Monthly Archives: novembre 2015

con gli occhiali di Piero…

GLI-OCCHIALI-DI-PIERO1-150x1501419VITTORIO PORCILE

Il 15 novembre 1815 (altri dicono il 5) muore a Carloforte, dov’era nato, Vittorio Porcile, Maggiore Generale (vale Ammiraglio) della Marina Sarda.
Nato nel 1756, innovatore della Marina Sarda, vincitore di innumerevoli scontri contro i pirati barbareschi, sconfisse a La Maddalena la flotta francese il 22 febbraio 1793, primo sardo ad avere raggiunto il suo grado.
Purtroppo fu anche partecipe della repressione dei moti del 1802 nel Nord della Sardegna, animati contro i Savoia dal parroco di Torralba Francesco Sanna Corda e dal notaio cagliaritano Francesco Cilocco (vedi “Per una storia segreta della Sardegna fra Settecento e Ottocento, di F. Francioni).
Non servì tutto ciò ad evitare a Vittorio Porcile la sconfitta dai tanti mediocri del regno, per cui si ritirò a morire, quasi in disgrazia, a soli 59 anni, nell’isola natìa.
Cagliari gli ha dedicato una via di fronte al porto, quartiere Sa Marina.

Oggi domenica 15 novembre 2015

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Fluctuat nec mergitur – Naviga e non affonda

motto di ParigiIl Bellissimo Motto latino di Lutetia Parisiorum
(Città di Parigi).
Fluctuat nec mergitur – Naviga e non affonda

A chi giova?

Parigi terrore 13 11 15di Nicolò Migheli

By sardegnasoprattutto/14 novembre 2015/ Società & Politica/

È sicuramente presto per stabilire chi realmente ha voluto le stragi di Parigi. L’ interventismo francese di questi anni in Libia, Siria ed Africa sub sahariana, ha certamente creato motivazioni e risentimenti. L’avere la Francia una politica nel Medio Oriente totalmente filo sunnita, con interscambi commerciali e vendite di armi nei Paesi del Golfo, introduce altre varianti sulle probabili cause degli attentati.

Gli anni della strategia della tensione ci hanno abituato a guardare oltre il fatto immediato. La scoperta di formazioni come Gladio, sono poi diventate conferma a sospetti che venivano liquidati come dietrologie inutili. Anche oggi si pone la domanda: a chi giovano le stragi parigine?

1– All’Isis Daesch, visto che fino ad ora sono gli unici ad averla rivendicata con un tweet. Le rivendicazioni però lasciano spesso il tempo che trovano, visto che spesso è impossibile determinarne l’autenticità. Ai tempi delle BR la firma era una testina rotante di una macchina per scrivere Olivetti che ne garantiva l’origine. Dopo l’intervento russo in Siria, l’avanzata dei curdi in Iraq e Siria, lo Stato autodefinitosi islamico si trova in difficoltà. L’abbattimento dell’aereo russo sul Sinai, la strage nei quartieri sciiti di Beirut, gli attentati parigini, forse sono un segno di debolezza; è la strategia della lotta al nemico vicino, che cede a quella contro il nemico lontano, seguendo in questo la strategia dei rivali di Al Qaeda.

2– Ad Al Assad, ringalluzzito dal sostegno russo, iraniano e di Hizbollah, recupera le città e i territori perduti. Gli attentati potrebbero essere una rappresaglia per l’intransigenza francese nei suoi confronti, per l’appoggio dato ai ribelli, anche jihadisti, dalla Francia. Quel “Bere nella stessa coppa” del comunicato Isis si può leggere in molti modi, compreso un richiamo del regime alawita ad uno schierasi dei francesi contro il nemico comune.

3– All’Iran per gli stessi motivi di Al Assad, più una vendetta per aver ostacolato fino all’ultimo l’accordo sul nucleare.

4– Agli ex gheddafiani, ci sono ancora e sono molto attivi. Per loro potrebbe essere una vendetta per la cacciata e morte del loro leader e un invito sanguinoso ad Hollande di stare lontano dalla Libia.

5– Ai turchi per rinsaldare la loro alleanza con i francesi e coinvolgerli in operazioni che blocchino sul nascere ogni possibilità di un Kurdistan indipendente. Un altro aspetto potrebbe essere un riconoscimento più accentuato della semidittatura che Erdoğan sta imponendo al proprio paese.

6– Ai russi, per distrarre l’attenzione sull’Ucraina e avvertire nel contempo i francesi per coinvolgerli maggiormente nella guerra contro l’Isis lasciando da parte ogni tentativo di deposizione di Al Assad e degli alawiti.

7– Agli israeliani. Dopo Charlie Hebdo, Nethanyau si recò a Parigi invitando gli ebrei francesi a trasferirsi in Israele, paese considerato più sicuro.

8– Agli Usa, che aspirano ad avere “stivali sul terreno” europei nel tentativo di risparmiare un impegno diretto che non siano i bombardamenti aerei.

9– All’Unione Europea che con il programma “Sicurezza” del 7°PQ (e con quelli analoghi successivi) intende: – sviluppare le tecnologie e le conoscenze che permetteranno di costruire le capacità necessarie al fine di assicurare la sicurezza dei cittadini dalle minacce quali il terrorismo, le catastrofi naturali e la criminalità, pur nel rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo compresa l’intimità della vita privata; – consentire un utilizzo ottimale e concertato delle tecnologie disponibili e in evoluzione a beneficio della sicurezza civile europea; – incentivare la cooperazione tra fornitori e utenti al fine di trovare soluzioni in materia di sicurezza civile; – migliorare la competitività dell’industria europea della sicurezza; – produrre risultati di ricerche mirate al fine di ridurre le lacune in materia di sicurezza. Una sorta di grande fratello che ci farà vivere dentro una dimensione di controllo capillare.

10– Tutte le imprese del settore sicurezza e difesa che vedranno lievitare i propri guadagni.

11– Tutte quelle formazioni politiche che sulla paura dello straniero e dell’Islam ricavano consensi elettorali.

12– Tutti quegli enti ed organizzazioni che non conosciamo ma che da questo stato di cose ricavano ragion d’essere e profitti.

Il gioco del a chi giova, finisce qui. È servito a far capire che la complessità della geopolitica del caos vede molti attori, e ancor più chi dalle azioni scellerate trae vantaggio. L’equazione Islam- Terrorismo serve solo a loro. A noi gente comune restano le vittime, le vite controllate e la paura. Paura che da sempre è una pessima consigliera. Un ultimo pensiero a tutte le vittime che da sempre nel mondo, costruiscono altari per il trionfo dei criminali.

con gli occhiali di Piero…

GLI-OCCHIALI-DI-PIERO1-150x1501419PAPA SARDO
logo UnicaIl 14 novembre del 461 un sardo viene eletto papa. E’ Hilarius, che mantiene il nome anche da pontefice. Papa non secondario, era stato segretario del grande papa Leone I, quello che fermò Attila, e di lui continuò la politica in un periodo difficile in generale e in particolare per la Chiesa di Roma.
Abbellì la città e per questo fu lodato e criticato. Non si sa molto di più, neppure il luogo preciso della sua nascita. Morì nel 468 e fu fatto santo.
E’ sepolto a Roma a S.Lorenzo fuori le mura.
L’Università di Cagliari ha nel suo stemma una tiara papale con la lettera H del nome Hilarius, omaggio al pontefice.
Dopo di lui solo un altro sardo ebbe l’onore del papato, Simmaco, che prese il nome da Simaxis, nel 498. Da allora più nessuno.

in lutto con la Francia

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Oggi sabato 14 novembre 2015

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Coalizione sociale Landini7764_10206652631588549_4144064663820347520_n
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No discariche UTa
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Giornata ringaziamento

con gli occhiali di Piero…

GLI-OCCHIALI-DI-PIERO1-150x1501419S.ANTIOCO MARTIRE
S antioco martireOggi (secondo altri il 13 dicembre) si commemora S.Antioco del Sulcis.
Nato in Cappadocia nel 95 dell’era cristiana, medico, fu arrestato per la sua propaganda della fede cristiana e condannato “ad metalla” nelle miniere del Sulcis, anche se forse non fu schiavo nelle miniere in quanto eremita in una grotta dov’era custodito dal soldato Ciriaco. Antioco commise l’errore di convertire anche il suo carceriere Ciriaco e quindi fu condannato a morte in quanto recidivo. Mori nel 127 e morendo invocò la benedizione divina sul popolo della Sardegna. Divenne così santo patrono della Sardegna, e tale risulta in un documento del Giudice di Cagliari (1520).
Tale gloria conserva ancora oggi, pur dovendola dividere non con S.Efisio, come alcuni credono, ma con la Madonna di Bonaria, che fu proclamata massima patrona della Sardegna nel 1907 da papa Pio X.
S.Antioco ha dato anche il suo nome all’isola e alla città del Sulcis, che gli dedica una sagra (siamo quest’anno alla 656ma edizione).
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treno veloce CA SS80 MILIONI SUPERVELOCI
Nell’epoca dei tagli a tutto l’utile, al bello e al necessario, la Regione Sarda, con la sua Giunta democratica, sovranista e indipendentista, oltre che dotta ed esperta, spende 80 milioni di euro perchè, finalmente, dopo circa 500 giorni in cui il treno superveloce prende polvere su un binario morto (precisamente 475), potremo arrivare dalla stazione di Cagliari a quella di Oristano un quarto d’ora prima del solito.
Sì, perchè dopo Oristano e fino a Sassari-Portotorres o fino ad Olbia, i binari non sono idonei per reggere l’alta velocità.
Il dotto ed esperto assessore ai trasporti se n’è accorto adesso.
Però che progresso arrivare ad Oristano o da Oristano a Cagliari 15, o anche 20 minuti prima, si potrà prendere con tutta calma caffè e croissant al bar della stazione prima di andare a scuola o al lavoro.
Se lo valeva un’ottantina di milioni…
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C’è poco da ridere (Raffaele Deidda, su pagina fb)
treno Deidda Letteralmente preso d’assalto il treno super veloce che farà risparmiare 15 minuti sulla tratta Cagliari – Oristano. Per proseguire fino a Sassari sarà meglio scendere e andare a piedi. Perché, come dice l’assessore regionale, la rete ferroviaria non è idonea a reggere l’alta velocità.

Oggi venerdì 13 novembre 2015

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CAGLIARI. Dibattito su/per la città alla vigilia delle elezioni comunali

Discuss cagliariape-innovativa2Pubblichiamo l’articolo di Stefano Puddu Crespellani considerandolo un interessante contributo al Dibattito su/per la città alla vigilia delle elezioni comunali (ormai è in pieno svolgimento una lunga campagna elettorale).
Al riguardo ribadiamo il senso del nostro impegno come Aladinews ben delineato in una dichiarazione che ci sembra opportuno qui richiamare per una lettura integrale e di cui di seguito riportiamo un passaggio. Le campagne elettorali hanno aspetti ambivalenti e contraddittori: da un lato sono occasioni di strumentalizzazioni di ogni tipo, dall’altro costringono i cittadini e soprattutto le forze politiche a una disponibilità al dibattito, sconosciuta in altri periodi. Tocca a noi, opinione pubblica, fornire un terreno di confronto che diminuisca i rischi del primo aspetto e consenta ai cittadini elettori di farsi un’opinione di programmi e persone che li rappresentano, misurandone la credibilità. Altrimenti c’è la sfiducia e la conseguente diserzione delle urne, che, badate bene, fa premio a una classe politica il cui motto è diventato “meno siamo (gli elettori), meglio stiamo (gli eletti)”. Noi pratichiamo una linea virtuosa, quella della partecipazione popolare per la città di tutti. Ecco perchè pensando alle elezioni comunali di Cagliari del prossimo anno, prendendo atto che la campagna elettorale è ormai aperta, diamo spazio a un dibattito sulla città, senza limiti e pregiudizi o rispetto reverenziale per chicchessia. Con queste motivazioni abbiamo pubblicato una serie di interventi che ci sono sembrati particolarmente “utili alla causa” e continueremo nel tempo a pubblicarne di nuovi. Chiaramente la nostra è una scelta “arbitraria” che vuole esplicitamente portare acqua al mulino del rinnovamento nei programmi e nelle persone che vorremmo al governo della nostra città, obiettivo che ci vede precisamente schierati.
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Ripensare insieme la “città del sole”
di Stefano Puddu Crespellani

Manco da Cagliari da 25 anni. Pur tornandoci spesso, le mie sono state per lo più visite brevi. Ho vissuto questo tempo in una cittadina catalana di 15.000 abitanti, a 40 km. da Barcellona. Se accetto l’invito a esporre le mie opinioni sui processi in corso nella città, a pochi mesi di distanza da un nuovo appuntamento elettorale, è soprattutto per il desiderio di partecipare a un dibattito la cui utilità dipende, essenzialmente, dalla diversità dei punti di vista che riesca a raccogliere. Il mio contributo, e il suo eventuale interesse, parte da questa mia “visione eccentrica”, di chi vive la realtà di un altro paese, con le varianti di lingua, società e cultura pertinenti — nel mio caso, una nazione piccola e dinamica come la Catalogna che, negli ultimi dieci anni, si è impegnata in un difficile quanto appassionante percorso di autodeterminazione politica. Da questo angolo visuale, senza la pretesa di fare raffronti impossibili, cercherò di tratteggiare le mie percezioni sui bisogni e le potenzialità da tenere presenti per proporre politiche innovatrici per la città.
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Cagliari è una città di bellezze inenarrabili, poco valorizzate e spesso poco conosciute perfino dai cagliaritani stessi. Tra le risorse poco valorizzate ci sono anche quelle intellettuali: tantissime persone competenti e creative che la politica non riesce ad attivare, o di cui magari ignora l’esistenza, o peggio, che magari coinvolge ma poi non ascolta. Se questo accade, è anche per la fragilità dello spazio di scambio intellettuale, che poi è il terreno su cui poggia la politica: a Cagliari manca una tradizione di dibattito pubblico orientato alla progettazione della città. Le teste pensanti di sicuro non mancano, e alcune lo fanno anche per incarico istituzionale, ma si tratta, purtroppo, di un lavoro poco condiviso e spesso frammentario, interrotto ad ogni cambiamento di colore politico, forse per insufficiente ricerca di consenso, o perfino, paradossalmente, per l’incapacità di proporre modelli di città realmente alternativi su cui articolare, positivamente, il dibattito. Invece gli scontri, di solito, hanno un profilo più basso, sono schermaglie tra interessi particolari, che non riescono o non vogliono coinvolgere la città, perché si giocano tra gruppi ristretti, uno contro l’altro armati. Questo non favorisce i ragionamenti su cui fondare proposte condivise; prevalgono semmai i colpi d’effetto, iniziative che sorgono dal nulla e poi scompaiono in modo altrettanto imprevedibile. In questo contesto, non stupisce che il senso di appartenenza dei cagliaritani risulti spesso insufficiente per superare l’individualismo imperante che il nostro sistema di vita alimenta.
Il primo punto su cui insistere è che questa cultura urbana, civica, progettuale, lungimirante e partecipata va oggi costruita come il nostro bene più prezioso. È un lavoro trasversale e intergenerazionale, rispetto al quale nessuno che abbia a cuore i destini di Cagliari può sentirsi indifferente. Questa stessa idea diventa un primo importante criterio per valutare l’operato politico dei governanti, passati, presenti e futuri: chiedersi cioè se favorisce o no processi di questo tipo, in modo aperto, coinvolgente e documentato.
La seconda importante premessa da cui parto è che il tempo dell’economia basata sulla crescita, che ha caratterizzato gli ultimi cinquant’anni di storia recente, più o meno fino al 2008, si è concluso per sempre –e per fortuna. Il bilancio di questa tappa, visto in prospettiva, è fallimentare: ha portato un benessere illusorio, esagerato quanto effimero, accompagnato da un impoverimento sostanziale delle nostre esistenze, che possiamo constatare nella crescente sproporzione tra cose da fare e tempo disponibile, o tra soldi disponibili e spese da affrontare. Per la maggioranza, i conti quadrano sempre meno, mentre la disparità della ricchezza dei pochi privilegiati rispetto al resto della cittadinanza cresce al di là di qualunque livello di guardia. Stiamo sperimentando un processo rapidissimo di precarizzazione e di indebitamento, che giorno dopo giorno ci rendono più dipendenti, economicamente e anche mentalmente. La preminenza di questa economia d’assalto globalizzata, ossessiva, superficiale e senza scrupoli è anche il principale motivo della scomparsa di una politica “alta”, orientata alla salvaguardia dei “beni comuni”; le preoccupazioni sono tutte sul corto periodo, cercano ricadute veloci sull’immagine pubblica quando non il tornaconto monetario.
La deriva di questo sistema ormai fuori controllo ci ha portato, in tempi rapidissimi, a una fase di squilibri e turbolenze, sia economiche e sociali, sia ambientali e climatiche, di cui vediamo appena i primi sintomi. Il pianeta, e la zona mediterranea in modo specifico, si muove verso scenari caratterizzati da fenomeni estremi: freddo e caldo esagerati, temporali di pioggia e vento violenti e concentrati, come abbiamo visto più volte di recente; situazioni che non chiedono soltanto risposte d’emergenza quanto piuttosto una volontà di riprogettazione molto seria e coraggiosa del nostro vivere in comune, con la sostenibilità come criterio principale. (Va anche detto che l’uso demenziale che è stato fatto del territorio sardo, in materia di industrie contaminanti e di servitù militari, non aveva bisogno del cambiamento climatico per fare scattare in noi l’allarme ambientale).
Penso che questo sia uno degli spartiacque tra proposte politiche per la città di Cagliari: da un lato, quelli che vendono ancora la speranza impossibile, oltre che pericolosa, di “riagganciarci alla crescita”, facendo promesse impossibili da mantenere, coltivando un immaginario di ipotetiche “eccellenze” che in realtà sono la condanna a un clima di competizione estrema; parlo insomma di quella politica “da carta patinata” che è di destra anche quando è la “sinistra” a farla: costruita attorno al marketing, ubriaca di immagini, che nascondono le situazioni reali di sofferenza e di degrado, che questa politica non affronta mai. Situazioni di abbandono, di vuoto, che sfociano nell’emigrazione, nel calo demografico, nell’invecchiamento della popolazione.
L’altra prospettiva è quella di accogliere il naufragio del nostro presente come opportunità per ripensare il vivere comune a partire dalla coperazione e dal senso delle responsabilità condivise. La sfida è quella di costruire insieme una società capace di farsi carico delle necessità di tutti. Abbiamo grossomodo 15 anni, da qui al 2030, per ridefinire le politiche urbane e sociali della città su basi diverse, improntate alla sostenibilità ecologica e sociale, cioè alla promozione della qualità reale della vita per i suoi abitanti. Questo processo dobbiamo farlo insieme, ascoltando le idee di tutti, a cominciare dal mondo associativo, che a Cagliari è tanto vivo quanto poco considerato. Bisogna aprire tavoli inclusivi su ambiti tematici, comunicare instancabilmente i risultati delle riflessioni, dinamizzare dibattiti e processi di deliberazione di carattere pubblico.
È utile guardarsi attorno, studiare gli esempi di altre città, magari grazie al contributo di sardi che ci hanno vissuto per un certo tempo. Il nostro è un popolo viaggiatore, curioso e attento, portato a integrarsi positivamente nelle comunità di accoglienza; una proposta politica che voglia cambiare Cagliari e la Sardegna deve pensare seriamente in che modo si può valorizzare l’esperienza e conoscenza dei sardi del “disterru”.
Per esempio, è molto interessante la tendenza presente in molte città europee alla rimunicipalizzazione di una serie di servizi fondamentali, cominciando da quello dell’acqua (ma anche elettricità, gas, rifiuti), con l’obbiettivo di dare un miglior servizio a un prezzo ridotto per i cittadini. Sono cose che non si fanno dall’oggi al domani, ma che richiedono studio, decisioni a medio termine e la chiara volontà politica di invertire una tendenza alla privatizzazione dei servizi essenziali. Il tema della mobilità reale, urbana e interurbana, dev’essere anch’esso inserito in una cornice di ristrutturazione energetica, che abbiamo il dovere di progettare con realismo visionario, trasformando l’attuale modello di trasporto privato basato su idrocarburi al predominio del trasporto pubblico, ove possibile su rotaie, e con una elettrificazione crescente, a cominciare dal servizio di taxi, tanto per fare un esempio. Queste prospettive hanno bisogno di studi precisi, per valutare costi attuali e investimenti necessari, o per individuare aree di interesse specifico e progetti pilota da seguire, con l’obbiettivo di stabilire accordi trasversali non solo tra le forze politiche, ma con l’associazionismo organizzato e la cittadinanza in generale.
È questa nuova responsabilità di costruire insieme un futuro diverso che può e deve improntare un modello educativo diffuso, sulla scia di quelle che sono conosciute come “città educatrici”, dove la valorizzazione di cultura, patrimonio, storia e risorse proprie sono la risposta locale a queste sfide globali. Rafforzare le sinergie, cercare tutte le intersezioni possibile tra educazione, cultura e salute, per rendere, anzitutto, la nostra vita interessante e meritevole di essere vissuta. Anche per il turismo vale l’idea che non si tratta di trasformare Cagliari in un parco tematico, ma di rendere la città accogliente, capace di offrire cultura, creatività, gastronomia, eventi d’interesse, ma anche tranquillità, spazi di salute e di contemplazione. Cose che valgano per tutti, anche per noi.
In un contesto di generale aumento dell’età media, Cagliari potrebbe diventare una città pioniera nelle politiche di invecchiamento attivo, magari non all’americana, ma “a sa sarda”, con soluzioni pratiche, cercando formule abitative per i bisogni di persone mentalmente indipendenti ma con limitazioni sul piano fisico. ecc. Per altro verso, Cagliari ha bisogno di alloggi adeguati per i giovani universitari provenienti sia dai centri dell’interno sia, perché no, da altri paesi europei e mediterranei, che possono dare linfa alla città se solo si tenesse conto della specificità dei loro bisogni (e possibilità); anche questo è un tema che ha bisogno di un ruolo più attivo da parte dell’amministrazione pubblica. Per non parlare delle enormi possibilità di riutilizzo civico di zone militari in dismissione, tema che merita una riflessione a parte.
Tutte queste idee richiedono processi di elaborazione e deliberazione collettivi, che non finiscano in chiusura di campagna. Cagliari si trova oggi in un momento di effervescenza, sottolineato dal sorgere di molte proposte di candidature civiche: vuol dire che i fermenti non mancano, e d’altronde è legittimo che ciascuno voglia formulare la propria proposta. Alla fine, resisteranno quelle più consistenti ed inclusive; ma il punto più importante, mi sembra, è la disponibilità a dialogare e collaborare con le altre candidature su proposte concrete, prima e dopo il momento elettorale. Per questo è bene incontrarsi, stabilire processi di lavoro a partire da dati reali e condivisi, valorizzando le competenze di chiunque le abbia. Le idee non si possono “rubare” quando si pensano insieme.
In definitiva, oggi la politica è un tessuto da ricucire. La distanza tra il mondo reale e i centri di decisione, tra i bisogni delle persone e il dibattito pubblico, tra la vita associativa e l’intermediazione politica, è divenuta troppo grande, ed è necessario riaprire i giochi, al di fuori di quei gusci vuoti che sono diventati oggi i grandi partiti, specialmente quelli “italiani”, che funzionano unicamente come simulacri televisivi che attraggono i fantomatici “voti utili”, e come distribuitori di poltrone e di prebende, che poi è l’unica cosa per cui sono “utili”. Nessun beneficio a medio termine per la città. Per questo è necessario rimettere la città in movimento. La giunta Zedda ci ha provato, ma non è stato sufficiente. Dobbiamo riprovarci con più coraggio visionario e maggiore umiltà nel fare passi avanti e magari correggere errori. Spetta a noi tutti costruire la capitale delle sinergie, la Cagliari possibile che sia all’altezza dell’idea di giustizia, di prosperità e bellezza che riusciremo a pensare e costruire insieme.

s.p.c. – 7.11.2015
Poetto nov 2015
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- Anche su Sardegna Possibile 7/11/2015

aspetta, aspetta…

treno-RAS-423E sono 475 giorni. (Dal sito web della RAS) L’assessore regionale dei Trasporti Massimo Deiana. “Trenitalia metterà in servizio gli Atr a dicembre, con l’entrata in vigore dell’orario invernale”.

con gli occhiali di Piero,,,

GLI-OCCHIALI-DI-PIERO1-150x1501419FACCIO STRANI SOGNI
SOGNO N.1

LA MADONNA NON GIOCA A POKER

Incontro una compagna di scuola, con sua mamma.
Giochiamo a poker.
Dama di cuoriSiamo in strada.
Faccio full. Gran bel punto.
Lei fa doppia coppia, le manca una figura per fare full.
Ma ha una carta con la figura della Madonna.
Dice “Ho vinto perchè ho la Madonna. Vale doppio.”
Contesto. Dico che le regole del poker non sono queste.
MI appello a tre o quattro che ci osservano dall’ingresso di una bottega.
“Diteglielo voi. Chi ha vinto?”
Essi sono: un falegname, un meccanico in tuta, un anonimo.
“Sì, ha vinto lui. La Madonna non c’entra. La Madonna non gioca a poker.”

FINE
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La_Passionara IbarruriDolores Ibárruri

LA PASIONARIA
“Meglio morire in piedi che vivere in ginocchio.”
Il 12 novembre 1989 muore a Madrid a 93 anni Dolores Ibárruri, bandiera leggendaria dell’antifascismo spagnolo.
Isadora Ibárruri Gomez era nata ad Abanto-Zierbena, nei Paesi Baschi, il 9 dicembre 1895, famiglia di minatori. Entrò prima nel partito comunista basco, poi nel partito comunista spagnolo. Incarcerata più volte, nel 1936 fu eletta in Parlamento dove s’impegno per il miglioramento generale delle condizioni di vita e di lavoro.
Nella Guerra Civile si battè al grido di “No pasaran!” contro i fascisti di Francisco Franco. Purtroppo passarono.
Esiliata in Unione Sovietica, nel ’44 è Segretario del Partito comunista spagnolo, nel 1960 ne diventa Presidente e tale carica terrà fino alla morte.
Nel 1975, morto Franco, vive la felicità del ritorno in patria, dove viene rieletta deputato alle elezioni libere del 1977.

Oggi giovedì 12 novembre 2015

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con gli occhiali di Piero…

GLI-OCCHIALI-DI-PIERO1-150x1501419QUATTRO ANNI FA MORIVA ROMAGNINO. TRA DUE ANNI IL CENTENARIO DELLA NASCITA

romagnino antonio scritto re ft piccANTONIO ROMAGNINO

(Gli occhiali di Piero 11/11/2013) L’11 novembre di due anni fa, a quasi 94 anni, moriva Antonio Romagnino.
Cagliaritano, insegnante, giornalista e scrittore, era nato il 25 novembre 1917. Memoria della vecchia Cagliari, di cui scriveva sul quotidiano L’Unione Sarda, ebbe molteplici esperienze: due lauree, prigioniero di guerra, ambientalista e uomo di cultura, vero liberale, candidato nelle liste del PCI, fondatore e presidente della sezione sarda di Italia Nostra, presidente degli Amici del Libro.
van_goghgache-1890Celebrandone la memoria un anno fa, alla Fiera del Libro di Torino, lessi, tra l’altro, un suo brano da “Torri e mare”:
“… dire ‘pirrese’ voleva dire tonto. Mio padre, che era nato a Pirri, incantava tutti con la sua parola. Ma pirrese non vuol dire quasi più nulla, ora che l’antico Comune se l’è mangiato tutto la città, cresciuta fin là e oltre. E neppure ‘pirreria’ che per i cagliaritani arroganti valeva per stupidaggine campagnola, è appena un poco comprensibile.”

San Martino Bomeluzo 2015SAN MARTINO

Oggi è san Martino. La data è celebre e celebrata in poesia (ricordate? “La nebbia agli irti colli…”) e nei proverbi “San Martino ogni mosto è vino”, infatti era in questo giorno che, fino a qualche tempo fa, si presentavano i vini novelli, la cui presentazione di anno in anno si sta anticipando.
Per san Martino però è bello ricordare proprio il santo, quello famoso che tagliò il suo mantello per darne metà a un poveretto che tremava per il freddo. Mi viene da pensare che c’è un insegnamento in quel gesto del santo: i tagli, quelli santi, si devono fare a quelli che hanno per dare a quelli che non hanno, il contrario non è nè santo, nè giusto, nè bello.

Oggi mercoledì 11 novembre 2015

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