Migranti

migrantiS’EMIGRADU, OE
Eris, s’omine a fortza,
l’ana obbrigadu a su disterru.
Cun naves e cadenas de ferru,
in mare lassaiada sa corza.

Lu tenian che lepere in coile
Pro lu faghere scrau in terr’anzena,
minettendhelu inie chin fusile,
li ponian’in trugu sa cadena.

Oe l’ana istruttu su foghile,
obbrigadu est a tramudare,
attraessendhe sas terras e mare,
presentendhesi debile e umìle.

Sa carena, narana: est cosa vile,
e sa vida la lassas’in mare.
E si ti presentas’in sa janna,
s’unica sorte tzerta est sa cundanna.

Gavinu Dettori, dic 2010

L’EMIGRATO, OGGI
Ieri , con la forza, l’uomo
è stato allontanato dalla sua terra.
Legato con catene alle navi,
periva in mare.

Lo prendevano nel suo giaciglio come una lepre,
per farlo schiavo in terra straniera.
Minacciandolo con il fucile
gli legavano la catena al collo.

Oggi gli hanno distrutto il focolare,
obbligandolo ad abbandonare la sua terra.
Attraversando terre e mare,
presentandosi debole e umile

La carne, dicono, è cosa vile
e la vita la perdi nel mare.
Ma se ti salvi e chiedi ospitalità
rischi di essere condannato.

Gavino Dettori

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