Incontri

‘La possibilità di avere un proprio futuro’:la nuova emigrazione in Italia e l’attualità sociopolitica nell’incontro con Luigi Manconi
4/08/2020 Pubblicato in: la riflessione politica.blog/incontri.
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di Daniele Madau

Non potrebbe esistere interlocutore migliore per la rubrica ‘Incontri’, per parlare della stretta attualità sociopolitica in termini di diritti umani, che, così lontana dalle innocenti evasioni estive, ci interpella quotidianamente, del professor Luigi Manconi. Per inverare quanto appena affermato, ecco una sintesi delle sue recenti attività, soprattutto come parlamentare: da senatore, nell’ottobre e dicembre 2017 lancia l’iniziativa di uno sciopero della fame per l’approvazione della legge dello ‘ius soli’. Nel 2018 il presidente del Consiglio dei ministri Gentiloni lo nomina coordinatore dell’UNAR, l’Ufficio per la promozione della parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni, istituito all’interno del Dipartimento per le pari opportunità. Ha promosso l’associazione “Italia-razzismo” ed è presidente di “A buon diritto Onlus”,dedicati ai luoghi e alle procedure di privazione della libertà e al rapporto tra immigrazione straniera e società italiana. Alla sue spalle ha, poi, una lunga carriera di studioso dei fenomeni politici e sociologici.
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Assistiamo a una nuova ondata migratoria, di prevalenza principalmente tunisina, dalle caratteristiche soprattutto economiche: qual è la sua posizione davanti a questo fenomeno, anche in riferimento alle prese di posizioni del premier Conte e del ministro Di Maio?

Indubbiamente il principale fattore che determina il flusso dalla Tunisia è economico-sociale, dal momento che la Tunisia presenta un regime politico tra i più aperti e meno autoritari, uno tra quelli dove maggiore è la vitalità delle regole democratiche. Questo, però, non può rispondere a tutte le domande e i bisogni che quella popolazione evidentemente afferma e avverte come talmente urgenti e ineludibili da determinare il viaggio per mare. In termini generali questa è un’indicazione utile a comprendere come è molto difficile sezionare i flussi migratori e qualificarli in maniera rigida, con etichette specifiche. I flussi migratori sono l’esito sempre di fattori diversi, dove l’uno può essere solo più potente dell’altro risultando, perciò, difficile che sia un unico elemento a determinare quel movimento di esseri umani. Sarebbe, quindi, più giusto parlare di una situzione in cui, nel caso della Tunisia, prevalgono elementi legati a una crisi economica molto dura che, però, non esauriscono gli altri. A partire proprio dalla Tunisia, nel continente africano ci sono tantissimi giovani tra i quali, oltre alla disoccupazione, alla povertà e alla marginalità, gioca un ruolo importante la voglia di libertà, di democrazia, di conoscenza, di esperienza del mondo. Da decenni, chi studia le migrazioni sa che a fuggire sono gli elementi che, all’interno di una situzione di miseria, comunque sono maggiormente privilegiati, cioè coloro che hanno più risorse intellettuali, conoscenza delle lingue, risorse messe da parte: questo costituisce un settore delle migrazioni attivo e vivace, che chiede al proprio progetto migratorio non solo la possibilità di scappare da un presente orribile ma anche la possibilità di avere un futuro apprezzabile.

Recentemente il governo, attraverso un decreto, ha imposto la doppia preferenza di genere nelle prossime elezioni in Puglia: immagino condivida

Com’è noto questi, quale quello relativo alle preferenze, come quello, per altro verso, relativo alle quote rosa, sono meccanismi difensivi, che, in altri termini, possono essere definiti fattori di agevolazione. Sono, cioè, elementi risarcitori: si dà per certo che ci sia una posizione di partenza svantaggiata e dunque si realizzano condizioni che consentano di superare l’handicap iniziale. Senza che, quindi, in questo si possa immaginare risieda la soluzione, sono tuttavia strumenti utili: difensivi ma utili.

Può spiegarci le motivazioni che, recentemente, l’hanno spinta a firmare il documento contro il progetto del ‘Museo del fascismo’?

Ovviamente, in astratto, un museo sul fascismo non è necessariamente da respingere. Le ragioni, però, di questa realizzazione sono da ricercarsi obbligatoriamente nella mozione che proponeva il consiglio comunale di Roma per l’approvazione di questo progetto. Quelle motivazioni erano francamente, per un verso, bizzarre per l’altro verso, sgangherate: voglio ricordare, per capire, che l’intento del museo era, tra l’altro, di, letteralmente, ‘attrarre curiosi e appassionati’, cioè due categorie che non sono definibili sociologicamente ma che sono, per così dire, accumulate insieme alle altre, magari gli studiosi. Il rischio, perciò, è evidentemente che il museo si trasformi in un santuario e reliquiario della nostalgia. Dato che questi sono pericoli reali, compito di chi vuole realizare un progetto del genere è quello di conoscere questi rischi e operare per evitarli, laddove si aveva la sensazione, invece, di una mozione frutto di sottocultura e grossolanità, priva di qualunque prspettiva e pensiero, dove venivano affastellate cose diverse e, per giunta, dette malamente.

Vorrei con lei, ora, entrare nel merito dell’autorizzazione del Senato a procedere contro Salvini, per realti di abuso in atti d’ufficio e sequestro plurimo aggravato

La richiesta a cui doveva rispondere il Senato è una richiesta molto semplice: non è un giudizio nel merito sui comportamenti di Salvini, non spetta questo al Senato e al parlamento . Il Senato, in realtà, ha valutato se siano esistite ragioni sufficienti affinché un menbro del parlamento venisse sottoposto a processo; ancor più precisamente bisognava decidere se la richiesta della magistratura era offuscata o condizionata da una volontà di persecuzione o basata su quei fatti che la magistratura stessa ritiene degni di essere valutati dal punto di vista giudiziario. Detto ciò, a mio avviso, la decisione è stata correttissima.

Abbiamo appena ricordato i quarant’anni della strage di Bologna: le ultime indagini ci indirizzano verso Licio Gelli, indicato come il finanziatore. Lei ha studiato, con posizioni precise e autonome, il fenomeno del terrorismo italiano: qual è la sua posizione attuale?

Seguo la vicenda come ne seguo altre simili, quindi non mi sento di entrare, a fondo, nel merito. Posso dire che, purtroppo, su questa materia così dolente e incandescente si sono giocate, e si giocano, troppe partite. Ultimamente si è cercato di individuare una pista palestinese che, nelle intenzioni di che la gestisce nell’informazione e nella politica, sarebbe destinata a offrire un’altra verità. Io non lo credo, perché mi sembrano più illazioni che indizi, non dico prove, quelle che vengono portate. Certamente, nel corso di quarant’anni, non tutte le indagini hanno rivelato di essere state condotte con la massima serietà e col massimo rigore. A me è capitato, effettivamente, e non me ne pento, di aver sollevato qualche dubbio sulla responsabilità di Giusva Fioravanti e Francesca Mambro: quelle perplessità, rispetto alla loro colpevolezza, nel tempo non sono state, a mio avviso, smentite rispetto alla loro responsabilità. Non penso che quanto adesso è stato detto sulla necessità di levare il segreto di Stato sia decisivo: il segreto di Stato già è stato tolto e, del resto, in termini generali, credo che il segreto di Stato sia un orpello inutile e uno strascico del passato. Va da sè, quindi, che sono favorevole alla conoscenza di tutti gli atti e incondizionatamente favorevole a che, quanto resterebbe coperto dal segreto, qualora vi siano ancora informazioni e documenti coperti da tale segreto, venga alla luce. Non ho, però, quella gran fiducia che molti dichiarano di avere.A quarant’anni di distanza è molto difficile che ci sia qualcosa di inesplorato, qualcosa da scoprire, testimoni inascoltati che adesso potrebbero dire cose determinanti e nuove . Paghiamo il tragico scotto di una fase torva del nostro Stato e delle sue istituzioni e apparati che purtroppo credo che non sia possibile avere un risarcimento in termini di verità. L’unico risarcimento possibile è quell’impegno che ciascuno di noi può prendere a non consentire che quella fase della vita nazionale si ripeta e che lo Stato centrale , gli apparati, le strutture, gli uomini possano ripetere gli errori fatti e, ahi noi, anche i crimini commessi.

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