Oggi lunedì 24 maggio 2021

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——————-Opinioni, Commenti e Riflessioni—————————
La Regione sardoleghista nella rappresentazione del Presidente Solinas
24 Maggio 2021
Tonino Dessì su Democraziaoggi.

L’intervista al Presidente della Regione Solinas, pubblicata su La Nuova Sardegna di sabato, 22 maggio, a me pare rappresenti la quintessenza di quel che è la situazione politica sarda di questa legislatura. L’impressione di una accurata preparazione della “conversazione” col giornalista suggerisce un rapporto particolare fra le due parti, intendendo […]
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In argomento. La Sardegna che vogliamo ricostruire ha bisogno di una classe dirigente di sardi onesti e capaci
Un Editoriale su Aladinpensiero del 9 maggio 2016.
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La qualità delle istituzioni è la qualità delle persone che le costituiscono. Sono pertanto da costruire nuovi adeguati meccanismi di selezione del personale pubblico a livello politico e amministrativo.
di Franco Meloni (editoriale su Aladinews del 23 luglio 2013)

La qualità delle istituzioni pubbliche, intesa come capacità di soddisfare i bisogni espressi o impliciti dei cittadini, è uno dei fondamentali fattori di equilibrio e progresso della società. La qualità dipende essenzialmente dalle persone che costituiscono le diverse organizzazioni e che consentono di perseguire in modo adeguato gli obbiettivi delle loro missioni. Quanto a qualità del personale pubblico, politico e amministrativo, in Sardegna, come pure in Italia, non siamo affatto messi bene e le conseguenze negative si conoscono! In questo intervento mi occupo esclusivamente di personale politico, con qualche considerazione anche sul personale amministrativo di vertice, quello soggetto allo spoils system , che ne consente la sostituzione su basi discrezionali da parte degli amministratori, ad ogni rinnovo elettorale. Dunque, in generale il giudizio sulla qualità dell’attuale classe politica non è positivo e non da ora. Assistiamo infatti da almeno un trentennio a un suo progressivo scadimento; fenomeno che possiamo datare,  con un certa approssimazione, dalla fine degli anni 80, in coincidenza e correlazione con la crisi delle ideologie e dei partiti che ad esse si ispiravano. I partiti fino a quel tempo produttori di programmi e dotati di personale politico qualificato in grado di attuarli, ma anche capaci di catturare una certa parte delle idee formatesi al loro esterno, sono  andati  progressivamente perdendo queste capacità,  riducendosi sempre più a “macchine elettorali”, con  personale politico nominato dalle segreterie centrali (la legge porcellum costituisce al riguardo un esempio eclatante) e in prevalenza sulla base di lealtà verso i capi dei quali garantire la permanenza al potere. Il berlusconismo costituisce una chiara esemplificazione di quanto affermato, anche se non esaurisce il fenomeno nella sua totalità. Nel richiamato passato invece la selezione della classe politica avveniva, nella generalità dei casi, in modo rigoroso, con metodi abbastanza comuni a tutti i partiti quantunque portatori di diverse ideologie e rappresentanti di diversi interessi. Limitando l’esempio ai grandi partiti di massa:  la Democrazia Cristiana selezionava i propri rappresentanti attraverso l’Azione Cattolica, le Acli, la cooperazione e il sindacalismo cattolico, così come il Partito Comunista e  il Partito Socialista selezionavano fondamentalmente attraverso i sindacati, l’associazionismo e la cooperazione di sinistra. Un ruolo importante nella formazione dei dirigenti e rappresentanti nelle istituzioni lo avevano poi le scuole di partito. In generale il cursus honorum, cioè la carriera del politico, veniva costruita nel passaggio dalle istituzioni minori a quelle di maggior livello: dal ricoprire le cariche di consigliere o assessore comunale o provinciale a quelle di consigliere o assessore regionale, fino agli incarichi parlamentari e di governo. Chi arrivava alle alte sfere era dunque ben rodato; poteva certo capitare qualche smagliatura, cioè che passasse una ridotta percentuale di inidonei al ruolo ricoperto. Oggi le proporzioni si sono decisamente rovesciate.  Tutto questo lo paghiamo – e molto caro – rispetto alla qualità della gestione pubblica, costituendo la concausa della decadenza del paese. La descrizione fatta è  schematica e non dà conto di consistenti eccezioni, ma corrisponde sostanzialmente alla situazione attuale. A questo punto se non vogliamo cadere nel baratro dobbiamo necessariamente invertire la rotta. E come? Innanzitutto modificando le leggi elettorali, come il vituperato porcellum, che va abolito, aprendole alla partecipazione e consentendo un’effettiva scelta da parte dei cittadini dei propri rappresentanti. A mio parere occorre riconsiderare positivamente i sistemi proporzionali, che consentono una maggiore rappresentanza dei cittadini e, tutto sommato,  un più alto tasso di governabilità. Al riguardo la recente legge elettorale sarda è un pessimo esempio, in quanto restringe le opportunità democratiche.

Poi occorre ripristinare la democrazia nei partiti, modificandone la forma attuale,  sperimentando inedite configurazioni, che solo i giovani possono assicurare, nella misura in cui sia consentito loro di avere ruoli dirigenti negli stessi partiti, auspicando alleanze generazionali ed equilibri di genere. Quest’ultima circostanza comporta un percorso più lungo e difficile, che tuttavia è possibile praticare da subito. Una parte consistente del rinnovamento passa attraverso l’adozione di adeguati meccanismi di scelta dei rappresentanti nelle istituzioni. Al riguardo ciò che maggiormente  può garantire la qualità della classe politica è la possibilità effettiva di esercitare sulla stessa il controllo popolare, in attuazione di principi di trasparenza e partecipazione e con l’utilizzo degli strumenti della democrazia digitale, opportunamente facilitati e generalizzati. Ecco perchè i candidati agli incarichi istituzionali devono essere espressi attraverso  serie consultazioni che trovano esplicitazione, non esclusiva, nelle cosidette primarie. Consultazioni aperte e pubbliche  quindi per tutte le cariche e per tutti i livelli. Ma non basta: occorrono modalità precise e condivise per raccogliere le candidature e per far conoscere i programmi delle formazioni politiche, dando dimostrazione della adeguatezza dei diversi candidati a ricoprire gli incarichi pubblici. Queste azioni  vanno sostenute con il concorso della spesa pubblica, e non sono in alcun modo ascrivibili allo spreco, in quanto contribuiscono ad allargare gli spazi della democrazia.

Calandomi nel concreto, con riferimento alle istituzioni del nostro territorio, regione in primis, per quanto riguarda gli alti incarichi, da assessore a dirigente soggetto allo spoils system, occorre verificare e discutere pubblicamente  i curriculum dei candidati, valutando le esperienze effettuate e il loro potenziale innovativo. Che fare allora? Una proposta interessante potrebbe essere quella di prevedere obbligatoriamente (meglio se per legge o regolamento) e comunque da subito, che ciascun candidato a posto di alta responsabilità venga preventivamente sottoposto a valutazione da parte di un’apposita competente commissione, la quale discuta con il medesimo candidato la sua esperienza e  con lui si confronti sull’adeguatezza delle qualità tecniche, professionali e relazionali rispetto all’incarico da ricoprire. Le sedute di tali audizioni dovrebbero essere pubbliche e rese accessibili ai cittadini attraverso la televisione e i siti internet istituzionali.  Negli Stati Uniti tale procedura è prevista per gli alti incarichi conferiti dal Presidente, che diventano efficaci solo dopo il nulla osta dell’apposita commissione senatoriale. E’ un modello che ha funzionato e funziona. Il Presidente può proporre per alti incarichi pubblici chi vuole, anche suo fratello, ma lo deve sottoporre ad un severo vaglio pubblico, con le modalità accennate. Se la commissione non si convince della bontà della proposta, la stessa viene accantonata con la bocciatura del candidato. Una siffatta procedura applicata, mutatis mutandis, alla casistica italiana farebbe rinunciare molti candidati nel giro di pochi minuti dal colloquio valutativo. Altri invece passerebbero a testa alta, con beneficio della res publica.

Su questi argomenti il dibattito è aperto, ma non si possono ritardare decisioni che devono far prevalere comportamenti virtuosi. Le forze politiche sarde, anche come esercizio di sovranismo, si muovano per quanto sanno fare in questa direzione, assumendo le migliori pratiche in vigore nell’ambito europeo ed internazionale. Tutto ciò costituisce un terreno di confronto non secondario anche nella costruzione dei programmi elettorali sardo ed europeo, che devono contemplare le modalità di gestione virtuosa della cosa pubblica. Anche in questo caso dobbiamo superare un certo provincialismo nella ricerca del meglio, ed è pertinente il richiamo al concetto: la Sardegna e l’Europa si salvano insieme.

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One Response to Oggi lunedì 24 maggio 2021

  1. Aladin scrive:

    Gianfranco Fancello su fb del 14 maggio 2021. “ Che pena …

    Faccio fatica a definire in modo diverso quanto avvenuto ieri sera in Consiglio Regionale: urla, spintoni, minacce, occhiali che volano e cadute evitate d’un soffio. Un campionario di comportamenti che non ci aspetteremmo di trovare neanche nelle più sperdute betole malfamate di periferia, figuriamoci nella sede più rappresentativa e di alto grado della Sardegna.
    Eppure siamo qui a provare sincera pena per l’impalpabile spessore istituzionale e per la rilevante inconsistenza morale dei protagonisti di questa indegna gazzarra ed a sentire, ahimè, altrettanta intima pena per noi stessi, cittadini sardi, che da questi signori siamo rappresentati e governati.
    Ma se di fronte a questo triste spettacolo la domanda spontanea è “Perché?”, la sua naturale risposta non può che essere “Ma perché no?”.
    Anni di “vaffanculo” urlato ai palazzi di governo ed alle istituzioni, di Bunga Bunga e di cene eleganti, di rottamazione e di atteggiamenti da bullo di strada, fra l’altro accompagnati da valanghe di consenso elettorale, cosa volete che abbiano prodotto negli anni? Esattamente questo, un abbassamento spaventoso del livello morale ed istituzionale della politica e dei suoi rappresentanti, i quali, proprio perché cresciuti (ammesso che siano cresciuti) fra “Vaffanculo”, Bunga Bunga e bulli di strada, sono semplicemente convinti che questa sia, oggi, la normalità della politica e questi siano naturali confronti dialettici: quindi i toni accesi, gli scontri e le urla sono comparsi non per “semplice” maleducazione o perché qualcuno per un attimo ha perso le staffe, ma semplicemente perché per molti questo è unico modo che conoscono per far valere le proprie ragioni. E da qui all’arroganza ed al senso di onnipotenza che spesso leggiamo negli occhi di chi occupa ruoli e posizioni istituzionali, il passo è veramente breve.
    In realtà la vera domanda che prima o poi dobbiamo realmente porci è quella che riguarda la selezione della classe politica e dirigente di questo paese: senza arrivare a rimpiangere le scuole dei partiti della prima repubblica, dove DC e PCI formavano con metodo i propri quadri politici, è assolutamente necessario modificare il processo di scelta dei rappresentanti politici e delle istituzioni e renderlo differente da quello attuale. Non può essere il solo consenso, o peggio il solo numero di voti presi durante una elezione (per se o per il proprio sodale) o il numero di tessere fatte in vista di un congresso, l’unico meccanismo di selezione della politica: il successo elettorale spesso percorre sentieri oscuri per cui non può essere questo l’unico elemento di valutazione. Vanno assolutamente rimessi al centro elementi quali la competenza, il rigore, la profondità di analisi, lo spessore culturale. Non parlo ovviamente di titoli di studio, ma della capacità di capire realmente, fino in fondo, il proprio compito e quello della politica, dell’attitudine a disegnare visioni, a costruire progettualità, a guardare oltre il proprio naso secondo una prospettiva ampia e condivisa.
    Ma soprattutto va rimesso al centro il senso delle istituzioni, il senso della cosa pubblica e soprattutto il senso del ruolo che in quel momento si sta occupando, che va sempre onorato. Un politico, non dimentichiamolo, è un rappresentante del popolo, uno che dal popolo è delegato a rappresentarlo: questa delega deve essere sempre vissuta con responsabilità e con onore, con la certezza che poi si verrà giudicati, se non elettoralmente almeno moralmente.
    Cerchiamo di ricordarcene alle prossime elezioni”.

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