in giro con la lampada di aladin…

Bomeluzo-aladinews-UE- Per gli italiani l’Europa è diventata impopolare. ILVO DIAMANTI su La Repubblica- Le statistiche sul gradimento.
- Pigliaru impigliato. Amsicora su Democraziaoggi
- La fine della gallina dalle uova d’oro. Raffaele Deidda su SardegnaSoprattutto

Crisi, Merkel, burocrazia
Per gli italiani l’Europa è diventata impopolare
MAPPE – Dal 2000 ad oggi dimezzata la fiducia nell’Unione Europea

di ILVO DIAMANTI, La Repubblica, 10 marzo 2014

BEPPE Grillo ha incitato a recuperare «l’identità di Stati millenari, come la Repubblica di Venezia o il Regno delle Due Sicilie». Perché l’Italia sarebbe solo un’arlecchinata di popoli, lingue e tradizioni. In altri termini: non esiste. Solo la Lega, fino ad oggi, si era spinta a tanto. E non a caso Matteo Salvini ha sottoscritto entusiasticamente queste affermazioni. Ma a Grillo la Lega non interessa.

E, in fondo, non gli interessano neppure i suoi voti, visto che, in larga misura, li ha già intercettati alle elezioni dell’anno scorso. A Grillo e al suo ideologo, Gianroberto Casaleggio, interessa, piuttosto, avviare la campagna anti-europea in vista delle prossime elezioni di fine maggio. D’altronde, il legame fra il progetto anti-europeo e quello macro-federalista, spinto all’estremo, nella percezione sociale, è molto stretto. La componente di chi ritiene che «Nord e Sud sono troppo diversi e dovrebbero andare da soli», infatti, cresce in base alla fiducia nella Ue. Nel passaggio fra il livello minore e maggiore di fiducia, raddoppia: dall’8% al 16% (sondaggio Demos, ottobre 2013).

D’altronde, la Ue è una Unione di Stati nazionali, non di popoli. Non a caso, negli anni Novanta, la Lega cambiò atteggiamento al proposito, dopo la svolta secessionista del 1996.

Che la Ue condannò in modo aperto. Fino ad allora, invece, la Lega, come recitavano i suoi slogan, aveva guardato «più vicino all’Europa più lontano dall’Italia ». Da Roma. D’altronde, anche il messaggio di Grillo appare, soprattutto, anti-romano. Rivolto contro l’Italia dei partiti e delle burocrazie. Del Palazzo. E, a differenza della Lega, evoca la Repubblica di Venezia e il Regno delle Due Sicilie. Il Nord e il Centro-Sud. Dove il M5S ha ottenuto molti consensi. In vista delle prossime elezioni europee, intende tenere insieme l’anti-centralismo “romano” (e italiano) con l’anti-europeismo. Un sentimento che sta crescendo in modo rapido. In Italia, infatti, la fiducia nella Ue, rispetto al 2000 – alla vigilia dell’introduzione dell’Euro – è, letteralmente, dimezzata. Dal 57% al 29%, rilevato nelle ultime settimane (Sondaggio Demos). E negli ultimi mesi, da settembre 2013 ad oggi, è caduta di 5 punti. Toccando il punto più basso rilevato da quando il processo di costruzione dell’Unione Europea è stato avviato. Fin qui, tuttavia, si è tradotto, soprattutto, sul piano economico e, soprattutto, monetario.

L’Europa, cioè, si è trasformata in un soggetto freddo, lontano. Una moneta senza Stato e senza politica. Senza identità e senza passione. È stata percepita, dunque, come un problema più che una risorsa. Un Grande Esattore, senza volto, se non quello della Merkel (e delle Banche), che esige senza garantire nulla. Per questo, ormai, pressoché un terzo degli italiani (per la precisione, il 32%) si dice d’accordo con l’affermazione che sarebbe meglio «uscire dall’euro e tornare alla lira». Si tratta di un atteggiamento che abbiamo già testato e spiegato in passato. Gli italiani accettano l’Europa dell’euro per forza. E per paura. Temono, cioè, che uscirne sarebbe pericoloso. Ma, al tempo stesso, guardano alla Ue e alla sua moneta con insofferenza crescente. Di giorno in giorno. Come si coglie ricomponendo gli orientamenti verso la Ue e verso l’euro in un unico profilo. Dal quale emerge che, in Italia, il peso degli europeisti (29%), che hanno fiducia nella Ue, supera di poco quello degli antieuropei (27%). Che si oppongono all’Euro e non credono nella Ue. Mentre gran parte degli italiani (44%) si rifugia in un atteggiamento euroscettico oppure eurocritico. Sopporta, cioè, l’euro senza aver fiducia nella Ue. Ma, visto che la Ue, nella percezione (non del tutto distorta) dei cittadini, coincide, in larga misura, con il sistema monetario, ecco che il sentimento dominante, fra gli italiani, è la sfiducia verso l’Europa – della moneta e, insieme, dei governi e degli Stati Nazionali.

È, peraltro, interessante osservare come il maggior grado di anti-europeismo si raggiunga fra gli imprenditori e i lavoratori autonomi: 43%. Un dato, in effetti, altissimo. Come quello delle casalinghe (44%) e dei disoccupati (38%). Mentre il maggior livello di europeismo si incontra, invece, fra gli studenti (43%), i liberi professionisti (48%) e fra gli impiegati del settore pubblico (39%). Sul piano territoriale, l’anti-europeismo è spalmato dovunque. Raggiunge il massimo livello nel Mezzogiorno e nel Nordovest (quasi 30%), mentre è un po’ meno diffuso nel Centro e nel Nordest (dove, comunque, supera il 20%). Insomma, il sentimento anti-europeo fornisce un bacino elettorale molto ampio, in vista delle prossime elezioni. Che hanno l’Europa come ambito e come posta in palio. I “Grilli d’Europa”, d’altronde, sono molti (come titolava Le Monde ancora un mese fa). I partiti antieuropei e anti-euro. Che potrebbero attingere anche dal grande serbatoio del sentimento euroscettico ed eurocritico. Fino ad oggi si è travasato nell’astensione. Oppure in un voto ispirato alla logica del “meno peggio”. Per paura. Ma potrebbe, in questa occasione, scegliere il voto di protesta oppure di “avvertimento”. Per esprimere la propria insoddisfazione e la propria delusione verso un’Europa identificata con i mercati, con lo spread e la crisi. D’altronde, già adesso vi sono partiti il cui elettorato è in ampia misura anti-europeo. Oltre alla Lega (53%), che ormai pesa poco (3-4%), il M5S, appunto, e, insieme, FI (entrambi: 37% di anti-europei e altrettanto di euroscettici). È lecito attendersi, dunque, che i richiami al federalismo macroregionalista e, implicitamente, anti-europeo, si rinnovino, sempre più accesi. Non solo da parte di Grillo e della Lega, ma anche di Berlusconi. In fondo, condividono il bacino elettorale anti-europeo, molto ampio. Che ha grandi margini di espansione, vista la contiguità con l’area degli euroscettici.

Di certo, stavolta, contrastarli sarà difficile. Perché l’europeismo è poco popolare. Sostenuto per paura più che per convinzione. E per sfidare gli anti-europei sullo stesso terreno, in modo efficace, ci vuole il fisico…
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democraziaoggi loghettoPigliaru impigliato fra legge truffa e smodate pretese
10 Marzo 2014
Amsicora su Democraziaoggi

Avete notato? PDL e PD hanno approvato a ridosso delle elezioni una legge truffa per spartirsi, nella roulette russa del voto, maggioranza e opposizione. Eppure, a quasi un mese dalle elezioni, non si sa ancora quale sarà la giunta regionale. Di più e peggio, con questa legislazione elettorale truffaldina hanno reso difficile il voto e perfino lo spoglio. Si dice che queste leggi semplificano il sistema politico, e al seggio ci siamo trovati davanti più che una scheda, una tovaglia, con sigle inventate e di difficile individuazione. Ancora la Corte d’appello, per la macchinosità del sistema, non ha potuto proclamare gli eletti.
E dopo? Vedrete la coda di ricorsi al Tar! Ci sarà poi la madre di tutti i ricorsi, quello ispirato dal Comitato 12 ottobre insieme al Manifestosardo e a Democraziaoggi, che porterà la legge alla sbarra davanti alla Corte Costituzionale. Con quale risultato? Col probabile annullamento dell’atto di proclamazione della Corte d’appello, e fra un anno e mezzo con una nuova composizione del Consiglio regionale. Sarà il Tar a farlo a seguito dell’annullamento ad opera della Corte costituzionale del premio di maggioranza e dello sbarramento al 10%. Insomma, saranno ancora gli organi di garanzia e rimettere le cose a posto, a ripristinare la legalità violentata da partiti e dirigenti politici persino usando in modo fraudolento lo strumento sacro della legge. Sarà un terremoto! A riprova che le leggi, fatte con miopia, ad personas, ad uso e consumo dei partiti maggiori e dei partitini ad essi subalterni, hanno il fiato corto. Vedremo nell’Assemblea regionale Sardegna possibile di Michela Murgia e Unidos di Pili. Ipotesi, si dirà. Beh, qualcosa di più. Il Tar Lombardia ha già trasmesso alla Consulta la legge regionale lombarda, molto simile a quella sarda. Che poi la legge sarda comprima irragionevolmente il principio di uguaglianza del voto e il carattere proporzionale del sistema elettorale, voluti dalla Carta, è provato dal fatto che entrano in Consiglio “forze” (si fa per dire!) con meno dell’1% dei voti e rimangono esclusi Murgia e Pili, che, sommando, hanno preso circa 120 voti!
Legge truffaldina, fatta da fessi-arroganti, che pensano che i cittadini siano disposti a sopportare tutto. E ancora una legge che non assicura alcuna governabilità, nonostante lo sproporzionato premio di maggioranza e l’incredibile soglia di sbarramento. Pigliaru è impigliato nella rete del PD e dei partitini sedicenti “Sardegna vera“. Tutti gli tirano la giacca! Ognuno, in questo assalto alla diligenza, vuole predare la sua parte. Ognuno ha il suo o la sua statista da piazzare in giunta! E se Pigliaru non userà la deterrenza (la minaccia di mandarli tutti a casa!), non riuscirà a formare un esecutivo presentabile, e se ci riuscirà sarà sempre esposto ad un’azione di guerriglia istituzionale, fatta di imboscate in un Consiglio ingovernabile. Che affidamento può farsi sulla disciplina e l’onorabilità di un partito il PD, la cui questione centrale è l’assegnazione d’incarichi ad indagati con contestazioni infamanti? Poi, fra un annetto, punto e a capo con un nuovo Consiglio e una nuova Giunta, dopo la pronuncia della Consulta! Ci sono tutti i presupposti per specare la legislatura. A riprova del fatto che PD e PDL, nonostante la loro sintonia nello spartirsi maggioranza e opposizione, non sono in grado, qui come a Roma, di fare leggi serie e ad assicurare governi accettabili sul piano dell’etica pubblica e della competenza. Così come i partitini della residua sinistra o del nuovo sovranismo non prospettano niente al di là del loro elettoralismo, tutto giocato sulla subalternità al PD. Sotto questo profilo la denominazione “Sardegna vera“, scelto da alcuni partitini, sembra un irriverente scherzo di carnevale verso i sardi. Se c’è qualcosa di non vero, di fittizio sono proprio loro che, senza la propensione a fare gli acari del PD degli indagati e senza l’uso spregiudicato di una legge elettorale anti democratica e anticostuzionale, dovrebbero zappettarsi il seggio, misurandosi finalmente e seriamente coi problemi dei sardi.
In questa situazione Pigliaru ha solo una via: tirar dritto. Se rimane a dimenarsi nella rete che gli hanno teso, è finito. Ed è spacciata anche la Sardegna, già maltrattata oltre ogni accettabile misura.

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