Piove a Roma e abbiamo il nuovo governo. Ci aspettavamo un maggiore investimento innovativo. Ma, nonostante tutto, vale la pena sostenere, critici e vigili. E la Sardegna? Per ora al palo. Qualcosa però si muove…

schermata-2021-02-12-alle-22-09-50Con Mario Draghi 23 ministri, 15 uomini e 8 donne.
Sono 4 i ministri per M5S, 3 ciascuno per il Pd, la Lega e Forza Italia, 1 per Leu e Italia Viva, con 8 tecnici. La media dell’età dei ministri è 54 anni. Il giuramento è fissato per le 12.00 di sabato 13 febbraio al Quirinale. Ecco i nomi.

PRESIDENTE DEL CONSIGLIO Mario Draghi

Luigi Di Maio (M5S) agli Esteri

Luciana Lamorgese (tecnica) all’Interno

Marta Cartabia (tecnica) alla Giustizia

Daniele Franco (tecnico) all’Economia

Lorenzo Guerini (Pd) alla Difesa

Giancarlo Giorgetti (Lega) allo Sviluppo economico

Stefano Patuanelli (M5S) all’Agricoltura

Roberto Cingolani (tecnico) alla Transizione ecologica

Dario Franceschini (Pd) alla Cultura

Roberto Speranza (Leu) alla Salute

Enrico Giovannini (tecnico) alle Infrastrutture

Andrea Orlando (Pd) al Lavoro

Patrizio Bianchi (tecnico) all’Istruzione

Cristina Messa (tecnico) all’Università

Federico D’Incà (M5S) ai Rapporti con il Parlamento

Vittorio Colao (tecnico) all’Innovazione tecnologica

Renato Brunetta (Forza Italia) Pubblica amministrazione

Maria Stella Gelmini (Forza Italia) agli Affari regionali

Mara Carfagna (Forza Italia) al Sud

Elena Bonetti (Italia Viva) alle Pari opportunità

Erika Stefani (Lega) alle Disabilità

Fabiana Dadone (M5S) alle Politiche giovanili

Massimo Garavaglia (Lega) al Turismo

Sottosegretario alla presidenza del Consiglio Roberto Garofoli (tecnico).
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ec42ddf7-4654-4be5-9bf6-27da0e32b220
lampadadialadmicromicro1Il nuovo Governo comincia. Un’apertura di credito, nonostante tutto. E la Sardegna? Ancora al palo, ma qualcosa eppur si muove!

Non è esattamente quanto ci aspettavamo. Avremo voluto maggior coraggio, maggiore investimento innovativo, anche nella scelta delle persone. Comunque Draghi e la nuova compagine sono in grado, sulla carta, di traghettare l’Italia verso una normalità democratica, quando si dovrà tornare alla sana dialettica maggioranza/opposizione, passando per un rinnovamento dei partiti e un nuovo sistema elettorale proporzionale, che promuova la partecipazione istituzionale. Auspichiamo questo nuovo quadro, nella transizione che deve essere governata, ancora nella pandemia ma con tutte le risorse già a disposizione (Next Generation Eu – Recovery Fund in primis). Dobbiamo uscire dalla crisi sapendo che dobbiamo superare la pandemia e la sindemia, cioè quel complesso di situazioni sanitarie, ambientali, sociali (disuguaglianze, povertà, disoccupazione, diritti negati…) che ci hanno travolto. Dalla crisi, ci ricorda ogni giorno Papa Francesco possiamo uscire migliori o peggiori. Insieme e con duro lavoro possiamo uscirne migliori. Tutti dobbiamo fare la nostra parte. Noi qui, in Sardegna, che rischia di essere ignorata e non resa partecipe dell’impresa comune. Una cosa è certa: se come sardi non ci facciamo sentire, nessuno ci terrà in considerazione. Noi nell’ambito della comunicazione e in quello politico-sociale-culturale faremo la nostra parte, in collaborazione con tutti coloro che intraprenderanno o hanno già intrapreso questo percorso.
Al riguardo, per una volta, pur sapendo in quale situazione di disagio sociale e anche di disperazione versiamo, lasciateci volgere lo sguardo verso i segnali delle cose che vanno in senso ostinatamente contrario: la ripresa della partecipazione, specie giovanile, l’attività (poco riconosciuta dalle Istituzioni) del terzo settore e del volontariato. In questo contesto vediamo crescere una piccola esperienza lanciata da un gruppo di cattolici sardi, che ora comincia a prendere il largo come iniziativa coinvolgente tante altre persone, “gli uomini e le donne di buona volontà”: il Patto per la Sardegna. Ci ritorneremo.
(Franco Meloni)
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Primi commenti.
Governo Draghi un carro per tutti in attesa di elezioni
13 Febbraio 2021
A.P. su Democraziaoggi.
Cos’è il governo Draghi? Come dev’essere intesa questa corsa a esserci senza paletti e condizioni. Come sembrano interpretarlo i partiti che si sono affrettati ad aderire, senza neanche conoscere il programma? Come è stato inteso l’appello di Mattarella all’unità nazionale?
Non è facile rispondere, ma alla buona e all’ingrosso pare che i partiti e i gruppi lo intendano più o meno così.
Draghi deve fare alcune cose indifferibili (Recovery, lotta pandemia, misure mitigatrici in campo economico e sociale, scuola, sanità ecc.). Se le avesse fatte Conte, se ne sarebbe intestato il merito o il corpo elettorale glielo avrebbe riconosciuto. La sua popolarità è già alta; è pericoloso per tutti (anche per il M5S?) incrementarla. Meglio un governo nel quale il merito è di tutti o di nessuno. Ecco perchè tutti vogliono esserci. E tutti vogliono tutti. E ci sono. Si va da alcune eccellenze ad alcune ragazze di B. fino alla Catarbia, che sembra una collegiale. La ratio delle composizione? Lasciamo da parte la vulgata della competenza, bla, bla, bla (non se ne può più!). Volete la verità? Nessuno ritiene vantaggiosa la partecipazione alle elezioni dall’opposizione. “Il potere logora chi non ce l’ha“, diceva uno che se ne intendeva, e non incrementa i voti. Quindi, lasciamo fare a Draghi alcune cose rognose, senza che nessuno possa trarne esclusivo merito (o demerito) in chiave elettorale, poi tutti in lotta contro tutti. E si vedrà. Anche per i ministri, non è tanto importante che ci siano i miei, l’importante che non ci siano neanche quelli altrui. Oppure – come è stato – par condicio, un po’ di tutto. Nel mezzo c’è l’elezione al Colle, e Draghi ha interesse a essere buono, a non scontentare nessuno. Niente figli e figliastri. Se no, tiro dal muretto a secco e impallinatura, come con Marini o Prodi. Ricordate? Sembrava impossibile, e invece… Draghi, dunque, è avvisato. Stia calmo e buono, se vuole salire al Colle. Ma lui questo ben lo sa e tutto vuole fuorché essere crocifisso. Tutto sommato lassù meglio lui di qualche improbabile uomo o donna del centrodestra, con umori antiCarta, razzisti e nostalgici.
E poi? Poi la partita riprenderà. E il gioco sarà pesante. Gli unici fuori dai radar sono ancora una volta i ceti popolari. A loro ci pensa solo Francesco nelle sue preghiere. Molta fede e buona volontà, ma non fa miracoli.
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Tonino Dessì
13 Febbraio 2021 – 10:06 su Democraziaoggi.

Una “ribollita” di centrodestra.
Che un Governo “di unità nazionale” o “di salute pubblica” o di “emergenza” espresso da questo Parlamento sarebbe stato spostato in senso più moderato rispetto al Governo Conte 2, si poteva darlo per scontato.
Vedere tuttavia così plasticamente incarnato in persone fisiche un Governo che è difficile non definire di centrodestra fa abbastanza impressione.
E parlo tanto della componente politica quanto di quella tecnica.
Come spiegare, se non come assunzione dell’interim implicito del ministero in capo a Draghi, il senso del siluramento di Gualtieri all’economia, per esempio, per sostituirlo con un tecnico dalla lunga carriera svolta fra Ragioneria generale dello Stato e Direzione generale di Bankitalia?
In parallelo, tuttavia, allo sviluppo economico nientemeno che il numero due della Lega, Giorgetti.
E Brunetta alla pubblica amministrazione non inganni: ce lo ricordiamo con lo stesso incarico in una precedente occasione e il giudizio non mi pare fosse dei più positivi, ma soprattutto, come storico, principale riferimento berlusconiano in materia economica, completa abbastanza linearmente il quadro degli equilibri interni che caratterizzano l’Esecutivo.
Colpisce sotto questo profilo anche il fatto che la composizione del Governo sia accentuatamente nordista: è vero, al Mezzogiorno c’è la pur volenterosa, intelligente e napoletana Carfagna, ma non riequilibra per nulla il contesto.
Si, naturalmente per esprimere una valutazione compiuta aspettiamo il programma (Recovery, vaccini, ripartenza, poco altro di più, magari niente di esplicitamente antipopolare).
Certo, niente elezioni anticipate in cui scontare meriti e demeriti di questa legislatura.
Infine si tira avanti senza strappi fino all’elezione del nuovo Capo dello Stato, scongiurando il rischio che possa eleggerselo da solo un centrodestra del quale si pronosticherebbe “allo stato” un largo successo elettorale.
Sai però che entusiasmo.
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GOVERNO DRAGHI: IL SUD E LA SARDEGNA MARGINALIZZATI?
di Benedetto Sechi, su fb.
Si sentono flebili lamenti, giungere da alcune parti della penisola e dell’Isola, sulla mancata presenza di rappresentanti nel nuovo governo Draghi. Tempo al tempo! Un qualche straccio di sottosegretario (dei quali confesso, non ho mai capito la funzione), verrà assegnato a chi sta ai confini dell’impero. Si tratterà. perlopiù di pro consoli, ufficiali di collegamento, utili a tenere i rapporti con le truppe, in attesa di ordini.

In realtà tutto il sud è stato messo un da parte! C’è da spendere soldi e questi si sa vanno dove l’economia tira, e l’economia tira soprattutto nel nord. Dall’unificazione del Regno d’Italia è sempre stato così. Non per ineluttabile destino, o per l’indolenza dei meridionali, ma perché cosi si è voluto formare lo stato italiano. Perciò il pensiero di Cavour, continua ad essere il faro dello stivale.

Troppo ghiotto è il piatto, ed i leghisti, che interpretano al meglio gli umori dell’impresa nordista, non se lo sono fatto ripetere due volte, abiurando alle loro storiche quanto insulse battaglie: rom, immigrati, no tasse, no euro, no Europa, pur di essere della partita.

Al sud una classe politica di secondo livello, non riesce a mettere insieme convenienze comuni e legittimarsi per una svolta davvero radicale, che metta in risalto le sue enormi potenzialità.

E la Sardegna? Mah? Questa è oggi, ancora più marginale, nonostante, o forse a causa, del governo sardo-leghista.
Il PSd’Az, che perfino nel suo statuto prevede il raggiungimento dell’indipendenza, ha delegato la sua rappresentanza nazionale a Salvini, sposando, di fatto il nazionalismo ed il sovranismo italiano, negando cioè la sua stessa ragione per esistere.

E’ parso davvero strano che Draghi incontrasse i rappresentanti delle minoranze linguistiche ed etniche, valdostane e sud-tirolesi, ma non i sardi, che pure numericamente sono ben più numerosi. Ancora più strano il fatto che nessuno glielo abbia chiesto.
Ma il presidente Solinas il problema non se lo è neppure posto, ha lasciato che fosse Salvini, rappresentarci.

Si è, ancora una volta, riconfermato che, per lo stato italiano, la lingua sarda non esiste, e che pertanto i sardi non sono un minoranza etnica.
Lo Statuto di Autonomia, ormai vetusto e che perciò andrebbe radicalmente cambiato, non è, evidentemente, tra le priorità di questo presidente regionale e dei sardisti. Il punto, quindi, sta nella scarsa consapevolezza dei sardi, di avere una loro identità culturale, storica, linguistica e perciò politica, sulla quale basare il patto istituzionale che li lega allo stato italiano, ed aggiungo all’Europa.
Si nega così l’esistenza di una “Questione Meridionale”, e di una “Questione Sarda” di gramsciana memoria. Eppure il reddito pro capite del sud è allarmante, povertà e criminalità organizzata crescono, mentre i nuovi paesi arrivati nella U.E. si sviluppano e ci sorpassano.

Ma in un tempo di grandi trasformazioni economiche e sociali, una forte iniziativa per costruire una “Macro Regione Europea del Mediterraneo”, non sarebbe più che sacrosanta? Potrebbe essere utile non solo al sud Italia, alla Sardegna, ma anche alla stessa Europa.
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Il governo d’emergenza e il sommerso della crisi
di Guido Formigoni
12 Febbraio 2021 by c3dem_admin | su C3dem.
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Corradino Mineo su fb.

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