in giro con la lampada di aladin… fuoco su Francesca Barracciu

aladin-lampada-di-aladinews312de-lempicka-autoritratto-sulla-bugattiCara Francesca, a volte è meglio tacer… Amsicora su Democraziaoggi
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Renzi e il “caso Barracciu”, il senso morale smarrito. Luciano Marrocu su La Nuova Sardegna
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Indagati di tutt’Italia unitevi! (M.Renzi). Amsicora su Democraziaoggi

democraziaoggiCara Francesca, a volte è meglio tacer…
5 Marzo 2014
Amsicora, su Democraziaoggi

Tanto tempo fa un grande leader della sinistra bollò l’estremismo come malattia infantile, ora invece è l’infantilismo la malattia della sedicente sinistra.
Ricordate Massimo? Fino a quando non ha deposto le armi dell’arroganza ed è tornato nell’alveo del diritto e della ragionevolezza (almeno così pare), non ne azzeccava una: ogni sua dichiarazione era un autogol. Ha rimesso la testa a posto dopo che l’ha sbattuta al Tar. E dire che l’avevamo avvisato! Prima di lui Renato, il grande, inanellò una serie di cavolate, culminate nella promulgazione di un atto che lui chiamò legge statutaria e invece legge non era, perché priva dell’approvazione del corpo elettorale (non fu approvata al referendum confermativo). Risultato: unico caso nella storia dell’Italia repubblicana, la Corte costituzionale, investita della questione di legittimità di quella psseudo-legge, disse di non dover annullare alcunché in quanto quell’atto non era mai divenuto legge. Lui, la testa l’ha sbattuta addirittura sulla Consulta. E anche lui fu avvisato per tempo! Ma non ha capitalizzato la lezione neppure dopo. E poi sapete, cavolata su cavolata, com’è andata: ahinoi! ne paghiamo ancora le conseguenze!
Ora, c’è Francesca che non ne azzecca una. Prima, con fare arrogante richiama i suoi voti alle primarie come abbuono dell’iscrizione nel registro degli indagati. Come se le primarie del PD avessero l’effetto miracoloso di cancellare la contestazione del PM! Poi risponde in malo modo a chi, giornalista o curato, la invitava amichevolmente ad un passo indietro. Non come ammissione di colpa, ma come atto di rispetto verso gli elettori sardi e in attesa di un ritorno, ad assoluzione avvenuta (che, ovviamente, le auguriamo). Poi, è tornata all’attacco con prepotenza nei riguardi di Pigliaru: “gli ho fatto dono della presidenza“! Ergo, voglio una compensazione: nientemeno che la vicepresidenza e l’assessorato alla sanità! Ha anche chiamato a supporto 50 amministratori nuoresi, che evidentemente considerano ancora la vendetta barbaricina come unico codice vigente in campo politico. Se non le dai quel che chiede e le spetta, te la facciamo vedere noi! E pensavano di giocare in casa, visto che il teorico della materia è Pigliaru padre.
Dopo una serie di cavolate che fanno dubitare della sua (momentanea) capacità di discernimento, ecco la chiamata vendicatrice di Matteo: al governo! Si, proprio così, sottosegretaria di Stato! E lei cosa dice? “Il mio partito mi ha nominata perché è garantista”. Garantista di chi e di che cosa? Dei sardi e degli italiani democratici che vogliono alle cariche pubbliche persone non toccate dal dubbio del malaffare? O di quanti, coinvolti nelle procedure, non sentono il dovere di farsi da parte? Astensione dalle cariche pubbliche non per sempre, si intende, ma fino a definizione del processo, se assolti. Per Francesca, così come le primarie compiono il miracolo di affrancare dalle contestazioni giudiziarie, così la nomina del partito è espressione di quel valore civile che va sotto il nome di garantismo. Ora, ditemi voi, se questa povera donna, ha introiettato o no, fino in fondo, l’essenza del berlusconismo. Per lei la presidenza è cosa sua e si può donare, è salvifico e purificatore il voto alle primarie di partito e le decisioni degli organi di partito prevalgono sui provvedimenti della magistratura, li annullano. Come per il cavaliere, il consenso vale più della legge, esenta da essa!
Poi, non appena nominata, Francesca che fa? Vuole ingraziarsi i sardi, captatio benevolentiæ come con la letterina che c’inviò a Natale, e dice con piglio da statista: “mi batterò per fare di Cagliari la capitale europea della cultura“. Come Eleonora, che fece di Oristano la capitale di un regno. Poverina! Non sapeva che i concorrenti sono città italiane. E così ai casini della sua vicenda giudiziaria, sbattuta in tutte le prime pagine, somma la bufera di una dichiarazione che ha indignato gli altri sindaci interessati.
Cara Francesca, sai quale sarà l’esito più probabile del tuo gran parlare? Che non rimarrai al governo e che hai compromesso in modo forse decisivo la candidatura di Cagliari a capitale europea della cultura. Disfi la tela che Massimo, con pazienza, ha tessuto.
Ecco perché, da un po’ di tempo a questa parte, sentendoti, viene in mente il detto “a volte è meglio tacere e sembrare stupidi che aprir bocca e togliere ogni dubbio“. Si capisce che sei provata e questo ti fa perdere lucidità. Pensa, però, quale esposizione se verrai rinviata a giudizio. E se – dio non voglia! – verrai condannata? Tu la testa rischi di sbatterla contro il Tribunale, e neanche civile, penale. E’ così difficile capire che per te è meglio ora stare in silenzio e in disparte. Fai come Gentile, un bel gesto: dimettiti e attendi tempi migliori. Donna avvisata, mezzo salvata!

Renzi e il “caso Barracciu”, il senso morale smarrito
di LUCIANO MARROCU, La Nuova Sardegna 5 marzo 2014

È difficile che il premier abbia valutato gli effetti sugli equilibri nel Pd sardo ma ha certo sottovalutato le reazioni all’inosservanza di regole etiche

Forse è vero che non ha senso fare le pulci a Renzi, ora che smessi i panni del rottamatore ha assunto quelli dell’ abile manovratore. La squadra di governo non sarà entusiasmante e Alfano ministro dell’Interno è certo un rospo difficile da mandar giù. D’altra parte, meglio una squadra di governo non entusiasmante, ma sotto il pieno controllo del presidente del Consiglio che ministri non facilmente gestibili, anche se di alto profilo, come Lucrezia Reichlin o Tito Boeri, i cui nomi erano circolati all’inizio. Insomma, se tutto questo contiene un azzardo meglio un azzardo veloce che un lento affondare nel pantano. Confesso di condividere, almeno in parte, questa valutazione e di considerare l’azzardo rappresentato da Renzi come il prodotto quasi ineluttabile di una lunga fase in cui l’unica spinta che ha mosso il Partito democratico è stata l’autoconservazione. Eppure qualcosa non torna. Non convincono soprattutto queste ultime nomine di sottosegretari e viceministri giustificate solo con la necessità di tener buono il Parlamento: un modo come un altro di ammettere che su sottosegretari e viceministri si conta ben poco per dare efficacia all’azione di governo. Che qualcosa non tornasse lo hanno sostenuto anche quei centocinquanta circoli calabresi del Pd che accusavano Antonio Gentile, nominato da Renzi sottosegretario, di aver bloccato l’uscita di un giornale – L’Ora di Calabria – per evitare di fargli pubblicare la notizia che suo figlio era indagato per truffa. E che ora hanno ottenuto le sue dimissioni. Tra i fedelissimi di Renzi continua a suscitare qualche imbarazzo la nomina a viceministro di Enrico Costa, un esponente dell’ Ncd che nella scorsa legislatura, da capogruppo Pdl in commissione Giustizia, ha sostenuto la lunga serie di leggi vergogna, approvate o tentate, a favore di Berlusconi, dai vari lodi Alfano, al legittimo impedimento, al bavaglio-intercettazioni. Nessun imbarazzo invece, almeno fino a oggi, a proposito di Francesca Barracciu, anche perché il caso della neo sottosegretaria alla Cultura rientra in un’altra fattispecie. Francesca Barracciu è inquisita per la faccenda dei rimborsi regionali, come anche due altri esponenti del Pd divenuti sottosegretari, Umberto del Basso de Caro e Vito De Filippo. È possibile che Renzi, nominandola, abbia preso per buona la narrazione fiabesca del caso Barracciu fatta dai suoi sostenitori sardi, alcuni dei quali anche loro indagati per peculato: la sua vittoria alle primarie, il successivo fulmine a ciel sereno del coinvolgimento in un’inchiesta per peculato, la generosa rinuncia (nonostante la convincente autodifesa di fronte al magistrato) e in ultimo la fattiva collaborazione nella ricerca di un nuovo candidato alla presidenza della Regione. Difficile pensare, però, che Renzi abbia valutato tutte le implicazioni (e gli effetti sugli equilibri interni al Pd sardo) di una scelta che, mentre premiava una “renziana” di ferro, privava di un atteso sottosegretariato un “non renziano” come Paolo Fadda, a suo tempo chiamato in causa dalla stessa Barracciu come uno dei “capibastone” che le aveva scippato la candidatura. Sia ben chiaro, non è tanto (o solo) il caso di Francesca Barracciu che si pone. Né il caso di Umberto del Basso de Caro, né quello di Vito De Filippo. Ma quello di una politica sempre più incomprensibile e straniera e dello smarrimento di chi al valore della moralità politica vorrebbe ancora poter credere.

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