: “Leviatani, dov’è la vittoria?”
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Aladinpensiero contro la guerra
per la Pace: https://www.aladinpensiero.it/?s=Tibullo
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Oggi venerdì 21 aprile 2023 Commenti Opinioni Riflessioni Eventi
Il buon senso può sgonfiare il caso Cospito
21 Aprile 2023
A.P.su Democraziaoggi
Basta avere i fondamentali del diritto e un po’ di buon senso per riportate il caso Cospito alla giustizia e alla normalita’.
Se ci sono circostanze in cui la valutazione del giudice e’ ineliminabile queste sono le attenuati e le aggravanti. Il bilanciamento fra di esse nasce nel processo, volta per volta, non può essere definita […]
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Appello: fermare la guerra, imporre la pace!
21 Aprile 2023 su Democraziaoggi
Decine di personalità della scienza, dell’università, della politica e del mondo cattolico ed ex diplomatici, hanno lanciato l’appello “Fermare la guerra e imporre la pace”.
Nelle conclusioni, chiedono esplicitamente che nel conflitto in corso in Ucraina “È il momento per esigere da tutte le parti un immediato cessate il fuoco e l’avvio di trattative di pace senza […]
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In Italia e nel Mondo
Costituente Terra Newsletter n. 113 del 19 aprile 2023
Chiesadituttichiesadeipoveri n. 294 del 19 aprile 2023
STEREOTIPI CADUTI
Cari amici,
lo smantellamento della protezione speciale per gli immigrati, appassionatamente perseguito dal governo, in realtà era stato sancito nel decreto legge varato dal macabro Consiglio dei ministri riunito a Cutro dopo il tragico naufragio. Si trattava di un messaggio rivolto ai cadaveri appena finiti sulla riva. Diceva loro: “siete venuti per godervi la protezione speciale, e noi ve la togliamo”. Di questa norma, in attuazione della linea Piantedosi, nessuno, tranne l’Avvenire, si era accorto, mentre l’attenzione generale si era rivolta alle fantasiose norme penali che la presidente Meloni voleva andare a far valere in tutto l’orbe terracqueo. Se ne sono accorti ora, quando il decreto legge è arrivato all’aula del Senato, e a questo punto l’unica speranza è che non sia convertito in legge. Le norme abrogate sono quelle, non a caso chiamate umanitarie (sicché è ora disumano abolirle), per le quali anche gli immigrati che non godevano della protezione internazionale ordinaria in virtù del diritto di asilo, non potevano essere espulsi dall’Italia se si erano inseriti in modo “effettivo” nella sua vita sociale, e se vi avevano contratto o potevano eccepire effettivi vincoli di natura familiare, sicché il loro allontanamento coatto avrebbe comportato “una violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare del migrante”. Mettere ora i migranti fuori del diritto, significa renderli clandestini, ascritti a una “regola non bollata”, non più “occupabili”, se non in nero, e ridurli a “paria” (come i russi per Biden), esiliati e apolidi.
Aggiunto alla proclamazione dello stato di emergenza, alla lettura come errori di grammatica del fascismo di ritorno celebrato al vertice delle istituzioni, e a tutto il resto, lo smantellamento della protezione per i naufraghi, i profughi , i migranti e i loro familiari, fa cadere anche l’ultimo stereotipo della celebre definizione che Giorgia Meloni in spagnolo ha dato di se stessa. Infatti una donna non si fa chiamare “il Signor Presidente del Consiglio”, una madre non manda armi che imparzialmente vanno a uccidere bambini e altri figli di mamma che si combattono tra loro, una italiana non fa la sovranista in Italia e la suddita (o vassalla, come dice Macron) degli Stati Uniti e del norvegese Stoltenberg, e una cristiana non toglie protezione a nessuno, anzi addirittura dovrebbe soccorrere il prossimo, amare i nemici e considerare fratelli gli stranieri. E non va in Abissinia (come i fascisti chiamavano l’Etiopia) ad abbracciare i bambini neri “a casa loro”.
Resta però una domanda che riguarda Silvio Berlusconi. Le sue condizioni sono migliorate e l’augurio sincero (non come quello di certi “coccodrilli” troppo precipitosi) è che guarisca del tutto e torni al suo ruolo e alle sue responsabilità politiche. E la domanda è: che cosa c’entra Berlusconi con queste impietose politiche del governo? Non voleva interpretare una destra liberale, democratica, inclusiva, non voleva con le sue televisioni e promesse di governo raccontare un mondo di felicità e festose relazioni? Che cosa c’entra con l’accanimento contro i migranti e i naufraghi, cosa c’entra con la guerra ad oltranza che uccide l’Ucraina e vuole eliminare la Russia, che cosa c’entra con la riabilitazione del fascismo il cui abbandono da parte di Fini a Fiuggi consacrò sdoganando il Movimento Sociale-Alleanza Nazionale? Che c’entra con questo governo di destra retrodatata? Nella sua esperienza di governo egli ne ha fatte molte di cattive e sbagliate, ma come non vedere che quest’ultima, tenendo in piedi questo governo, è la peggiore, e perfino tradisce la coscienza che egli ha di sé? Non lo diciamo per tornare sulla sua vicenda personale, ma perché ne va della democrazia italiana.
Nel sito pubblichiamo di Gaetano Azzariti un articolo su “Un altro regionalismo è possibile”, di Domenico Gallo un articolo su “Guerra e finzione di guerre”, di Raniero La Valle una relazione a Brescia su “Origini vicine e lontane della guerra in Ucraina” e di Alessandro Marescotti un articolo sul fallimento dell’invio di armi e di Mauro Castagnaro un ricordo di Vittorio Bellavite.
Con i più cordiali saluti,
Chiesadituttichiesadeipoveri – Costituente Terra (Raniero La Valle)
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Dati drammatici
L’INVIO DELLE ARMI IN UCRAINA È STATO UN FALLIMENTO
19 APRILE 2023 / EDITORE / DICONO I FATTI / su Costituente Terra.
Invece di far diminuire le vittime l’invio delle armi in Ucraina le ha accresciute al punto tale che oggi è ufficialmente vietato dalle autorità fornire i dati. Siamo di fronte alla logica della faida, non alla guerra di difesa.
Alessandro Marescotti*
Si combatte in realtà per sconfiggere la Russia, per ottenerne la capitolazione così come avvenne nella prima guerra mondiale quando la potente Germania nel 1918 stramazzò nella polvere, stremata, assieme all’Austria, il cui impero finì per smembrarsi. Se questo è il vero scopo della guerra in Ucraina, è ovvio che vengono messe nel conto vittime a non finire, da non conteggiare per non deprimere il morale della popolazione ucraina che dovrà immolarsi per una vittoria strategica dell’Occidente
Mai come ora, dopo l’inutile strage di Bakhmut, la guerra si sta dimostrando un fallimento, per entrambi gli attori.
Su Youtube si susseguono dibattiti e approfondimenti fra esperti militari. C’è modo di documentarsi da una pluralità di fonti bucando il muro della propaganda a reti unificate. Si trova di tutto su Internet, con aggiornamenti quotidiani. Cartine digitali dell’Ucraina, mappe geolocalizzate del Donbass, dettagliate ricostruzioni dei combattimenti con l’uso dei satelliti. E poi testimonianze oculari raccolte da giornalisti freelance, inchieste di approfondimento della stampa internazionale. Dopo mesi e mesi di attenta ricerca, osservazione e verifica ho imparato a distinguere le fonti più affidabili da quelle che non lo sono.
Top secret il numero dei morti
Tantissimi elementi consentono di comprendere quello che avviene sui campi di battaglia. Possiamo conoscere giorno per giorno i movimenti delle truppe con una precisione straordinaria. I morti invece no: quelli non ce li dicono. Sono segreto militare. Né i governi occidentali li chiedono. Non li conoscono i parlamentari, i quali votano l’invio delle armi come puro atto di fede, senza alcuna possibilità di sapere se quelle armi hanno effettivamente salvato le vite umane degli aggrediti tenendo alla larga gli aggressori. Se non si hanno i dati dei morti in guerra nessuna verifica è possibile circa l’efficacia dell’invio delle armi, né si può verificare la coerenza degli effetti dell’invio delle armi rispetto ai fini auspicati in origine. Piaccia o non piaccia, anche la guerra ha una sua scienza statistica e si possono fare sofisticati calcoli prendendo come riferimento copiosi database con i dati delle vittime subite e di quelle inferte.
Il vero scopo dell’invio delle armi
Il fatto che non ci vengano comunicati i dati delle vittime la dice lunga sui veri fini della guerra e dell’invio delle armi. Che non sono più quelli di una romantica difesa della popolazione. Si combatte in realtà per sconfiggere la Russia, per ottenerne la capitolazione così come avvenne nella prima guerra mondiale quando la potente Germania nel 1918 stramazzò nella polvere, stremata, assieme all’Austria, il cui impero finì per smembrarsi. Se questo è il vero scopo della guerra in Ucraina, è ovvio che vengono messe nel conto vittime a non finire, da non conteggiare per non deprimere il morale della popolazione ucraina che dovrà immolarsi per una vittoria strategica dell’Occidente, il tutto in palese contraddizione con quanto dicono di voler fare i nostri governanti europei con l’invio delle armi.
Quello che emerge è drammaticamente evidente nell’assurdità di ciò che si è consumato a Bakhmut. Quelle armi inviate dall’Occidente sono servite per mandare allo sbaraglio e alla morte un numero impressionante e imprecisato di giovani, spesso privi di esperienza.
Lo sgomento degli esperti militari
Mai come ora gli esperti militari sono imbarazzati di fronte all’insensata serie di scelte fatte in questa lunghissima battaglia condotta alla fine per mere ragioni di immagine, senza rilevanza militare. Con effetti persino controproducenti rispetto agli obiettivi dichiarati e perseguiti settimana dopo settimana. Gli esperti e gli stessi militari – di ottimo livello tecnico – che partecipano a questi webinar sono stupiti e avviliti per l’insensata sequenza di scelte compiute con enormi sacrifici umani. Scelte compiute a volte varcando il labile confine che divide la ragion militare dall’idiozia. Noi pacifisti questa strage la vediamo sotto il profilo della “crudeltà”. Loro, gli esperti della guerra, la vedono sotto il profilo dell’inefficacia ai fini pratici del successo militare. Perché questa guerra è un affastellarsi di frustrazioni dall’una e dall’altra parte, con risultati attesi che non arrivano a fronte di enormi perdite umane e di mezzi.
Dall’una e dall’altra parte vengono annunciate offensive e controffensive che si traducono in avanzate di poche centinaia di metri alla settimana e in capovolgimenti militari di modesta rilevanza che le vanificano. E nel frattempo si scavano doppie e triple linee di trincee. Lo spettro che si profila è quello di una guerra infinita. Altro che difesa della popolazione civile, si raschierà il fondo andando ad arruolare vecchi barbuti e giovani imberbi per buttarli nel tritacarne.
La guerra: da medicina amara a veleno
Quello che sta accadendo è il disvelamento dell’assurdità. La guerra, proposta come medicina amara ma necessaria, si sta rivelando veleno. Dopo averla trangugiata fa morire il paziente invece di guarirlo.
C’è materia di riflessione per gli interventisti democratici che, dopo oltre un secolo dalla fine della prima guerra mondiale, ricalcano oggi pari pari gli errori di cent’anni fa. L’interventismo democratico che spaccò il fronte del socialismo pacifista europeo risorge oggi per commettere gli stessi errori, come se la storia non fosse mai stata studiata.
Elly Schlein e il “Washington Post”
Contrariamente a ciò che alcuni avevano sperato, la nuova segretaria del PD continua a sostenere le ragioni dell’invio delle armi. Lo scopo è apparentemente semplice e non sembra fare una grinza: fermare l’aggressore e proteggere l’aggredito.
Nella lettera aperta a Elly Schlein ho cercato tuttavia di fornire qualche elemento di riflessione: le ho scritto (senza ottenere ad oggi risposta) evidenziando che le armi inviate, alla lunga, non hanno fermato il massacro ma hanno illuso Zelensky della vittoria. E da questa illusione nasce la mostruosa situazione descritta dal Washington Post. Battaglioni di 500 uomini, con 100 morti e 400 feriti, rimpiazzati da ragazzi di leva che, quando possono, scappano. Tutte cose a cui occorre dare risposta perché se l’obiettivo dell’invio delle armi è quello di difendere le persone in Ucraina allora esiste un solo modo di verifica: conteggiare le vittime. Ma le vittime della guerra sono coperte dal segreto di Stato in Ucraina. Perché se ci fosse una verifica trasparente e oggettiva si vedrebbe che all’aumentare dell’invio di armi non è seguita una diminuzione delle morti ma al contrario un crescendo impressionante. Stiamo proteggendo l’aggredito o lo stiamo mandando allo sbaraglio?
I dati drammatici del “Kyiv Independent”
L’invio di armi doveva difendere i civili ma è diventata la ragione di nuovi arruolamenti forzati che avvengono rastrellando i giovani a Kiev e in altre città dell’Ucraina. Sono tantissimi i giovani che fuggono alla leva e che stanno diventando renitenti. Se ne parla poco ma il problema c’è, ed è vasto
Qualcuno dirà che quei giovani servono a difendere altri civili indifesi. La verità è un’altra. Vengono impiegati in missioni suicide simili a quelle che ordinava il generale Cadorna nella prima guerra mondiale. Ecco qui qualche sprazzo di questa lucida follia. “Il battaglione è arrivato a metà dicembre… tra tutti i plotoni eravamo 500”, racconta Borys, un medico militare della regione di Odessa che combatte intorno a Bakhmut. “Un mese fa eravamo letteralmente 150”, confessa a The Kyiv Independent. “Quando si va in posizione, non c’è nemmeno il 50% di possibilità di uscirne vivi”, afferma un altro soldato. È più un 30/70″.
Capovolgere la narrazione
Più si fa ricerca e più si scopre che la narrazione della guerra si discosta dalla realtà della stessa. E la contraddice.
E’ pertanto il momento di rivendicare orgogliosi la nostra scelta di pacifisti. Occorre capovolgere la narrazione della guerra come scelta dolorosa ma necessaria, perché quella narrazione oggi non regge più alle dure smentite dell’evidenza. Siamo nel pieno di una “battle of narrative”, e la Nato presta molta attenzione allo storytelling della guerra.
La giusta “guerra di difesa”, la retorica dell’aggressore e dell’aggredito, tutto sta saltando perché la guerra diventa pluriennale, rischia di diventare come la prima guerra mondiale. Siamo di fronte alla logica della faida, non alla guerra di difesa e spiace vedere gente intelligente, che ha scritto libri, perdersi di brutto pensando per di più di indicare la strada agli altri.
Persino Luttwak è sconfortato dallo stallo militare e ha parlato di referendum nelle zone di guerra per uscire dal pantano. Ci hanno illuso che bastassero poche settimane di sanzioni per far collassare economicamente la Russia e l’invio delle armi doveva servire il tempo necessario ad aspettare che arrivasse l’effetto delle sanzioni. Non è stato così.
La tenuta militare della Russia
La Russia – basta studiare, ricercare e approfondire i dati – ha armi, uomini, consenso e risorse economiche per continuare per molto tempo. Ha dimostrato una resilienza notevole. Il resto è propaganda per convincerci che Putin si può scalzare e che un altro invio di armi o altre sanzioni possano fare la differenza. L’unica differenza è se entrano in campo gli F-16 o i missili a lungo raggio per colpire la Crimea o le basi nel territorio della Russia. Ma in questo caso andiamo dritti verso lo scontro nucleare. Dunque la guerra contro la Russia non può essere vinta. E va chiusa al più presto perché non ha senso mandare al massacro altri soldati per non ottenere alcun risultato, tanti costi per zero benefici. I militari lo dicono, lo dice lo stesso generale Milley, capo del Pentagono.
Gli anarchici interventisti
Per concludere, un cenno a chi – di fronte all’aggressione russa verso l’Ucraina – ha sentito sinceramente intollerabile la situazione fino al punto di rinnegare i propri principi pacifisti pur di salvare gli aggrediti.
Di fronte alla prima guerra mondiale, oltre alla fine dell’internazionale socialista, si verificò un’altra crisi interna ad un fronte che tradizionalmente era contro gli eserciti: gli anarchici. La Germania invase il Belgio neutrale e lo devastò brutalmente. Lo definirono “lo stupro del Belgio”. La cosa scosse chi credeva nella neutralità. Fu così che Pëtr Kropotkin e altri 15 intellettuali anarchici si espressero a favore della guerra contro la Germania, sostenendo che la Germania rappresentava una minaccia per la libertà e la democrazia, e che l’intervento alleato sarebbe stato giustificato per difendere l’Europa dal militarismo tedesco. Fu criticato dall’anarchico italiano Errico Malatesta.
Quante similitudini!
Kropotkin poi si pentì. Ma ormai era troppo tardi.
* Alessandro Marescotti
Presidente di PeaceLink
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Eventi segnalati
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Venerdì 21 aprile 2023
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Martedì 25 aprile 2023 Festa di Liberazione
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Venerdì 28 aprile 2023 Sa Die de sa Sardigna
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Lunedì 1 maggio 2023 Festa del lavoro e dei lavoratori
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Lunedì 1 maggio 2023 Sagra di Sant’Efisio
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Mercoledì 3 maggio 2023
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Addio a Gianni Olla
Per ricordare Gianni Olla, valente intellettuale e bella persona, nostro amico, pubblichiamo un breve post che per lui ha scritto Antonello Zanda, direttore della Cineteca Sarda.
“Ci ha lasciato e a me, alla Cineteca Sarda, al mondo culturale mancherà un punto di riferimento e di confronto forte e importante. Gianni è stato un operatore culturale completo: scrittore, critico, giornalista e animatore del dibattito culturale sul cinema e non solo. Molti progetti ci hanno visto insieme, da quelli promossi dalla Cineteca Sarda alla rivista Teorema con cui negli ultimi anni collaborava costantemente. Lo voglio ricordare proponendovi una sua intervista che gli feci nell’aprile del 2022 per una rassegna dedicata a Pier Paolo Pasolini. Forse è il suo ultimo intervento pubblico: non potendo partecipare personalmente all’evento aveva chiesto di farlo in video e così ho filmato il suo intervento. Gianni era un amico di cui mi colpiva la grande intelligenza e la grande sensibilità personale. Ci mancherà”.
- Segue l’intervista:
https://m.youtube.com/watch?fbclid=IwAR1SVNFrJLVpllkXXLowfyoo5lfuErbwnEoQEgrEPlmsIeQYEWrcKzPWuH0&v=t6OWTijl494&feature=youtu.be
Giovedì 20 aprile 2023 Commenti Opinioni Riflessioni Eventi
Qatargate: un’inchiesta fuori dalle regole?
20 Aprile 2023
Rosamaria Maggio su Democraziaoggi
La decisione di tenere i mondiali di calcio del 2022 in Qatar è stata presa nel 2010.
Eva Kajili aveva 32 anni, era membro del Parlamento ellenico e per la elezione al Parlamento Eu ha dovuto attendere il 2014, quindi 4 anni dopo che il Qatar conquistasse i mondiali.
Antonio Panzeri era invece parlamentare Eu (2004-2019), […]
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L”orsa? Va messa in un ampio e comodo recinto nel bosco. Coi cuccioli
20 Aprile 2023
A.P. Su Democraziaoggi
Vi siete rotti? Posso dire anch’io due parole sull’orso? Lo hanno catturato e messo dentro un recinto, dove non puo’ far male ad alcuno. Quindi, un’alternativa all’uccisione esiste. E pertanto e’ probabile che i giudici confermino la sospensione della condanna a morte e lo salvino. Che violenza poi dividere la madre dai cuccioli! Che senso ha? […]
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Verso Sa Die de sa Sardigna – Oggi convegno a Cagliari
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SA DIE DE SA SARDIGNA 2023 Seminario di studi del 20 aprile 2023 (ore 9:00 – 13:30) presso il salone del Palazzo Viceregio in Cagliari
Una mattinata di studio e di musica. Sono invitati: tutti i Cittadini, i Consiglieri regionali e della Città Metropolitana, i Consiglieri comunali, i Deputati e i Senatori
Nel 2023 “Sa Die” compie trent’anni. La legge regionale istitutiva della Giornata del Popolo sardo, la n. 44, venne approvata il 14 settembre 1993. Il Comitato ritiene necessario e utile proporre le iniziative finalizzate a sviluppare la conoscenza della storia e dei valori dell’autonomia, in particolare tra le giovani generazioni – come prevede la legge – e avviare la riflessione sul senso del percorso compiuto in questi trent’anni per approfondirne le ragioni e le finalità e quindi per meglio comprendere il significato del rapporto tra il Popolo sardo e le sue Istituzioni rappresentative.
In tale prospettiva viene promossa, in collaborazione con la FASI (Federazione delle Associazioni Sarde in Italia), una mattinata di studio e di musica con il seguente
PROGRAMMA
SA DIE DE SA SARDIGNA 2023, trent’anni dopo l’approvazione della legge istitutiva: una riflessione e una riconferma
Sede e data: Salone del Palazzo Viceregio, giovedì 20 aprile 2023, ore 9:00 – 13:30
Saluti e interventi delle Autorità e della Presidenza del Comitato
L’on. Christian Solinas Presidente della Regione Autonoma della Sardegna
L’on. Michele Pais Presidente del Consiglio Regionale della Sardegna
Interventi programmati
1. Il percorso storico della Sarda Nazione
prof. Federico Francioni
2. La storia e la lingua, linfa dell’autocoscienza di ciascun popolo
prof. Carlo Pala
3. Sa Die: un’identità tra legge e arte
on. Piero Marras, primo firmatario della Proposta di legge
4. La tutela delle lingue di Sardegna: il contributo dell’emigrazione
dott. Bastianino Mossa, presidente FASI
5. Segni e simboli dell’identità dei Sardi: una festa, un inno, una bandiera
prof. Gianni Loy
Interventi musicali all’interno della relazione istituzionale di Piero Marras
Al termine verranno proposti alcuni brani del gruppo ‘Coro di Cagliari”, diretto dal maestro Fabrizio Gungui.
Coordinamento del Comitato per “Sa Die de sa Sardigna” promosso dalla Fondazione Sardinia, con sede in piazza S. Sepolcro, 5 – Cagliari
Le celebrazioni successive
Dibattito
I cattolici democratici e la nuova sinistra
15 Aprile 2023 by Fabio | su C3dem.
di Silvio Minnetti*
La speranza di Pace
Luca Lecis su L’Unione Sarda: https://www.unionesarda.it/opinioni/la-speranza-di-pace-fwsgk933
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Martedì 18 aprile 2023 Commenti Opinioni Riflessioni Eventi
16 Aprile 2023 Claudia Zuncheddu, portavoce della “Rete sarda difesa sanità pubblica”, su il manifesto sardo.
https://www.manifestosardo.org/un-errore-smantellare-il-reparto-di-diabetologia-del-brotzu/#more-35076
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18 Aprile 2023
A.P. Su Democraziaoggi
Ora anche Giorgino insorge. Contro il rigassificatore. La battaglia del comitato di quartiere non è pregiudizialmente contro il rigassificatore, “ma contro l’idea scellerata di costruirlo dietro le case – ha spiegato il compagno Mariano Strazzeri durante una delle ultime assemblee. Facciamo appello – ha detto Strazzeri – a tutte le associazioni, ai movimenti, ai partiti e […]
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16 Aprile 2023 by Fabio | su C3dem.
Il dramma della guerra:
Domenico Gallo, Queste guerre simulate ci preparano al peggio (il Fatto Quotidiano). Domenico Gallo, Il dogma dell’escalation e il partito della guerra (il Fatto Quotidiano).
Raniero La Valle, La guerra tornata nella ragione? (Rocca).
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