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Europa, Europa
Europee. Andiamo a votare. Votiamo a sinistra, per l’Europa del progresso, dei popoli, dei lavoratori! Contro i fascismi sotto qualsiasi faccia si presentino!
Riportiamo il testo di un’intervista fatta da Mario Girau per la rivista Nuovo Cammino (periodico della Diocesi di Ales-Terralba) al direttore di Aladinpensiero online. Per lo stesso servizio sono stati anche intervistati Franco Manca, Andrea Murgia e Andrea Pubusa.
1. Stare in Europa è uno svantaggio o un vantaggio per la Sardegna?
Supponendo che la Sardegna fosse uno Stato indipendente, sicuramente farebbe parte, come tale, dell’Unione Europea, perché per definizione ciò comporterebbe vantaggi di natura economica. Lo dimostra la repubblica di Malta, anch’essa formata da isole e isolette (con un’estensione kilometrica di poco più del 13% di quella sarda e con circa il 27% della popolazione sarda), che fa parte dal 2004 dell’Unione Europea e dal 2008 dell’Eurozona e gode di un PIL pro capite superiore del 19% di quello sardo, che ha visto incrementandosi in relazione alla scelta europeista. I vantaggi non solo economici derivano dall’essere parte di un vasto contesto integrato che sviluppa sinergie sistemiche e insieme valorizza identità nazionali e le specificità, per esempio della lingua e della cultura locali, favorendo gli scambi culturali di cui fruiscono tutti e specialmente i giovani (Erasmus). La Sardegna non è uno stato indipendente, ma come Regione gode di similari opportunità, che ovviamente si colgono tanto più esiste una consapevolezza delle stesse. Questo è il punto: la Sardegna al riguardo non è attrezzata.
2. Si ha l’impressione che le enormi risorse europee arrivate in Sardegna negli ultimi 30 anni non abbiano fatto il miracolo. Perchè?
Gli studiosi delle discipline più pertinenti (economisti e sociologi) concordano sul fatto che le risorse europee abbiano apportato vantaggi all’economia regionale, tuttavia decisamente inferiori alle aspettative e agli obbiettivi programmati. Quantitativamente insufficienti sia perché la Sardegna è stata incapace di spendere (e spendere bene) tutti i finanziamenti accordati, sia perché lo Stato si è mano mano disimpegnato talchè i fondi strutturali europei sono diventati da addizionali a sostitutivi di quelli statali. Qualitativamente si soffre di una programmazione in perenne ritardo e inadeguata a comprendere le esigenze dell’economia regionale e a farvi fronte. La situazione permane di grave difficoltà, come dimostrano gli indicatori sociali ed economici negativi: continua il fenomeno migratorio, specie dei giovani di alta scolarità, si aggrava lo spopolamento delle zone interne, l’industria è ridotta ai minimi termini, l’agricoltura (comprendendovi allevamento e pastorizia) strutturalmente in crisi, il terzo settore incredibilmente sottovalutato, i trasporti inadeguati (collegamenti aerei e navali) quando non disastrati (ferrovie), permane elevato l’abbandono scolastico e insufficiente il numero dei laureati, lascia molto a desiderare la qualità del governo della cosa pubblica (dal livello politico a quello amministrativo), mentre i cittadini sono pochissimo coinvolti nelle scelte politiche. Le negatività dovrebbero essere volte in positivo: in obbiettivi di governo da praticare. Ma, nonostante quanto scritto nei documenti, non accade nella realtà, che il più delle volte nelle scelte dei politici prescinde dal perseguimento degli obbiettivi virtuosi, quasi costituissero ostacolo alla gestione effettiva, caratterizzata invece da “navigazione a vista” senza obbligo di “resa del conto”.
3. Quali sono i comportamenti politico-burocratico-programmatci/progettuali che la Sardegna deve avere per “sfruttare” la risorsa europa?.
Ci vorrebbe maggiore serietà nell’amministrare, da parte di tutta la classe dirigente, non solo quindi di quella politica, a partire dalla conoscenza dell’ordinamento europeo e degli strumenti di programmazione, rendicontazione e valutazione. E’ possibile che oggi si parli dell’Europa sostanzialmente come vincolo per la nostra economia, come purtroppo per certi versi è, e non come formidabile opportunità? O, ancora, che l’Europa venga considerata quasi solo come bancomat per prelevare tutte le risorse finanziarie possibili? Importante ma terribilmente riduttivo. E’ possibile che si parli d’Europa senza impegnarsi a superare l’attuale discriminazione politica dei sardi, privi della sicurezza di propri rappresentanti nel parlamento europeo? Le stesse nostre difficoltà di utilizzare pienamente e con efficacia i fondi europei non sono riconducibili solo a problemi organizzativi e di preparazione del personale tecnico, amministrativo e politico. Come pur è vero (anche se è onesto registrare qualche miglioramento), ma sono del parere che questo come tanti altri problemi non possano essere disgiunti da uno, più pesante di tutti: l’incapacità della Regione di esercitare un ruolo politico nel quadro europeo, sia nei confronti dell’interposizione statale italiana, sia direttamente nei confronti delle istituzioni europee, laddove ciò è possibile, per esempio per incidere – modificandole o integrandole – sulle politiche europee. Ma il maggiore impegno deve consistere nell’operare uniti e convinti per un’Europa popolare, democratica e solidale che ci salva dalla barbarie (riproposta da partiti e movimenti xenofobi e illiberali) da cui pensavamo, a torto, di essere definitivamente usciti dopo due sanguinose guerre mondiali. Le elezioni europee del 26 maggio non possono essere disertate. Bisogna partecipare e votare a sinistra, per l’Europa del progresso, dei popoli, dei lavoratori! Contro i fascismi sotto qualsiasi faccia si presentino!
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Europa, Europa. Su Nuovo Cammino: nuovo-cammino19maggio2019def
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