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Editoriali
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Costituente Terra Chiesadituttichiesadeipoveri News
EROI DI UNO SCEMPIO MILLENARIO
Newsletter n. 110 del 29 marzo 2023 Chiesadituttichiesadeipoveri Newsletter n. 291 del 29 marzo 2023.Cari amici,
A Zelensky che chiede sempre nuove armi, l’Inghilterra ha risposto annunziando l’invio di un milione di proiettili all’uranio impoverito. Non risulta che Zelensky li abbia rifiutati, mentre al fronte ispeziona i carri armati tedeschi giunti in Ucraina a combattere la Russia come i panzer tedeschi che la attraversarono per la loro invasione nella seconda guerra mondiale. Intanto tornano al campo di battaglia i militari ucraini inviati in Germania, in Inghilterra e in Italia per imparare l’arte delle nuove tecnologie dell’industria di guerra.
I proiettili ad uranio impoverito sono armi anticarro a bassa potenzialità nucleare, come di ridotta radioattività sono le armi atomiche tattiche rispetto a quelle strategiche. Come ha spiegato il 23 marzo il Corriere della Sera, giornale che sostiene la fornitura di armi all’Ucraina, l’uranio impoverito, il “DU (depleted uranium)” causa “un aerosol micidiale che permane nell’ambiente migliaia di anni e intossica chi lo inala o lo ingerisce, e si sospetta che arrivi a modificare il DNA causando linfomi, leucemie e malformazioni dei feti”. Noi conosciamo questi effetti nei soldati italiani contaminati nelle missioni all’estero, come quella in Bosnia Erzegovina e Kosovo, e sono note le conseguenze a lungo termine delle atomiche sul Giappone; e fu per l’orrore di quelle armi che l’Imperatore del Giappone decise di porre termine alla guerra. Ma qui non c’è nessun imperatore che pensa alla sorte del popolo, e non sappiamo che cosa accadrà nella annunciata battaglia di primavera nel teatro di guerra del Donbass, che l’Ucraina vuole riconquistare come condizione per mettere fine alla guerra; ma se pure l’uranio impoverito non arriverà a contaminare il resto d’Europa, certamente produrrà lo scempio previsto e potrà permanere per migliaia di anni nella popolazione del Donbass. E allora perché preferire che muoia pur di non perderla, devastarla per farla stare da una parte o dall’altra del confine? Si vede qui tutta la nequizia, che noi già conosciamo, del nazionalismo irredentista: per far sventolare una bandiera si mandano al macero centinaia di migliaia (e in una guerra mondiale, milioni) di persone.
Tutto ciò mette a nudo la mistificazione di cui la povera Ucraina è vittima. Si esalta infatti il popolo ucraino che combatte fino alla morte (come viene celebrato in Televisione e nei collegamenti da remoto) per la sua indipendenza e libertà, ragione per cui si rifiutano i negoziati e il cessate il fuoco, perché, come dice Biden e sulla sua scia dicono gli ucraini, non servirebbero ad altro che a permettere alla Russia di riorganizzare le sue truppe per l’invasione del Paese e magari di altri pezzi d’Europa. Ma tutti sanno che la posta in gioco di un negoziato e della pace non è affatto l’indipendenza, la sovranità e la propensione europea dell’Ucraina, ma sono la sua neutralità tra la Russia e la NATO, lo statuto definitivo del Donbass, la fine del contenzioso sulla Crimea e la garanzia della inoffensività della Russia.
Non è dunque per l’esistenza stessa dell’Ucraina, per la libertà e la felicità del suo popolo che l’Ucraina è vittima di una guerra a cui non si vuole porre fine; altri sono i moventi di ciascuno dei protagonisti: si combatte per il dominio mondiale della coalizione atlantica, per la frustrazione dell’Europa interessata più ai motori a scoppio che alla pace, per l’intransigenza di chi ritiene così di difendere la Patria aggredita. Ma non si combatte per le persone gettate nella fornace, non per cittadini immolati a ideali artefatti e non veri, non per un mondo che guarda attonito alla strage ed è a rischio di una guerra planetaria.
Perciò è tempo della pace.
Pubblichiamo nel sito l’articolo del Corriere della Sera sull’uranio impoverito e un articolo di Raniero La Valle, “Ahi serva Europa”, uscito oggi su “Il Fatto quotidiano”. Infine: la preghiera che il Papa pronunziò in piazza san Pietro durante la pandemia, che sarà ritrasmessa a partire dal 10 giugno 2023 da un’orbita spaziale.
Con i più cordiali saluti,Costituente Terra – Chiesadituttichiesadeipoveri (Raniero La Valle)
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AHI SERVA EUROPA
29 MARZO 2023 / COSTITUENTE TERRA / LA CONVERSIONE DEL PENSIERO/
L’Unione Europea ha fallito sulle sue due massime responsabilità, la pace e l’immigrazione, in cui ne andava della sua identità
Raniero La Valle“Ahi serva Italia, di dolore ostello…”. Quando Dante scriveva queste parole l’Italia era un faro di civiltà, un giardino di bellezza, la culla del pensiero. Però non sapeva leggere i segni dei tempi, era in balia dei potenti, tradiva le sue origini e non riusciva a stare senza guerra.
Questo si potrebbe dire oggi dell’Europa, serva delle armi e del denaro, chiusa nel suo egoismo, dimentica dei suoi ideali, sovversiva delle ragioni stesse per cui è nata. Era nata per chiudere con le guerre, per togliere le dogane al carbone e all’acciaio al fine di costruire, e non ai cannoni e ai carri armati al fine di distruggere, era nata per abbracciare i suoi popoli e farsi amica e accogliente a quelli di altre comunità e perfino era decisa a fare rinunzie alla sua sovranità non per farsi serva di nessuno bensì per contribuire alla pace e alla giustizia tra le nazioni. E prima ancora di Spinelli e di Spaak, di Schumann e di Monnet, di Ursula Hirschmann e Simone Weil, di Adenauer e di De Gasperi, l’”idea di Europa” era cresciuta lungo un millennio, come l’avevano illustrata Erich Przywara e Friedrich Heer, tanto cari a papa Francesco, e come aveva ispirato le lettere dei condannati antifascisti (l’identità cancellata da Giorgia Meloni) della Resistenza europea.
Ed ora che cosa è diventata? Sono i segni di questo suo tempo che ce lo hanno rivelato e l’ultimo Consiglio europeo ce l’ha mostrato con la massima evidenza. L’Unione Europea ha fallito sulle sue due massime responsabilità, la pace e l’immigrazione, le due massime cure in cui ne andava della sua “identità culturale”, secondo il “progetto di pace e amicizia che ne è il fondamento”, come aveva detto Francesco al Consiglio europeo del 25 novembre 2014. La pace l’hanno licenziata a tempo indeterminato non solo i suoi cattivi capi, i suoi membri più atlantici, a cominciare dal Regno Unito, che arriva a promettere armi a componenti nucleari, ma anche i due personaggi che ne dovrebbero rappresentare l’unità e lo sguardo sul mondo, Ursula Von der Leyne e Jens Stoltenberg, l’una pavesata con i colori di un Paese in guerra, l’altro, dimentico della storia, andato a chiedere di votare i “crediti di guerra” ai partiti socialisti a Bruxelles, come alla vigilia della prima guerra mondiale.
Ma non solo: l’Europa non capisce nemmeno quello che, se mossi da probità professionale, le stanno dicendo gli esperti di geopolitica: che il suo vero “competitore” sono gli Stati Uniti, che per averla vassalla sono interessati a tenerla in guerra senza fine, vogliono dominarla col loro gas e i loro prodotti più avanzati, che non per niente hanno fatto saltare l’oleodotto che univa la Russia al resto dell’Europa. E non c’è nemmeno bisogno di particolari doti interpretative: l’hanno scritto gli Stati Uniti nella loro “Strategia della sicurezza nazionale” che la loro sicurezza, la loro difesa e l’obiettivo della loro bulimia militare stanno nel fatto che non vi sia alcuna potenza al mondo che non solo non superi, ma “nemmeno eguagli” la potenza americana. E se c’è una potenza che potrebbe osare eguagliarla non è la Russia, data già per disfatta, né la Cina, designata come suprema sfida del futuro, ma è l’Europa che, se facesse una politica meno suicida, potrebbe già ora competere economicamente e grazie alla proiezione della sua cultura, con l’egemonia degli Stati Uniti; ciò che potrebbe e dovrebbe fare proprio restando loro amica ed alleata per costruire insieme “un mondo libero, aperto, prospero e sicuro”, come essi lo vogliono, aiutandoli a evitare gli errori, come quello che fanno, e che facevano ben prima dei crimini di Putin, col volere la fine della Russia.
Certo non è alzando l’età di pensione e gettando un Paese intero in una lotta sociale ad oltranza, non è stando appesi alle labbra e al “Crimea o morte” di Zelenski, non è dicendo “nazione” per non dire “fascismo”, né incentivando le fabbriche a stipulare contratti pluriennali per la costruzione di armi che avranno bisogno di altrettanti anni per essere consumate sui campi di battaglia, sulle città e sui famosi vecchi e bambini costretti a morire anche loro in guerra, non è con queste scelte che l’Europa potrà ritrovare la sua dignità, la nobiltà delle sue origini, gli ideali che l’hanno spinta ad unirsi. È per quegli ideali, non per essere “provincia” di un Impero che l’Europa è nata, con la vocazione ad attraversare il Mediterraneo e a guardare a Sud, a Israele alla Palestina e al mondo arabo, ad Est, alla Russia e alla Turchia, e ad Ovest, non solo a un’America sola, ma a tutte e due; e non è togliendo ai suoi popoli la loro tutela sociale che l’Europa unita sarà in grado di prevalere, politicamente e culturalmente, sui sovranismi. Ma allora quale politica dovremmo fare? E quanto dobbiamo aspettare per vedere arrivare qui una vera Schlein, non il dominio del passato ma il coraggio del cambiamento?
Raniero La Valle
Articolo pubblicato su Il fatto quotidiano del 29 marzo 2023
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Ripensare la valutazione scolastica forse non è abbastanza
14 Marzo 2023
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Lorella Villa – CIDI Cagliari. Su Democraziaoggi
Mi accade sempre, quando parlo e ascolto pedagogisti e colleghi parlare di valutazione degli apprendimenti che si cerchi di dissodare da anni la stessa dura zolla di terra senza capire perché non riesca a dare frutto.
Quello della valutazione è un tema centrale che innerva molto del pensiero pedagogico e dell’agire didattico […]
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di Gianandrea Piccioli sul blog di Enzo Bianchi.
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Cutro e non solo: chi è responsabile delle stragi in mare
13-03-2023 – di: Luigi Ferrajoli
Su Volerelaluna
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Al di là delle colpe specifiche delle nostre autorità per le omissioni di soccorso, sono le nostre leggi e il clima politico e culturale da esse generato le vere responsabili delle catastrofi in mare a cui assistiamo. Giorgia Meloni tenta di scaricare queste responsabilità sugli scafisti, predisponendo per loro pene fino a 30 anni e, soprattutto, sostenendo che occorre fermare i migranti, impedendo loro di partire.
Ignora, evidentemente, che migrare è un diritto fondamentale, stabilito dagli articoli 13 e 14 della Dichiarazione universale dei diritti umani, dall’articolo 12 del Patto internazionale del 16 dicembre 1966 e perfino dall’articolo 35 della nostra Costituzione, e sarebbe perciò un illecito ostacolarne l’esercizio. Non solo. È anche il più antico dei diritti fondamentali, essendo stato proclamato fin dal 1539 da Francisco De Vitoria a sostegno della conquista del “nuovo mondo”, quando erano solo gli europei a “emigrare” per colonizzare e depredare il resto del pianeta. Allora questo diritto fu accompagnato dal diritto di muovere guerra contro chiunque si fosse opposto al suo legittimo esercizio: cosa che fu fatta, con la distruzione delle civiltà precolombiane e il massacro di decine di milioni di indigeni. Oggi che l’asimmetria si è capovolta e l’esercizio del diritto di emigrare è diventato la sola alternativa di vita per milioni di disperati che fuggono dai loro paesi, dapprima depredati dalle nostre conquiste e oggi sconvolti dalle guerre, dalla miseria e dallo sfruttamento determinati dalle nostre politiche, non solo se ne è dimenticato il fondamento nella nostra stessa tradizione, ma lo si reprime con la stessa ferocia con cui lo si brandì alle origini della civiltà moderna a scopo di rapina e colonizzazione.
C’è d’altro canto un altro aspetto della politica migratoria di questo Governo che ne segnala l’ostilità ai salvataggi in mare. Esso si è manifestato con il cosiddetto “decreto ONG” dello scorso febbraio, che riprendendo la linea Salvini, condiziona l’abilitazione delle navi a salvare le persone in mare a una serie di insensati requisiti burocratici, introduce ostacoli ai salvataggi, come il divieto dei cosiddetti salvataggi multipli, e prevede, per i comandanti che violino queste assurde prescrizioni, sanzioni da 10 a 50.000 euro, il fermo per due mesi e, nei casi di reiterazione delle violazioni, la confisca della nave utilizzata per i salvataggi.
È un salto di qualità nelle forme stesse del populismo. Il vecchio populismo penale faceva leva sulla paura per la criminalità di strada e di sussistenza, cioè per fenomeni enfatizzati ma pur sempre illegali, onde produrre paura e ottenere consenso con misure inutili e demagogiche, ma pur sempre giuridicamente legittime, come gli inasprimenti delle pene decisi con i vari pacchetti sicurezza. Il nuovo populismo, al contrario, fa leva sull’istigazione all’odio e sulla penalizzazione di condotte non solo lecite ma eroiche, come i soccorsi in mare, al fine di ottenere consenso a misure esse stesse illegali, criminose e criminogene, come la chiusura dei porti più accessibili e la procurata omissione di soccorso.
Questo nuovo populismo sta producendo danni enormi al tessuto della nostra democrazia. Per la demagogia populista, che sempre ha bisogno di un nemico, il migrante impersona infatti il nemico ideale, a causa del latente razzismo che induce a percepirlo come persona inferiore e ontologicamente illegale. Si capisce così come il razzismo sia l’effetto, più che la causa, delle stragi in mare: è la “condizione”, scrisse lucidamente Michel Foucault, che rende accettabile “la messa a morte” di una parte dell’umanità. Giacché solo il razzismo rende tollerabile che migliaia di persone affoghino ogni anno nel Mediterraneo. Il risultato di queste pratiche spietate è l’abbassamento dello spirito pubblico. Il consenso da esse ottenuto è in realtà il segno del crollo del senso morale a livello di massa. Quando la disumanità, l’immoralità e l’indifferenza per le sofferenze sono ostentate dalle pubbliche istituzioni, esse non solo sono legittimate, ma sono anche assecondate e alimentate. Diventano contagiose e si normalizzano. Non capiremmo, altrimenti, il consenso di massa di cui godettero il nazismo e il fascismo. Queste politiche inique, seminando la paura e l’odio per i diversi, svalutando i sentimenti elementari di uguaglianza e solidarietà, screditando la pratica del soccorso di chi è in pericolo di vita, stanno avvelenando le nostre società e deformando pesantemente l’identità democratica dell’Italia e dell’Europa.
L’articolo è pubblicato anche su il manifesto
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