Oggi venerdì 3 luglio 2020

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—————————Opinioni, Commenti e “Riflessioni, Appuntamenti—————–
La pubblica amministrazione, le parole, la riforma
3 Luglio 2020
Andrea Pubusa su Democraziaoggi
Ormai è diventato un mantra: tutti dicono che vogliono la riforma dell’amministrazione, molti addirittura che non vogliono la burocrazia e che non vogliono le regole. Salvini, ad esempio, dice che vanno abrogate le norme sulle gare d’appalto. Altri vogliono fare tabula rasa qui, altri là, non c’è campo che non sia investito da questa […]
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asvis-oghettoQUESTA SETTIMANA: Le difficili transizioni che la pandemia sta accelerando
Molti comportamenti non ritorneranno al passato. È una buona notizia per lo sviluppo sostenibile, ma alcune categorie rischiano di pagare un prezzo pesante. Per evitarlo occorre una politica capace di guardare avanti. 3/7/20
di Donato Speroni su ASviS.
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La pandemia insegna che le divisioni sono un pericolo per tutti
di António Guterres
03 luglio 2020 su Il Corriere della Sera.
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La pandemia insegna che le divisioni sono un pericolo per tutti
di António Guterres
03 luglio 2020
I leader politici in tutto il mondo devono prestare attenzione a questo campanello d’allarme e unirsi per affrontare le fragilità del mondo, per rafforzare le nostre capacità di governance globale, per rendere più incisive le istituzioni multilaterali, e attingere al potere dell’unità e della solidarietà per superare la più grande sfida dei nostri tempi

Dal COVID-19 alle perturbazioni climatiche, dall’ingiustizia razziale alle crescenti disuguaglianze, siamo un mondo in subbuglio. Allo stesso tempo, siamo una comunità internazionale con una visione duratura – incarnata nella Carta delle Nazioni Unite, che quest’anno segna il suo 75° anniversario. Questa visione di un futuro migliore – basata sui valori dell’uguaglianza, del rispetto reciproco e della cooperazione internazionale – ci ha aiutato a evitare una terza guerra mondiale che avrebbe avuto conseguenze catastrofiche per la vita sul nostro pianeta. La nostra sfida comune è quella di incanalare questo spirito collettivo e di risollevarci da questo momento di difficoltà.

La pandemia ha messo a nudo disuguaglianze gravi e sistemiche sia all’interno dei Paesi che tra le comunità. Più in generale, ha sottolineato le fragilità del mondo – non solo di fronte a un’altra emergenza sanitaria, ma anche alla nostra esitante risposta alla crisi climatica, all’assenza di leggi nel cyberspazio e ai rischi della proliferazione nucleare. Ovunque, le persone stanno perdendo la fiducia nelle istituzioni e nella politica. L’emergenza è aggravata da molte altre profonde crisi umanitarie: conflitti che continuano o addirittura si intensificano; un numero record di persone costrette a fuggire dalle proprie case; sciami di locuste in Africa e in Asia meridionale; siccità incombenti in Africa meridionale e in America centrale; il tutto in un contesto di crescenti tensioni geopolitiche. Di fronte a queste fragilità, i leader mondiali devono essere umili e riconoscere l’importanza vitale dell’unità e della solidarietà.

Nessuno può prevedere cosa verrà dopo, ma vedo due possibili scenari. In primo luogo, la possibilità “ottimistica”. In questo caso, il mondo riuscirebbe a cavarsela. I Paesi del Nord mondiale escogiterebbero una strategia di successo per uscire dalla crisi. I Paesi in via di sviluppo riceverebbero un sostegno sufficiente e le loro caratteristiche demografiche – cioè la loro popolazione giovane – aiuterebbero a contenere l’impatto. E poi forse nell’arco dei prossimi nove mesi potrebbe comparire un vaccino, che verrebbe distribuito come un bene pubblico globale, un “vaccino della gente” disponibile e accessibile a tutti. Se questo accadesse, e se l’economia si avviasse progressivamente, potremmo dirigerci verso una nuova normalità in due o tre anni.
Ma c’è anche un secondo scenario, più cupo, in cui i Paesi non riescono a coordinare le loro azioni. Continuano a verificarsi nuove ondate di virus. La situazione nel mondo in via di sviluppo esplode. Il lavoro sul vaccino è in ritardo – o anche se il vaccino è presente in tempi relativamente brevi – diventa oggetto di una concorrenza feroce e i Paesi con un maggiore potere economico vi accedono per primi, lasciandosi gli altri alle spalle. In un simile scenario, assisteremmo anche a cambiamenti di più ampia portata, verso la frammentazione, il populismo e la xenofobia. Ogni singolo paese potrebbe decidere di andare avanti da solo o di formare cosiddette coalizioni per occuparsi di alcune questioni specifiche. Alla fine, il mondo non riuscirebbe più a mobilitare il tipo di autorità necessaria per affrontare le nostre sfide comuni.
Il risultato potrebbe anche essere una depressione globale che potrebbe durare almeno cinque o sette anni prima dell’emergere di una nuova normalità, la cui natura è impossibile da prevedere. È molto difficile capire se ci stiamo muovendo in una direzione o nell’altra. Dobbiamo lavorare per il meglio e prepararci al peggio. La pandemia, per quanto orribile essa sia, deve essere un campanello d’allarme che spinga tutti i leader politici a comprendere che le nostre convinzioni ed approcci devono cambiare, e che le divisioni sono un pericolo per tutti.
Questa consapevolezza potrebbe spingere le persone a riconoscere che l’unico modo per affrontare le fragilità globali è attraverso meccanismi più robusti di governance globale e cooperazione internazionale. Dopotutto, non possiamo semplicemente tornare indietro al sistema che ha dato origine alla crisi corrente. Dobbiamo ricostruire società ed economie migliori, più sostenibili, inclusive e paritarie. Per fare questo, dobbiamo ripensare il modo in cui le nazioni cooperano. Oggi il multilateralismo manca di ampiezza, ambizione e incisività, e alcuni degli strumenti più efficaci, mostrano poca intraprendenza, come dimostrano le difficoltà in cui si trova il Consiglio di Sicurezza.
Abbiamo bisogno di un multilateralismo interconnesso, in cui le Nazioni Unite e le sue agenzie, la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale, le organizzazioni regionali come l’Unione Africana e l’Unione Europea, le organizzazioni commerciali e tutte le altre lavorino insieme in maniera più collaborativa ed efficace. Abbiamo inoltre bisogno di un multilateralismo più inclusivo. Oggi i governi non sono più gli unici giocatori nell’arena della politica e del potere. La società civile, il mondo dell’imprenditoria, le autorità locali, le città e i governi regionali stanno assumendo un ruolo sempre più centrale nel mondo contemporaneo. Questo, inoltre, condurrà a un multilateralismo più efficace con i meccanismi necessari a far funzionare la governance globale dove ce n’è più bisogno.
Un nuovo multilateralismo, interconnesso, inclusivo ed efficace, basato sui saldi valori della Carta delle Nazioni Unite, potrebbero risvegliarci dal nostro stato di torpore e fermare la discesa verso un pericolo ancora più grande. I leader politici in tutto il mondo devono prestare attenzione a questo campanello d’allarme e unirsi per affrontare le fragilità del mondo, per rafforzare le nostre capacità di governance globale, per rendere più incisive le istituzioni multilaterali, e attingere al potere dell’unità e della solidarietà per superare la più grande sfida dei nostri tempi.
Segretario Generale delle Nazioni Unite
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