gli occhiali sardoaustraliani di Piero su…

Bomeluzo-AustraliaLETTERE DALL’AUSTRALIA – N. 9
VERSO ADELAIDE. Dai sobborghi dobbiamo passare per Melbourne. Ci si arriva attraverso una strada a cinque corsie, piu’ una per le deviazioni, a traffic intense. Diventa intensissimo e piu’ lento arrivando al tunnel di ingresso che conta solo tre corsie nelle quali confluiscono le cinque.
Melbourne si presenta irta di grattacieli, di tralicci e di gru che nel porto, simili a grandi giraffe dal lungo collo, costruiscono piramidi di containers.
La tranquilla Melbourne (nel paragone con Sidney) e’ comunque una gran bella citta’, moderna e indaffarata. Passiamo il ponte sullo Yarra river, e via verso la highway che dal Victoria porta al South Australia.
Prima fermata, per il lunch (pranzo), a Ballarat, 120 km da Melbourne, celebre per la rivolta dei cercatori d’oro contro le imposizioni fiscali e i soprusi della polizia nel 1854 , la famosa Eureka rebellion, molti di loro erano italiani.
Passiamo il confine tra Victoria e South Australia a Border Town, e siamo gia’ con mezz’ora di differenza tra uno Stato e l’altro, dopo quasi 600 km di viaggio. Abbiamo passato paesaggi di grandi estensioni coltivate a grano, gia’ raccolto (febbraio qui vuol dire agosto), greggi di pecore nere e di pecore bianche, un piccolo canguro morto sul ciglio della strada.
Cena e pernottamento a Tintinara, uno dei tanti piccoli paesi verso Adelaide (mancano 190 km alla capitale), un solo hotel, una camera per quattro persone costa 70 dollari (circa 50 euro).
Si riparte la mattina presto. E’ piovuto, ora il cielo e’ quasi completamente
sgombro. Passano circa cinque chilometri tra piccoli alberi scheletriti da un incendio, cento, mille, centomila alberelli. Si riprenderanno? Chissa’.
Un arcobaleno, come non ne avevo mai visto, disegna un arco perfetto e immenso da un punto a un altro dell’orizzonte lontano: viene in mente la favola della pentola piena d’oro alla fine dell’arcobaleno.
Contrariamente a frettolose descrizioni il territorio del South Australia non e’ solo una tavola, a cinquanta km da Adelaide il paesaggio si movimenta in colline, con villaggi e vigneti: le Adelaide Hills.
Facciamo sosta a Hahndorf, uno dei villaggi, simile a tanti altri in Australia, ma con qualche particolarita’ delle origini germaniche: certi nomi, certi negozi, i nomi di dolci e pietanze. Festeggiano i 175 anni della fondazione.
Facciamo base qui, a 23 km da Adelaide. (continua)
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LETTERE DALL’AUSTRALIA – N. 9bis

ADELAIDE (2). Molto traffico sulla strada per Adelaide. E’ comprensibile per una citta’ che conta 1milione e 200 abitanti circa, ma quello che sorprende e’ arrivare al centro della citta’ e trovare una tranquillita’ da cittadina di provincia. Infatti il centro pare conti circa 20mila persone, mentre la citta’ si distende per decine di chilometri intorno e verso il mare.
La citta’ prende il nome da Adelaide, principessa di Sassonia, moglie di Guglielmo IV, re d’Inghilterra prima della regina Vittoria.
E’ annuncia bene il carattere misto della citta’, fondazione inglese, ma carattere tedesco per via dei suoi immigrati dalla Prussia e dalla Slesia, venuti via per motivi religiosi.
Una citta’ pulita e ordinata, squadrata (ma non piu’ di Torino) pare perche’ chi la progetto’ alla fondazione era un militare, il colonnello William Light.
La pulizia deve essere quasi ossessiva a giudicare dal fatto che l’ingresso in citta’ il secondo giorno che ci entriamo e’ di una lentezza esasperante, pensiamo a un incidente, invece sono due corsie occupate per la pulizia d’una parete del tunnel di entrata, col traffico costretto a una sola corsia.
Nel museo il settore piu’ importante e’ riservato agli aborigeni: artigianato, utensili e armi da caccia, attrezzi da pesca, tradizioni, linguaggi.
Gli aborigeni, come i nativi americani, avevano diverse tribu’ nei diversi territori e anche diversi linguaggi, non usavano la scittura e solo ora si cerca di dare alle lingue originali una forma scritta.
Il resto del museo ha piu’ che altro una funzione didattica per gli scolari che vi arrivano in gruppo: ricostruzione di animali presitorici, scheletri imponenti o animali imbalsamati di tutte le regioni del mondo.
Il centro e’ ricco di negozi e uffici, colpisce in tanto ordine la stranezza architettonica di edifici bassi stretti accanto o davanti a grattacieli di piu’ di 25 piani, certo non alti come quelli di Melbourne o Sidney, ma forse piu’ evidenti per l’accostamento.
Lasciamo la citta’ “delle chiese” senza visitare neppure una sola chiesa all’interno, la piu’ vicina al centro era chiusa.
Pero’ abbiamo visto molte bionde, piu’ qui che nel resto dell’Australia.
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LETTERE DALL’AUSTRALIA- N. 9 ter e fine

ADELAIDE HILLS (3). Giriamo una mattina intera sulle colline di Adelaide.
Vigneti coprono mezze colline, il resto e’ per coltivazioni e allevamento.
Assaggiamo i vini di due cantine: buonissimo lo Shiraz (nome persiano), qualcosa tra Monica e Cannonau, ma c’e’ il Merlot, il Cabernet, il Pinot grigio, Sauvignon e altri, piano con gli assaggi di primo mattino…
Il giovanotto che ci serve gli assaggi sembra molto competente, sorride al nome dell’Italia, della Sardegna, dei vini italiani e nostrani.
Nella prima cantina prenotiamo il pranzo. Dispone di un grande banco per gli assaggi, una sala ristorante con ampie vetrate a tutta parete da cui si gode l’intero panorama intorno, il conto e’ salatino, un bicchiere 9 dollari, la bottiglia sui quaranta dollari, buona la quaglia, delicato il risotto.
In un altra cantina non c’e’ il ristorante, ma oltre agli assaggi potete ordinare da bere e da mangiare uno spuntino in salette graziose.
Ovviamente si vende anche il vino. Penso alle nostre cantine che non sono organizzate cosi, dovrebbero farlo e darebbero tanto lavoro.
Girando per le colline incontriamo altre curiosita’: un negozio di giocattoli e souvenir che ha sul davanti un gigantesco cavallo di legno, misure da cavallo di Troia, ma stile cavallo a dondolo.
Accanto a un altra cantina incontriamo un contadino che vende i suoi prodotti biologici (organic). E’ veneto , parla correttamente l’italiano (non il dialetto Veneto, badate), mi dice: sono di vicino a Venezia. Dico: Padova, Treviso? Dice: si’, bravo, Treviso. Da quanto tempo qui? Dal 1958, 55 anni, mi sono invecchiato qui. Ma non e’ una brutta vita.
A cena, in un pub di Hahndorf, ambiente molto tedesco, mangiamo uno schnitzel pantagruelico, non la sottile fettina impanata alla Milanese, ma un erta fettina di maiale sopra un materasso di pure’ di patate, coperta da un sugo scuro che cela uno strato di funghi affettati; birra, ovviamente di gusto e dimensione germanica.
Torneremo a Melbourne piu’ ricchi nello spirito e piu’ grassi nel corpo.

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