Oltre gli stereotipi

11f3cda3-db92-4d2c-8dd9-854090fcf1cf59849bf6-91ab-42a1-ace9-5b6bcd458281“De gustibus”, ma con rispetto.
di Carla Maria Casula

Che cosa accomuna le espressioni “Finalmente una bellezza diversa! Basta con i modelli stereotipati!”, “Ha un fascino particolare…”, “Sinceramente a me non piace, ma sono contenta per lei e le auguro tanto successo!”, “I tratti del viso sono fuori dai canoni estetici in voga, ma la modella si fa notare per il carisma e l’incisività dell’immagine!”, “Mi fa piacere che una ragazza, pur non rientrando nei parametri della bellezza classica, possa realizzare il suo sogno!”, “Il volto non rispecchia propriamente l’estetica delle riviste patinate, ma cattura subito l’attenzione.”, “A me piace tantissimo! È magnetica.”, “Può piacere o non piacere, tuttavia fa parte di una strategia di marketing. Tutta pubblicità per la modella e per Gucci!”? Il rispetto. Rispetto nei confronti dei gusti personali di chi esterna la propria opinione e rispetto verso la giovane modella, al centro dell’attenzione mediatica. [segue] Peccato che le espressioni sopra riportate, in quanto paradigma di giudizi moderati ed esposti con educazione sui Social Media, costituiscano una parte esigua della cascata di commenti variegati, oltraggiosi, intolleranti e persino minacciosi, rivolti ad Armine.
Protagonista della vicenda mediatica, che continua ad avere amplissime risonanze persino nelle discussioni familiari, in ambito lavorativo e nei bar, davanti a uno Spritz con ghiaccio, è la giovane indossatrice di origini armene (nata a Jerevan 23 anni fa), scelta da Gucci nel 2019 per rappresentare la Maison. E il “casus belli” è rappresentato dai tratti non convenzionali del viso della modella (inserita dal direttore creativo della celeberrima casa di moda nella classifica delle “100 donne più sexy del mondo”) che apporta una vera e propria frattura rispetto ai prototipi estetici ai quali siamo avvezzi. Ma questa peculiarità, che dovrebbe costituire il punto di forza per Armine Harutyunyan, che proprio nei tratti somatici e nel cognome racchiude l’orgoglio della sua patria, è stata letteralmente strumentalizzata. L’opinione pubblica ha schierato due fazioni, entrambe gonfie di tracotanza, intolleranti e reazionarie, atte a sopprimere la libertà di giudizio altrui. Da una parte, i detrattori estetici dell’indossatrice, che l’hanno insultata (e, ahinoi, continuano a farlo) con commenti ed epiteti tanto volgari e denigratori da raggiungere vette di trivialità inaudita, rendendosi fautori di un becero e vergognoso “body shaming”. Dall’altra, il gruppo coeso delle femministe oltranziste, che difendono la giovane a spada tratta e controbattono con espressioni scurrili, non soltanto verso chi ingiuria la “protetta”, ma anche nei confronti di coloro che, pur non apprezzando la suddetta bellezza rivoluzionaria, esprimono il proprio giudizio con garbo. Le posizioni estremiste sono sempre errate, insidiose e devono essere condannate, poiché allignano in un humus venefico, che tracima dittatura di opinione. E la libertà di opinione, purché si manifesti con l’attenzione volta non ferire la sensibilità del soggetto giudicato, è inalienabile.
Il clamore, irradiato dalla bellezza non convenzionale e rivoluzionaria della modella della Maison Gucci, ha dunque evidenziato un nervo scoperto: la totale assenza di tolleranza e l’incapacità di dialogare in modo sereno e proficuo, il bieco desiderio di imporre, con insopportabile tracotanza e tramite la forza della volgarità, il proprio giudizio, sfacciatamente ritenuto insindacabile. Eppure, un Paese civile dovrebbe distinguersi per flessibilità mentale ed educazione. E se, da un lato non è ammissibile che le paladine della modella ventitreenne impongano il proprio diktat al resto dell’opinione pubblica, brandendo la spada anche contro chi, con toni garbati, dissente dalla pretesa celebrazione di quel canone estetico, dall’altra, è inconcepibile che i biechi detrattori, inetti nell’esprimersi educatamente, non comprendano che una società in continua evoluzione non può rimanere per sempre ancorata alla venustà di ex regine della passerella, quali Claudia Schiffer, Naomi Campbell e Cindy Crawford e che l’estetica, che si declina secondo canoni anticlassici, ha la medesima dignità dei modelli canonici e, anzi, dovrebbe possedere un valore aggiunto, in quanto sinonimo di cambiamento, apertura mentale e concezione poliedrica del concetto di bellezza.
Insomma, l’antica massima latina “De gustibus non est disputandum” e l’altrettanto incisivo proverbio sardo “Chentu concas, chentu berritas” (letteralmente “Cento teste, cento cappelli”, ossia cento opinioni differenti) si rivelano sempre in auge e si distinguono per l’essenza di veridicità che veicolano, travalicando il trascorrere dei secoli.
Certo, opinioni e gusti personali inalienabili, purché espressi con rispetto. Perché il rispetto è l’unico “passe partout” che consente di aprire con legittimità le porte del proprio giudizio.

Carla Maria Casula
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- La foto di Armine è tratta dalla news di agenziasir.

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