Da “Fratelli tutti” un invito a praticare la migliore politica. Ma la risposta è ancora debole. I dilemmi dei cattolici

FRATELLI TUTTI. SORGE E ZAMAGNI
di Tonino Secchi
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Nov 28, 2020 – su politicainsieme.com
E’ difficile non riconoscere, nell’anno 2020, uno speciale “kairos” del Magistero di Papa Francesco che si è snodato dalle silenziose sequenze della Settimana santa, nella piazza San Pietro deserta del lockdown, fino al messaggio papale conclusivo della tre giorni dedicata all’Economia di Francesco.
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In questo lasso di tempo giganteggia la pubblicazione della nuova enciclica Fratelli tutti, firmata dal Papa il 3 ottobre presso la tomba di San Francesco ad Assisi, nello scenario dell’escalation mondiale della pandemia e delle grandi attese suscitate a livello planetario dalle elezioni presidenziali americane. Coincidenze temporali non passate inosservate dai mass media, che non hanno mancato di colorare l’enciclica con sfumature di grigio e con letture approssimative.

L’enciclica sarebbe cupa e pessimista in linea con il suo primo capitolo, “Le ombre di un mondo chiuso”, contraria in economia alla logica di mercato e addirittura alla proprietà privata. E’ capitato a Becchetti smentire queste montature e dimostrare che Papa Francesco non è contrario alla logica di mercato ma soltanto all’ideologia del mercato, cioè a quella visione che vede nel mercato il principe regolatore dell’economia, dimentico però delle reali conseguenze della globalizzazione-liberal: i vincitori e i vinti, i ricchissimi e i poverissimi, gli scartati.

Conviene a noi credenti tornare allora al cuore del messaggio di Omnes Fratres che evocando le virtù teologali si sofferma soprattutto sulla speranza, e sulla parabola evangelica del buon samaritano per svelare il mistero della prossimità e della fraternità. Si possono leggere eloquenti approfondimenti di questo testo che si snoda in 287 brevi riflessioni, racchiuse in otto capitoli.

Io ho scelto le letture di Bartolomeo Sorge e di Stefano Zamagni perché ho trovato in queste il pensiero alto degli intellettuali cattolici e, al tempo stesso, i loro distinguo e forse anche le loro contraddizioni. Mi riferirò principalmente all’intervista che, il 15 ottobre u.s., svolse la politologa Chiara Tintori a Padre Sorge e la lezione tenuta il 28 ottobre da Stefano Zamagni, in streaming, a cinquanta componenti dell’equipe di pastorale sociale della Diocesi di Cagliari.

Padre Sorge è mancato il 2 novembre scorso all’età di 91 anni, lasciando un vuoto incolmabile. Della Fratelli tutti disse che si trattava di una vera e propria summa del pensiero sociale di papa Francesco, volta a completare una trilogia partendo dalla Laudato sì e passando per la Dichiarazione sulla fratellanza umana di Abu Dhabi. Dalla globalizzazione dell’indifferenza – disse – si deve passare alla globalizzazione della fraternità. Ecco perché tutti dovremmo sentirci dei samaritani a cominciare dai politici a cui il Papa si rivolge direttamente, superando il cerchio magico dei politici cattolici e muovendo un attacco inconsueto a populismo e sovranismo.

Qual è il messaggio politico del capitolo V dell’Enciclica? Secondo Sorge, il Papa che aveva parlato della buona politica nella Evangelii Gaudium, ora si spinge più in là ed evoca la “migliore politica”, quella che deve avviare processi nuovi, aprendosi al dialogo e alla collaborazione con tutti, sconfiggendo l’individualismo, vero avversario di questo tempo. Chiara Tintori ha quindi rivolto una domanda conclusiva a padre Sorge: la lettura “politica” dell’Enciclica può rafforzare il clima di fermento che si registra nelle file cattoliche e che vuole dare voce a chi, come credente, guarda con preoccupazione alla crisi della nostra democrazia? Sorge risponde perentorio: il capitolo V di Fratelli tutti non è il viatico per una chiamata dei credenti alla costituzione di un nuovo partito dei cattolici. D’altra parte in Italia tutti vogliono fare il loro partito e infatti se l’è fatto Renzi e ora se lo vuole fare anche Zamagni.

Ho riflettuto molto su questa sequenza conclusiva dell’intervista perché ho avuto l’impressione che padre Sorge abbia, involontariamente, ceduto ai canoni della così detta “democrazia recitativa”, quella, per intenderci, dei talk show e delle battute brevi ad effetto. A Sorge tutto questo non è mai interessato, ma ironizzando sul partito di Renzi e su quello in fieri di Zamagni ha confermato che, anche in area cattolica, non si rinuncia, a volte, a utilizzare semplificazioni e a dimenticare il canone fondamentale del ragionamento politico, quello della complessità.

Come mai nascono proprio ora tanti partiti? Renzi, Calenda, Toti, Gelmini, le sardine… Di fatto sono segni di smottamento delle logiche dei due grandi calderoni di centro-destra e di centro-sinistra che hanno imbalsamato la politica italiana da qualche decennio e che stanno ancora registrando clamorosi colpi di scena, si direbbe di teatro, con l’ultima proposta-idea di Salvini della Federazione della Destra.

Quando uscì l’ultima intervista del cardinale Ruini al Corriere della Sera, Sorge subito disse: Ruini sbaglia, il tempo è cambiato. Non è dato sapere però se Civiltà cattolica e Aggiornamenti sociali, arroccati nell’idea che per ora per i cattolici sia prudente e ragionevole soltanto l’impegno pre-politico, abbiano mai approfondito cosa ne è derivato dalla diaspora dei cattolici, la “dispersione infruttuosa” evocata da Monsignor Gastone Simoni.

Per semplificare: il sistema politico italiano è migliorato dagli anni 90 ad oggi, anche grazie alla diaspora? Per rispondere cedo la parola a un Vescovo, Monsignor Mario Toso, della Diocesi di Faenza-Modigliana, che, con pensiero chiaro e luminoso, va ripetendo da alcuni anni che la crisi della democrazia è sotto gli occhi di tutti e che coinvolge istituzioni, cittadini, società civile e anche la Chiesa.

Stefano Zamagni ha rincarato la dose dichiarando pubblicamente che i cattolici hanno abdicato al loro ruolo a favore di altri e hanno così smesso di fare cultura politica. Nella serata del collegamento tenuto con gli amici sardi, il professore ci ha guidati subito nella comprensione della differenza tra fratellanza e fraternità: la prima nasce dal basso e non è neppure obbligatoria, la seconda nasce dall’alto e si coniuga con l’immagine di un padre e dei suoi figli che sono tutti fratelli. Prima di ascoltare Zamagni avevamo comunque registrato le ultime fake news che davano il Papa ormai convertito all’illuminismo e al motto della Rivoluzione Francese, Liberté, Egalité, Fraternité. Al contrario, Papa Francesco, ricevendo il premio Carlo Magno nel 2016, si era reso consapevole che il linguaggio politico dell’occidente europeo ha perso la parola fratellanza: sogno un’Europa – disse- che sappia soccorrere il povero come un fratello.

Zamagni ci ha guidato a questo riguardo nella grande parabola del buon samaritano, caposaldo evangelico di Fratelli tutti, spiegandoci la differenza tra vicinanza e prossimità quasi attualizzando una nota frase di papa Francesco, “siamo sempre connessi ma non siamo solidali”. Di qui la sorpresa: come mai in questa enciclica troviamo un capitolo (il V) interamente dedicato alla politica? Marie Dominique Chenu, teologo domenicano, protagonista del Concilio Vaticano II, aveva richiamato alla concretezza la testimonianza dei cristiani: “se il Vangelo non si fa politica, cessa di essere Vangelo”. Questa la risposta più sicura alla domanda sul senso del titolo “la migliore politica” del capitolo V dell’enciclica.

Ogni politico deve essere un samaritano, deve saper ascoltare gli ultimi, deve praticare l’amicizia sociale, la mitezza, come la definisce Zamagni, la tenerezza come la vuole Leonardo Boff. Alla chiusura delle giornate di Economia di Francesco il Papa ha sollecitato i giovani ad una riflessione sulla gravità della situazione economica, sociale e ambientale del mondo che ci obbliga tutti ad una nuova cultura, a cambiare con i fatti un modello di vita. Il futuro è imprevedibile – ha concluso – e non ci sono scorciatoie. Non passi invano un così grande dolore tornando alla normalità del passato.

Da questa crisi si può uscire migliori ma anche peggiori e per esorcizzare quest’ultimo rischio bisogna sporcarsi le mani e lavorare tutti uniti al servizio del bene comune. Al termine del contatto con la piccola comunità sarda, Zamagni ha sorpreso tutti citando la nascita del nuovo partito di ispirazione cristiana, Insieme, come esempio di ricerca della buona politica. Alcuni si sono chiesti perché questa brusca intrusione di un discorso politico di parte nella riflessione su Fratelli tutti! E’ la propaganda per il partito di Zamagni, come ironizzava Sorge? Qui si intrecciano le vere questioni dell’arcipelago cattolico, non solo diviso tra cattolici sociali e cattolici della morale ma anche tra cattolici del campanile e cattolici del Vangelo come testimoniava Enzo Bianchi. Forse pochi hanno registrato la conclusione della riflessione di Zamagni nella serata trascorsa in streaming con i sardi: “alla fin fine è una questione di fede”!

Forse aveva ragione Giorgio Campanini quando diceva che ”il cattolicesimo italiano sta diventando intimistico e soffre ormai della stessa malattia che affligge la nostra società: ciascuno si fa gli affari suoi”. Dunque è nato il partito di Zamagni? Si direbbe proprio di no se è vero che il documento politico e programmatico di Insieme contesta proprio il modello del “partito del leader” e che il professore ha evocato una nuova parola nel vocabolario della politica italiana: la gratuità. “Non sarò mai candidato” ha assicurato Zamagni e nell’organigramma del partito si è collocato tra i membri del Collegio dei Probiviri.

Famiglia Cristiana ha lanciato un interrogativo intrigante: c’è bisogno di un nuovo don Sturzo? Eppure Zamagni non è un chierico semmai presiede la Pontificia Accademia delle Scienze Sociali in qualità di intellettuale laico cattolico, professore di economia, esperto di fama internazionale di economia civile. Tra le radici storiche del nuovo partito di centro e non confessionale, oltre Sturzo sono ricordati De Gasperi e Moro, due statisti che hanno avuto serie difficoltà di relazione, il primo con papa Pacelli e il secondo con il Cardinale Siri.

Ho conservato nella memoria un incontro di Aldo Moro con i giovani, della DC bergamasca, a cui raccomandava solo due cose: la laicità dell’impegno politico e i valori di ispirazione cristiana. Oggi l’invito del Papa a sporcarsi le mani significa anche questo: di fronte alla crisi della democrazia e alla dimenticanza dei principi fondamentali della sua Costituzione, è doveroso per i cattolici non stare al balcone ma vestire i panni degli uomini liberi e forti, capaci di metterci al riparo dal “populismo che non fa bene al popolo” (titolo dell’ultimo libro di Bartolomeo Sorge). In conclusione sarebbe auspicabile che nell’area cattolica si superi la dicotomia tra l’opzione pre-politica, quella di Sorge e oggi di Occhetta, suo erede, e quella legittima della costituzione di un nuovo soggetto politico di ispirazione cristiana, approfondita e difesa da Zamagni.

Di fronte al bisogno urgente di una nuova classe dirigente e di una politica che abbia il coraggio di imboccare la strada della generatività e della resilienza trasformazionale, forse le due opzioni possono concorrere insieme a costruire il bene comune in una società smarrita e oggi piegata dall’emergenza della pandemia. Il laicissimo José Saramago, nel momento buio della dittatura in Portogallo, scriveva: “Arriva sempre un momento in cui non c’è altro da fare che rischiare”.

Antonio Secchi

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