12 aprile 2020: è Domenica Pasqua di Risurrezione. Auguri!

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—————————Opinioni, Commenti e “Riflessioni, Appuntamenti——————————————–
rocca-7-8-2020- Gli Editoriali di Rocca ripubblicati su aladinpensiero online.
Ne usciremo migliori o peggiori?
di Ritanna Armeni.
CRISI ECONOMICA: ripartenza tra salute e lavoro-
di Roberta Carlini.
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Carbonia. Verso una nuova cultura del lavoro
12 Aprile 2020
Gianna Lai su Democraziaoggi.
buona_pasqa_poesia_gianni_rodari[Democraziaoggi con gli Auguri pasquali!] Si conclude qui il Primo Capitolo della storia di Carbonia, che abbiamo pubblicato con distinti post ogni domenica a partire dal 1° settembre 2019. Benché non riportati a fine ppagina, ciascun articolo è corredato da un apparato di note, che rimandano alle fonti consultate, documenti d’archivio, testimonianze, pubblicazioni, ecc. [...]
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PANDEMIA
il ritorno del Quarto cavaliere
di Pietro Greco, su Rocca.
[segue]
Certo non è e non sarà l’Apocalisse.
Ma per qualcuno la Covid-2019, la pandemia scoppiata lo scorso dicembre (o forse ancor prima) nella provincia cinese dello Hubei, e giunta da noi, in Italia, a febbraio (o forse prima) è il segno, l’ennesimo per la verità, che il Quarto cavaliere sta tornando, con il suo verdastro destriero dispensatore di contagio, malattia e morte.
Eppure mezzo secolo fa sembrava definitivamente scomparso dall’orizzonte dell’umanità, quel cavaliere che Giovanni nell’Apocalisse associa alla pestilenza e al contagio. Non erano ancora iniziati gli anni ’70 dello scorso secolo – era il 1969, per la precisione, quando il surgeon general William H. Stewart, il responsabile scientifico della più grande struttura sanitaria del mondo, il Department of Health degli Stati Uniti d’America, annunciava trionfante davanti al Congresso plaudente che l’uomo stava ormai per «chiudere il capitolo delle malattie infettive». E l’annuncio non era davvero privo di fondamenta. La vita media era vistosamente aumentata in tutto il pianeta. Le morti per malattie infettive erano diminuite drasticamente. Antiche patologie, come la tubercolosi, sembravano eradicate almeno in Occidente. Altre, come il vaiolo, lo erano effettivamente e dappertutto. I medici disponevano di una gamma sempre più ampia ed efficace di antibiotici, antivirali e vaccini. Di fronte a queste armi, batteri e virus, gli agenti infettivi, sembravano in ritirata, se non addirittura in rotta. Negli Stati Uniti i morti annuali per malattie infettive erano passati dai 797 ogni 100.000 abitanti del 1900 ai 36 ogni 100.000 abitanti del 1980. La diminuzione era stata drastica e rapida grazie, anche, agli antibiotici: con i nuovi farmaci efficaci contro i batteri (ma non contro i virus) tra il 1938 e il 1952 le morti per malattie infettive erano diminuite al ritmo velocissimo dell’8% annuo. Lo stesso era successo, qualche anno dopo, in Europa. Cosa avrebbe mai potuto impedire che il Quarto cavaliere fosse sconfitto in tutto il mondo?
La messa a punto di vaccini efficaci nella prevenzione di moltissime malattie virali ha alimentato, non senza fondamento, l’ottimismo.
In realtà, ancora all’inizio degli anni ’90 le tre principali cause di malattia al mondo erano tutte di origine infettiva: polmonite e sindromi respiratorie, dissenteria, malattie perinatali. Il fatto è che il Quarto cavaliere aveva sì, abbandonato i paesi del Primo Mondo, ma scarrozzava (e scarrozza) ancora nel Terzo Mondo. Tuttavia in prospettiva sembrava proprio che molto presto sarebbe stato costretto al ritiro anche dalle zone più povere del pianeta. Tutte le proiezioni dicevano che entro quest’anno, il 2020, le tre principali cause di morte al mondo sarebbero diventate le pato- logie cardiovascolari, le sindromi depressive e gli incidenti stradali.
Oggi sappiamo che le principali cause di morte nel mondo sono, effettivamente, le malattie cardiovascolari, seguite dal cancro e, al terzo posto, dalle malattie infettive. Che non sono state sgominate. Anzi, uccidono ancora ogni anno oltre 7 milioni di persone: sono così responsabili di oltre il 12% delle morti.

l’occhio darwiniano
Qualcosa non stava funzionando nella battaglia contro il Quarto cavaliere dell’Apocalisse. E la comunità scientifica lo ha rilevato subito. Ecco cosa scriveva nel 1988 il premio Nobel per la medicina Joshua Lederberg, guardando alle malattie infettive con l’occhio darwiniano del biologo evoluzionista: «Il progresso delle scienze mediche nel corso dell’ultimo secolo ha oscurato la continua vulnerabilità della specie umana alla infezione su larga scala. Noi siamo incapaci di riconoscere che la nostra relazione con i microbi rappresenta un processo evolutivo ininterrotto, lontano dall’equilibrio, e non possiamo dare per scontati i prossimi esiti evolutivi, non sapendo se risulteranno ottimali secondo la nostra prospettiva o secondo la prospettiva dei nostri parassiti. Abbiamo un ragionevole margine di controllo sugli intrusi di carattere batterico; trascuriamo in modo grossolano i parassiti protozoici che colpiscono principalmente il terzo mondo; siamo in uno stato di pericolosa ignoranza circa la modalità con cui far fronte ai virus».

Parole profetiche. Parole inutili.
Perché SARS-CoV-2 ci ha trovato ancora del tutto impreparati.
Perché? Perché dopo la grande illusione questa drammatica disillusione? Perché dopo aver salutato la sconfitta del Quarto Cavaliere, ce lo ritroviamo di fronte più minaccioso che mai?
Per tre motivi, come da mezzo secolo ci spiegano gli scienziati. Perché i virus e i batteri, gli agenti infettivi, evolvono. Perché l’ambiente evolve. E perché l’uomo stesso evolve, nei suoi stili di vita molto più velocemente che nella sua biologia. È questa triplice evoluzione, anzi è questa coevoluzione, che ci ha precipitato in pochi anni nella quarta fase di transizione del nostro antico rapporto con gli agenti infettivi.
Insomma, tra gli anni ’60 e gli anni ’70 del XX secolo anche la medicina sul campo «scopre» il concetto, biologico e culturale, di evoluzione. Ed è a questa «scoperta» che dobbiamo guardare per cercare di capire le cause remote del rischio associato a quelle che l’Organizzazione mondiale di sanità (Oms) chiamava già venti anni fa le «emerging and reemerging infectious diseases», le malattie infettive emergenti e riemergenti.
Non abbiamo lo spazio per approfondire il discorso sulla «medicina darwiniana». Diciamo solo, in modo rozzo, che quella tra agenti patogeni e uomo è una continua «corsa della Regina Rossa»: tutti si muovono per restare al loro posto. Tutti evolvono per cercare di vincere o, almeno, di non perdere.

transizioni tra uomo e virus
Questa corsa ha avuto inizio molto tempo fa e ha attraversato varie fasi.
Le malattie infettive dell’uomo nascono con l’uomo stesso. Il mondo è pieno di microbi. E l’uomo, come ogni animale e come ogni pianta, è un luogo comodo di riproduzione per virus e batteri. Il nostro Dna porta i segni del reciproco adattamen- to tra organismi superiori e virus. Il nostro organismo pullula di batteri e anche di virus che hanno imparato a vivere in simbiosi con noi. Tuttavia non c’è dubbio che un antico equilibrio coevolutivo si rom- pe quanto le australopitecine scendono dagli alberi e iniziano a camminare erette per foreste e savane. Quei nostri progeni- tori incontrano, per esempio, il batterio del tetano che annida nel terreno e le zan- zare dal volo radente che sono portatrici dell’agente infettivo della malaria. Il ge- nere Homo che nasce 2,5 milioni di anni fa dalle australopitecine soffre per malat- tie sconosciute alle scimmie arboricole. La prima grande transizione nel rapporto tra un nuovo venuto, Homo sapiens (apparso in africa 200.000 anni fa) e i microbi avviene però molto tempo dopo. Circa 10.000 anni fa, quando l’uomo inizia a coltivare la terra e a domesticare gli animali. Vivere in villaggi e città crea problemi di igiene. Vivere in contiguità con quella «centrale di mutazione» dei microbi che sono gli animali (uomo compreso), espone tutti (uomo compreso) a un’alta probabilità di contagio interspecifico. Virus e batteri che vivono e si modificano negli altri animali, vengono a contatto con l’uomo. È il caso di un virus bovino, che nell’uomo provoca il vaiolo. È il caso del virus dell’influenza, ospite dei maiali. È il caso del batterio della tubercolosi. La contiguità tra specie diverse favorisce la mutazione dei microbi. E impedisce, spesso, che venga raggiunto uno stabile equilibrio. Se alcuni microbi «imparano» a convivere «pacificamente» con l’uomo, altri iniziano un percorso coevolutivo molto conflittuale. L’evoluzione delle specie segue strade diverse.
La seconda grande transizione si verifica 2.500 anni fa quando grandi civiltà umane entrano in stretto contatto tra loro. La pe- ste che sconvolge Atene nel V secolo a. C. è nata, probabilmente, tra i roditori delle colline dell’Himalaya. E la peste che sconvolge Roma e la Cina nel II secolo d. C. si è diffusa grazie ai reciproci scambi mercantili.
La terza grande transizione, infine, si verifica a partire dal 1492, quando Cristoforo Colombo sbarca in America coi suoi uomini e le malattie portate dai suoi uomini. Privi di difese immunitarie gli indigeni vengono decimati da patologie sconosciute. Le Americhe perdono in pochi anni il 90% della loro popolazione.

le fonti di nuovi virus
Ora viviamo nel pieno della quarta transizione. Nuove fonti di microbi o fonti di «nuovi» microbi espongono l’uomo a pericoli enormi. È quanto sta succedendo in questa nuova fase dell’antico rapporto, quella che si consuma nella nostra epoca e che rende probabile la diffusione pandemica di microbi virulenti e contagiosi. Una serie di cause ecologiche, ambientali e demografiche concorrono alla quarta transizione. Negli ultimi trent’anni, per esempio, gli epidemiologi hanno ampliato e modificato l’elenco di queste cause che si combinano e si intrecciano tra loro.
La popolazione umana è cresciuta. Ma soprattutto è cresciuta la mobilità. Nell’era della globalizzazione non ci sono più barriere naturali o politiche in grado di arrestare la diffusione dei microbi. Centinaia di milioni di turisti e di profughi per necessità che si spostano per il pianeta contribuiscono a creare una rete fittissima di interconnessione tra ambienti diversi. E, ormai, il tempo necessario a spostarsi da un ambiente all’altro è inferiore a quello di incubazione di un’eventuale infezione. Cresce l’urbanizzazione. Centinaia di milioni di persone si sono spostate dalla campagna alla città. Con stili di vita nuovi e, talvolta, molto pericolosi (si pensi per esempio all’assunzione di droghe per via endovenosa o a costumi sessuali più liberi ma non ancora protetti). Ma anche con stili di vita tradizionali (per esempio l’acquisto di carni di animali macellati al momento) trasferiti da villaggi isolati a metropoli con milioni di abitanti. È la combi- nazione di un’elevata densità demografica, di un recente fenomeno di grande urbanizzazione e la promiscuità dei contadini con animali domestici e da allevamento che rende l’Asia orientale una delle aree del mondo dove «nascono» più frequente- mente nuove malattie.
Cresce, per estremo paradosso, il perico- lo sanitario. Gli ospedali non sono solo luo- go di cura, talvolta sono anche luoghi di contagio. E così le tecnologie mediche quando non vengono usate in modo oppor- tuno (dai trapianti, alle trasfusioni, agli antibiotici, al più banale riutilizzo delle siringhe nei paesi poveri, ai climatizzatori come nel caso della Sars).
Aumentano le pratiche pericolose associate alla liberalizzazione del commercio, alle coltivazioni intensive, alle irrigazioni massive. Lo scambio di merci, di piante, di animali facilita la facile rottura di equilibri ecologici attraverso l’introduzione di specie esotiche negli ecosistemi di tutto il mondo.
Aumenta la pressione sugli ecosistemi (deforestazione, riduzione della biodiversità, eutrofizzazione delle acque). Gli uomini vengono in contatto frequentemente con specie animali e, quindi, con microbi con cui mai erano venuti significativamente in contatto in passato. È questo il caso, per esempio, del virus di Ebola e del virus Hiv dell’Aids.
Cambia il clima, a livello globale e regionale.

consapevolezza e capacità di intervento
Tutte queste cause ed altre ancora, come sosteneva il medico australiano Tony Mc Michael già al tempo della Sars (2002), spiegano perché il Quarto cavaliere sta ritornando sui suoi passi. Tuttavia in questo elenco c’è anche l’assoluta novità che caratterizza la quarta dalle tre precedenti fasi di transizione del rapporto tra uomo e agenti infettivi. Questa volta l’uomo ne è consapevole.
Questa volta l’uomo ne ha una coscienza enorme.
Sappiamo che stiamo dando una brusca accelerazione alla nostra antica e ineliminabile coevoluzione coi microbi. E possiamo porvi rimedio. Come? Agendo su due grandi leve. Aumentando il nostro grado di consapevolezza e le nostre capacità di intervento. Ovvero, incrementando la ricerca scientifica. E cercando di minimizzare l’impatto di tutte le cause di contagio che abbiamo appena citato. In altri termini, aumentando la nostra prudenza ecologica.
Purtroppo questa enorme coscienza non è riuscita a superare i confini della comunità scientifica.
Da almeno quarant’anni Cassandra avverte i concittadini dei pericoli che minacciano Troia. Ma da almeno quarant’anni noi, cittadini della città minacciata, non le diamo ascolto. E puntualmente spalanchiamo le porte al cavallo costruito dall’astuto e invisibile Ulisse

Pietro Greco

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rocca-7-8-2020
Rocca – Cittadella 06081 Assisi
e-mail rocca.abb@cittadella.org
ROCCA 1/15 APRILE 2020

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