Coronavirus. La fase due

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34c04bd0-4e42-4eb8-9d59-b448fc930150di Gianni Pisanu

Siamo a metà aprile e non si sente altro che parlare del dopo 3 maggio, indicando nel 4 maggio il primo giorno della fantomatica fase due. Parlarne (dopo aver pensato) sarebbe anche giusto e comprensibile, magari distinguendo nettamente gli ambiti. Ovviamente il primo è la salute dei cittadini. Ma ci sono tante altre decisioni che passo passo dovranno essere prese per affrontare la difficile situazione.
Ovviamente la salute. Alla domanda di un popolare conduttore televisivo che le chiedeva di indicare la data d’inizio della fase due, una scienziata in collegamento dagli Stati Uniti rispondeva: la fase due potrà iniziare anche domattina, se in Italia, in qualsiasi località qualsiasi persona (anche io che rientrando in Italia mi dovessi trovare nella condizione di infettata) potesse contare sulla disponibilità di posti in strutture ospedaliere Covid-19 (terapia sub-intensiva, terapia intensiva, rianimazione) che siano in grado di far fronte alle esigenze di cura, tenendo conto della perdurante circolazione del virus e dell’eventualità tutt’altro che remota di improvvise impennate di contagi.
Purtroppo dalle notizie che vengono diffuse dai mezzi di comunicazione è difficile farsi un’idea precisa di come viene affrontata la pandemia in Italia, meno ancora in Sardegna. Come mai la mortalità in Italia è almeno quintupla rispetto alla Germania? Terapia intensiva in Italia: 6000 posti, portati a circa 9000 nell’emergenza. In Germania partono con 28.000 posti. Come mai? [segue]
Ci sentiamo dire continuamente che la lotta al virus si vince “nel territorio”. Peccato che il territorio, tranne qualche oasi nel Veneto, Emilia Romagna, Toscana, in parte Umbria e altre piccole realtà, sarebbe meglio definirlo deserto. Nel territorio restano nelle loro case la maggior parte dei contagiati, molto spesso in situazione di promiscuità con i familiari, “monitorati”, si fa per dire, mediante telefono in attesa di miglioramento se arriva. Troppo spesso le condizioni si aggravano e la situazione precipita senza che le persone contagiate vengano sottoposte a test, e senza che vi sia stato un ricovero.
Sempre con grande difficoltà apprendiamo da qualche frammento di servizio televisivo, in canali o trasmissioni non perfettamente allineati, da qualche medico che le cure per essere efficaci devono essere tempestive, ma con la penuria di strutture adeguate e di personale l’accesso ai reparti ospedalieri per le persone colpite dal Virus è una lotteria. Il discorso sullo stato della sanità dopo i tagli è tutto da fare.
Abbiamo appreso da alcuni scienziati che il metodo più efficace per il contenimento dei contagi consiste nella distanza interpersonale, che è diventata di 180 cm., più l’uso delle mascherine per tutti. Le autorità hanno messo in moto una grande operazione di prevenzione contro gli spostamenti ingiustificati. Benissimo, spettacolare. Anche i droni. Ma oltre agli spostamenti alla volta delle seconde case, dovrebbe essere tenuto d’occhio il comportamento all’interno degli esercizi aperti al pubblico, dove comunque i cittadini devono andare per fare la spesa e non sempre trovano quelle situazioni di sicurezza che li mettano al riparo dal contagio. Né tantomeno è stato attivato un sistema per poter garantire a tutti l’acquisto con consegna a domicilio non solo di generi alimentari o della solita pizza, ma di tutto ciò che necessita per evitare le uscite soprattutto alle persone anziane. Attività forse meno spettacolari ma non meno necessarie ed utili dei posti di blocco.
Ancora. Gli scienziati. Alcuni si applicano a sostenere la bontà dell’attività di cura nel territorio, e va bene per non intasare gli ospedali, altri per fortuna, constatando che il territorio spesso può anche essere meglio definito un deserto, auspicano il ricorso ad alberghi o caserme, da subito disponibili per l’isolamento e la cura delle persone contagiate e contagiose. Sembrerebbe l’uovo di Colombo ma per ora da noi niente si muove.
La fase due si diceva. Ma forse sono rimasto indietro, perché penso di ritrovarmi, per essere buono, alla fase uno meno meno.
Gianni Pisanu
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