Monthly Archives: aprile 2017

Oggi domenica 30 aprile 2017 aladinews

COMMENTI . eddyburgSOCIETÀ E POLITICA »EVENTI»
barbaraspinelli08«Svolta a destra del M5S, sulle Ong ignoranza militante»
di Rachele Gonnelli, su il manifesto, ripreso da eddyburg.
Dure critica della europarlamentare agli “ignoranti militanti”, primo fra tutti Luigi Di Maio, leader dei grillini e aspirante al governo del paese, che dimostrano platealmente di non conoscere i contorni del più grave evento di questo secolo. il manifesto, 29 aprile 2017
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tonino-dessi-fbIl commento di Tonino Dessì sulla sua pagina fb
Scorsa un po’ di pubblicistica web e cartacea, esprimo, più che un’opinione, una sensazione.
Il M5S credo si sia accorto in poche ore, se non di aver clamorosamente toppato accodandosi a un Procuratore della Repubblica quantomeno incauto, di essersi infilato in un campo di cardi più adatto al pascolo di Salvini e di Alfano, su un argomento che nell’opinione pubblica e nella società civile vede impegnata più gente seria e onesta di quanto forse valutavano i suoi maggiori esponenti.
Antenne, bisogna avere, se no si sbatte male.
Meglio forse che stia succedendo adesso. Resta tempo per mettere a frutto la lezione. Se si vuole e se si è capaci.
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sardegnaeuropa-bomeluzo3-300x211Sardegna-bomeluzo22sedia-van-goghdemocraziaoggiGLI-OCCHIALI-DI-PIERO1-150x1501413filippo-figari-sardegna-industre-2
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logo-comitato-dics-23-4-17Comunicazioni di servizio.
Mercoledì 3 maggio alle ore 19 presso la Confederazione Sindacale Sarda (CSS), in via Roma 72, si terrà la riunione del Comitato d’Iniziativa Costituzionale e Statutaria. Alle ore 18 sempre negli stessi locali riunione del Gruppo di Lavoro per il Lavoro (Lavoro al Quadrato).
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la-lampada-di-aladinGli editoriali di Aladinews. Ripartire dalle città. L’esempio di Barcellona. E in Sardegna è possibile?
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democraziaoggiCaro Pigliaru, perché non pensi alla felicità dei sardi?
Andrea Pubusa su Democraziaoggi.
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tresCostituzione, Statuto Speciale e sovranità popolare. Tavola rotonda-dibattito in occasione de Sa die de sa Sardigna, promossa dal Comitato d’Iniziativa Sociale Costituzionale e Statutaria.
- Roberto Mirasola su il manifesto sardo.
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sefisio361_banner250x353pxbomeluzo-santefisio-ca2
!° maggio a Cagliari.

Crasi sa bissira de Efis.
I servizi fotografici per la 361a Sagra di Sant’Efisio saranno curati per la nostra News da Renato d’Ascanio Ticca. La gran parte degli scatti fotografici saranno ospitati dalla sua pagina fb.
StemmaAraldico_ComuneCagliari_feb2015_d0Tutte le manifestazioni in programma nel sito web del Comune di Cagliari.
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lampadadialadmicromicro133Aladinews su Sant’Efisio (al 30 aprile 2017)

Dov’è finita la ragione? La follia della guerra

siria
E’ indispensabile recuperare le ragioni della pace contro le pseudo ragioni della guerra. E’ fondamentale che torni a farsi sentire la voce del movimento pacifista mondiale in tutte le sedi e in tutte le occasioni per arrestare la barbarie dei conflitti, delle persecuzioni e dei massacri di individui inermi. Non basta più limitarsi a pensare la pace, occorre mobilitarsi per imporla, per farla diventare il tema principale nell’agenda dei rappresentanti politici. La guerra deve tornare ad essere, o essere finalmente, un tabù per i popoli del mondo.

sedia di Vannitola
di Vanni Tola

Sgomento nel mondo per l’impiego di armi chimiche in Siria. Le Cancellerie di tutto il mondo si affrettano a dichiarare il proprio dolore per l’accaduto, ad esprimere solidarietà al popolo siriano, ad auspicare la pace per quell’area del pianeta. Da tempo Papa Francesco afferma che è ormai in corso la terza guerra mondiale, che i conflitti in atto aumentano e non fanno presagire niente di buono per l’Umanità. Il nostro desiderio di pace ci porta a pensare che non sia vero ma la realtà, sotto forma di strazianti immagini di bambini e di povera gente perseguitata, mortificata, annientata, ci riporta alla realtà. L’ipocrisia dei politici di tutto le nazioni è sempre più evidente. Tutti a piangere manifestando dolore e fingendo di non sapere che da quasi sette anni è in atto in Siria una drammatica guerra civile e che nessun intervento internazionale è stato capace di porre fine a tale orrore. L’Unicef denunciava qualche anno fa che in Siria sono morti 11 milioni di bambini, poi ha smesso di contarli, ormai è quasi impossibile farlo. Nessuna delle potenze militari impegnate nel conflitto si assume la responsabilità di aver condotto contro civili inermi, bambini e perfino ospedali gli attacchi di questi giorni utilizzando le micidiali armi chimiche. Non è stato nessuno, anzi, sono stati gli altri. Il bombardamento degli ospedali nei quali si prestava soccorso a civili e bambini investiti da nuvole di gas nervino saranno giustificati con la negazione totale dell’accaduto o con il solito tragico errore di uno dei tanti bombardamenti “intelligenti”. Oggi si riunirà con urgenza il Consiglio di sicurezza dell’Onu. Possiamo stare certi che, al di là delle immancabili condanne per l’accaduto, non accadrà assolutamente niente di concreto. La guerra civile Siriana, come gli altri conflitti, proseguirà. Il Consiglio di sicurezza, al massimo, partorirà la decisione di realizzare, tra qualche mese, l’ennesima conferenza per negoziare una tregua umanitaria e avviare future trattative di pace. Non si parlerà certamente dell’embargo di armi contro i paesi belligeranti, dell’istituzione di aree di non sorvolo aereo garantite da forze armate neutrali, del divieto assoluto per la produzione di armi chimiche e della distruzione dei depositi esistenti, dell’apertura di canali umanitari per consentire la fuga ai civili. Come pure non si discuterà di sanzioni economiche e di limitazioni commerciali contro gli Stati che alimentano conflitti in diverse parti del mondo. Tutte inutili idee di idealisti pacifisti che con i loro slogan mostrano totale assenza di realismo politico. Quel realismo che, pur non dichiarandolo esplicitamente, mette in conto anche la guerra come strumento per regolare i rapporti tra gli Stati. E’ indispensabile invece recuperare le ragioni della pace contro le pseudo ragioni della guerra. E’ fondamentale che torni a farsi sentire la voce del movimento pacifista mondiale in tutte le sedi e in tutte le occasioni per arrestare la barbarie dei conflitti, delle persecuzioni e dei massacri di individui inermi. Non basta più limitarsi a pensare la pace, occorre mobilitarsi per imporla, per farla diventare il tema principale nell’agenda dei rappresentanti politici. La guerra deve tornare ad essere, o essere finalmente, un tabù per i popoli del mondo.

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La sedia
di Vanni Tola

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Illustrazione tratta dal sito di Pax Christi.

Sussidiarietà orizzontale e Beni comuni

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Oggi sabato 29 aprile 2017

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eddyburgCITTÀ E TERRITORIO »CITTÀ OGGI» ALTRE CITTÀ
Oltre il municipalismo: la sfida all’Europa dell’alcaldessa Ada Colau
di STEVEN FORTI su Micromega, ripreso da eddyburg .
ada-colau-neomunicipalismo-510120x80«In Spagna si sta affermando il neomunicipalismo, ovvero l’idea di ripartire dalla città, Barcellona è l’esempio più grande. Ma l’obiettivo è far nascere una rete europea delle città ribelli». MicroMega online, 21 aprile 2017 (c.m.c.)
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labsusNesi Forum a Malaga: creando una narrativa comune su Nuova Economia e Innovazione Sociale
Benedetta Celati – 28 aprile 2017 su LabSus
Si è concluso una settimana fa, a Malaga, il primo NESI Forum – acronimo di New Economy & Social Innovation – evento assolutamente imperdibile per chi sogna e soprattutto pratica, quotidianamente, esercizi di trasformazione sociale, per l’affermazione di un nuovo modello economico fondato su capacità condivise (o capacitazioni, secondo il lessico dell’economista Amartya Sen), giustizia sociale ed economica, sostenibilità ambientale e tutela dei diritti umani.

Ripartire dalle città. L’esempio di Barcellona. E in Sardegna è possibile?

torre-elefante-e-universitasassariOLYMPUS DIGITAL CAMERA01-piazza-eleonora-e-statua-800x800Oltre il municipalismo: la sfida all’Europa dell’alcaldessa Ada Colau
di Steven Forti
«In Spagna si sta affermando il neomunicipalismo, ovvero l’idea di ripartire dalla città, Barcellona è l’esempio più grande. Ma l’obiettivo è far nascere una rete europea delle città ribelli». MicroMega online, 21 aprile 2017 (c.m.c.), ripreso da eddyburg.

Il 24 maggio del 2015 in diverse città spagnole delle liste civiche nate dal basso vincono le elezioni comunali. A Madrid, Barcellona, Saragozza, Cadice, Pamplona, Santiago de Compostela, La Coruña, Badalona i cittadini entrano per davvero nelle istituzioni con progetti di rottura rispetto al passato. Esperienze diverse in contesti urbani diversi. Grandi metropoli e piccoli capoluoghi di provincia. Ma con un punto in comune: cambiare la Spagna e chiudere con i quarant’anni di bipartitismo PP-PSOE, partendo dalla partecipazione della cittadinanza e dallo strettissimo legame con i movimenti sociali presenti sul territorio. Sono passati quasi due anni da quel giorno e la scommessa neomunicipalista, che ha ottenuto importanti risultati nelle città in cui governa, guarda già oltre il municipalismo.

Il neomunicipalismo è figlio del movimento del 15M, gli Indignados, che hanno invaso le piazze spagnole nel maggio del 2011. La reazione alla grande crisi, che stava distruggendo, con le contro-riforme del governo Zapatero e poi del governo Rajoy, il fragile Welfare state spagnolo, è stata imponente e ha permesso la politicizzazione di una nuova generazione che negli anni della bolla immobiliare viveva per lo più nell’apatia politica. Il triennio 2011-2013 è stato quello delle grandi manifestazioni, delle Mareas in difesa della sanità e dell’educazione pubblica, del radicamento degli Indignados nei quartieri delle città, della lotta contro gli sfratti portata avanti dalla Plataforma de Afectados por la Hipoteca (Pah), di cui Ada Colau, attuale sindaca di Barcellona, era la portavoce.

La disoccupazione aveva toccato i drammatici record greci (27%), le famiglie che avevano perso la casa erano oltre 500mila, i giovani che emigravano circa 100mila l’anno. Il sistema spagnolo, nato con la transizione dalla dittatura franchista alla democrazia, era entrato in cortocircuito: non si trattava solo di una crisi economica e delle sue tragiche conseguenze sulla popolazione, ma di una crisi sociale, politica, istituzionale, territoriale e culturale.

Partecipazione, trasparenza e confluencia
È in questo contesto che nasce la scommessa neomunicipalista. E il caso di Barcellona è senza dubbio quello più emblematico. Nei mesi in cui a Madrid un gruppo di giovani professori universitari lancia Podemos con l’obiettivo di presentarsi alle elezioni europee del maggio 2014, nel capoluogo catalano una dozzina di attivisti con alle spalle le lotte dei primi anni Duemila, in cui Genova, il movimento no global e l’esperienza dei dissobedienti italiani sono stati riferimenti costanti, capisce che la sfida dev’essere lanciata a livello locale. L’obiettivo non è il Parlamento europeo e nemmeno quello spagnolo o quello catalano, ma la città di Barcellona.

Nel giugno del 2014 si presenta un manifesto, Guanyem Barcelona, ossia Vinciamo Insieme Barcellona, con cui si invita la cittadinanza a partecipare. Ci si dà poco più di due mesi di tempo per raccogliere 30mila firme. Se non si ottengono, non si fa nulla. Non ci sono i partiti, non ci sono le fantomatiche quote. Sono mesi di assemblee pubbliche in tutti i quartieri della città, in cui si ascoltano le persone, soprattutto quelle più colpite dalla crisi e dalle politiche di austerity. Di firme se ne raccolgono molte di più ben prima della scadenza prevista. Inizia così un progetto che oggi è una solida realtà che governa la seconda città della Spagna e che passerà a chiamarsi Barcelona en Comú.

Il resto è storia ed è ormai conosciuto. L’attento e faticoso lavoro per costruire una confluencia con le formazioni politiche della sinistra catalana che decidono di sommarsi a questo progetto: Iniciativa per Catalunya Verds (ICV), Esquerra Unida i Alternativa (EUiA), Podemos, Equo, Procés Constituent. In una confluenza non si ragiona per quote come in una coalizione, ma secondo la logica “una testa un voto”. Non è facile, ma ci si riesce: nasce un nuovo soggetto politico in tutto e per tutto, un nuovo spazio dove le regole sono diverse. Ma fin da subito c’è l’elaborazione di un codice etico, con cui si limitano mandati e stipendi, e di un programma, costruito insieme alla cittadinanza. Infine, e solo come ultimo passaggio, c’è la creazione di una lista con una candidata che nessuno mette in discussione: Ada Colau. Il tutto, è bene ricordarlo, con processi di votazione, sia presenziale sia on-line gestiti da una società che, a differenza del Movimento 5 Stelle, non ha collegamenti con i vertici politici della formazione.

Dal maggio del 2015 si è fatto molto, per quanto gli ostacoli e le difficoltà siano state tante. Innanzitutto perché governare in minoranza non è facile. Il sistema politico spagnolo è diverso da quello italiano, non c’è il ballottaggio e la lista vincente non ottiene la maggioranza assoluta nel consiglio comunale. Barcelona en Comú ha 11 consiglieri su 41: per arrivare ai 21, che significano la maggioranza, la strada è impervia, tenendo poi conto che la frammentazione politica è notevole con ben sette formazioni spaccate non solo sull’asse destra/sinistra, ma anche su quello indipendenza catalana sì/no. Nella primavera del 2016, dopo una consultazione tra gli iscritti a Barcelona en Comú, si è arrivati a firmare un accordo con i socialisti che sono entrati nel governo.

La maggioranza è ancora lontana, ma senza dubbio è stato un passo avanti, non scevro da dubbi e critiche. Ma le difficoltà sono poi nel reale potere dei Comuni in Spagna dopo la ricentralizzazione portata avanti dai governi del PP negli ultimi anni con la scusa degli sprechi delle amministrazioni locali: con la legge Montoro, i Comuni, oltre ad essere stritolati dalle politiche di austerity, non possono nemmeno spendere a fini sociali l’eventuale avanzo di bilancio. Infine, rimane la vexata quaestio della relazione tra movimenti e istituzioni: il rischio, sempre presente, è quello di una istituzionalizzazione del progetto una volta dentro il palazzo.

Due anni di governo

I primi mesi di governo sono stati difficili anche per la dura campagna di stampa dei grandi mass media. “Non sono capaci di fare politica. Non sanno gestire un’amministrazione. Non è gente preparata”, si ripeteva continuamente. Dopo due anni ci si rende conto che non è stato così. I bilanci dei Comuni, non solo quello di Barcellona, ma anche degli altri governati da liste neomunicipaliste, non sono più in rosso, come in passato. Ed anzi si è ridotto il debito creato dalle destre: a Madrid, in solo un anno e mezzo, Manuela Carmena ha ridotto di quasi 2 miliardi di euro il debito del Comune sui quasi 6 miliardi che si era trovata quando è stata eletta. Le radicali misure di trasparenza, insieme alla limitazione degli stipendi, ha dato i suoi frutti. E allo stesso tempo si sono aumentate le politiche sociali.

A Barcellona si sono finanziate fin da subito le mense per gli studenti, si sono investiti 150 milioni di euro in un Piano per i quartieri, si sono costruiti nuovi asili e si sono rimunicipalizzati quelli che erano stati privatizzati, si è avviato un piano per ricollocare le famiglie sfrattate e un piano di costruzione di case popolari, oltre ad obbligare le banche a mettere sul mercato gli appartamenti sfitti a canone sociale e a multare quelle che si negano. Si sono poi fatte pressioni sulle grandi compagnie di acqua, luce e gas per evitare che alle famiglie a rischio povertà vengano tagliati i servizi durante l’inverno. Si è avviata la costruzione della prima impresa di energia elettrica comunale – sarà la più grande di tutta la Spagna – che a breve potrà servire 20mila cittadini e di un’impresa di onoranze funebri comunale che ridurrà di circa il 50% i costi rispetto a quelle private esistenti attualmente.

Si sono potenziati i trasporti pubblici, sia il metro che gli autobus, si stanno costruendo 62,5 km in più di piste ciclabili in tutta la città e si è avviato l’esperimento delle superilles – ossia, spazi in cui si vieta la circolazione di veicoli – con l’obiettivo di trasformare Barcellona in una città ambientalmente sostenibile. Si è lavorato poi molto sul grande problema del turismo e della conseguente gentrificazione – Barcellona riceve oltre 27 milioni di turisti l’anno –, approvando il PEUAT, un piano comunale che proibisce la costruzione di nuovi hotel in tutto il centro cittadino, e multando con 600mila euro AirBnB che mantiene sul suo portale annunci di appartamenti senza licenza. Il tutto sempre con la partecipazione della cittadinanza: il nuovo Programa de Actuación Municipal (PAM) è stato elaborato grazie a 430 assemblee nei quartieri e alla piattaforma web decidim.Barcelona (“decidiamo.Barcellona”), tramite cui si sono raccolte oltre 10mila proposte fatte da associazioni attive nella città o da singoli cittadini, che sono state votate da più di 130mila persone.

Se ciò non bastasse, tante sono state le battaglie ancor più direttamente politiche che sono state fatte: per la chiusura dei CIE, scontrandosi con il governo spagnolo; per una memoria storica democratica, recuperando la storia degli sconfitti troppo spesso dimenticati dalle istituzioni; per la femminilizzazione della politica, che va ben al di là delle sole “quote rose” e riguarda tutti gli ambiti della vita istituzionale e non. E poi la questione dei rifugiati e dell’accoglienza in un’Europa sempre più chiusa nella sua fortezza, divorata da nazional-populismi xenofobi: nel settembre del 2015 Ada Colau ha lanciato la proposta delle Ciudad Refugio, le città rifugio, permettendo così la creazione di una rete di “città ribelli” che in tutta la geografia spagnola lavora con altre priorità, mettendo in comune nuove esperienze e nuove pratiche.

Oltre il Comune

Il Comune, però, non è l’unico obiettivo di un progetto politico che guarda oltre le frontiere della città. E questa è la grande forza del neomunicipalismo di Barcelona en Comú. Il Comune è il primo step, un livello in cui la distanza tra governanti e governati è minore, in cui il contatto con la cittadinanza e con il tessuto associativo è sempre presente, in cui le battaglie che si portano avanti hanno una ricaduta immediata.

Ma bisogna andare oltre. In primo luogo, per quanto riguarda il caso di Barcellona, la realtà catalana, ma poi anche la Spagna e l’Europa. Perché? Lo ha spiegato recentemente Ada Colau: “«Non è un caso che il municipalismo sia sempre più presente. È stato un errore democratico non considerare le città come degli attori politici. E si sta dimostrando che se vogliamo migliorare e approfondire la democrazia, le città non possono solo amministrare perché dobbiamo affrontare le grandi sfide globali che ci pongono gli Stati: il cambio climatico, la mobilità, il problema della casa, la disuguaglianza, le migrazioni… Le grandi sfide globali hanno luogo nelle città e non si tiene conto politicamente delle città. I Comuni devono avere più voce e più voti, più capacità di decisione e più peso politico».

Dopo oltre un anno di riunioni e di incontri pubblici in tutta la geografia della Catalogna, è nato lo scorso 8 aprile il nuovo soggetto politico catalano che segue il modello di Barcelona en Comú. «L’apparizione di questo spazio politico ha molto a che vedere con la crisi politica in cui viviamo, la nostra democrazia non funziona come dovrebbe e molte persone hanno deciso di implicarsi e corresponsabilizzarsi per migliorare le forme di fare politica», queste sono state le parole di Ada Colau l’8 aprile. Il nome del nuovo partito non è ancora stato stabilito, probabilmente sarà quello di Catalunya en Comú o di En Comú Podem, che è il nome della coalizione che ha vinto le elezioni politiche generali in Catalogna sia a dicembre 2015 che a giugno 2016, mandando al Parlamento di Madrid ben 12 deputati guidati dallo storico e attivista Xavier Domènech.

Si tratta di una confluenza che riunisce, nonostante i dubbi e le frizioni con un settore del Podemos catalano, le stesse formazioni che hanno dato vita a Barcelona en Comú e che è nato con un processo partecipativo chiamato Un País en Comú (“Un Paese in Comune”): un programma e un codice etico costruiti con la cittadinanza in un contesto estremamente complesso come quello catalano, con la questione dell’indipendenza – difesa dall’attuale governo regionale – sempre sulle prime pagine di tutti i giornali. Rompere il frame indipendenza sì/indipendenza no con un programma centrato sulle politiche sociali, sui beni comuni e sulla difesa di un referendum non sarà facile per il nuovo soggetto politico lanciato da Ada Colau. Vedremo i primi risultati in autunno, quando molto probabilmente si terranno le elezioni regionali anticipate.

Ma non c’è solo il livello catalano che è indispensabile per dare respiro ai Comuni “ribelli”, facendo pressioni sul governo regionale e su quello nazionale per modificare leggi e politiche restrittive. La sfida neomunicipalista guarda molto più in là dei Pirenei. C’è l’Europa, in primo luogo, ma in realtà c’è tutto il mondo. Lo si fa con umiltà e senza fretta, seguendo la massima “andiamo piano perché andiamo lontano”. All’interno di Barcelona en Comú, che è un partito “pesante”, e non “leggero” come Podemos, vi è infatti una commissione internazionale che lavora da oltre un anno a una mappatura dei progetti neomunicipalisti esistenti in tutto il globo: da liste civiche nate dal basso che governano alcune città, grandi come Napoli o la cilena Valparaíso o piccole come l’inglese Frome, a progetti che hanno fatto il salto alla politica e che si trovano ora all’opposizione in Comune, come Coalizione Civica a Bologna, Buongiorno Livorno o Ciudad Futura a Rosario in Argentina, fino a movimenti con un’agenda municipalista che non hanno ancora deciso di presentarsi a delle elezioni in Italia, Francia, Polonia, Stati Uniti, Germania, Grecia, Danimarca e un’infinita di altri paesi. L’obiettivo è quello di creare una rete municipalista internazionale.

Per questo i prossimi 9-11 giugno si terrà a Barcellona un incontro internazionale chiamato Fearless Cities, città senza paura, a cui parteciperanno centinaia di progetti neomunicipalisti provenienti da tutto il mondo, per condividere pratiche e tessere relazioni in vista di quello che sarà il nuovo step di questa scommessa: riportare la politica tra le persone, renderla partecipativa, promuovere politiche di accoglienza, rompere le gabbie delle leggi di bilancio schiave dell’austerity. O come ha detto recentemente Ada Colau: «considero che il municipalismo è essenziale per migliorare la nostra democrazia. Questo è il secolo delle donne e il secolo delle città. E il luogo migliore per vivere questo momento politico così appassionante è il municipalismo, che non è altro che l’amministrazione più vicina alla cittadinanza».

Su patriottu sardu a sos feudatarios

unu(S’iscritu originale de Frantziscu Inniàtziu Mannu)

Procurad’e moderare,
barones, sa tirannia,
chi si no, pro vida mia
torrades a pe’ in terra!
Declarada est già sa gherra
contra de sa prepotenzia:
e incomintza’ sa passenzia
in su populu a mancare!
- segue –

in buone mani

Sa die 28 aprile 2017 unudusu

Comunicazioni Editore e Direttore

COMUNICAZIONI Una piccola parte di foto, illustrazioni e filmati presenti su questo sito web è stata reperita sulla rete internet e, pertanto, ritenuta di pubblico dominio là dove non è chiaramente indicato il copyright o il diritto di proprietà. Comunque, quanti ritenessero di essere legittimi proprietari di immagini/foto/filmati da noi utilizzati sono invitati a informarci e a richiedere la rimozione del materiale. Si procederà in tempi rapidissimi ai conseguenti adempimenti.
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E’ capitato in passato (e potrà capitare in futuro) che la news abbia collaborato (collaborerà) ad attività didattiche, in vari campi, per esempio quello della Storia dell’Arte, anche con la pubblicazione di illustrazioni tratte dalla rete, generalmente di pubblico dominio. In tali casi successivamente si è provveduto (si provvederà) alla rimozione delle immagini. E’ possibile che alcune inavvertitamente siano rimaste o rimangano. Al riguardo vale quanto sopra riportato.
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L’Editore
La Direzione

oggi venerdì 28 aprile 2017 Sa die de Sa Sardigna

sardegnaeuropa-bomeluzo3-300x211Sardegna-bomeluzo22sedia-van-goghdemocraziaoggiGLI-OCCHIALI-DI-PIERO1-150x1501413filippo-figari-sardegna-industre-2
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- La pagina fb dell’evento. democraziaoggi- Sa Die, un dibattito ufficiale e uno “irregolare” a Cagliari.
sa-die-su-webras-26-4-17 sadie-asproni- Le iniziative della Regione Sarda.
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sa-die-ss
FESTA PRO SA DIE DE SA SARDIGNA 2017 IN TÀTARI. PRATZA DE ITALIA DAE ORA DE SAS 17,00 A ORAS DE SAS 19,00, E PALESTRA ISCOLA SAN GIUSEPPE DAE ORA DE SAS 19,30. MUSTRA DE 5 ARTISTAS IN SA DOMO DE S’ARTE (VIA SISINI / VIA CAPO D’ORO), CUN INSTALLATZIONES URBANAS A LEARE CUVIU DAE SAS 9,00.
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FESTA PER SA DIE DE SA SARDIGNA 2017 A SASSARI. PIAZZA D’ITALIA DALLE ORE ORE 17,00 ALLE ORE 19,00, E PALESTRA SCUOLA SAN GIUSEPPE DALLE ORE 19,30. MOSTRA DI 5 ARTISTI PRESSO SA DOMO DE S’ARTE (VIA SISINI / VIA CAPO D’ORO), CON INSTALLAZIONI URBANE A PARTIRE DALLE 9,00.
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nuxisdemocraziaoggiSa Die de sa Sardinia: da chi scommiatarci oggi?
28 Aprile 2017
Andrea Pubusa su Democraziaoggi.
(murale di F. Del Casino in P.zza Municipio a Nuxis – Rivolta di Palabanda)
In quest’Isola in cui nulla si muove testi antichi mantengono attualità. Riproduco pertanto questo post del 28 aprile 20114. Ditemi voi se è inattuale?
Anche quest’anno oggi è “Sa die de sa Sardinia“. La giornata dell’orgoglio dei sardi, una giornata che […]
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Torniamo, con Gramsci, alla semplicità, alla sostanza delle cose, usciamo dalla retorica, torniamo alla verità, che è sempre rivoluzionaria

GRAMSCI EDUCATORE
gramsci
di Piero Marcialis

Ho sempre presente il concetto gramsciano secondo il quale anche un maestro mediocre può migliorare la nostra istruzione, ma non può migliorare la nostra cultura.
Lo cito qui testualmente:
“In realtà un mediocre insegnante può riuscire ad ottenere che gli allievi diventino più istruiti, non riuscirà ad ottenere che siano più colti” (Per la ricerca del principio educativo, in Quaderni del carcere).
Gramsci, educatore non mediocre, indica le strade attraverso le quali migliorare la nostra cultura.
1. Istruirsi, certamente, ma non come fine a sè, ma come base per legarsi alla cultura degli oppressi, contadini, operai, l’umile gente che da esclusa deve diventare protagonista, per fare questo, dice Gramsci,
“avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza”.

2. Esercitare la nostra intelligenza critica, dentro una visione del mondo capace di orientarci nel “mondo grande e terribile”.
Visione generale da assumere, cioè, non acriticamente, ma misurandone efficacia e validità nell’esperienza.
Così Gramsci coglieva il “tradimento” operato da Lenin rispetto alla lezione di Marx: in una realtà in cui la situazione induce al pessismismo (mancato sviluppo industriale, assenza di una classe operaia numerosa), scegliere di agire comunque, animati dall’ottimismo della volontà.
Un grande sforzo soggettivo può sopperire nella prospettiva rivoluzionaria alle carenze oggettive dello stato di cose presenti.
Quindi aderire ad una visione del mondo per diventarne partigiani, non essere indifferenti, l’indifferenza che consiste nello staccarsi dall’impegno e dall’azione.

Gramsci, nel distinguere tra istruzione e cultura, opera anche una potente distinzione tra
“addestramento” (dare un’abilità, migliorare il rapporto con le cose)
e “formazione” (dare coscienza di sè, responsabilità di ciò che pensi e che fai, in rapporto con le persone, considerate come fine, non come mezzo).

Nella visione di Gramsci dunque la cultura si connota come “la potenza fondamentale di pensare e di sapersi dirigere nella vita”.
- segue -

UN SECOLO DI RIVOLUZIONI. PERCORSI GRAMSCIANI NEL MONDO

cattura-gramsciLa locandina
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eddyburgSOCIETÀ E POLITICA »MAESTRI» ANTONIO GRAMSCI
Il lavoro dell’intellettuale
di ANTONIO GRAMSCI, su eddiburg
Dal Sapere al Comprendere, dal Comprendere al Sentire, e viceversa: dal Sentire al Comprendere, dal Comprendere al Sapere. Anche eddyburg ricorda Antonio Gramsci, nell’anniversario della sua morte (i.b.)
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aibeiaiaaabdcj3rhaq6uj-qfiildmnhcmrfcghvdg8qkdc2odbknjzjzdlinjbhytnkmmm3mgq3yjy1mdriotixotq0ymi0yzawadsptqlny1x-m3z1gay5ixzsbhhtInformazioni dall’Associazione “A. Gramsci” Cagliari
- segue -

Oggi giovedì 27 aprile 2017

sardegnaeuropa-bomeluzo3-300x211Sardegna-bomeluzo22sedia-van-goghdemocraziaoggiGLI-OCCHIALI-DI-PIERO1-150x1501413filippo-figari-sardegna-industre-2
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eddyburglabsusCITTÀ E TERRITORIO »CITTÀ OGGI» ALTRE CITTÀ
La città plurale che cresce a Barcellona
di NORA INWINKL su eddybureg e su LabSus
«Un rapporto sullo stato dell’economia sociale e solidale porta alla luce cifre ed esperienze che fanno della capitale catalana un interessantissimo esempio di come al giorno d’oggi proposte di modelli alternativi al neoliberismo non solo siano possibili, ma già in atto».comune-info, 24 aprile 2017 (c.m.c.)
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labsusIL PUNTO DI LABSUS
Dalla Resistenza ai cittadini attivi, un discorso che prosegue
Gregorio Arena – 25 aprile 2017, su LabSus.
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logo-comitato-dics-23-4-17lavoroxlavoroComunicazioni di servizio. Da oggi online la pagina fb del Gruppo di Lavoro x il Lavoro [Lavoro al Quadrato] del Comitato di Iniziativa Sociale Costituzionale e Statutaria di Cagliari. Ecco il link.

Sa die

gmariass
#SaDie
di Tonino Dessì, su fb
Domani, 28 aprile 2016, si celebra “Sa Die de sa Sardigna”.
La ricorrenza fu scelta nell’ottobre del 1993 dal Consiglio regionale della Sardegna.
Era la fase finale dell’XI legislatura, Presidente della Regione on. Antonello Cabras, coalizione di “governissimo” (un centrosinistrone PDS-PSI-PSDI-PRI-DC), costituitasi a seguito di un compromesso dopo uno scontro campale sulla legislazione urbanistica e sulla pianificazione paesaggistica.
Il Presidente del Consiglio regionale era l’ on. Mario Floris.
L’iniziativa legislativa fu unitaria, ma nacque su impulso del PSd’Az (all’opposizione), per istituire una giornata celebrativa della
memoria identitaria del Popolo Sardo.
La decisione mise un punto fermo su un’annosa discussione, scartando altre ipotesi alternative, la principale delle quali era stata quella di celebrare una Festa dello Statuto Speciale (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3).
Sembrava che, retrocedendo la celebrazione identitaria a un momento storico abbastanza remoto del periodo contemporaneo e a un fatto simbolicamente insurrezionale contro una dominazione esterna, si potesse trovare un compromesso adeguato rispetto al ricordo di altri momenti considerati più divisivi.
Già ascoltando la discussione in Aula, intrisa di retorica patriottica, ma poco approfondita nel merito della vicenda, avvertivo un certo paradosso, che fu evidenziato forse dal solo on. Francesco Cocco, comunista del Gruppo consiliare PDS, l’unico che mi parve davvero consapevole.
La Sarda Rivoluzione infatti conteneva in nuce il principale dei nodi irrisolti della debole soggettività politica sarda. L’aspirazione a un’identità moderna e radicale, infatti, si infranse nel 1794 contro lo scoglio del conservatorismo politico e più ancora sociale e culminò nel tradimento e nella sconfitta epocale.
Non essersi resi conto delle implicazioni profonde di quella vicenda e non avervi mai fatto i conti consapevolmente, ha fatto sì che Sa Die resti ancora una celebrazione dai contorni incerti, un po’ alla ricerca di un ubi consistam che non sia quello – rischioso, in periodi di xenofobia – dell’incitazione a cacciar via qualcuno, non meglio identificato, ma sempre evocato come esterno e invasore.
Questo solo ho oggi da aggiungere a completamento di una riflessione che ho scritto tre anni fa e che ripropongo qui di seguito.

Sa Die

Giorgio-Asproni-fto-picc-140x150Sa Die della Sarda Distrazione
di Nicolò Migheli

By sardegnasoprattutto/ 27 aprile 2017/ Società & Politica/

Ogni anno la stessa vicenda, ed ogni anno bisognerebbe scrivere lo stesso pezzo. Non si riesce a capire, o forse si comprende benissimo, il motivo per cui la giunta regionale pro tempore senta l’esigenza di dedicare sa Die de Sa Sardinia a chiunque, meno che alla Sarda Rivoluzione e a chi ne fu protagonista.

Quest’anno il Giorno della Sardegna viene dedicato a Giorgio Asproni (Bitti, 1809- Roma 1876). Chi è di sinistra si sentirebbe lusingato per la scelta. Giorgio Asproni parlamentare sardo, fu eletto prima nel Parlamento Subalpino e poi in quelli del Regno d’Italia. Repubblicano e mazziniano si oppose alle politiche di Cavour perché troppo liberiste.

Fu anti-piemontese perché riteneva che la corte sabauda agisse in Sardegna e Liguria come se fossero colonie. Fu vicino al nascente movimento operaio, scrisse molti articoli su giornali operai e persino su Libertà e Giustizia di Bakunin. Un personaggio insigne non solo nella storia della Sardegna ma in quella del Movimento Operaio e dell’Italia.

Quindi tutto bene? Una frase dell’assessore alla Cultura e Istruzione della Regione ci aiuta a capire: “Per il 2017 abbiamo scelto di ricordare la figura di Giorgio Asproni che oltre a essere stato sostenitore dell’autonomia sarda, si occupò delle problematiche dell’isola portandole all’attenzione della classe politica nazionale“.

Cominciamo con il travisamento della figura dell’insigne bittese: Asproni autonomista? No di certo, bensì federalista. Autonomismo e federalismo nelle dottrine politiche non sono sinonimi. Però potrebbe trattarsi di una svista. La seconda parte della frase invece rivela il progetto, la visione che anima questa giunta: “si occupò delle problematiche dell’isola portandole all’attenzione della classe politica nazionale“.
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Sa die sul sito web della Regione

sa-die-su-webras-26-4-17Finalmente Sa die appare sul sito web della Regione! Oggi mercoledì 26 aprile 2017, di pomeriggio.
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- La locandina della RAS
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