Che succede nel/al Pianeta?

cost-terra-logoCostituente Terra Newsletter n. 100 del 9 novembre 2022

LESSICO FAMILIARE

Cari Amici,
dice il Vangelo: “in quella notte, due si troveranno nello stesso letto: l’uno verrà portato via e l’altro lasciato; due donne staranno nello stesso luogo: l’una verrà portata via e l’altra lasciata”. Così fa il governo che dice di essere umanitario con quelli che prende, di usare la fermezza con gli altri. Solo che il Vangelo lo dice riguardo alla fine del mondo, il governo lo dice riguardo alla fine che vuol far fare ai naufraghi che salvati dal mare arrivano ai nostri porti. Non capisce che queste – le selezioni, gli scarti, i raduni permessi e vietati, le serate negate ai giovani che non sono in regola con Iva, Siae, Irpef e Tari – sono politiche della fine, ma anche della fine di un governo ragionevole. E quanto alla fermezza contro i migranti, è una parola che nel nostro lessico evoca quella di un altro governo che per la fermezza (non si tratta con le BR) mandò a morte l’on. Aldo Moro, o quella dell’irredento Zelensky che per fermezza non tratta con Putin e manda a morte l’Ucraina.
Nel sito pubblichiamo un articolo di Riccardo Petrella sulla “guerra infinita”.
Cordiali saluti,

www.costituenteterra.it
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Informazioni
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Dal 6 al 18 novembre si terrà la 27a Conferenza delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (COP 27) durante la quale i cattolici avranno una nuova opportunità di occuparci della cura del creato e raggiungere un accordo per il mondo.
Ma cos’è la COP27? qual è la sua storia? E perché è così importante?
L’acronimo COP sta per Conferenza delle Parti. Le “parti” sono i firmatari della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC), un trattato del 1994, composto da 197 parti (196 paesi e Unione Europea). Un anno dopo, nel marzo 1995, si tenne la prima COP a Berlino, in Germania.
La conferenza del 2022 sarà il 27° incontro delle Parti. Quest’anno si tiene nel continente africano, più precisamente nella città di Sharm El-Sheikh in Egitto.
Le Conferenze delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici sono tra gli incontri internazionali più importanti al mondo. I negoziati tra i governi sono complessi e coinvolgono funzionari di tutti i paesi, nonché rappresentanti della società civile e dei media.
Cosa accadrà in Egitto?
Ora è necessario e urgente agire immediatamente per la cura del creato e alzare la voce per attuare un’azione immediata.
Dopo la COP26 di Glasgow e i suoi “accordi insufficienti”, quest’anno stiamo cercando di accelerare l’azione verso gli obiettivi dell’Accordo di Parigi e della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici.
Una delegazione del Movimento Laudato Si’ sarà presente a Sharm el Sheikh sostenendo in particolare gli sforzi dei suoi membri e partner, concentrandosi su NDC (Nationally Determined Contributions) e mitigandoli. Inoltre presenteranno il film La Lettera per far conoscere l’enciclica Laudato Si’ e gli sforzi dei cattolici per prendersi cura della nostra casa comune.
La nostra casa comune e la nostra famiglia comune stanno soffrendo. L’emergenza climatica sta causando l’innalzamento dei mari, un pianeta più caldo e un clima più estremo.
Sta devastando la vita dei nostri fratelli e delle nostre sorelle più poveri. Allo stesso tempo, i biologi stimano che stiamo portando le specie all’estinzione a un ritmo compreso tra 100 e le 1.000 volte superiore al normale. “Non ne abbiamo il diritto” (LS 33).
Questo novembre, i paesi annunceranno i loro piani per raggiungere gli obiettivi dell’accordo di Parigi.
Considerando i vari rischi derivati ​​dalla crisi climatica, l’obiettivo di questa conferenza è che i paesi presentino obiettivi forti di riduzione delle emissioni per il 2030 (NDC) e mantengano l’aumento della temperatura a 1,5 gradi per raggiungere lo zero entro la metà del secolo .
È nostra responsabilità come cattolici alzare la voce dei più vulnerabili e difenderli. È necessario e urgente lavorare insieme per raggiungere questi obiettivi e trasformare le ambizioni in azioni, accelerando la collaborazione tra governi, imprese e società civile. Ecco perché come cattolici dobbiamo alzare la voce per prenderci cura della nostra casa comune.
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COP27: combattere i ricchi per salvare il pianeta

09.11.22 – Marco Bersani – Attac Italia – su Pressenza.

“We won’t pay your greed” (“Non pagheremo per la vostra avidità”)
Privatizzare i profitti e socializzare gli oneri è sempre stata la regola base del modello capitalistico, che nelle fasi di prosperità decanta il merito dell’iniziativa privata dei pochi e nelle fasi di crisi distribuisce colpe e sacrifici sulla vita dei molti.
Lo abbiamo ampiamente visto – e presto lo rivedremo – in merito alla crisi finanziaria e del debito: dopo aver esaltato per decenni il ‘self made man’, l’imprenditore di sé stesso, l’artefice del proprio destino, allo scoppio della bolla la responsabilità è diventata improvvisamente collettiva e il debito è stato narrato come conseguenza dell’aver vissuto per anni al di sopra delle nostre possibilità e dell’aver sperperato senza alcuna considerazione per le future generazioni.

É la stessa ideologia con cui viene oggi raccontata la crisi climatica: colpa di tutte e di tutti, responsabilità dell’umanità in quanto tale, al punto che si è mutuato il linguaggio dalla geologia per definire quest’epoca come ‘Antropocene’, esplicitando una visione che rimanda ad una generica e astratta relazione uomo-natura come causa dell’attuale crisi eco-climatica, in cui sono l’esistenza stessa e l’attività di una umanità del tutto indifferenziata a generare impatti negativi sull’ambiente naturale.

Sappiamo che non è così. Come ha da tempo dimostrato lo studio “Climate change & the global inequality of carbon emissions, 1990-2020” , realizzato dal “Laboratoire sur les Inégalités Mondiales dell’École d’économie de Paris”, anche sulle emissioni di gas serra regna la stessa diseguaglianza che attraversa la società.

Secondo questo studio, a livello globale, il 10% più ricco della popolazione mondiale (771 milioni di individui) emette in media 31 tonnellate di CO2 per persona all’anno ed è responsabile di circa il 48% delle emissioni globali. Dentro questa fascia, l’1% dei ricchissimi emette in media 110 tonnellate ed è responsabile del 17% delle emissioni. Per contro, il 50% più povero (3,8 miliardi di individui) emette 1,6 tonnellate per persona all’anno, raggiungendo solo il 12% delle emissioni globali.

É una polarizzazione dovuta a diseguaglianze geopolitiche e storiche, ma che diviene ancora più marcata se si guarda alle condizioni sociali interne a ciascun Paese. Nelle nazioni più ricche, le emissioni pro capite della metà più povera della popolazione sono addirittura diminuite dal 1990 ad oggi, mentre si sono moltiplicate esponenzialmente quelle della popolazione abbiente e soprattutto quelle dei super-ricchi.

I ricchi inquinano e lo fanno con il loro stile di vita, basato su un iper-consumo insostenibile. Ma il recentissimo rapporto “Carbon billionaires” presentato da Oxfam in occasione della Cop27 attualmente in corso in Egitto, dimostra come i super-ricchi inquinano anche con i propri investimenti finanziari.

Secondo il rapporto, le emissioni di CO2 in un anno associate agli investimenti in imprese inquinanti da parte dei 125 miliardari del pianeta “equivalgono a quelle prodotte nello stesso arco temporale da un paese come la Francia”.

Dallo studio emerge che la scala delle emissioni degli investimenti di questi super-ricchi equivale a 393 milioni di tonnellate di CO2 complessive. “In media, in un anno gli investimenti finanziari di ciascuno di questi super-ricchi in settori economici inquinanti “producono” una quantità di emissioni 1 milione di volte superiore a quella di una qualunque persona collocata nel 90% più povero della popolazione mondiale”. Facendo un ulteriore paragone “Ci vorrebbero 1,8 milioni di mucche per emettere gli stessi livelli di CO2 di ciascuno dei 125 miliardari”
Come si vede, siamo ben lungi dall’essere tutti ‘sulla stessa barca’, come la narrazione dominante vorrebbe farci credere. Siamo invece dentro un modello nel quale la ricchezza di pochi è direttamente responsabile tanto dell’ingiustizia sociale, quanto della crisi climatica in cui siamo drammaticamente immersi.

E, per uscirne, basti l’indicazione data, nel novembre 2021, ai delegati della COP26 riuniti a Glasgow dal direttore dell’Istituto di Potsdam (PIK), Johan Rockström: per mantenere il riscaldamento al di sotto di 1,5°C e nel rispetto della giustizia climatica, l’1% più ricco della popolazione mondiale dovrà dividere per trenta le sue emissioni entro il 2030; il 50% più povero, invece, potrà moltiplicarle per tre.

Quale governo applicherà un principio tanto drastico quanto elementare? Quale governo sarò capace, oltre che di chiudere gli allevamenti intensivi di bovini e suini, di chiudere con politiche economiche, sociali ed ecologiche anche l’allevamento intensivo dei super-ricchi?

L’articolo originale può essere letto qui
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OSSERVATORIO SULLA TRANSIZIONE ECOLOGICA – PNRR
Promosso da
coordinamento
Coordinamento per la Democrazia Costituzionale, Laudato Si’, Nostra

Una delle tante nefaste conseguenza del riarmo e della guerra è il rilancio dell’energia fossile, occorre una svolta radicale verso le rinnovabili. In proposito, ecco una chiara presa di posizione.

La transizione ecologica non è una scelta, è un obbligo che deriva dall’aggravarsi della crisi climatica- che provoca disastri ambientali e danni enormi alla vita delle persone – con costi economici inaccettabili. Per questo occorre accelerare il passaggio da un’economia e una vita sociale fondata sulle fonti fossili e sullo spreco delle risorse naturali verso una basata sulle fonti da energie rinnovabili e sulla circolarità del ciclo produzione/rifiuti.
Una transizione epocale, richiesta anche dall’accelerazione dell’esaurimento delle risorse naturali, conseguente alle aberranti logiche di spoliazione e sfruttamento, quale riportano i dati impressionanti dei rapporti UNEP. Sfruttamento e logiche dominate da interessi di parte, che, in concorso con aridità e siccità che investono aree sempre più estese del pianeta riguardano anche il drammatico ridursi dell’acqua, irrinunciabile bene comune dell’umanità. Questa transizione deve vedere il nostro Paese tra i protagonisti, con politiche mirate ed efficaci, con capacità tecnologica innovativa e con significative realizzazioni, come finora è accaduto purtroppo in modo parziale e inadeguato.
La guerra ha spinto in secondo piano l’impegno corale – faticosamente conquistato solo un anno fa – degli Stati del pianeta a convergere nello sforzo per limitare la crescita dell’aumento della temperatura entro 1,5 gradi, condizione indispensabile per contenere l’alterazione climatica in corso, pena prospettive disastrose.
Occorre che ogni Paese riprenda con determinazione e forza quel percorso, altrimenti sarebbe inevitabile l’estendersi di povertà e fame, in contrasto con gli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, fino a livelli di inabitabilità di intere aree del pianeta. La stessa reazione alle conseguenze della guerra e della crisi energetica deve cambiare in profondità.
Il tragico conflitto scatenato dalle decisioni scellerate di Putin ha evidenziato, anche nel discorso pubblico, la necessità di sostituire le fonti energetiche gas e petrolio, e non solo limitatamente alle importazioni dalla Russia.Tuttavia fino ad ora deboli e perfino regressivi sono stati l’attenzione e gli interventi verso le fonti energetiche rinnovabili: le uniche in grado di garantire l’autonomia energetica del nostro Paese, disponibili e già oggi tecnologicamente mature, economicamente più convenienti e, socialmente, di uso sempre più esteso.
Al contrario, proprio su questo passaggio verso le rinnovabili, si registra il punto più debole delle scelte fatte (o non fatte) negli ultimi 20 mesi dal precedente governo e che non sembrano essere finora considerate dal nuovo.
Infatti, il 2022 si chiuderà con un aumento delle energie rinnovabili assolutamente al di sotto del necessario rispetto all’obiettivo 2030, cioè i nuovi 70 GW più volte confermati dal precedente Ministro della Transizione Ecologica. Peggio, con una preoccupante lontananza dalla richiesta di Next Generation EU di realizzare il 40% degli obiettivi energia-clima 2030 entro il 2025, che comporta 30 GW in più di rinnovabili entro quella data. Il nuovo Governo dovrà, allora,essere in grado di assicurare l’allaccio alla rete di almeno metà dei 60 GW di rinnovabili, che le industrie del settore si dichiarano pronte a realizzare entro i prossimi tre anni. Dai primi passi emerge, purtroppo, la scelta di investire ancora nella filiera del gas, procrastinando così il modello fossile e pagando, inoltre, un caro prezzo economico, ambientale e climatico anche alle difficoltà di approvvigionamento, costruzione di rigassificatori, acquisto di navi metaniere, nuove trivellazioni per quantitativi irrisori ma significativi rispetto al danno ambientale, che ipotecano per almeno un ulteriore decennio il modello che infrange i limiti di temperatura cui stiamo già pericolosamente vicini.
Sui risultati omogenei con Next generation EU e gli obiettivi al 2030, difficili ma non impossibili, si valuterà la credibilità del nuovo Governo nella battaglia contro la crisi climatica. E si metteranno al riparo le ulteriori destinazioni previste per l’Italia dal Recovery Fund, che non è affatto scontato siano erogate in assenza di fatti significativi, non surrogabili con promesse che, come quella sul ventilato ricorso all’energia nucleare, andrebbero ampiamente al di là del 2030.
A questo Governo chiediamo, come avevamo già fatto col precedente, di convocare rapidamente una conferenza nazionale per preparare un nuovo piano energetico nazionale con l’obiettivo di uscire dal giorno per giorno, dalla affannosa rincorsa alle emergenze. Giriamo la proposta al nuovo Ministro e al nuovo Governo: dimostrino di comprendere l’esigenza di una svolta epocale nella direzione delle energie rinnovabili.

Mario Agostinelli, Alfiero Grandi, Jacopo Ricci
Massimo Scalia coordinatore scientifico
Novembre 2022

One Response to Che succede nel/al Pianeta?

  1. […] 12 Novembre 2022 su C3dem [segue] La Rassegna stampa del 12 novembre 2022 (fonte S. Ceccanti). Tra i molti articoli segnaliamo: SUL CONTRASTO ITALIA-FRANCIA: Alessandro Barbera, “Draghi: Così si distrugge l’ase con Macron” (la Stampa); Marzio Breda, “Mattarella: In Europa non è tempo di egoismi, serve fiducia reciproca” (Corriere della sera); Claudio Cerasa, “I segreti della sfida Meloni-Macron” (Foglio); Giovanni Orsina, “Meloni vittima dell’ansia dimostrativa” (La Stampa); David Carretta, “I numeri sui migranti” (Foglio). Marcello Sorgi, “La linea unica del governo bifronte” (La Stampa). SUL PD: Stefano Cappellini, “Bettini riunisce i filo-5S, ma tra Conte e il Pd si è spenta la scintilla” (Repubblica); Alessandro Di Matteo, “Pd, Schlein in campo” (La Stampa); Carlo Fusi, “I dem non sono abituati all’opposizione” (Il Quotidiano). Marco Damilano, “La paradossale crescita dei movimenti irrilevanti e il ruolo del Pd” (Domani); Ilvo Diamanti, “La fiducia in Meloni crescita. M5S supera il Pd” (Repubblica). SULL’UCRAINA: Vittorio E. Parsi, “La ritirata di Mosca e la trattativa (im)possibile” (Messaggero). SUGLI USA: Fareed Zakaria, “Trump ridimensionato dal midterm” (intervista al Corriere). IDEE: Mauro Magatti, “L’idea di progresso e la sinistra globale” (Corriere della sera). Luca Diotallevi: “La libertà e il senso da dare all’antifascismo” (Messaggero). ————— RASSEGNA STAMPA 11.11.2022. KHERSON – ITALIA-FRANCIA – IL PD E LA MORATTI […]

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