Monthly Archives: settembre 2018

Verso l’Incontro-dibattito sul Lavoro del 5 ottobre con Domenico De Masi. Materiali su Reddito di cittadinanza e dintorni

eebb67c5-52fa-43c9-adc8-b7c2edc5b6faMovimenti intorno al Reddito di cittadinanza
di Emanuele Ranci Ortigosa | 20 settembre 2018
welforum-it
Che il tema del contrasto alla povertà occupi ora uno spazio senza precedenti nell’agenda politica è molto importante e va ascritto a merito del Movimento 5 Stelle che lo ha inserito nel Contratto di governo e anche a Di Maio che se ne è assunto la responsabilità politica come Ministro del Lavoro. Merita quindi attenzione la mozione approvata dalla maggioranza di Governo alla Camera che traccia linee per futuri interventi e in particolare per l’introduzione del Reddito di cittadinanza. Il testo della mozione richiama in apertura il Reddito di Inclusione (Rei), la misura introdotta dal governo Renzi e ampliata poi dal governo Gentiloni, riconosciuta come “misura unica nazionale di contrasto alla povertà” e come “livello essenziale delle prestazioni da garantire uniformemente su tutto il territorio nazionale”, ma sviluppa poi su di essa interessanti valutazioni.
“Dal punto di vista teorico, afferma la mozione, la scelta tra selettività e universalismo riflette una diversa concezione circa il ruolo dello stato. Nel caso del cosiddetto Rei, il modello di riferimento è quello di uno stato sociale con compiti residuali, in cui la fornitura delle prestazioni non può che essere subordinata alla prova dei mezzi e il livello dei benefici deve essere appena sufficiente a garantire un livello minimo di risorse; i presentatori del presente atto di indirizzo ritengono invece che uno stato sociale debba avere compiti redistributivi, erogando, in moneta o in natura, prestazioni sociali volte a garantire alla generalità dei propri cittadini un tenore di vita adeguato, comunque commisurato anche a uno standard di povertà relativa”.
Secondo loro “una delle principali motivazioni addotte a favore del ricorso a criteri selettivi, ovvero al cosiddetto Rei, è da ricercarsi nella presunta minore onerosità per il bilancio statale unita ad una maggiore efficacia in termini di equità”. Ma così “la misura del Rei avvantaggia esclusivamente coloro che si collocano nelle posizioni reddituali inferiori della distribuzione, mentre l’erogazione di un beneficio universale comporta benefici anche per le classi medie”. Il Rei insomma “attua misure tradizionali allo scopo di garantire un livello minimo di sussistenza nel caso i singoli individui non dispongano di fonti alternative di reddito: tale misura agisce come una sorta di protezione contro il rischio di non lavorare e si configura sostanzialmente come misura redistributiva per combattere esclusivamente la povertà di reddito”.

Selettività e universalismo
Il testo vuole marcare una differenza concettuale fra ReI, selettivo, assistenzialistico e rivolto ai più poveri, e il Reddito di cittadinanza più universalistico e meno selettivo, più ispirato quindi alla teoria originaria del reddito di cittadinanza, il “reddito di base universale”. Questo prevede infatti l’erogazione di un contributo a ogni cittadino come tale, senza alcuna indagine sul beneficiario e senza alcuna selettività sulla sua condizione economica, per consentirgli di fare libere scelte sull’uso del suo tempo, e anche sul tempo di lavoro o di non lavoro.
La mozione taccia quindi il ReI di selettività eccessiva, dato che assume come selettore dei beneficiari una modesta frazione della povertà assoluta, pari a 180 euro netti al mese per un singolo, “tale da avvantaggiare esclusivamente coloro che si collocano nelle posizioni reddituali inferiori della distribuzione. L’erogazione di un beneficio universale comporta invece benefici anche per le classi medie”, e per questo la proposta del M5Stelle assume una soglia di riferimento ben più elevata, quella del rischio di povertà definito dalle statistiche europee, pari a 780 euro netti al mese per un singolo. E potrebbe anche con passi ulteriori aprire verso le classi medie: “erogando un importo più elevato rispetto al sussidio economico, gli 80 euro, che il governo Renzi ha introdotto, si potrà determinare persino, nel prossimo futuro, una riduzione degli ammortizzatori sociali presenti nel sistema, andando così a sgravare il bilancio dell’Inps da una serie di costi e, in aggiunta, verrebbe garantita una riduzione dei contributi sociali a vantaggio sia dei salari, sia dei redditi da lavoro”.

Le risorse, dove trovarle?
Queste affermazioni potrebbero preludere a un riutilizzo, prossimo o futuro, per il finanziamento del Reddito di cittadinanza, delle risorse oggi assorbite dagli 80 euro di Renzi (9 miliardi), più quelle destinate agli ammortizzatori sociali contro la disoccupazione temporanea (951 milioni), al ReI (2.750 milioni), cui si potrebbero aggiungere l’assegno personale di ricollocazione e la garanzia giovani (2 miliardi), il bonus per l’acquisto dai giovani di beni culturali (290 milioni), per un totale di ben 14.951 milioni. Una tale riconversione della spesa è stata proposta da una rivista vicina al Movimento, Politica ed economia, ed è stata riportata da Di Vico sul Corriere della sera. Forse non entrerà nella prossima legge di bilancio, ma indica una prospettiva che viene considerata, e che risulterebbe anche coerente con la teoria del Reddito di cittadinanza, che prevede appunto il riassorbimento in tale misura di altri interventi sociali e dei relativi costi.

Il ReI ha rappresentato un’importante svolta, da tempo attesa, nelle nostre politiche contro la povertà, ma l’attuale sua consistenza e diffusione è assolutamente inadeguata. L’eccessiva lentezza con cui i passati Governi hanno implementato la misura a fronte di un disagio sociale diffuso e crescente, ha avuto del resto puntuale riscontro nell’esito delle recenti elezioni, con il ridimensionamento del PD e la crescita del consenso del Movimento 5 Stelle.

Quanto alla profonda revisione dell’attuale imputazione e distribuzione della spesa assistenziale a sostegno dei redditi, anch’io da tempo ne condivido la necessità, ma l’ipotesi ora prospettata non è per ora inserita in una prospettiva più generale di riforma del sistema e non è accompagnata da una attenta verifica sugli effetti di tale operazione, e in particolare sulle aree e le situazioni di scopertura rispetto a bisogni seri e concreti che probabilmente aprirebbe. In attesa di maggiori approfondimenti appare quindi per ora azzardata.
I quasi 15 miliardi che la riconversione indicata libererebbe dalle attuali destinazioni renderebbero praticabile finanziariamente la proposta di Reddito di cittadinanza assunta nel contratto di governo: soglia della povertà relativa di 780 euro mensili, 500 euro di importo medio mensile per famiglia, 8 milioni di individui beneficiari, 17 miliardi di costo. Di Maio su questa insiste, e anche in tv a Cartabianca ha escluso di poter accettare soluzioni riduttive come l’assunzione dell’attuale soglia del ReI (per un singolo 180 euro al mese, importo mensile medio per famiglia stimato a 300 euro), sia pur associata a un raddoppio degli attuali beneficiari del ReI, da 2 a 4 milioni di persone (con passaggio da 2,5 a 5 miliardi di costo), o a una sua estensione a tutti i poveri assoluti, 5 milioni di individui, con 6,3 miliardi di costo.

Alcuni commentatori ipotizzano che se i vincoli di bilancio risultassero insuperabili, una mediazione accettabile come primo passo di un processo che dovrà andare oltre potrebbe configurarsi con l’assunzione di una o più soglie nel range di quelle della povertà assoluta Istat, per un target di 5 milioni di beneficiari e un costo di 10 miliardi. La definizione della soglia selettiva dei beneficiari e di integrazione del reddito sarebbe politica, e non certo l’assunzione delle soglie territoriali Istat già molto discusse, in particolare perché, basate sul costo della vita, avvantaggerebbero il nord, non considerando adeguatamente le carenze di infrastrutturazione e servizi del Mezzogiorno. Anche tale ipotesi risulta ad oggi finanziariamente poco praticabile se non si intendesse procedere a revisione delle misre in atto ad integrazione di redditi carenti, quelle sopra indicate o altre, ad esempio quelle da noi proposte con analisi approfondite nel 2016.

Lavoro e anche pensione di cittadinanza?
Tornando alla mozione, il testo si concentra poi sul lavoro: “in un mercato del lavoro sempre più flessibile, dove diventa sempre più facile perdere e trovare un nuovo lavoro, il reddito di cittadinanza consentirebbe di avere una continuità economica per i periodi in cui non c’è occupazione, e ciò è positivo innanzitutto per i lavoratori, ma anche per il mercato stesso in un’ottica di flexsecurity connotata dalla flessibilità per chi assume da una parte e da uno stato in grado di formare, riqualificare e reinserire il lavoratore, incrociando la domanda con l’offerta di lavoro dall’altra; (…) attraverso una misura, qual è il reddito di cittadinanza, è sicuramente possibile prevenire l’esclusione sociale degli individui con un reddito non continuo ed esiguo”.
La mozione conclude impegnando il Governo in primo luogo “ad assumere iniziative per istituire il reddito di cittadinanza, quale misura per il contrasto alla povertà, alla diseguaglianza e all’esclusione sociale nonché a favorire la promozione delle condizioni che rendano effettivo il diritto al lavoro e alla formazione, attraverso politiche volte al sostegno economico e all’inserimento sociale di tutti i cittadini italiani in pericolo di marginalità, nella società e nel mondo del lavoro”; e a tal fine “a valutare l’opportunità di assumere iniziative per fissare un ammontare, parametrato alla soglia di rischio di povertà, calcolata sia per il reddito che per il patrimonio, alla base della scala Ocse per nuclei familiari italiani più numerosi”. Viene così finalmente chiarito che, come per il ReI, la situazione economica dei potenziali beneficiari verrà ricostruita considerando sia la componente reddituale che quella patrimoniale.
Da ultimo la mozione impegna il Governo “a valutare l’opportunità di assumere iniziative per assegnare una pensione di cittadinanza ai cittadini italiani che vivono sotto la soglia minima di povertà, attraverso l’integrazione dell’assegno pensionistico, inferiore a 780 euro mensili, secondo i medesimi parametri previsti per il reddito di cittadinanza”. Indicazione questa vaga (si riferisce solo alle pensioni minime integrate? O anche ad altri assegni?, che suscita non poche perplessità. Perché o è inutile, nel senso che i detentori di pensione minima debbono poter usufruire del reddito di cittadinanza come tutti gli altri cittadini, o mira invece a privilegiare l’aumento dei minimi pensionistici, con i relativi rilevanti costi, rinviando al futuro la ben più impegnativa realizzazione del reddito di cittadinanza. Sarebbe una scelta analoga a quella che già all’inizio del secondo millennio ha affossato il tentativo della ministra Turco di introdurre una misura specifica di contrasto alla povertà, il RMI, che se avesse avuto successo avrebbe contribuito a contrastare il drammatico aumento della povertà avvenuto negli anni della crisi, dal 2007 ad oggi, anche per la mancanza di uno strumento specifico di protezione. Anche allora si preferì integrare i minimi pensionistici piuttosto che finanziare l’avvio del Rmi. Si rischia allora di ripetere la passata scelta elettoralistica assicurando la pensione di cittadinanza alla soglia dei 780 euro ai titolari di pensione minima, in piena contraddizione con l’evoluzione della povertà che vede penalizzati soprattutto minori, giovani, famiglie con più figli, mentre lascia largamente indenni le persone anziane e con qualche percorso lavorativo formalizzato, meglio protette dai tradizionali interventi assistenziali. E ancora una volta si privilegerebbe la facile erogazione di un sussidio, scisso da strumenti di inclusione e promozione sociale, che richiedono impegno pazienza fatica, ma danno ritorni certo meno immediati ma ben più qualificati e efficaci.

Solo per gli italiani?
Con un grave cedimento al “dagli all’immigrato!” la mozione afferma ripetutamente che beneficiari del reddito e della pensione di cittadinanza saranno solo gli italiani. Il criterio generalmente assunto della residenza, nel caso di una certa durata, teso a impedire incursioni occasionali e opportunistiche che l’introduzione di un beneficio consistente a integrazione di redditi inadeguati potrebbe stimolare, per riservare il beneficio solo a chi abbia scelto di stare con continuità sul nostro territorio, assumendo oneri e vantaggi, verrebbe così sostituito da quello della nazionalità. Certo così si risparmierebbero anche non poche risorse, dato che le famiglie di soli stranieri, o miste, registrano una percentuale di povertà, sia assoluta che relativa, di molto superiore a quelle delle famiglie di soli italiani. Ma a scapito di una grave regressione sul piano dei valori e dei conseguenti diritti: dovremo sperare ancora una volta nella magistratura, ordinaria o costituzionale, o europea, per la loro riaffermazione?

Per concludere non posso che ribadire quanto ho affermato nel mio recente libro e più volte qui su welforum: l’impegno dei 5 stelle sul tema povertà è salutare, le critiche all’insufficienza e tardività del ReI sono giustificate e condivisibili ma non devono condurre a ignorare ciò che con esso finalmente si è avviato, come affermazione di un livello essenziale con un corrispondente diritto e come processo di sviluppo di interventi di inclusione sul territorio. Si cambi pure il nome, ma non si azzeri il lavoro finora svolto perché ReI e Reddito di cittadinanza presentano rilevanti differenze ma, malgrado le osservazioni della mozione che prima riportate, non risultano alternativi. Quanto fatto per il ReI è funzionale e utile anche ad uno sviluppo del Reddito di cittadinanza. Va quindi salvaguardato, e però integrato e implementato per superarne i forti limiti e per introdurre nuovi orientamenti e sviluppi, in particolare sul fronte dell’inserimento lavorativo, più corrispondenti alla visione della attuale maggioranza di governo.
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Fonte: https://welforum.it/movimenti-intorno-al-reddito-di-cittadinanza/
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Cagliari, venerdì 5 ottobre 2018, ore 16.30. Sala conferenze del Banco di Sardegna, in viale Bonaria, 33, Cagliari.
Presentazione Atti del Convegno Lavorare meno, lavorare meglio, lavorare tutti, Edizioni Aracne.
Ore 16.30: Introduce Andrea Pubusa. Intervengono: Luisa Sassu, Antonio Dessì, Gianna Lai, Gianfranco Sabattini, Gabriella Lanero, Silvano Tagliagambe.
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de-masi-jpgOre 18.00 – Il lavoro nel XXI secolo
Domenico De MASI.
intervistato da Fernando Codonesu.
Segue dibattito.
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PER UNA NUOVA STAGIONE DI LOTTA PER LA COSTITUZIONE

«La Costituzione italiana, da molti anni al centro dell’attenzione demolitrice delle diverse maggioranze parlamentari e di governo, sempre uscite sconfitte dal tentativo di modificarne la struttura e gli strumenti posti a garanzia per i cittadini, è nuovamente oggetto di aggressione». E’ una situazione «mai sopita di pericolo per la democrazia». Per questo il Coordinamento per la Democrazia Costituzionale invita ad «una nuova stagione di lotta per la Costituzione», nella consapevolezza che difendere uniti la democrazia costituzionale costituisce «il principale ostacolo ai disegni reazionari e autoritari di mutamento delle nostre istituzioni».

E’ questo il cuore dell’appello che il Coordinamento per la Democrazia costituzionale rivolge a tutte «le culture, i cittadini, i soggetti sociali e le formazioni associative che si riconoscono nei valori della democrazia costituzionale», dando anche la propria disponibilità a sostenere tutte le iniziative che vadano in questo senso (dalla Marcia Perugia-Assisi alla manifestazione promossa dal quotidiano Il Manifesto).

«Mai come ora – si legge nel documento del Cdc – si assiste ad un’azione politica diretta ad insinuare e coltivare nella vita civile la discriminazione tra le persone». L’aggressione alla Costituzione italiana, infatti, è contrassegnata «da un’unica matrice di fondo: la negazione dei diritti fondamentali e universali delle persone, dei principi di solidarietà ed eguaglianza, che dal 1948 accompagnano e rafforzano la democrazia costituzionale in cui viviamo».

«Si vive quotidianamente in questo Paese – continua l’appello – la privazione effettiva dei diritti al lavoro, ad una efficiente sanità pubblica, all’istruzione, alla casa», mentre contemporaneamente vengono messi in campo «propagande e comportamenti» che spingono alla «logica del capro espiatorio che negli anni 30 del secolo scorso portò all’abiezione estrema delle leggi razziali».

Appare chiaro, sostiene ancora il documento del Cdc, «che l’attuazione concreta della Costituzione non sia, come dovrebbe, il riferimento fondamentale dell’agire politico. (…) Nuove forme di attacco alla Costituzione sono in atto, con fatti compiuti, e non possono escludersi, perché già annunciati, rinnovati tentativi formali di modifica della Carta. Siamo in presenza di una deriva autoritaria e presidenzialista, destinata anche a ridurre drasticamente il ruolo del Parlamento, la cui centralità come sede rappresentativa della sovranità popolare viene apertamente messa in discussione. Ciò richiede una reazione e un rinnovato impegno per ricostruire le energie democratiche per impedire tentativi di annullamento dei diritti e di esasperazione delle disuguaglianze». Occorre anche «avviare una campagna politica a lungo termine che sappia vigilare e incidere sulle scelte legislative ed esecutive, affinché siano ripristinati i valori costituzionali su cui si fonda la convivenza civile». E «occorre l’impegno concreto perché i diritti e i doveri dettati dalla Costituzione trovino realizzazione pratica nella vita democratica del Paese».

«La vittoria del NO nel referendum costituzionale del dicembre 2016 – ricorda infine il Cdc – ha tracciato la strada per la rinascita di una coscienza collettiva democratica; la mobilitazione e l’impegno di tanti cittadini sono riusciti a fermare chi voleva stravolgere la Costituzione per modificarne soprattutto la forma di governo».

Roma, 18 settembre 2018
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Domani

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Oggi venerdì 21 settembre alla Società degli Operai: “Discutere a Sinistra, a Cagliari”.

disinDiscutere a sinistra, a Cagliari.
Riceviamo e volentieri pubblichiamo e diffondiamo
Cari/e compagni e compagne, l’aggiornamento dell’assemblea dello scorso luglio alla Società degli Operai è convocato per il prossimo venerdì 21 settembre alle ore 17, sempre presso il salone della Società degli Operai, in via XX Settembre 80, Cagliari
Michela Caria, Gianpaolo Laura Turis, Adele Giovanna d’Arco, Luisa Sassu, Antonello Pabis, Roberto Sedda, Roberto Serra, Roberto Loddo, Cristina Ibba, Rosamaria Maggio, Gianfranco Bitti, Rossana Copez, Cecilia Lilliu, Pietro Pedru Cruccas, Antonello Vinci, Aldo Cannas, Giu Angioni, Antonello Melis, Roberto Mirasola, Gavinu Dettori, Vincenzo Di Dino, Michele Zuddas, Marco Pitzalis Piano, Gavino Casado, Franco Meloni, Giovanni Fancello.

Oggi venerdì 21 settembre 2018

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Oggi San Matteo. Auguri a tutt* Matteo e Mattea.

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lampada aladin micromicroGli Editoriali di AladinewAladinAladinpensiero
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Il Pd, la sinistra e la responsabilità dinanzi al rischio dell’irrilevanza politica
21 Settembre 2018
Alfiero Grandi su Democraziaoggi.
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massimo-villone_0NE’ NUOVI NE’ BARBARI.
di Massimo Villone – da “Gialloverdi, né nuovi né barbari” – Il Manifesto 09.09.2018

Questione delle abitazioni a Cagliari (II)

018d9f35-b417-4833-ad23-234d81c9045alampada aladin micromicroNel servizio de L’Unione Sarda di oggi, ripreso in altra parte della News, specificamente nella corredata illustrazione che riporta la situazione degli “edifici occupati illecitamente” viene compreso quello della Scuola di via Flumentepido, di proprietà comunale, che sarebbe occupato da 5 nuclei familiari. Ora a noi risulta che detto edificio è stato da tempo sgomberato al fine di realizzare un apposito progetto, approvato su proposta dell’allora assessore ai LL PP Luisa Anna Marras, che prevedeva “la demolizione dell’edificio esistente e la costruzione di due stabili di quattro piani da sedici appartamenti ciascuno, per un massimo di 142 residenti”. Tra virgolette il testo della notizia stampa del 22 agosto 2012 (sono passati ben 5 anni!). Allo stato, salvo lo sgombero delle famiglie occupanti e la demolizione di porte e finestre dello stabile, al fine di evitare nuove occupazioni, nulla risulta attuato o in attuazione del progetto in questione. Almeno a noi sembra così, ma saremo ben lieti di essere smentiti. Di tutto quanto abbiamo segnalato chiediamo pertanto spiegazioni al Sindaco Massimo Zedda e all’attuale competente Assessore ai LLPP Maurizio Chessa.
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ape-innovativaSulla questione di carattere generale riteniamo tuttora valido quanto espresso in precedenti interventi. In particolare scrivevamo su Aladinews il 7 dicembre 2014.
«In generale e particolarmente per la situazione della nostra città è da contrastare ogni scelta politica che non persegua tale equilibrio [tra diritto alla casa e diritto ai servizi sociali e culturali] e pertanto va combattuta la politica dell’utilizzo di scuole e altre strutture di carattere culturale per la realizzazione di abitazioni. Le abitazioni devono essere realizzate prioritariamente con il ricupero, risanamento e riqualificazione del patrimonio edilizio abitativo esistente e solo in subordine con la costruzione di nuove abitazioni.
. scuole via flumentepido cagliariLasciata la Scuola Popolare ci siamo recati in via Flumentepido laddove abbiamo visto il complesso scolastico che fino a poco tempo fa ospitava le scuole elementari. Attualmente l’edificio – che non abbiamo potuto visitare, ma che dall’esterno ci è parso in buon stato di conservazione – è occupato abusivamente da alcune famiglie di senzatetto, che saranno presto sgombrate in quanto stanno per iniziare da parte del Comune i lavori per la demolizione dell’esistente e la realizzazione di 32 appartamenti di edilizia sovvenzionata, scelta effettuata dalla precedente Amministrazione comunale e confermata dall’attuale (1). Scelta evidentemente sbagliata in quanto mette in contrapposizione i due diritti, probabilmente sottovalutando totalmente quello sacrificato (il diritto agli spazi di aggregazione socio-culturale) per le quali le strutture esistenti avrebbero necessità di risanamento e adeguamenti a moderni standard rispetto alle funzioni di utilizzo, piuttosto che costruzioni ex novo. Ma, si obietterà: si nega la necessità di nuovi alloggi per i meno abbienti? La risposta è: niente affatto. Anzi, critichiamo i colpevoli ritardi e la dimostrata insensibilità delle Amministrazioni pubbliche verso i ceti popolari, ma le case vanno recuperate innanzitutto nel patrimonio esistente, a partire da quello pubblico (Comune, Area ex Iacp, altri Enti) e in subordine e nella misura necessaria con nuove costruzioni nelle aree di espansione reperite nell’area vasta metropolitana. Al riguardo occorre davvero dotarsi di una strategia politica che sostituisca l’attuale vuoto e la “navigazione a vista” (…)».

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(1) Da CagliariComuneNews.it del 22 agosto 2012. “(…) In via Flumentepido a febbraio la Giunta aveva destinato quasi 5 milioni al recupero dell’ex complesso scolastico, per edilizia a canone sociale. Il progetto preliminare, approvato su proposta dell’assessore Luisa Anna Marras, prevede la demolizione dell’edificio esistente e la costruzione di due stabili di quattro piani da sedici appartamenti ciascuno, per un massimo di 142 residenti (…)”.
(2) Da CagliariComuneNews.it del 22 agosto 2012 “(…) Il progetto presentato alla Regione per via Monsignor Piovella prevede la demolizione dell’edificio della scuola Lussu e la costruzione di tre palazzine di sette piani per un totale di 42 alloggi. Il tentativo è quello di utilizzare 4,3 milioni di euro del bando regionale per interventi di edilizia a “canone sostenibile” (…)”.
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- Documentazione correlata. Relazione generale al piano urbanistico comunale in adeguamento al P.T.P..
- Badas, Milesi, Sanna, Cagliari: la questione delle abitazioni.
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- Derive delle periferie urbane e responsabilità della politica. Antonietta Mazzette.

Questione abitativa a Cagliari e non solo (I).

Problema da troppo tempo neppure affrontato, con pesanti responsabilità del Governo, della Regione Sarda, del Comune di Cagliari, gestiti nel tempo sia dal centro-destra, sia dal centro-sinistra.
La situazione tende ad aggravarsi. È necessario ricuperare alloggi, innanzitutto con l’utilizzo del patrimonio abitativo esistente, da risanare rispetto agli standard abitativi previsti dalla pertinente normativa, ma anche, in misura residuale rispetto al fabbisogno 018d9f35-b417-4833-ad23-234d81c9045a, con la realizzazione di nuove abitazioni. Certo è che occorre restituire gli edifici realizzati per usi culturali (scuole, centri sociali, biblioteche) e attualmente occupati da senza tetto, alla loro funzione originaria, provvedendo a sistemare le famiglie occupanti in dignitose abitazioni. Ovviamente il fabbisogno abitativo è rappresentato solo in minima parte dalle famiglie che occupano attualmente edifici pubblici purtroppo abbandonati e fatiscenti. La gran parte del fabbisogno è infatti rappresentato dalle giovani famiglie, non in grado di sostenere affitti o ratei di mutuo immobiliare eccessivamente onerosi, oggi prevalentemente ospitate dalle famiglie di provenienza in modo del tutto inadeguato o addirittura rinunciatarie rispetto a stabilire autonome convivenze. Torneremo su queste questioni.
Di seguito il servizio di oggi su L’Unione Sarda.

Verso l’Incontro-dibattito sul Lavoro, con Domenico De Masi

Lavorare meno Lavorare meglio Lavorare tutti. locandina-incontro-dibattito-del-5-ottobre-2018_001lavorare-meno-aracne
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Il libro Lavorare meno Lavorare meglio Lavorare tutti è in vendita (16 €) presso la Libreria Il Bastione (Cagliari, piazza Costituzione) e presso la sede della CSS, Confederazione Sindacale Sarda, in via Roma 72 (chiamare per prenotazione 070 666919)

Oggi giovedì 20 settembre 2018

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E bene tagliare 345 parlamentari?
20 Settembre 2018
Andrea Pubusa su Democraziaoggi.
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XX settembre, un po’ di storia

breccia-di-porta-piaLa Breccia di Porta Pia
Il 20 settembre 1870 segnò la fine dello Stato Pontificio quale entità storico-politica e insieme determinò un profondo cambiamento del potere temporale dei papi. L’anno successivo la capitale del Regno d’Italia fu trasferita da Firenze a Roma (legge 3 febbraio 1871, n. 33). La data del XX settembre fino al 1930 è stata festività nazionale, quando fu abolita a seguito della firma dei “Patti Lateranensi” tra l’Italia e la Santa Sede.

XX settembre 1870
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Newsletter

logo76Newsletter n. 110 del 18 settembre 2018

IL TEMPO CHE VIENE

Care amiche ed amici,
[segue]

Verso l’Incontro-dibattito sul Lavoro: i robot distruggeranno posti di lavoro?

3f57c2d2-2ed8-491f-9798-8ae61e17cfd0di Roberto Ciccarelli
il manifesto, EDIZIONE DEL 18.09.2018
PUBBLICATO 17.9.2018, 23:59

Il rapporto «The future of Jobs 2018» del World Economic Forum (Wef), reso noto ieri, rovescia il senso comune apocalittico che accompagna da un quinquennio la cosiddetta «quarta rivoluzione industriale»: l’automazione, la robotica, la rivoluzione digitale non cancelleranno solo posti di lavoro, non creeranno lo scenario angosciante della disoccupazione di massa, aumentando le diseguaglianze senza rimedio. In termini generali è invece annunciata la creazione di 133 milioni di posti di lavoro, poco meno del doppio di quelli che nel frattempo saranno perduti, superati o sostituiti da processi di automazione (75 milioni). Dunque, il saldo netto sarà di 58 milioni.
(Segue)

Verso l’Incontro-dibattito sul Lavoro, con Domenico De Masi

Lavorare meno Lavorare meglio Lavorare tutti. locandina-incontro-dibattito-del-5-ottobre-2018_001lavorare-meno-aracne
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Il libro Lavorare meno Lavorare meglio Lavorare tutti è in vendita da questa sera presso la Libreria Il Bastione (Cagliari, piazza Costituzione) e presso la sede della CSS, Confederazione Sindacale Sarda, in via Roma 72 (chiamare per prenotazione 070 666919)

Oggi mercoledì 19 settembre 2018

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Gramsci e la critica dell’economia politica
19 Settembre 2018

Gianfranco Sabattini su Democraziaoggi.
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#Letture controcorrente
Giulio Sapelli e il superamento del capitalismo
Oggi mercoledì 19 settembre 2018 alle 10:50 su L’Unione Sarda online.

Reddito di Cittadinanza e dintorni: per ora di nuovo solo chiacchiere. Mentre c’è bisogno di lavoro, quanto il pane!

[su fb] I parroci e gli altri titolari delle chiese non hanno i soldi per pagare il personale di sorveglianza, che è indispensabile e non può essere sostituito, se non in certa parte, dai volontari. Occorrerebbe allora creare lavoro, anche utilizzando il Rei (Reddito di Inclusione sociale). I rapporti di lavoro dovrebbero essere gestiti da un’Agenzia pubblica (per esempio l’Aspal per la Sardegna) o dal Comune, con finanziamento comunque governativo ( nel caso in esame integrato da possibili proventi, come ticket d’ingresso). Ovviamente è necessario dare continuità al lavoro dei giovani (e meno giovani) impiegati. Cosa possibile probabilmente solo con una centralizzazione dei contratti.
unionesarda-18-9-18

Reddito di Cittadinanza e dintorni: un dibattito zeppo di imprecisioni

eebb67c5-52fa-43c9-adc8-b7c2edc5b6faIl divano o la panchina? Quella paga garantita può cancellare il lavoro
Questa filosofia cancella la nozione stessa del lavoro, passato o futuro, come fondamento della nostra società
di Pierluigi Battista su Il Corriere della Sera online.
[segue]