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Oggi giovedì 8 dicembre 2016
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I cazzari del Sì
Francesco Cocco su Democraziaoggi
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Matteo, da rottamatore a rottamato
Carlo Dore jr. su Democraziaoggi
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I cazzari del Sì
Francesco Cocco su Democraziaoggi
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Matteo, da rottamatore a rottamato
Carlo Dore jr. su Democraziaoggi
Dirlo con un lenzuolo: no al genocidio!
27-05-2025 –
di Chiara Sasso su Volere la luna
Che le rose in questo mese di maggio siano fiorite non è una notizia, così come i gerani, ma vederli sullo sfondo in uno scatto fotografico, o in primo piano, imporsi, approfittando del bianco delle lenzuola appese, fa bene al cuore. Sono sudari come li ha chiamati Tommaso Montanari (https://volerelaluna.it/in-primo-piano/2025/05/23/un-sudario-per-gaza/), un’iniziativa semplice lanciata insieme a Paola Caridi per ricordare i morti di Gaza: «I corpi dei palestinesi morti ammazzati, diventati simbolo della strage. Sono, cioè, gli oggetti comuni del nostro tempo crudele. Tempo di genocidio. Il sudario ricopre, sottrae alla vista del mondo il corpo di cui è stato fatto scempio. Avvolgere nel sudario è un gesto estremo di cura, di pietas. Protegge la dignità degli esseri umani quando le vite non valgono più niente, nella conta approssimativa dei morti. Come si fa a piangere, onorare la memoria, dei morti di Gaza in quasi 600 giorni di assedio? Come si fa a piangerli uno per uno? Proviamo a farlo, in silenzio, sabato 24 maggio: in ogni città, paese, contrada d’Italia».
Un invito partito in sordina ed esploso sui social cosi proprio come esplodono le rose a maggio. Colpiscono queste immagini che fotografano un quotidiano che a Gaza non c’è da tempo. Una finestra, un lenzuolo e accanto un innaffiatoio, un vaso. Un lenzuolo spunta da un cancello, da un condominio, da una finestra con adesivi messi da bambini. Cosi si presentano le nostre case, una dopo l’altra, da un lenzuolo all’altro, belle, luoghi del cuore, curate nei giardini, nei particolari, negli intonaci colorati, nei viali. Non si possono sovrapporre altre immagini grige, distruzione, bombe, polvere. Non si può pensare a tutta la vita che manca a Gaza. Intanto le lenzuola sono diventate strumento per testimoniare. In molte piazze avvolgono corpi di persone stese a terra, in un succedersi di flash mob.
Sono molti anche i Comuni, da nord a sud che sabato hanno appeso il lenzuolo, alcuni accanto alla bandiera della pace, altri accanto alla bandiera italiana e poi c’è sempre il Napoli che ha vinto lo scudetto. Una chiesa ha appeso un lungo telo bianco davanti al portone. «Come si fa a piangere 50mila morti?». Un frate francescano ha postato su Fb il lenzuolo con una scritta: «Ci sono momenti nella vita in cui gridare è il solo dovere, come Giovanni nel deserto. Giorgio La Pira Pozzallo 1904». Anche l’ospedale Maggiore di Bologna ha ricoperto la facciata con le lenzuola.
I social a volte servono perché il tam tam non si ferma. Arrivano notizie da ogni dove compresa quella di una persona che denuncia da Reggio Calabria di aver avuto una testimonianza: «La polizia ha citofonato alla porta di chi ha esposto il lenzuolo per protestare contro quello che sta succedendo a Gaza… A che scopo fanno questi controlli? Sperando che sia un caso isolato». Purtroppo anche durante il Salone del Libro le bandiere palestinesi esposte erano “attenzionate”. Andrea Colamedici (Edizioni Tlon) nel raccontare alcune giornate trascorse al salone titola la riflessione
L’illustrazione
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Lettera pubblica a Benjamin Netanyahu
(Non voglio essere complice)
Signor Netanyahu,
Le scrivo con la rabbia di chi ha visto troppe atrocità e troppa indifferenza.
Le scrivo con la voce di chi non vuole tacere, perché il silenzio è sempre colpevole.
Quello che sta accadendo a Gaza non è difesa.
È genocidio. È crudeltà trasformata in strategia.
È potere che si fa vendetta. È un popolo che muore due volte: sotto le bombe e nel disinteresse del mondo.
Io non voglio essere complice.
Non voglio essere tra quelli che guardano altrove, tra quelli “distratti”.
La Shoah non va ricordata solo per l’orrore di un regime, ma anche per il silenzio che la rese possibile.
Milioni di occhi videro. Milioni di bocche tacquero, mentre un popolo – il Suo popolo – veniva sterminato.
Io non c’ero, ma sono certo che non avrei taciuto.
Lei sta usando quella memoria come scudo per giustificare nuove atrocità.
Ma non c’è giustizia nella rappresaglia. Non può esserci pace in uno Stato che umilia, affama, annienta.
Lei sta portando alla rovina non uno, ma due popoli, e il secondo è il suo. E con questi due popoli Lei sta portando alla rovina l’umanità intera.
I bambini non sono “effetti collaterali”. Sono bambini.
Come quelli che anche Lei, probabilmente, ha tenuto in braccio. Come quelli che, forse, l’hanno chiamata “papà”.
Eppure, li seppellite vivi. Li lasciate senza acqua, senza rifugi, senza sogni.
Con franchezza Le dico anche che trovo offensivo il nome dell’operazione militare in corso: “Carri di Gedeone”.
Gedeone, nella Bibbia, è il liberatore d’Israele, chiamato da Dio a salvare il suo popolo con giustizia e umiltà.
Ma Dio non può guardare con favore chi distrugge, chi semina terrore, chi calpesta l’umanità in nome della vendetta.
Non si può evocare il sacro per giustificare l’empio.
Non mi rivolgo a Lei da politico. Le parlo da essere umano. Da figlio. Da padre.
Perché il dolore dei palestinesi è anche il nostro dolore, è il dolore della umanità, ed è insopportabile.
Lei combatte “Hamas”, ma colpisce ospedali.
Parla di “difesa”, ma rade al suolo quartieri interi.
Dice “pace”, ma costruisce muri e barriere.
La verità è che ha fatto della paura un mestiere.
Dell’odio, un’ideologia. Dell’occupazione, una forma di governo.
Un giorno tutto questo finirà. E la Storia sarà lì ad aspettarLa, come aspetterà anche i capi di governo che hanno permesso tutto questo.
Non ci saranno medaglie, ma domande.
“Dov’era la sua coscienza, signor Netanyahu?”
“Dov’era la coscienza di chi poteva fermarLa e non l’ha fatto?”
Non si può invocare la memoria dell’Olocausto e, insieme, costruire un’altra catastrofe.
Non si possono piangere i morti del passato e ignorare i morti del presente.
Io non ci sto.
Non voglio restare in silenzio.
Perché chi tace oggi, domani non potrà più dire: «Io non sapevo».
Un essere umano che ha scelto di non essere complice.
Vi prego di condividere e rompere insieme il muro del silenzio.
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Pubblicato a Cagliari il 3/3/2012
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