Oggi domenica 15 marzo 2020

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Sardegna. Coronavirus, stop a navi e aerei. Viaggiano solo merci e autorizzati: quid juris per i non residenti nell’isola, finita la quarantena?
14 Marzo 2020
A.P. su Democraziaoggi.
Ecco la notizia. Stop al trasporto di passeggeri verso la Sardegna. Il ministero dei Trasporti dopo l’appello del presidente della Regione, Christian Solinas, ha disposto la sospensione dei collegamenti aerei e navali per il trasporto passeggeri da e per la Sardegna. Il decreto firmato dalla ministra Paola De Micheli, già operativo e valido […]
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I due stili strategici di gestione dell’epidemia a confronto
di Roberto Buffagni – 14/03/2020 su AriannaEditrice.it -
[segue]
I due stili strategici di gestione dell’epidemia a confronto

Fonte: L’Italia e il Mondo

Propongo una ipotesi in merito ai diversi stili strategici di gestione dell’epidemia adottati in Europa e altrove. Sottolineo che si tratta di una pura ipotesi, perché per sostanziarla ci vogliono competenze e informazioni statistiche, epidemiologiche, economiche che non possiedo e non si improvvisano. Sono benvenute le critiche e le obiezioni anche radicali.

L’ipotesi è la seguente: lo stile strategico di gestione dell’epidemia rispecchia fedelmente l’etica e il modo di intendere interesse nazionale e priorità politiche degli Stati e, in misura minore, anche delle nazioni e dei popoli. La scelta dello stile strategico di gestione è squisitamente politica.

Gli stili strategici di gestione sono essenzialmente due:

Non si contrasta il contagio, si punta tutto sulla cura dei malati (modello tedesco, britannico, parzialmente francese)
Si contrasta il contagio contenendolo il più possibile con provvedimenti emergenziali di isolamento della popolazione (modello cinese, italiano, sudcoreano).
Chi sceglie il modello 1 fa un calcolo costi/benefici, e sceglie consapevolmente di sacrificare una quota della propria popolazione. Questa quota è più o meno ampia a seconda delle capacità di risposta del servizio sanitario nazionale, in particolare del numero di posti disponibili in terapia intensiva. A quanto riesco a capire, infatti, il Coronavirus presenta le seguenti caratteristiche: alta contagiosità, percentuale limitata di esiti fatali (diretti o per complicanze), ma percentuale relativamente alta (intorno al 10%, mi pare) di malati che abbisognano di cure nei reparti di terapia intensiva. Se così stanno le cose, in caso di contagio massiccio della popolazione – in Germania, ad esempio, Angela Merkel prevede un 60-70% di contagiati – nessun servizio sanitario nazionale sarà in grado di prestare le cure necessarie a tutta la percentuale di malati da ricoverarsi in T.I., una quota dei quali viene così condannata a morte in anticipo. La quota di pre-condannati a morte sarà più o meno ampia a seconda delle capacità del sistema sanitario, della composizione demografica della popolazione (rischiano di più i vecchi), e di altri fattori imprevedibili quali eventuali mutazioni del virus.

La ratio di questa decisione sembra la seguente:

L’adozione del modello 2 (contenimento dell’infezione) ha costi economici devastanti
La quota di popolazione che viene pre-condannata a morte è in larga misura composta di persone anziane e/o già malate, e pertanto la sua scomparsa non soltanto non compromette la funzionalità del sistema economico ma semmai la favorisce, alleviando i costi del sistema pensionistico e dell’assistenza sanitaria e sociale nel medio periodo, per di più innescando un processo economicamente espansivo grazie alle eredità che, come già avvenuto nelle grandi epidemie del passato, accresceranno liquidità e patrimonio di giovani con più alta propensione al consumo e all’investimento rispetto ai loro maggiori.
Soprattutto, la scelta del modello 1 accresce la potenza economico-politica relativa dei paesi che lo adottano rispetto ai loro concorrenti che adottano il modello 2, e devono scontare il danno economico devastante che comporta. Approfittando delle difficoltà dei loro concorrenti 2, le imprese dei paesi 1 potranno rapidamente sostituirsi ad essi, conquistando significative quote di mercato e imponendo loro, nel medio periodo, la propria egemonia economica e politica.
Naturalmente, per l’adozione del modello 1 sono indispensabili due requisiti: un centro direzionale politico statale coerentemente e tradizionalmente orientato su una accezione particolarmente radicale e spietata dell’interesse nazionale (tipici i casi britannico e tedesco); una forte disciplina sociale (ecco perché l’adozione del modello 1 da parte della Francia sarà problematica, e probabilmente si assisterà a una riconversione della scelta strategica verso il modello 2).

L’adozione del modello 1, insomma, corrisponde a uno stile strategico squisitamente bellico. La scelta di sacrificare consapevolmente una parte della popolazione economicamente e politicamente poco utile a vantaggio della potenza che può sviluppare il sistema economico-politico, in soldoni la scelta di liberarsi dalla zavorra per combattere più efficacemente, è infatti una tipica scelta necessitata in tempo di guerra, quando è normale perché indispensabile, ad esempio, privilegiare cure mediche e rifornimenti alimentari dei combattenti su cura e vitto di tutti gli altri, donne, vecchi e bambini compresi, nei soli limiti imposti dalla tenuta del morale della popolazione, che è altrettanto indispensabile sostenere.

Gli Stati che adottano il modello 1, dunque, non agiscono come se i loro concorrenti fossero avversari, ma come se fossero nemici, e come se la competizione economica fosse una vera e propria guerra, che si differenzia dalla guerra guerreggiata per il solo fatto che non scendono in campo gli eserciti. La condotta di questo tipo di guerra, proprio perché è una guerra coperta, sarà particolarmente dura e spietata, perché non vi ha luogo alcuno né il diritto bellico, né l’onore militare che ad esempio vieta il maltrattamento o peggio l’uccisione di prigionieri e civili, l’impiego di armi di distruzione di massa, etc. Per concludere, la scelta del modello 1 privilegia, nella valutazione strategica, la finestra di opportunità immediata (conquistare con un’azione rapida e violenta un vantaggio strategico sul nemico) sulla finestra di opportunità strategica di medio-lungo periodo (rinsaldare la coesione nazionale, diminuire la dipendenza e vulnerabilità della propria economia dalle altrui accrescendo investimenti statali e domanda interna).

***

Alla luce di quanto delineato a proposito degli Stati che adottano il modello 1, è più facile descrivere lo stile etico-politico degli Stati che adottano il modello 2.

Nel caso della Cina, è indubbio che il centro direttivo politico cinese sappia molto bene che la competizione economica è componente decisiva della “guerra ibrida”. Furono anzi proprio due colonnelli dello Stato Maggiore cinese, Liang Qiao e Xiangsui Wang, che negli anni Ottanta elaborarono il testo seminale sulla “guerra asimmetrica”[1]. Credo che il centro direzionale politico cinese abbia scelto, pare con successo, di adottare il modello 2 per tre ragioni di fondo: a) il carattere spiccatamente comunitario della tradizione culturale cinese, nella quale il concetto liberale di individuo e il concetto cristiano di persona hanno rilievo scarso o nullo b) il profondo rispetto per i vecchi e gli antenati, cardine del confucianesimo c) una valutazione strategica di lungo periodo, riassumibile in queste due massime di Sun Tzu, il pensatore che più ispira lo stile strategico cinese: “La vittoria si ottiene quando i superiori e gli inferiori sono animati dallo stesso spirito” e “Una guida coerente permette agli uomini di sviluppare la fiducia che il loro ambiente sia onesto e affidabile, e che valga la pena combattere per esso.” In altri termini, penso che la direzione cinese abbia valutato che il vantaggio strategico di lungo periodo di preservare e anzi rafforzare la coesione sociale e culturale della propria popolazione superasse il costo di breve-medio periodo del danno economico, e della rinuncia a profittare nell’immediato delle difficoltà degli avversari. Perché “le vie che portano a conoscere il successo” sono tre: 1. Sapere quando si può o non si può combattere 2. Sapersi avvalere sia di forze numerose che di forze esigue 3. Saper infondere uguali propositi nei superiori e negli inferiori.”

Nel caso dell’Italia, la scelta – per quanto incerta e mal eseguita – del modello 2 credo dipenda dalle seguenti ragioni. 1) Sul piano culturale, dall’influsso della civiltà italiana ed europea premoderna, infusa com’è di sensibilità precristiana, contadina e mediterranea per la famiglia e la creaturalità, poi parzialmente assorbita dal cattolicesimo controriformato e dal barocco: un influsso di lunghissima durata che continua ad operare nonostante la protestantizzazione della Chiesa cattolica odierna, e nonostante l’egemonia culturale, almeno di superficie, di liberalismo ideologico e liberismo economico 2) Sempre sul piano culturale, dal pacifismo instaurato dopo la sconfitta nella IIGM e perpetuato prima dalle sinistre comuniste e dal mondo cattolico, poi dalle dirigenze liberal-progressiste UE; un pacifismo che genera espressioni buffe come “soldati di pace”, e la negazione metodica della dimensione tragica della storia 3) Sul piano politico, sia dal grave disordine istituzionale, ove i livelli decisionali si sovrappongono e ostacolano reciprocamente, come s’è palesato nel conflitto tra Stato e Regioni all’apertura della crisi epidemiologica; sia dalle preoccupazioni elettorali di tutti i partiti; sia dalla fragile legittimazione dello Stato, antico problema italiano 4) sul piano politico-operativo, dalla sbalorditiva incapacità delle classi dirigenti, nelle quali decenni di selezione alla rovescia e abitudine a scaricare responsabilità, scelte e relative motivazioni sulle spalle dell’Unione Europea hanno indotto una forma mentis che induce sempre a imboccare la linea di minor resistenza: che in questo caso è proprio la scelta di contenere il contagio, perché per scegliere la via del triage bellico di massa (comunque la si giudichi, e io la giudico molto negativamente) ci vuole una notevolissima capacità di decisione politica.

In altre parole, la scelta italiana del modello 2 ha ragioni superficiali e consapevoli nei nostri difetti politici e istituzionali, e ragioni profonde e semiconsapevoli nei pregi della civiltà e della cultura a cui, quasi senza più saperlo, l’Italia continua ad ispirarsi, specie nei momenti difficili: siamo stati senz’altro umani e civili, e forse anche strategicamente lungimiranti, senza sapere bene perché. Però lo siamo stati, e di questo dobbiamo ringraziare i nostri antenati defunti, i Lari[2] il cui culto, sotto diversi nomi, si perde nei secoli e millenni; e che senza saperlo, oggi onoriamo e veneriamo facendo tutto il possibile per curare i nostri padri, madri, nonni, anche se non servono più a niente.

Farebbe sorridere Sun Tzu e forse anche Hegel constatare che i due modelli impongono metodi operativi di implementazione esattamente opposti rispetto allo stile strategico.

L’implementazione del modello 1 (non conteniamo il contagio, sacrifichiamo consapevolmente una quota di popolazione) non richiede alcuna misura di restrizione della libertà: la vita quotidiana prosegue esattamente come prima, tranne che molti si ammalano e una percentuale non esattamente prevedibile ma non trascurabile di essi, non potendo ottenere le cure necessarie per ragioni di capienza del servizio sanitario, muore.

L’implementazione del modello 2 (conteniamo il contagio per salvare tutti i salvabili) richiede invece l’applicazione di misure severissime di restrizione delle libertà personali, e anzi esigerebbe, per essere coerentemente effettuato, il dispiegamento di una vera e propria dittatura, per quanto morbida e temporanea, in modo da garantire l’unità del comando e la protezione della comunità dallo scatenamento delle passioni irrazionali, cioè da se stessa. Operativamente, la direzione esecutiva del modello 2 dovrebbe essere affidata proprio alle forze armate, che possiedono sia le competenze tecniche, sia la struttura rigidamente gerarchica adatte.

Concludo dicendo che sono contento che l’Italia abbia scelto di salvare tutti i salvabili. Lo sta facendo goffamente, e non sa bene perché lo fa: ma lo fa. Stavolta è facile dire: right or wrong, my country.

[1] Liang Qiao e Xiangsui Wang, Guerra senza limiti. L’arte della guerra asimmetrica fra terrorismo e globalizzazione, LEG Edizioni 2011

[2] v. https://www.romanoimpero.com/2018/07/culto-dei-lari.html
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Il Coronavirus avrà conseguenze sulla nostra democrazia [di Nicolò Migheli]
By sardegnasoprattutto / 15 marzo 2020 / Società & Politica

Viviamo dentro un romanzo distopico. La segregazione domestica ci porta a scandagliare il web alla ricerca di risposte che chiariscano il tempo che stiamo vivendo. Si trovano molte analisi sull’impatto che avrà la pandemia sull’economia mondiale e sulla globalizzazione. Poche però sul momento cruciale che la democrazia occidentale sta vivendo e come le misure operate dai governi possano costituire un precedente pericoloso.

Sul sito Arianna Editrice a firma di Roberto Buffagni è comparso un articolo in cui si confrontano le due strategie messe in atto per sconfiggere Covid-19. La prima, quella britannica e in parte tedesca, prevede il non contrasto dell’infezione. Si punta all’effetto gregge, alla possibilità che si crei una immunità di massa. Un modello fatto di analisi costi-benefici sulla reale capacità dei sistemi sanitari di rispondere alla domanda. Prevede una percentuale di individui sacrificabili: malati cronici, anziani, poveri che non potranno accedere alle cure.

Si ha coscienza di trovarsi in uno stato di guerra, salvare l’economia diventa prioritario, alla luce che i conflitti odierni sono ibridi, usano tutte le armi a disposizione. Il sacrificio dei deboli rafforzerà il Paese che si troverà a competere a tutto tondo con gli altri. La loro scomparsa allevierà i sistemi sanitari e pensionistici, riducendo le spese dello Stato. UK in Brexit entro il 31 di dicembre, vuole arrivare a quella data nelle condizioni economiche migliori. Il modello però è osteggiato nel Paese e Boris Johnson ha già corretto il tiro imponendo ai settantenni quattro mesi di quarantena.

Questo approccio prevede che la vita economica e sociale non venga interrotta che tutto funzioni come prima. Il secondo modello di derivazione cinese, applicato in Italia e progressivamente in Francia, Spagna e Israele punta a bloccare il contagio con la segregazione domiciliare delle persone, le attività economiche ridotte al minimo. La conseguenza di questo approccio è una grave crisi economica e un probabile indebolimento in termini di potenza verso chi adotta il primo modello.

Le ragioni di questa differenza- scrive Buffagni- sono essenzialmente culturali, per la Cina il carattere comunitario di quella società, il rispetto degli anziani dato dal confucianesimo. Per l’Italia, il fondo cattolico, per cui ogni vita umana è preziosa, il concetto di guerra espulso dalla cultura del Paese da 80 anni, il valore degli anziani rintracciabile fin dal culto dei Lari romano. Quale dei due modelli funzioni è presto a dirsi data la mutabilità del virus. In Giappone una signora guarita è stata contagiata di nuovo. Parrebbe che non vi sia alcuna sicurezza fino al vaccino.

A parziale contraddizione del primo modello sembrerebbe che la Cina abbia sconfitto il virus, o almeno così racconta la propaganda di Xi, a quali prezzi e quali costi non è dato sapere, visto che i giornalisti Li Zehua, Fang Bin e Chen Qiushi, che raccontavano di Wuhan sono scomparsi. Però soprattutto in alcuni media occidentali e tra i politici si è restati ammirati dalla loro capacità di decisione, di imporre misure fortemente restrittive alla popolazione.

Il fascino discreto del totalitarismo che contagia le èlite occidentali. Stefano Epifani, docente universitario e presidente del Digital Transformation Institute, scrive: “Mi spaventa un po’ la facilità con la quale guardiamo a modelli come quello coreano nella gestione dell’emergenza. Mi spaventa – al di là delle decisioni che verranno prese – la facilità con la quale si è disposti ad immaginare di abdicare alla privacy dei cittadini con strumenti di controllo decisamente invasivi. Perché alcuni diritti si fa presto a perderli, ma passata l’emergenza di turno è difficile recuperarli.”

I coreani fattisi forti dell’esperienza della Sars hanno usato i big data per rintracciare ogni contatto del cittadino trovato positivo al tampone. La Procura Generale di Israele ha accettato la proposta del governo israeliano di usare il Gps dei telefonini dei positivi al Coronavirus per tracciare i loro movimenti risalendo alle persone con cui sono entrate in contatto per metterle in quarantena. La polizia e i servizi segreti si affiancheranno ai medici, infermieri e operatori sanitari nella guerra contro il nemico invisibile.

L’autorità della privacy si è opposta alla disposizione definendola estrema. In Italia i non avvezzi alle cose giuridiche, io per primo, abbiamo scoperto che basta un Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri per avere la vita rivoluzionata. Personalmente, pur nella disorganizzazione e improvvisazione cronica degli italiani, ritengo che in questo caso il governo abbia agito bene. Però si è creato un precedente, anche spostarsi fuori dalla nostra Sardegna con autorizzazione del presidente della Regione, pur giusta, ricade in quella fattispecie.

Nel caso, ad esempio, che lo Stato imponesse per ragioni di sicurezza e interesse nazionale il Deposito Unico delle Scorie Nucleari in Sardegna e che a seguito di ingenti finanziamenti ricevesse il nulla osta regionale, la cittadinanza che volesse protestare potrebbe essere confinata in casa con un semplice DPCM. Un caso estremo, ma non troppo. Ecco perché, finita la buriana occorrerà che non cessi la vigilanza. Corriamo il rischio di perdere il bene più prezioso, la nostra libertà. La Cina è vicina ed è capace di esprimere un softpower che conquista menti e cuori anche di sinceri democratici.
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One Response to Oggi domenica 15 marzo 2020

  1. admin scrive:

    Franco Meloni (Commento su fb del 15 marzo 2020).
    Ritengo che il contributo di Buffagni sia molto utile per il dibattito. Per fortuna fa acqua da molte parti per gli aspetti che si avvicinano al mio modo di pensare, essendo io senza esitazione schierato per lo “stile strategico 2″, quello adottato dall’Italia, coerente nelle motivazioni di fondo alla nostra Costituzione (l’applicazione richiede attenzione perché rimanga entro il dettato costituzionale). Credo e spero che lo “stile strategico 1″ adottato da Johnson (GB) e, con varianti, dalla Merkel (D), venga il più presto abbandonato, come peraltro ha fatto Trump (Usa), non tanto per le convinzioni degli stessi governanti, ma perché (credo e spero) lo imporranno le popolazioni. Perché? Perché le popolazioni sono in misura importante formate da persone anziane, prime vittime delle politiche in attuazione in GB e in Germania. E’ vero che gli anziani ricchi possono credere di non essere toccati e di aver proprie risorse per sfuggire alle conseguenze nefaste della pandemia, ma abbiamo visto che questo virus non fa sconti a nessuno. Le età dei decisori del mondo, vicine o superiori ai 70 anni sono oggettivamente alleati di questa tesi (la n.2). E’ vero che Johnson ha 55 anni, ma la regina Elisabetta ne ha 93! E poi quanto scritto nell’articolo “La quota di popolazione che viene pre-condannata a morte è in larga misura composta di persone anziane e/o già malate, e pertanto la sua scomparsa non soltanto non compromette la funzionalità del sistema economico ma semmai la favorisce, alleviando i costi del sistema pensionistico e dell’assistenza sanitaria e sociale nel medio periodo, per di più innescando un processo economicamente espansivo grazie alle eredità che, come già avvenuto nelle grandi epidemie del passato, accresceranno liquidità e patrimonio di giovani con più alta propensione al consumo e all’investimento rispetto ai loro maggiori” [...] non mi torna affatto, anche quando di parla della GB e della Germania. Mi risulta che moltissimi giovani sia per affetto verso i genitori/nonni, sia per interesse economico preferiscano che gli stessi rimangano in vita, in quanto garantiscono consistenti trasferimenti (a figli/nipoti) di risorse finanziarie dalle pensioni e la garanzia di servizi sociali assicurati da genitori/nonni ad integrazione di quelli pubblici (custodia, accompagnamenti, etc.). Insomma tutto il contrario di quanto detto da Buffagni in questa parte dell’articolo, nel senso che la perdita degli anziani costituirebbe un gravissimo danno all’economia dei paesi. Vero è che occorre cambiare modello di sviluppo e per l’Italia e per tutta l’Europa deve costituire questa un’occasione per farlo mentre la GB insisterebbe su un modello fallimentare, basato su un economia disumana. Sono solo appunti, parziali. Approfondiremo. “https://it.wikipedia.org/wiki/Stati_per_aspettativa_di_vita

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