in giro con la lampada di aladin…

aladin-lampada-di-aladinews312- Tre settimane dal voto. Ma la lezione non è servita. Giomaria Bellu su SardiniaPost
ape-innovativa- A proposito di competenze degli assessori della ormai prossima giunta regionale. Franco Meloni su Aladinews
- Caro Francesco, ecco l’arma anti-malandrini Pd. Andrea Pubusa su Democraziaoggi.
- Questo renzismo è una girandola di parole a vuoto. Intervista a Gustavo Zagrebelsky di Silvia Truzzi su Il fatto quotidianolibertà e giustizia

SardiniaPost loghettpTre settimane dal voto. Ma la lezione non è servita
di G.M.B.
Articolo pubblicato il 9 marzo 2014 su SardiniaPost

Sono passati più di venti giorni dalle Regionali e non abbiamo ancora il consiglio regionale, né ovviamente la giunta. Ma il bello è che i consiglieri che questa settimana saranno proclamati tali troveranno sotto il loro scranno una bomba a tempo. Esploderà nel corso della legislatura determinando, nel’ipotesi minimalista, l’uscita di un certo numero di eletti e l’ingresso di un certo numero di esclusi, nell’ipotesi diciamo massimalista lo scioglimento dell’intero consiglio e il ritorno alle elezioni.

E dire che la legge elettorale sarda è stata approvata meno di un anno fa, quando già si sapeva che la legge elettorale nazionale rischiava seriamente (come poi, infatti, è avvenuto) d’essere dichiarata incostituzionale. Ciò nonostante ne è stata elaborata una regionale che ha riprodotto i principali difetti del Porcellum – non a caso è stata ribattezzata Porchettum – con in più una macchinosità applicativa che ha già causato questo enorme ritardo nella proclamazione degli eletti.

Ma i problemi della legge elettorale non sono solo “tecnici”, originati da legislatori maldestri. All’origine c’è una precisa idea della politica di cui la nostra legge elettorale è il frutto marcio. L’idea di una politica che ha come scopo principale quello di salvaguardare se stessa e i suoi singoli esponenti.

A guidarne la sgangherata formulazione è stato un ineludibile dato aritmetico: la riduzione del numero dei consiglieri da 80 a 60 con la conseguente messa a rischio – per un problema di capienza –di un quarto dei cosiddetti legislatori. I quali hanno creato il sistema che è apparso loro più idoneo a limitare il danno. Prima di tutto bocciando le quote rosa, poi prevedendo uno sbarramento altissimo per ostacolare le nuove formazioni politiche e, all’opposto, non prevedendone alcuno per i “piccoli” in modo da incentivarne l’ingresso nelle coalizioni più forti. Con effetti che stridono prima che con la Costituzione col buon senso: partiti che hanno avuto meno dell’uno per cento portano a casa un consigliere e due coalizioni (Sardegna Possibile e Unidos) che hanno avuto percentuali attorno al 7 e al 5 per cento nemmeno uno.

Fin dal giorno dopo il voto era apparsa chiara la fragilità della nuova assemblea, sul piano della rappresentatività prima ancora che della legittimità formale. Il consiglio regionale che sta per essere proclamato rappresenta meno della metà del corpo elettorale. Tra i nuovi consiglieri ce ne sono alcuni che, con lo stesso numero di voti, avrebbero avuto difficoltà a essere eletti nel consiglio comunale di una piccola città.

Davanti a questi dati ci si aspettava un sussulto non diciamo di generosità, ma almeno di consapevolezza. Un avvertire che si è davvero davanti all’ultima opportunità. Un mettere da parte finalmente le esigenze di carriera dei singoli per arrivare alla nomina – come d’altra parte ha detto fin dal primo momento Francesco Pigliaru (vincitore nonostante la sconfitta della coalizione che lo sosteneva) – di una “giunta di guerra”. Un governo capace di affrontare, senza guardare in faccia a nessuno, i problemi drammatici della Sardegna. E ci si sarebbe aspettati, da parte del centrodestra, l’avvio di un’ opposizione responsabile.

Nulla di tutto questo è successo. Lo sconfitto Cappellacci ha continuato a esercitare il suo ruolo benché esso fosse diventato solo formale. Fino al ridicolo siparietto del doppio incontro dell’ambasciatore britannico, prima col presidente uscente e poi con quello entrante. Non è venuto in mente a Cappellacci di presentare il suo successore all’ambasciatore e poi salutare? Peccato, avrebbe fatta una bella figura e a Londra non avrebbero riso di questa riedizione nuragica di Dottor Jekyll e Mister Hide.

Le trattative per la formazione della giunta – il toto-assessori, come viene chiamato – sono state segnate segnato dalle pretese delle componenti del Partito democratico, dalle lotte interne a Sel, dal variegato fronte dei ‘piccolissimi’ che ora si presentano in chiave “‘sovranista”, ora come gruppo di mutuo soccorso tra nani. E poi da tentativi di infilare in giunta esponenti politici bocciati dagli elettori o esclusi per motivi di opportunità etica. Come se niente fosse successo. Come se la fortunata vittoria elettorale avesse eliminato ogni problema e si potesse tranquillamente continuare con pratiche che – se non fosse venuta in soccorso la dabbenaggine autoritaria di Beppe Grillo – probabilmente avrebbero già portato il Movimento 5 Stelle alla guida dell’Isola.

Francesco Pigliaru da tre settimane sta facendo del suo meglio, col garbo che gli è proprio, per far intendere ai suoi rissosi sostenitori che il tener conto delle esigenze delle forze politiche ha un limite: quello della competenza e del buon senso. A questo limite se n’è aggiunto un altro, oggettivo, determinato dal prossimo fioccare di ricorsi contro le legge elettorale: è probabile che la vita del Consiglio (almeno del Consiglio che sarà proclamato questa settimana) sia più breve del previsto. Un motivo in più per respingere ai numerosi mittenti la pretesa di utilizzare il governo della Sardegna per regolare equilibri interni o per avere una poltrona sulla quale poggiare gli augusti deretani. A perdere altro tempo c’è il rischio di perdere tutto.

G.M.B.
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lampadadialadmicromicroape innovativadi Franco Meloni
Governano i politici non i tecnici. Ovviamente devono essere buoni politici, di cui abbiamo bisogno come del pane. E purtroppo, specie negli ultimi tempi i meccanismi di selezione della classe politica hanno funzionato alla rovescia, privilegiando improvvisati, affaristi e via dicendo (la mamma del mio amico Piero Marcialis alla notizia che una persona mediocre si fosse impegnato in politica ne uscì con una frase colorita, che rende bene: eh itté? Immoi ogna culu e cani sinci ghettada in politica?). Sull’argomento ho scritto su Aladin. Scusate se mi cito: http://www.aladinpensiero.it/?p=13434. Il problema è allora: quali sono le caratteristiche di un buon politico?* - segue - Molte. Tra le quali enumero: essere onesto, competente, saper ascoltare la gente, saper guidare team senza sostituirsi, saper far lavorare i tecnici di supporto (degli alti come dei bassi livelli), rendere conto di quanto si fa e dei risultati raggiunti, possedere una grande umanità… Senz’altro ho dimenticato qualcosa. Riguardo al rapporto con i tecnici, i politici ne devono disporre tra i migliori disponibili sulla piazza, sia dell’apparato interno (dirigenti e funzionari) sia del mondo della consulenza esperta (l’esempio più calzante sono i consulenti del presidente americano). I politici devono rispettare la distinzione di poteri tra politica e gestione, peraltro prevista dalla legge (165/2001, ex 29/1993) concentrandosi i politici sul potere di indirizzo, di assegnazione delle risorse e di verifica dei risultati e i dirigenti (titolari della gestione) sull’attuazione di quanto stabilito in sede politica. Nei paesi scandinavi i ministri conoscono solo i loro direttori generali, disinteressandosi della gestione che appunto compete ai dirigenti. Fermo restando che se non funzionano saltano. Ora tutto questo è molto schematico e necessita di precisazioni che qui non possono trovare spazio. Infine una cosa mi preme dire: le Università, in Italia in massima parte pubbliche amministrazioni, sono pessimi esempi di buona ed efficiente gestione (salvo eccezioni); una delle ragioni è che i professori italiani non praticano la separazione dei poteri, concepiscono la gestione degli Atenei come faccenda di professori e bidelli, in generale non rispettando le professionalità gestionali che non sono accademiche. Anche quì schematizzo e generalizzo anche ingenerosamente nei confronti di molti amici accademici, ma tanto per capirci. Si fa capire meglio di me Pierluigi Celli, ex direttore generale dell’Università Luiss (privata) il quale nell’intervista che riporto dice: “I professori universitari? Cantano messa, portano la croce e si siedono al banchetto!”. Come dire che fanno tutte le parti in causa e, spesso, ovviamente male!
http://www.youtube.com/watch?v=Y2oyoRAuJVg
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Sulle qualità del buon politico e del buon politico sardo ricordo il contributo di Salvatore Cubeddu, pubblicato su questo ed altri siti collegati: http://www.aladinpensiero.it/?p=11896
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LE 18 REGOLE PER ESSERE SEMPRE FELICI… (Dalai Lama)

1) Tieni sempre conto del fatto che un grande amore e dei grandi risultati comportano un grande rischio.

2) Quando perdi, non perdere la lezione.

3) Segui sempre le tre “R”: Rispetto per te stesso, Rispetto per gli altri, Responsabilità per le tue azioni.

4) Ricorda che non ottenere quel che si vuole può essere talvolta un meraviglioso colpo di fortuna.

5) Impara le regole, affinchè tu possa infrangerle in modo appropriato.

6) Non permettere che una piccola disputa danneggi una grande amicizia.

7) Quando ti accorgi di aver commesso un errore, fai immediatamente qualcosa per correggerlo.

8)Trascorri un po’ di tempo da solo ogni giorno.

9) Apri le braccia al cambiamento, ma non lasciar andare i tuoi valori.

10) Ricorda che talvolta il silenzio è la migliore risposta.

11) Vivi una buona, onorevole vita, di modo che, quando ci ripenserai da vecchio, potrai godertela una seconda volta.

12) Un’atmosfera amorevole nella tua casa deve essere il fondamento della tua vita.

13) Quando ti trovi in disaccordo con le persone a te care, affronta soltanto il problema attuale, senza tirare in ballo il passato.

14) Condividi la tua conoscenza. E’ un modo di raggiungere l’immortalità.

15) Sii gentile con la Terra.

16) Almeno una volta l’anno vai in un posto dove non sei mai stato prima.

17) Ricorda che il miglior rapporto è quello in cui ci si ama di più di quanto si abbia bisogno l’uno dell’altro.

18) Giudica il tuo successo in relazione a ciò a cui hai dovuto rinunciare per ottenerlo.
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murodemocraziaoggi
Caro Francesco, ecco l’arma anti-malandrini PD
7 Marzo 2014 Andrea Pubusa su Democraziaoggi

Caro Francesco,

gli amici – si dice – si riconoscono nelle difficoltà. Ecco perché voglio parlarti oggi, mentre sei impegnato a formare l’esecutivo. Un passaggio difficile e importante per la Sardegna e per te che sei stato chiamato a guidarla.
E’ inutile dirti che occorre un governo regionale di alto profilo, morale e nella competenza. Questo tu ben lo sai e sai anche d’essere assediato da amici d’occasione e compiacenti, voltagabbana di tutte le svolte, professionisti del servaggio ad ogni capobastone. Infelice! Non che ti manchi qualche riferimento affidabile, ma sei insidiato – lo avvertiamo chiaramente anche noi dall’esterno – da un partito d’indagati che pretende d’essere il dominus della situazione. Ricordi il “dono” in tuo favore della presidenza ad opera di Francesca? I satrapi del PD pensano che il dono ti sia stato offerto da loro collettivamente e generosamente. Di più, son convinti – te lo ha ricordato anche Soru – che tu debba ringraziarli per essere stato scelto e ricambiare con altrettanta generosità. Loro sono tanti e tu sei un po’ solo. E questo – ti confesso – spaventa anche me, che ti vedo fragile e indifeso. Quando ti riunisci con i malandrini del PD, provo un insieme di pena e paura per te. Ora, però se tu ci pensi, hai un’arma invincibile. Se tu molli, loro son fritti. Se ne vanno tutti a casa e in nuove elezioni perderanno sicuramente, visto che, in termini di voti, hanno perso anche il 16 e solo, grazie alla tua faccia, è scattato il premio che vi dà la maggioranza. Ed allora non dico che tu debba essere arrogante, del resto questa non è nella tua indole. Fermo, però, sì, anzi fermissimo. Devi esercitare con equilibrio, ma in modo esigente il mandato che i sardi – non loro – ti hanno affidato. E allora? Allora ecco cosa ti dico. Sei stato messo lì come persona per bene per coprire e salvare un’accolita di birbanti. Bene, allora gli assessori devono essere, sul piano dell’etica pubblica, come te non come i malandrini. Ora, questo tu lo hai già detto, scatenando un putiferio. Ma la morale è cosa diversa dalla semplice mancanza di carichi pendenti, è anzitutto come dice la Costituzione “disciplina e onore“. Ed allora devi scegliere persone onorate e disciplinate.
Il secondo elemento per cui i sardi ti hanno votato è la tua riconosciuta competenza. Bene, gli assessori devono essere come te, competenti. Ma il combinato disposto di onorabilità e competenza evoca un un altro indefettibile requisito: l’indipendenza intellettuale, l’essere pronti e disponibili alla disciplina, ma non all’obbedienza. E sai perché ti dico questo? Perché la disciplina sarebbe rivolta all’azione collettiva della giunta, mentre l’obbedienza non sarebbe verso di te e la tua azione (questa – ripeto – è la disciplina), sarebbe rivolta a quei poteri di fatto che esistono nella società e che sono ben presenti nelle satrapie del PD.
Ho provato e provo brividi quando leggo certi nomi di possibili assessori sulla stampa. Spesso si tratta di persone incompetenti, parolai, venditori di fumo. Altre volte hanno competenza, ma anche la propensione alla piageria verso i potenti di turno o i capibastone del partito, il vizietto della trama e della fazione. Ecco tu questi devi lasciarli a casa. Devi prendere chi non ti cerca, ma tu sai che è competente. Chi è intellettualmente indipendente anche verso di te, ma proprio per questo, se accetta la tua chiamata, è disciplinato e leale e ti aiuta col suo pensiero e la sua azione. In Sardegna ce n’è parecchie migliaia nell’area democratica, fra i giovani e meno giovani, che hanno dato prova nel loro lavoro d’essere valorosi. Non hai che l’imbarazzo della scelta. E ce n’è di ogni tendenza politica e culturale, per cui puoi prenderne fra gli elettori del PD, di SEL, dei Rossomori e degli altri alleati. Solo così riuscirai a formare una giunta equilibrata, disciplinata, onorata e competente. Se non fai così, sei fritto tu ed è fritta la Sardegna.
Che iddio ti dia la forza di tener duro. Ma tu aiutati. Non sarai solo.

One Response to in giro con la lampada di aladin…

  1. admin scrive:

    La Nuova Sardegna on line di domenica 9 marzo 2014
    Sistema elettorale flop: dopo venti giorni Regione ancora paralizzata
    La nuova legge sarda è un rompicapo, per le sezioni in tilt è intervenuto il Tribunale, forse martedì ci sarà la proclamazione degli eletti

    di Luca Rojch

    SASSARI. Lenta, lentissima, quasi immobile la macchina elettorale si è ingolfata. Doveva servire per proclamare il vincitore il giorno delle elezioni. È diventata burocrazia pura, sabbia nel motore.
    Da oltre 20 giorni si continua a controllare i lenzuoli di carta con troppi simboli. Tutta colpa di una legge elettorale impossibile da decifrare. Un testo tanto complicato da richiedere un manuale di 270 pagine indispensabile per applicarla. Per ora l’unica certezza è che Francesco Pigliaru ha vinto. Ma dal 17 febbraio si attende ancora la proclamazione ufficiale degli eletti.
    L’ultima notizia, informale, è che martedì mattina ci sarà la proclamazione degli eletti. Le ultime 8 sezioni di Sassari, quelle incriminate, sono al centro del riconteggio, e sarebbero state riesaminate dal tribunale. Ma non ci sono certezze. L’unica garanzia è il flop di un sistema elettorale cervellotico. Nato per privilegiare il bipolarismo e penalizzare i partiti che vanno da soli, la legge si è rivelata un boomerang. Colpa di un regolamento attuativo impossibile.
    Per il governatore sospeso Francesco Pigliaru è una sofferenza, ma si limita a una battuta: “Mi sento un presidente tra parentesi. C’è tanto da fare e siamo ancora bloccati”.

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