Renato Soru parlamentare europeo della Sardegna

di Franco Meloni
Con una certa ingenuità, parlando con degli amici che la sanno lunga di politica e particolarmente di tattiche politiche, avevo avanzato l’ipotesi di candidatura di Renato Soru a rappresentante sardo nel Parlamento Europeo (facendone anche oggetto di un intervento su questa news, che qui sostanzialmente ripropongo). L’idea aveva riscosso tiepida accoglienza da parte dei miei interlocutori, i quali, in prevalenza, l’avevano considerata una trovata elegante per “giubilare” Soru, togliendolo di mezzo rispetto a ben altri più importanti incarichi pubblici, tra i quali la presidenza della regione. Così non era (e non è), almeno nelle mie intenzioni. Oggi, avendo lo stesso Soru escluso la sua partecipazione alle primarie del centro sinistra per la candidatura a detto incarico, mi permetto di insistere sulla proposta. Il mio intento è anche quello di utilizzare la candidatura europea di Soru per rompere il silenzio sull’Europa e contrastarne la persistente sottovalutazione, specie in relazione alle implicazioni delle politiche europee per la Sardegna. Personalmente, in sintonia con tanti altri, credo che la Sardegna si salvi solo dentro una prospettiva europea, chiaramente di una Europa diversa da quella attuale e che l’Europa sarebbe comunque valorizzata da una forte presenza autonoma della Sardegna. Per questo occorre costruire una coerente politica europeista (in Italia e in Sardegna), a partire dal cambiamento della legge per l’elezione dei rappresentanti italiani nel parlamento europeo, al fine di superare l’attuale vergognosa esclusione della rappresentanza sarda. Su questa questione è ormai da parecchi anni che registriamo l’impegno di tutte le forze politiche, ma finora senza alcun esito, ultime in ordine di tempo le proposte avanzate da Roberto Cotti (Movimento 5 stelle) e da Roberto Capelli (Centro democratico), che allo stato non ci sembra abbiano avuto particolare attenzione e seguito. Ed è su questa questione che siamo impegnati come Aladinews insieme ad altre testate dell’editoria on line e a esponenti del mondo culturale sardo. Non occorre soffermarsi, ma giova ripetercelo, come le risorse più importanti per risollevare l’economia della Sardegna verranno proprio dai fondi europei (in particolare fondi strutturali della programmazione 2014-2020), che, evidentemente, devono essere spesi e spesi bene, in controtendenza rispetto a quanto finora avvenuto. Abbiamo dunque necessità di una forte, autorevole, presenza della Sardegna a Bruxelles. E l’efficacia di una presenza non è certo solo un fatto formale. E’ questione di persone. Scusatemi qui una digressione riflettendo sul passato: il posto di presidente della Democrazia Cristiana ha sempre contato bel poco sul piano del potere in quel partito e fuori dallo stesso; eppure quando quel ruolo fu coperto da Aldo Moro, venne giustamente considerato come il centro del potere politico italiano, tanto è che le sciagurate Brigate rosse lo assunsero come il cuore del sistema borghese, da abbattere, con tutto quello che seguì all’assassinio dell’uomo politico in quel momento davvero più importante del paese. Ma è un’altra storia. Qui voglio solo dire che Renato Soru rappresenterebbe davvero un riferimento europeo per la Sardegna, ovviamente in un’ipotesi di un nuovo decente governo di centro sinistra della Regione, ma anche considerando il maggior peso politico che dovrebbe assumere il futuro parlamento europeo (esito delle elezioni politiche tedesche permettendo). Almeno così l’ho pensata avanzando la proposta di “Renato Soru parlamentare europeo della Sardegna”, che mi sento di ribadire con la stessa convinzione e determinazione.

2 Responses to Renato Soru parlamentare europeo della Sardegna

  1. admin scrive:

    COMMENTI PRELEVATI DA FB

    Vanni Tola. Sostanzialmente daccordo anche se ritengo che una candidatura, sia pure di per sè autorevole, debba essere costruita intorno ad un programma che delinei una ipotesi complessiva di sviluppo ben definita, chiara, facilmente condivisibile e realizzabile. Non trascurerei neppure una certa attenzione alla composizione di una squadra adeguata con personalità di provata ed indiscussa competenza.

    Franco Meloni. Concordo sulle “condizioni” precisate da Vanni. Sia ben chiaro non ho fatto il nome di Soru in relazione alla sua appartenenza Pd (di cui nulla m’importa) ma in quanto è dotato di una forte personalità che “a schiena dritta” ben rappresenterebbe le istanze della Sardegna. Togliendo agli attuali burocrati regionali la rappresentanza della Sardegna, di fatto esercitata rispetto ai vari uffici di Bruxelles. Restituendo cioè alla politica il ruolo dovutole. Ovviamente questa funzione va svolta attraverso un team qualificato con costanti contatti con i diversi portatori di interessi sardi (pensiamo solo al campo agricolo, avendo in mente le cose che tu Vanni conosci bene e quanto sostiene spesso l’amico Giuseppe Pulina). Queste condizioni forse allo stato non ci sono, ma si possono costruire. Parliamone senza infingimenti, a noi, per fortuna è concesso da uomini liberi!

    Gesuino Muledda. lo ho propsto quando c’era la battaglia per la prima candidatura. Ragionavo che se l’83% delle decisioni che ci riguardano si assumono nelle istituzioni comunitarie bisogna pure avere una rappresentanza adeguata. Io inoltre contavo nella adesione al gruppo dell ‘A.L.E. che unisce i rappresentanti dei popoli senza stato. Ne sarebbe potuto diventare il leader. E’ ancora possibile e auspicabile.

  2. admin scrive:

    Da La Nuova Sardegna, MARTEDÌ, 23 LUGLIO 2013,
    SORU, LA SFIDA DI UNA “IDEA” DI SARDEGNA

    DOPO LA RINUNCIA Un’esperienza forse irripetibile si è chiusa: coniugava l’orgoglio dell’isola e la modernità

    di LUCIANO MARROCU Dove andranno i voti di Renato Soru dopo la sua rinuncia a concorrere alle primarie del centro sinistra? Se lo chiedono prima di tutto i candidati rimasti in lizza, ed è possibile che qualcuno tra loro l’appoggio dell’ex presidente della Regione lo riceva. Quanto ai cosiddetti “soriani” – uso il termine solo per comodità –, una qualche conoscenza di quell’area politica mi fa pensare che ben difficilmente si schiererà con compattezza per questo o quel candidato. Né mi pare che la matrice originaria dei “soriani” li predisponga ad accettare in blocco le eventuali indicazioni in proposito del leader. In questo momento, il principale impegno dei sostenitori di Soru consisterà – io credo – nella elaborazione del significato di una svolta che già oggi porta un radicale cambiamento nel contesto del loro impegno politico. È molto probabile infatti che la rinuncia alle primarie costituisca per Soru un nuovo inizio, all’insegna di una sorta di normalizzazione della sua presenza all’interno del Pd, una presenza caratterizzata a questo punto da una piena e convinta accettazione delle norme (non solo le norme scritte ma anche quelle non scritte) che regolano la vita interna del partito, soprattutto i rapporti tra i suoi dirigenti. Non era cominciato così l’impegno politico di Soru. Era cominciato dando vita a un movimento, “Progetto Sardegna”, in cui aveva raccolto i suoi personali sostenitori, ma sostenitori anche di un programma di radicale rinnovamento del modo di far politica. Tornano alla mente i tratti originari di quel movimento: il programma che accompagnò Soru nella conquista della presidenza della Regione nel 2004, costruito attraverso decine di riunioni a cui davano il loro contributo, insieme agli attivisti, un folto gruppo di esperti politicamente indipendenti; le liste di “Progetto Sardegna”, in quelle stesse elezioni regionali, estranee a ogni logica di spartizione tra correnti e gruppi di interesse e proprio per questo capaci di prefigurare un profondo rinnovamento del ceto politico sardo. Per Soru (e con lui per “Progetto Sardegna”) il centrosinistra fu l’approdo naturale, sia da un punto di vista politico e programmatico, sia perché il centrosinistra rappresentava l’area elettorale in cui il percorso di Soru e del suo movimento poteva trovare una migliore comprensione. Ciò non toglie che, prima di arrivare al pieno accordo che segnò la fase decisiva della campagna elettorale, vi fossero discussioni e financo momenti di tensione. Il punto di equilibrio fu trovato nel fatto che Soru non ammorbidì in nulla la novità rappresentata dal suo stile e dal suo programma, rimanendo però chiaro il fatto che tutta quell’esperienza si iscriveva nella cultura e nella tradizione politica del centrosinistra. Poi, nel novembre del 2007 venne l’adesione di Soru al Pd. Fu il punto d’arrivo del percorso di un uomo politico su cui gravava la responsabilità della presidenza della Regione. Cionondimeno, lo scioglimento di “Progetto Sardegna”, che accompagnò l’adesione di Soru al Pd, lasciò in alcuni un retrogusto amaro e la sensazione che la novità dell’esperienza di cui il presidente era il punto di riferimento perdesse qualcosa della sua forza innovativa. Quella di Soru di sciogliere “Progetto Sardegna” fu probabilmente, allora, una decisione ineludibile. Come probabilmente è stata oggi una scelta costruttiva quella di rinunciare a tentare di arrivare una seconda volta al governo della Regione. Rimane la sensazione, però, che una esperienza sia finita. Una esperienza forse irripetibile, capace come è stata di nutrire la speranza di una Sardegna padrona di se stessa e insieme orgogliosa della sua modernità.

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