Monthly Archives: aprile 2023

Lunedì 17 aprile 2023 Commenti, Opinioni, Riflessioni, Eventi

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La scomparsa del sogno palestinese
11-04-2023 – di Chiara Cruciati su Volerelaluna
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democraziaoggiGuerre simulate?
17 Aprile 2023 su Democraziaoggi.
Si sono appena concluse le esercitazioni militari cinesi intorno all’isola di Taiwan, ma dall’Indo-Pacifico all’Atlantico, al Baltico, la febbre della mobilitazione bellica attraversa tutto il pianeta.
Quello che rende queste simulazioni di guerra particolarmente inquietanti è il fatto che coesistono con il fuoco vivo di un conflitto nel quale due delle superpotenze militari (USA e Russia), […]
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abc4d1f7-5e67-4317-922f-4c396d24255fIn difesa dei diabetici.
17/04/2023 Claudia Zuncheddu, su L’Unione Sarda.
https://www.unionesarda.it/opinioni/in-difesa-dei-diabetici-nnbvvqn2.
Una versione più estesa dell’articolo di Claudia Zuncheddu su il manifesto sardo: https://www.manifestosardo.org/un-errore-smantellare-il-reparto-di-diabetologia-del-brotzu/#more-35076
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logo-politicainsiemePnrr: qual è l’interesse del Paese?
di Massimo Maniscalco su PoliticaInsieme.
https://www.politicainsieme.com/pnrr-qual-e-linteresse-del-paese-di-massimo-maniscalco/
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Rassegna stampa C3dem fino al 16 aprile 2023

c3dem_banner_04Scuola: quando la comunità educante non è un’utopia
16 Aprile 2023 su C3dem.
di Pasquale Bonasora*
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16 aprile – Giornata mondiale della voce

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Domenica 16 aprile 2023 Commenti Opinioni riflessioni eventi

democraziaoggi-loghettoCarbonia. Togliatti a Carbonia: L’8 maggio le sinistre si affermano in città e in Sardegna Manifestazioni per la pace e contro il Patto Atlantico mentre nascono l’OECE e il Consiglio d’Europa
16 Aprile 2023
Gianna Lai su Democraziaoggi
Oggi ecco di nuovo, dal 1° settembre 2019, un post sulla storia di Carbonia, non pubblicato la scorsa domenica di Pasqua.
Grande attesa per quelle elezioni, la partecipazione dei cittadini in quanto lavoratori alla formazione della volontà generale, nuovo banco di prova dopo il 18 aprile. Così la cronaca dell’arrivo a Carbonia del leader comunista, […]
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Metaverso all’Universita’

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https://m.youtube.com/watch?v=6pS6YRJ1blE&fbclid=IwAR2PoT7kArklJuEP1oNcXC37Dj6RLyY-Iwa0tLFV0XtxMV_to4HgR3q8MH4
Convegno all’Universita’ di Cagliari il 14 aprile 2023, promosso dal prof. Alessandro Spano.
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L’economia della Sardegna in caduta libera

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Lavoro: Gilberto Marras (Pastorale Sociale del Lavoro Sardegna), “Regione in situazione di debolezza strutturale, avere il coraggio di cambiare e fare più di un passo verso il futuro”

15 Aprile 2023

(Foto: Conferenza episcopale sarda)

Editoriali

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Internazionale. Israele sull’orlo del baratro. (Da Rocca)
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Disastro sanità
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Che succede in Israele e Palestina? La situazione volge al peggio. Tuttavia s’intravede qualche segnale positivo.
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Internazionale

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Israele sull’orlo del baratro
di Andrea Gaiardoni su Rocca (*)

Benjamin Netanyahu e i partiti dell’ultradestra che sostengono il governo israeliano sono stati eletti, lo scorso dicembre, sulla base di una promessa elettorale che garantiva ordine e sicurezza. Eppure sta accadendo l’esatto contrario. Sono bastati pochi mesi per far scivolare Israele sull’orlo del baratro, con una tensione sociale mai sperimentata in 75 anni di storia. Perché alla nuova, violentissima campagna militare lanciata nella Cisgiordania occupata (calpestando le norme del diritto internazionale), con gli israeliani che continuano a espandere i loro insediamenti con la forza a scapito dei villaggi palestinesi, si sommano le clamorose manifestazioni antigovernative seguite alla presentazione del contestatissimo progetto di «riforma della giustizia», che punta a smantellare lo stato democratico, a sottomettere il potere giudiziario e ad accentrare l’autorità nelle mani della politica, nello specifico della maggioranza del Parlamento israeliano. In Israele c’è una sola camera, la Knesset: un governo sopravvive soltanto se ha la maggioranza di quei 120 seggi. E l’unica istituzione nazionale che può «bilanciare» quel potere, controllarlo, obbligarlo a rimanere entro i binari del lecito, è l’Alta Corte di Giustizia (il presidente di Israele, ad esempio, non può mettere il veto alle leggi approvate dal Parlamento). La riforma proposta da Netanyahu consentirebbe alla Knesset di ribaltare le decisioni della Corte con una maggioranza semplice di 61 voti. Inoltre, sempre stando al testo presentato e contestato, la Corte Suprema verrebbe privata del potere di controllo sulla legalità delle leggi via via emanate dal Parlamento (in Israele non esiste una Costituzione scritta: il «faro» è nelle leggi fondamentali, che definiscono i diritti individuali e le relazioni tra cittadini e stato). La terza modifica riguarda la selezione dei giudici che fanno parte del supremo tribunale israeliano: non più nominati da una ristretta cerchia indipendente (ex politici ed ex magistrati), ma con un potere maggiore attribuito al governo, anche per le nomine nei tribunali ordinari.

il fardello di Netanyahu

Perciò i manifestanti, da oltre tre mesi, invadono con straordinaria compattezza e determinazione le piazze israeliane, invocando il rispetto della democrazia, denunciando il rischio di scivolare in un sistema di democratura, termine coniato dallo scrittore uruguaiano Eduardo Galeano per descrivere «la convivenza di elementi democratici e autoritari all’interno di un modello che potremmo definire come democrazia ristretta» (gli esempi pratici non mancano: dall’Ungheria alla Polonia, fino alla Turchia; tutte realtà dove governi democraticamente eletti hanno via via smantellato i controlli e gli equilibri per minare l’indipendenza della magistratura). E non è soltanto la società civile che ha deciso di scendere in piazza, alzando la voce come mai era accaduto prima: anche i militari, i riservisti dell’esercito che si sono rifiutati di entrare in servizio come segno di protesta, al pari degli agenti del Mossad (il servizio segreto israeliano), come anche i piloti da combattimento d’élite, per non dire dei magistrati e di una consistente porzione della politica, compreso il presidente d’Israele, Isaac Herzog, che al culmine della crisi, alla fine di marzo, aveva rivolto un appello al governo: «Per il bene dell’unità del popolo di Israele, vi invito a interrompere immediatamente il processo legislativo della riforma». Con l’aggravante che Benjamin Netanyahu, il premier più longevo della storia d’Israele, che pur di tornare a ricoprire il ruolo di primo ministro ha ripescato dai bassifondi della politica israeliana i partiti più ferocemente nazionalisti e ultraortodossi, dando spazio, voce e ruoli a leader dalla fedina penale ben più che opaca (assai frequenti i precedenti penali per incitamento al razzismo e per aver dato sponda a gruppi considerati terroristi), deve difendersi da quattro procedimenti giudiziari aperti nei suoi confronti con l’accusa di corruzione, frode e abuso di potere. Processi che potrebbero decretare la fine della sua carriera politica. Da qui la convinzione, per la stragrande maggioranza degli israeliani, che l’azione di Bibi Netanyahu sia animata esclusivamente da interessi personali: togliere potere ai giudici per salvarsi la pelle. Una mossa da «ultima spiaggia» che va però a coincidere proprio con gli interessi dell’estrema destra e dei partiti ultraortodossi, fortemente critici contro l’operato della magistratura. Per dirne una: Aryeh Dery, presidente del partito Shas, che rappresenta soprattutto gli ebrei ultraortodossi sefarditi, non è potuto diventare ministro nell’attuale governo Netanyahu (c’era un accordo in tal senso) proprio per l’intervento dell’Alta Corte israeliana, che ha giudicato «inopportuna» l’assegnazione di un ruolo così rilevante a un personaggio condannato lo scorso anno per corruzione, peraltro con pena sospesa in cambio della promessa del suo ritiro dalla politica attiva. Più in generale, gli estremisti, sia di destra, sia religiosi non tollerano gli interventi della Corte Suprema quando (saltuariamente) vanno in qualche modo a ostacolare il progetto dei coloni di accaparrarsi le terre dei palestinesi. Come nel 2020, quando i magistrati abrogarono una legge votata dalla Knesset che consentiva ai coloni di costruire insediamenti su territori privati posseduti da palestinesi. Gli ultraortodossi accusano inoltre la magistratura di non rispettare la loro libertà religiosa, e i loro privilegi. Per fare ancora un esempio, in Israele il servizio militare è obbligatorio per tutti, donne e uomini, ma non per gli ultraortodossi. Basta frequentare le scuole religiose (le Yeshiva) per avere diritto a presentare prolungate esenzioni dal servizio militare, senza limiti di tempo. La Corte Suprema si è più volte pronunciata a favore del superamento di questo privilegio.

il ricatto dell’estrema destra

Questi dunque gli schieramenti sul campo. Da un lato Netanyahu, con il suo cinismo, disposto a tutto pur di salvarsi (politicamente) la pelle. Dallo stesso lato gli ultranazionalisti e gli estremisti religiosi che sperano di massimizzare la loro presenza al governo e che ormai lo hanno in pugno. Come dire: se indietreggi di fronte alle proteste di piazza facciamo cadere il governo e tu dovrai difenderti nei processi senza la copertura del ruolo di primo ministro (difatti Itamar Ben-Gvir, ministro della sicurezza nazionale, leader del partito israeliano di estrema destra Otzma Yehudit, ha preteso e ottenuto, in cambio della sua «fedeltà», la creazione di una «guardia nazionale di circa duemila uomini alle sue dirette dipendenze). Di fronte, tutto il resto della società civile e militare israeliana, che proprio non vuol saperne di consegnare agli estremisti il controllo totale del paese, senza più regole o contrappesi. E, accanto a loro, i più fedeli alleati di Israele, quegli Stati Uniti che si sono più volte dichiarati «profondamente preoccupati» per quanto sta accadendo e per tutto ciò che comporta una progressiva instabilità d’Israele in una regione così delicata come il Medio Oriente. Difficile immaginare, a questo punto, una via d’uscita che non abbia gravi conseguenze. Il voto sulla riforma della giustizia è stato soltanto sospeso e rinviato a fine aprile: inutile dire che un’eventuale approvazione sarebbe anche un durissimo colpo per i palestinesi che vivono nella Cisgiordania occupata, che in assenza di una Corte nelle sue piene funzioni perderebbero di fatto qualsiasi forma di difesa dei propri diritti. Netanyahu deve oltretutto fare i conti con un calo di consensi mai sperimentato prima (secondo un sondaggio pubblicato pochi giorni fa appena il 31% degli elettori giudicava positivamente l’operato del governo). Quindi prende tempo. Tenta di mediare, senza in realtà avere alcuna intenzione di farlo. Ha appena deciso, con un voltafaccia abbastanza clamoroso, di reintegrare nel ruolo di ministro della Difesa Yoav Galant, anche lui come Netanyahu membro del Likud, che aveva «osato» criticare pubblicamente la riforma (l’aveva definita «una minaccia per la sicurezza di Israele») e che perciò era stato immediatamente licenziato, scatenando ancor più le proteste degli oppositori (e dei sindacati). «È vero – ha ammesso il premier –, in passato abbiamo avuto divergenze di opinioni, ma ora ho deciso di lasciare tutto alle spalle: continueremo a lavorare insieme per la sicurezza dei cittadini di Israele». Nel suo immaginario si tratta di un gesto «distensivo», ma non è così. È fumo negli occhi. Come anche i «colloqui» con l’opposizione, nella prospettiva utopica di trovare un compromesso su quella riforma giudiziaria.

escalation di terrorismo senza alcuna pietà

Un compromesso non si troverà mai: se vince Netanyahu, perde la democrazia. Ma il problema è a monte. Perché la fragilità politica rende Israele più debole, più vulnerabile. Come ha osservato il generale Moshe Ya’alon, ex ministro della difesa tra il 2013 e il 2016: «Ho prestato servizio nell’esercito per decenni e non ho mai visto un comportamento così spericolato come quello di Netanyahu ora. Il suo complotto ossessivo per rovesciare la democrazia israeliana rappresenta una minaccia immediata alla sicurezza di Israele. I nostri nemici stanno a guardare, e la nostra capacità di deterrenza sta calando». Israele è realmente sull’orlo del precipizio. Con l’estrema destra di governo che sembra sempre più disposta a rischiare il tutto per tutto, come se non temessero più alcuna reazione, né della società, né dei palestinesi, né degli alleati. Un’estrema destra che dopo il raid della polizia israeliana di inizio aprile nel complesso della moschea di Al-Aqsa, a Gerusalemme (durante il mese sacro musulmano del Ramadan) e l’uccisione di un ragazzo palestinese di 15 anni in un campo profughi vicino a Gerico, ha organizzato un corteo, al quale hanno partecipato anche 7 ministri dell’attuale governo (tra i quali il ministro delle finanze Bezalel Smotrich e il ministro della sicurezza nazionale Itamar Ben-Gvir), con migliaia di coloni che hanno marciato verso un insediamento ebraico evacuato due anni fa. Una palese minaccia degli estremisti che non hanno alcun timore di gettare ulteriore benzina sul fuoco delle rivendicazioni. E con i terroristi palestinesi, Hamas su tutti, che non vedevano l’ora di avere l’ennesimo pretesto per scatenare la loro cieca, folle, reazione: una donna israeliana uccisa con le sue due figlie di 15 e 20 anni; l’avvocato italiano Alessandro Parini che sul lungomare di Tel Aviv ha lasciato la vita, travolto e ucciso da un’auto guidata da un arabo-israeliano, senza precedenti, lanciata a tutta velocità; la pioggia di 34 razzi sparati dal sud del Libano verso il nord d’Israele (25 intercettati dal sistema di difesa Iron Dome), salutati dalla Jihad islamica palestinese come «un’operazione eroica contro i crimini israeliani nella moschea di Al-Aqsa». Rimpalli di accuse, vittime civili, in tributo crescente di morte e di dolore e di rancori che non può avere alcuna giustificazione sulla base delle proprie «ragioni». Questa strada porterà Israele, e non soltanto, oltre l’orlo del baratro. Pochi giorni fa il capo di stato maggiore Yoav Horowitz, ex capo dello staff di Netanyahu tra il 2016 e il 2019, oggi uno dei volti più noti delle proteste antigovernative, ha rilasciato un’intervista al quotidiano Haaretz nella quale ha disegnato un profilo dell’attuale premier: «È arrivato a vedersi come qualcosa tra un imperatore e il presidente di una superpotenza, è deciso a diventare il Vladimir Putin di Israele. Io c’ero quando l’ha incontrato, in passato. Ho visto la sua adorazione. Ho visto quanto desiderava essere come lui. La mia previsione? Netanyahu non si fermerà fino a quando l’intero sistema giudiziario non sarà sul pavimento, implorando perdono per averlo messo sotto processo». E allora, chi lo fermerà? Ormai anche nell’opinione pubblica di destra, che pochi mesi fa aveva votato per l’attuale coalizione, comincia a farsi largo l’ipotesi che forse sarebbe un bene per Israele archiviare, definitivamente, la lunga, dolorosa, pericolosa, parentesi politica di Bibi Netanyahu.
Andrea Gaiardoni
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(*)aladin-logo Come abbiamo scritto di recente, il direttore di Rocca, Mariano Borgognoni, nell’editoriale del numero 8/2023 di Rocca ha preannunciato, un approfondimento della questione israelo-palestinese, anticipando questo impegno con la copertina della stessa rivista: “Abbiamo voluto dedicare la copertina a quella grande parte del popolo israeliano che, con una mobilitazione senza eguali nella storia di quel Paese, ha per ora bloccato la riforma di Netanyahu, volta ad azzerare i poteri della Corte Suprema (il Parlamento, oltre a scegliere i giudici, potrebbe annullare le decisioni della Corte). La partita tuttavia rimane drammaticamente aperta. (…) approfondiremo la questione con l’attenzione che merita per l’importanza che, da diversi punti di vista, rivestono quel Paese e quella tormentata area del mondo”. In piena sintonia con gli amici di Rocca e della Pro Civitate Christiana di Assisi, ai quali ci legano consolidati rapporti di amicizia e collaborazione, ci siamo uniti con Aladinpensiero a tale programma, promettendoci sia di “rimbalzare” gli articoli di Rocca in argomento, sia di proporne altri di carattere documentale, di analisi e opinioni. In questo contesto ricordiamo che ci siamo anche impegnati a segnalare e sostenere le iniziative della Caritas diocesana di Cagliari, che al termine di un Pellegrinaggio in Terrasanta, tenutosi tra la fine dello scorso dicembre e l’inizio del nuovo anno, ha deciso di partecipare a programmi di solidarietà con il popolo palestinese. Si tratta di iniziative proposte dalla Caritas di Gerusalemme, rivolte soprattutto ai giovani palestinesi e alle persone di quelle zone in situazione di particolare disagio.
Non solo quindi documentazione, dibattito e confronto di idee ma anche concreta operatività, per quanto possiamo fare.
In questa circostanza proponiamo l’articolo di Andrea Gaiardoni, esemplare per chiarezza, pubblicato nel numero 9 di Rocca da alcuni giorni online (fm).

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Per quanti volessero approfondire: https://www.limesonline.com/sommari-rivista/israele-contro-israele
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Eventi
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Mercoledì 19 aprile 2023 a Iglesias.
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Giovedì 20 aprile 2023 verso Sa Die.
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Venerdì 21 aprile 2023
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Martedì 25 aprile 2023 Festa di Liberazione
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Venerdì 28 aprile 2023 Sa Die de sa Sardigna

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Lunedì 1 maggio 2023 Festa del lavoro e dei lavoratori
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Lunedì 1 maggio 2023 Sagra di Sant’Efisio
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Mercoledì 3 maggio 2023
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Oggi sabato 15 aprile 2023 Commenti Opinioni Riflessioni Eventi

democraziaoggiIl disastro dell’autonomia differenziata va fermato: ecco come
15 Aprile 2023—
ALFIERO GRANDI e NADIA URBINATI
L’autonomia regionale differenziata è ormai un obiettivo di tutto il governo. Giorgia Meloni l’ha fatta sua nel discorso in Friuli durante la recente campagna elettorale, senza riguardo per le conseguenze sull’unità nazionale.
Questo progetto richiede una forte e determinata opposizione in parlamento e nel paese per bloccare il ddl del ministro […]

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Per una Sardegna fuori dal Fossile

2edecee9-6965-47cd-9db4-c144b7515b6fManifestazione Nazionale “Per una Sardegna fuori dal Fossile”, sabato 15 aprile a Cagliari.

Sabato 15 aprile si terrà a Cagliari la manifestazione nazionale “Sardegna Fuori dal Fossile” con ritrovo alle ore 10.00 in piazza del Carmine per poi dirigersi in corteo al Villaggio Pescatori di Giorgino, percorrendo la via Sassari, piazza Matteotti, Viale La Playa e il tratto del ponte che condurrà a Giorgino.

Disastro sanità

3dd2e059-2dc5-4bf2-8bb2-70b88f851d5bdisperazione AladinGli italiani situano la salute in cima alle loro preoccupazioni. Giustamente.
Hanno grande considerazione del Sistema sanitario pubblico, nonostante tutto. Nonostante gli episodi di malasanità, il complessivo peggioramento dei servizi sanitari e la progressiva privatizzazione degli stessi. La pandemia ha messo a nudo tutte le criticità. E svelato l’indebolimento delle strutture sanitarie, che nel tempo sono state ridimensionate, in taluni casi smantellate, private di adeguati finanziamenti… A subirne le conseguenze sono stati i ceti più poveri, ma anche il ceto medio. Molte morti potevano essere evitate, non solo nel periodo più acuto della pandemia. Il potere politico, di tutti gli schieramenti, massimo responsabile dello stato passato e presente della sanità, ha cercato con colpevole ritardo di escogitare qualche rimedio, difficile in relazione alla inadeguatezza dell’organizzazione sanitaria, spezzettata nei molteplici centri di potere (regionali e non solo) che esso stesso aveva creato. Una terribile confusione, alimentata da inefficienze e assurdi carichi burocratici, a tutti i livelli, nonché dalle consuete irresponsabili speculazioni politiche. Con relativa tempestività sono state trovate le risorse, anche ingenti, in gran parte di provenienza europea (PNRR in primis). I danni sono stati davvero tanti e diffusi in tutto il Paese e le sofferenze della popolazione terribili. Costretti dagli eventi si è messo mano al potenziamento degli ospedali e all’attivazione di presidi sanitari sul territorio, anche con l’assunzione di nuovi medici e unità di personale socio-sanitario. Qualcosa è stata migliorata, ma ancora nessuna radicale soluzione in grado di arrestare il degrado e restituirci un sanità adeguata alle esigenze. Gli interventi non sono stati di uguale portata, efficienza ed efficacia in tutto il Paese. Continuano drammaticamente a pesare le differenziazioni tra Nord e Sud, in una prospettiva di ulteriore aumento delle distanze a sfavore del Sud, come fanno temere le sciagurate misure dell’autonomia differenziata. Perché qualcosa cambi davvero occorre lottare in un percorso di lunga durata: uniti e organizzati nella ricerca e nella pratica politica. Anche noi daremo il nostro contributo. Non mi dilungo. Per quanto riguarda la situazione sarda, non solo sanitaria, siamo messi male: basta leggere l’intervento odierno (14/4/23) di Andrea Pubusa sul blog Democraziaoggi. I sardi sopportano. Come sono purtroppo abituati a fare da millenni. La grande parte non si ribella. Non sottovaluto certo l’impegno eroico di movimenti, comitati popolari, sindacati, anche qualche buon politico… che si battono contro la chiusura di ospedali, per più risorse e personale alla sanità e così via, ma l’establishment politico non sembra rispondere alle pressioni popolari. Tutto sommato tiene, anche nei consensi, e poco si preoccupa del calo della partecipazione, di quella dei cittadini attivi, organizzati nelle associazioni democratiche di base e di quella elettorale, tanto se si è eletti dalla minoranza della popolazione non cambia il peso del potere. Ovviamente tutti i partiti all’indomani delle elezioni esprimono formale dispiacere per il crescente astensionismo, ma non mettono in campo alcuna volontà e relative proposte concrete per modificare le leggi elettorali che lo determinano in rilevante misura. Così capita che in Sardegna abbiamo la peggiore tra le leggi elettorali regionali, voluta e mantenuta dall’unanimità delle forze politiche, salvo meritori dissenzienti. Torniamo alla sanità. Da segnalare che del persistente disastro nessuno intende assumersi le responsabilità: per la coalizione di centrodestra, che governa oggi la Regione, è tutta colpa della precedente gestione di centrosinistra. Non ne dubitiamo, ma allora che fa il centrodestra in maggioranza? Più che altro provoca ulteriori danni, considerato che il suo impegno quasi si esaurisce nel creare e distribuire posti di potere, a questo fine determinati a modificare assetti organizzativi, che creano più problemi che buone soluzioni. Basta riferirsi alla recente decisione di spostare due importanti reparti dell’Ospedale Brotzu (Centro Antidiabetico e Centro per l’Autismo) ad altri nosocomi. Al riguardo bastano e avanzano le pesanti critiche al provvedimento assunto dall’assessore regionale alla sanità, formulate dal mio omonimo e amico Franco Meloni, medico ed ex dirigente sanitario di alto rango, nonché autorevole politico di maggioranza, nelle pagine de L’Unione Sarda del 13 c.m. In conclusione del suo convincente ragionamento (a cui rimandiamo) Franco Meloni, anche facendosi portatore delle istanze dei pazienti e dei familiari “vittime” del provvedimento assessoriale (per fortuna non ancora eseguito) ne chiede la revoca. Vedremo come va a finire. Speriamo bene! Per parlare ancora di prospettive, specificamente di programmi della sanità regionale (piani nazionale e sanitari regionali e dintorni) giova segnalare come questi, in certa parte condivisibili, restino in gran parte “sulla carta”. Su tali tematiche, al tempestivo e interessante recente Convegno promosso dall’Aimos a Cagliari, di cui abbiamo dato conto in un apposito articolo, i massimi dirigenti amministrativi e sanitari della Regione hanno ampiamente relazionato, ma si tratta allo stato di “cose da fare”, in minima parte in attuazione. Per esempio per quanto riguarda la costituzione delle Case della salute e degli Ospedali di Comunità. I soldi ci sono, medici e personale socio-sanitario molto meno, le strutture non ancora del tutto individuate e pronte alla bisogna… la spesa va a esasperante rilento. Come si può essere soddisfatti? Come possono esserlo le migliaia di cittadini in fila per le prestazioni sanitarie specialistiche, con tempi di risposta assolutamente inaccettabili? Come avere fiducia in una classe politica che non riesce a portare avanti programmi e progetti in tempi ragionevoli? Chiudo, provvisoriamente s’intende, con un solo esempio (di inefficienza).
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L’amministrazione comunale di Cagliari dispone da diversi anni (dal 2016!) di un finanziamento per realizzare un Centro della salute dedicato ai quartieri di San Michele e Is Mirrionis, erogato dall’Unione Europea e dalla Regione Sarda in attuazione del Programma ITI Is Mirrionis. A fronte dei programmi definiti, dei soldi disponibili, dell’individuazione dello stabile (ex Scuola di Via Abruzzi), di un bel programma organizzativo/gestionale redatto dal Comitato Casa del quartiere Is Mirrionis (tutto registrato e documentato) nulla risulta si sia ulteriormente fatto. Gli abitanti di San Michele e Is Mirrionis, soprattutto gli anziani, i giovani, i poveri… possono aspettare o anche morire! Chiediamo conto di questa inaccettabile inerzia al Sindaco Paolo Truzzu e agli assessori competenti. E, ovviamente, chiediamo che i consiglieri comunali della maggioranza e dell’opposizione prendano posizione.
Non finisce qui! È una promessa e, se volete, anche una minaccia, ma una buona minaccia, che tiene in conto e vuole approfittare dell’approssimarsi del periodo elettorale, perché per una buona causa, in favore della gente, specie della povera gente (fm).
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Eventi consigliati
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Sabato 15 aprile 2023
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Venerdì 21 aprile 2023
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Mercoledì 3 maggio 2023
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Oggi venerdì 14 aprile 2023. Commenti Riflessioni Opinioni. Che succede?

Heidegger, Ormai solo un Dio ci può salvare
di Gabriella Giudici, sul suo blog.
Nel 1933, Heidegger assunse il rettorato all’Università di Friburgo pronunciando una prolusione dal titolo L’autoaffermazione dell’Università tedesca.
Nell’intervista “Ormai solo un dio ci può salvare” – titolo cheIn agenda per mercoledì 3 maggio 2023—1f2491e7-1155-4a83-8b77-6c5a41cf1b62
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L’intelligenza artificiale: sfida alla “autocomprensione” e alla politica- di Domenico Galbiati su PoliticaInsieme https://www.politicainsieme.com/lintelligenza-artificiale-sfida-alla-autocomprensione-e-alla-politica-di-domenico-galbiati/
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democraziaoggi-loghettoIl malessere della Sardegna frutto delle nuove baronie
14 Aprile 2023
A.P. Su Democraziaoggi
Non si può leggere l’Unione sarda o sentire i tg regionali senza essere colti dallo sconforto e dalla rabbia. A Porto Vesme in chiusura la Gencord in mano svizzera. Troppo costosa l’energia e la produzione è energivora. Si tratta al Ministero, ma su cosa? I lavoratori esclusi, salgono sulle ciminiere o fanno altre cose strane […]
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Sanità

disperazione Aladin6fc9a3f2-d3f9-4c57-93d4-1b5252cf2be7Quei reparti trasferiti
di Franco Meloni, medico e dirigente sanitario, su L’Unione Sarda di
giovedì 13 aprile 2023
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Giovedì 13 aprile 2023 Commenti Opinioni Riflessioni Eventi

e214e395-1849-41e7-8b15-82066505d7ca futura-nIl reddito universale di base sarà la soluzione alla disoccupazione tecnologica?
Numerosi esperimenti indicano che la certezza di una entrata fissa migliora la qualità della vita, ma l’impegno generalizzato potrebbe essere insostenibile per gli Stati. La discussione è comunque aperta.
di Maddalena Binda e Milos Skakal su Futura Network
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Come l’Ai sta cambiando il mondo del lavoro: tra competenze, questione di genere e sostituzione
Tre studi Ocse per capire il mercato del lavoro futuro. Quasi triplicati gli impiegati nel settore Ai nell’ultimo decennio. Il Pil globale potrebbe aumentare di dieci volte. Ma l’intelligenza artificiale resta ancora una questione per “giovani, maschi e istruiti”.
di Flavio Natale su Futura Network
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democraziaoggiI diritti dei cittadini e l’autonomia differenziata
13 Aprile 2023
Alfio Desogus – Comitato sardo “No autonomia differenziata”
Per valutare in modo adeguato le prospettive e le iniziative assunte dal Governo sull’Autonomia Differenziata, è importante, se non decisivo, approfondirne le implicazioni e le conseguenze sui diritti dei cittadini. Si avverte, infatti, il rischio che il ddl sull’Autonomia Differenziata (AD), approvato il 2 febbraio 2023, e riapprovato successivamente […]
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Costituente Terra – ChiesadituttiChiesadeipoveri Newsletter

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