in giro con la lampada di aladin tra elezioni fatte e da fare…

lampadadialadmicromicro133Sovranisti o elettoralisti?. Andrea Pubusa su Democraziaoggi
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Sovranisti o elettoralisti?
3 Marzo 2014
Andrea Pubusa, su Democraziaoggi

Volendo capire, l’altra sera mi sono recato all’incontro dei sovranisti cagliaritani sulla lista Tsipras per le europee. E poi, confesso, dopo mezzo secolo passato a far politica nella sinistra, ora che mi son dovuto ritirare “per impraticabità del campo”, una nostalgia della riunione ce l’ho. Sono arrivato con un po’ di ritardo, ma alcuni interventi li ho sentiti. Cari sovranisti, se vi volessi male direi che mi siete piaciuti e tacerei. Siccome vi voglio bene, vi dirò la verità. Sono andato via angosciato. Sapete perché? Il tenore della riunione non mi è sembrato all’altezza di ciò che serve per una battaglia di libertà in Sardegna e, ad essere sinceri, non so se il vostro sostegno a Tsipras giovi alla causa più del vostro silenzio, se – come pare – nella lista ci saranno nomi prestigiosi della cultura nazionale, che i voti li attraggono.
Ma veniamo a noi. Anzitutto continuo a non capire il vostro obiettivo massimo, racchiuso nella parola “sovranismo”. Ed è un punto dirimente, non solo per me. Se questo è un modo di esprimere, da un punto di vista per così dire territoriale e del popolo sardo, l’idea che la sovanità popolare è cosa diversa da sovranità statale o anche nazionale, non posso che essere d’accordo. Scusate l’autocitazione, ma comprova la mia convinzione. Trent’anni fa in una una monografia giuridica ho scritto che sovanità statale e sovranità popolare non sono sorelle o cugine, non sono dello stesso ceppo, ma esprimono concetti opposti. Ed ho anche detto che la sovranità popolare enunciata dalla nostra Costituzione insieme al principio delle autonomie locali, significa che la sovranità popolare si irradia attraverso una distribuzione costituzionale di funzioni e un bilanciamento di poteri che comprende anche la dimensione territoriale, le comunità storiche stanziate nei territori che compongono il Paese. Dunque anche le Regioni sono espressione di sovranità e concorrono a inverare quella sovranità popolare, dal basso, che la Costituzione pone a fondamento della distribuzione e dell’esercizzio dei poteri. Fra le formule politiche quella che più si avvicina a questo mio modo di vedere è lo slogan lanciato negli anni ‘80 da Umberto Cardia, che auspicava una forma estrema dii autonomia compatibile con l’unità dell’ordinamento. La mia posizione è però più radicale e concettualmente diversa, perché secondo me non esiste una sovranità statuale contrapposta a quelle regionali. La sovranità è unica e popolare, ossia si irradia dal basso ed è espressione di tutte le istituzioni territoriali, secondo l’attribuzione che ne fa non lo Stato, ma la Carta fondamentale. In conseguenza, anche lo Stato è vincolato al pari delle Regioni. Non solo, la frontiera dell’attribuzione dei poteri può sempre essere spostata in avanti con appropriate revisioni costituzionali. Ecco perché in un ordinamento democratico pienamente realizzato, secondo le potenzialità offerte dalla nostra Costituzione, il separatismo non serve, è uno strappo inutile, prima che impossibile. Apre le porte all’avventura più che a maggiori libertà. Per esprimere la qualità diversa di un’attribuzione di poteri e funzioni che consenta ampiezza di autodecisione si potrebbe indicare col termine sovranismo, appunto, l’attribuzione, ad opera della Costituzione, massima di poteri al popolo sardo alle sue istituzioni, compatibilmente con l’unità dell’ordinamento. Unità, che in un ordinamento pienamente democratizzato a livello nazionale, significa completo sviluppo delle libertà costituzionali individuali, collettive e territoriali.
Ecco questo è un orizzonte che la sinistra deve far proprio, secondo la sua tradizione libertaria, che si è sempre caratterizzata, nell’ispirazione socialista, per una tensione verso un progressivo allargamento degli spazi di libertà ed eguaglianza. Il riferimento a Lussu in questo contesto è d’obbligo, anche se è Gramsci il pensatore più profondo e organico nel delineare questo orizzonte in una società a capitalismo avanzato. In epoca più vicina a noi è Antonio Pigliaru che sull’argomento ha scritto le pagine più interessanti.
Ora, se teniamo conto del fatto che la sinistra è cresciuta e ha coinvolto grandi masse quando ha enucleato un programma capace di unire insieme la lotta quotidiana con la sua ispirazione egualitaria di fondo, questo è certamente un terreno di unificazione e di rilancio.
Ma l’altro giorno di tutto questo non ho sentito neanche l’eco lontana. Si è preso atto d’essere sul carro dei vincitori, quello del PD, grazie ad una legge elettorale (senza dirlo) antidemocratica e truffaldina. Non si è neppure ventilata l’idea che la modifica di questa legge è la prima battaglia da dare in Consiglio regionale. Insomma, non si è neppure considerato, con miopia, che l’eguaglianza del voto, in entrata e in uscita, è elemento ineliminabile di una società pienamente democratizzata. Come esprimere il sovranismo dei sardi in un sistema regionale truccato e antidemocratico fin nel momento centrale del processo democrsatico, le elezioni?
Poi non ho sentito cenni alla contraddizione d’essere alleati col PD, che con Renzi vuol manomettere la Costituzione anzitutto in danno delle Regioni, nel quadro di una politica restrittiva delle libertà formali e sostanziali. Capisco che in Sardegna c’è un accordo politico. Ma se questo non è solo un fatto elettoralistico, bisogna delineare un percorso per andare in Sardegna in controtendenza rispetto alle spinte neocentraliste del PD nazionale di Renzi. Questo è un problema centrale. E non basta dire che Pigliaru non è Renzi. Certo, non lo è, ma è renziano. In ogni caso l’alleanza nei territori col PD porta acqua al renzismo nazionale, miscela accentratrice, con forti dosi di berlusconismo. Perché non sia così, occorre che diventi visibile in Sardegna, grazie a voi che vi dite sovranisti, una controtendenza che incrini a fondo la sintonia fra la politica regionale del PD e quella centrale. Di qui passa precisamente il discrimnine tra opportunismo elettoralistico e sovranismo, inteso come democratizzazione massima in Sardegna, nel quadro di una pieno sviluppo delle liberta costituzionali, individuali e collettive, a livello generale.
Non escludo che nella mia incomprensione ci sia un problema di linguaggi, il mio inizia ad essere datato. Ma le differenziazioni nei linguaggi si colmano col chiarimento dei concetti. Però, da questo punto di vista, l’altro giorno ho sentito, nella vostra riunione, un soddisfatto adattamento ad una subalternità rispetto al PD. Un compiacimento di aver saputo trarre vantaggio dalla legge-truffa, dimenticando che questa lascia senza rappresentanza 150 mila sardi e 700 mila ne ha lasciati a casa il giorno delle elezioni. Ho sentito in voi l’appagamento di chi col trucco si è aperto (provvisoriamente, credo) le porte del Consiglio più che la consapevolezza e la volontà di fare un modo che i sardi divengano protagonisti del loro destino, partecipando alla vita politica e, dunque, anzitutto alle elezioni che ne sono un momento non unico, ma certo importante. Non ho sentito neppure un cenno alla strategia e alla tattica per sparigliare le carte di un gioco imposto interamente dalle due forze maggiori. In questo devo dire che Michela Murgia (al di là della sua esclusione provvisoria dal Consiglio) mostra più coerenza e determinazione di voi. Voi, se ben ci pensate, contestate a Michela di non aver voluto beneficiare, accodandosi al PD, del trucco incorporato nella legge elettorale. In altri termini stigmatizzate il suo eccesso di autonomia, mentre non vedete il vostro piatto allineamento, che un tempo si chiamava codismo. Forse esagero, ma se su questo versante non battete un colpo alto e chiaro, temo che la penseranno così anche tanti (si fa per dire) di coloro che vi hanno votato.
Ci sono altri temi di discussione, ma questi mi paiono i più importanti ed urgenti. Senza una soluzione all’altezza, a voi sovranisti alleati del PD, rimane un risultato elettorale favorevole, ma incerto, quantomeno fino alla pronuncia della Consulta sulla legge elettorale regionale. Poi, con tutta probabilità, perderete anche quel beneficio in favore proprio di Michela, che i voti, per avere 5-6 consoglieri regionali, li ha presi. E con quale prospettiva se rimarrete chiusi in un recinto dominato dal duopolio PDL (ora FI) e PD? Non spetta a me dirvi che c’è, in entrambi i partiti, una declinazione del centrismo in chiave antipopolare. Per farla breve, senza uno scatto, voi rischiate di perdere “latti e cardaxiu“, il beneficio degli eletti ad opera della sentenza della Corte costituzionale sulla legge elettorale, e la credibilità come sovranisti se continuerete a rimanere schiacciati sul PD.
L’ho detto in premessa. Se sono stato franco con voi è perché vi rispetto. Degli altri non parlo, perché non m’interessamo. Attendo perciò da voi una risposta di merito puntuale e non reticente. Sia chiaro, non per me che non conto nulla, ma per i sardi, che meritano molto di più di quanto oggi passa il convento.

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