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lampada aladin micromicro- Ora è ufficiale: sulle servitù Pigliaru fa il gioco dei militari e dello stato italiano. Vito Biolchini su vitobiolchini.it
- Rassegna stampa su La Nuova Sardegna

Ora è ufficiale: sulle servitù Pigliaru fa il gioco dei militari e dello stato italiano
5 settembre 2014 alle 22:22. Vito Biolchini su vitobiolchini.it

Poveri teteschi: già l’hanno fatta bella a Capo Frasca! Cess!

Oggi, per qualche ora, mi ero persino illuso che il caso Capo Frasca potesse essere provvidenzialmente d’aiuto per presidente Pigliaru, consentendogli, sull’onda emotiva e mediatica dei 25 ettari bruciati all’interno del poligono a seguito dei bombardamenti dell’aereonautica tedesca (maletetti teteschi!), di tornare con maggiore vigore al tavolo delle trattative con il ministero della Difesa, tavolo al quale nelle ultime settimane era sembrato più remissivo che mai.

“Che culo”, mi sono detto in sostanza, “adesso Pigliaru può prendere a pretesto questo incidente per azzerare la trattativa e farla ripartire da un punto a lui più favorevole”. Dove per “a lui” doveva generosamente riferirsi “alla comunità sarda” che Pigliaru rappresenta e che di “testing bomb areas” (come suona meglio in inglese! Altro che “poligoni”!) ormai non ne può più.

L’arrivo nel pomeriggio della notizia che il presidente aveva chiesto e ottenuto per martedì prossimo un dibattito in Consiglio regionale sull’incidente all’interno del poligono aveva rafforzato il mio convincimento. “Minchia”, mi sono detto, “Pigliaru è stato un fulmine. Oggi è andato a Roma, ha rovesciato i tavoli del ministero, e martedì in Consiglio esibisce lo scalpo dello stato italiano”. Un colpo da maestro, non c’è che dire.

Ma il mio entusiasmo era evidentemente mal riposto. Mentre ancora ragionavo sul provvidenziale incendio che rischiava di cambiare le sorti di questa curiosa guerra non dichiarata tra la Sardegna e il resto del mondo (un ragionamento il mio, va detto per onestà intellettuale, così intenso da provocarmi un fastidiosissimo mal di testa di cui ancora adesso non mi sono liberato del tutto), ecco che nelle nostre caselle di posta elettronica di umili servitori della verità (e non per questo militesenti, avendo il sottoscritto servito la patria nei lontani anni del Signore 1995/1996) arrivava la notizia che tutto ribaltava, che tutto sconvolgeva. Che tutto azzerava.

Ore 19.28. Comunicato stampa della Presidenza della Regione:

“Difesa: Pigliaru scrive a ministro Pinotti, stop alle esercitazioni per tutto il periodo turistico e osservatori indipendenti per il monitoraggio”.

“Me cojoni”, ho pensato. Cioè, dico: i teteschi, per un caso più unico che raro, per prima volta della loro gloriosa storia militare bombardano evidentemente a cazzo, e in più, come se non bastasse, per un colpo di culo clamoroso (cioè l’esistenza di uno strano animale politico chiamato Mauro Pili, un ex presidente di Regione forzitaliota che offre al suo attuale collega un assist che neanche Gianni Cavezzi dei tempi d’oro all’indimenticabile Muzzi in un mitico Cagliari Roma 4 a 3) la cosa viene incredibilmente scoperta, e tu, o presidente della Regione, ti limiti a chiedere solamente “l’immediata interruzione di tutte le esercitazioni militari per l’intera stagione turistica (che peraltro è quasi finita! ndr) e istituzione di osservatori indipendenti di monitoraggio ambientale all’interno dei Poligoni”? E non contento di tanta inconsistenza, ritieni che questi siano addirittura “i punti di partenza di qualunque trattativa sulle servitù militari, di cui la Regione Sardegna chiede con forza il riequilibrio”?!!

No, vabbè.

Siamo seri. Avanzando queste richieste il presidente Pigliaru fa evidentemente il gioco dello stato italiano e dei militari giacché la proposta di un allungamento dello stop alle esercitazioni nei mesi estivi era già stata accolta nei mesi scorsi dallo Stato Maggiore: “La Difesa avrebbe inoltre già operato positivamente ai fini di ampliare la chiusura estiva dei poligoni sardi” si legge infatti nell’indagine conoscitiva della Commissione Difesa della Camera. Incredibile.

Allo stesso modo il capo di Stato Maggiore, l’Ammiraglio Luigi Binelli Mantelli, aveva annunciato ai parlamentari che lo scorso anno era stata già elaborata una direttiva, denominata «Politica programma direttive ambientali della Difesa» che istituiva la figura “dell’esperto ambientale quale consulente che affianca i comandanti dei poligoni”. Anche in questo caso dunque, Pigliaru si è limitato a chiedere ai militari ciò che i militari avevano già previsto. Cioè poco o nulla rispetto alla vera posta in gioco: lo smantellamento di due poligoni sardi su tre, con “una tempistica precisa per il piano di dismissione, precisando con quali risorse si fanno gli interventi, con quali strutture di coinvolgimento, di quali imprese” come si legge sempre nel documento della Camera dei deputati, reso pubblico poco più di un mese fa (quindi il documento a cui soprattutto bisognerebbe far riferimento, politicamente parlando).

Questa è la vera e unica base di partenza della trattativa sulle servitù militari tra lo Stato italiano e la Regione Autonoma della Sardegna:

“Dismissione dei poligoni di Capo Teulada e di Capo Frasca e della riqualificazione del poligono di Salto di Quirra, obiettivi già individuati al Senato nella scorsa legislatura dalla Commissione d’inchiesta sull’uranio impoverito”.

Altro che la barzelletta dello stop nel periodo turistico o degli osservatori ambientali! Osservatori de che, poi? Non lo ha letto Pigliaru il documento del parlamento (sempre lo stesso) in cui si dice che

“Un’indagine ambientale promossa dal Ministero della difesa certifica un inquinamento incontrovertibile a Quirra”;

“A Capo Frasca sarebbero documentate forti e gravi violazioni delle norme minime di sicurezza dei lavoratori e un’elevatissima incidenza di tumori tra dipendenti sia civili che militari”;

“A Capo Teulada i monitoraggi ambientali hanno rivelato una contaminazione da torio”.

Inizio a credere veramente a ciò che da qualche settimana si sente dire in giro: che Pigliaru non voglia indispettire il governo Renzi perché avrebbe già chiuso un accordo che prevede un investimento da diverse decine di milioni di euro di euro di una importante società del settore degli armamenti all’interno della base di Teulada: altro che chiusura dei poligoni. Magari martedì in Consiglio regionale sapremo la verità. Chissà.

Post scriptum
Comunque questa mossa del dibattito consiliare è politicamente pericolosa perché potrebbe costringere i sovranisti (finora fedeli protettori della linea di Pigliaru) e Sel a smarcarsi dalle posizioni filogovernative del presidente. Prevedo sorprese (oppure no).

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DIFESA: PIGLIARU SCRIVE A MINISTRO PINOTTI, STOP ALLE ESERCITAZIONI
PER TUTTO IL PERIODO TURISTICO E OSSERVATORI INDIPENDENTI PER IL MONITORAGGIO

Cagliari, 5 settembre 2014 – Immediata interruzione di tutte le esercitazioni militari per l’intera stagione turistica e istituzione di Osservatori indipendenti di monitoraggio ambientale all’interno dei Poligoni. Sono questi i punti di partenza di qualunque trattativa sulle servitù militari, di cui la Regione Sardegna chiede con forza il riequilibrio.

Lo scrive il presidente della Regione Francesco Pigliaru nella lettera inviata quest’oggi al Ministro della Difesa Roberta Pinotti per esprimere la decisa presa di posizione della Regione dopo l’incidente accaduto nel Poligono di Capo Frasca nel corso di un’esercitazione militare.

Nella lettera, il Presidente evidenzia la gravità dell’episodio, sottolineando la mancata comunicazione da parte del Ministero e informando di aver dato disposizioni al Corpo Forestale di intensificare le azioni di monitoraggio e vigilanza. “L’accaduto desta la preoccupazione di tutti i sardi”, scrive Francesco Pigliaru, “per la tutela della salute e dell’ambiente, diritti sanciti dalla Carta Costituzionale e rispetto ai quali la Regione Sardegna ha il dovere di garantire e vigilare”.

Il Presidente ribadisce le richieste portate al tavolo della Conferenza nazionale sulle servitù, a Roma lo scorso giugno, e comunica al Ministro Pinotti di aver richiesto la convocazione straordinaria del Consiglio Regionale per riferire sull’argomento, convocazione che è stata fissata per martedì 9 alle 16.
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La Nuova Sardegna on line sabato 6 settembre 2014
l’opinione 
La “democrazia personale” di Renzi e l’appiattimento del Pd 
di Luciano Marrocu

L’analisi di D’Alema su un partito fantasmatico e ridotto a esistere solo come “movimento del premier” è fondata su fatti concreti
Il grande rottamando si è mosso. Finita la tregua, D’Alema si è espresso su Renzi, bocciandolo. Non solo come presidente del Consiglio ma soprattutto come segretario del Pd. Come presidente del Consiglio, gli ha riconosciuto “sforzi” e buona volontà, non attribuendogli però risultati significativi. Ancora più basso il voto in pagella a Renzi segretario del Pd, di cui ha lamentato la sostanziale assenza e il fatto di aver delegato ogni funzione a un gruppo di fiduciari. È possibile che l’intervento di D’Alema nasca dal risentimento per la mancata nomina in Ue. Rimane però che D’Alema quando vuol colpire sa dove fare male. La sua analisi di un Pd fantasmatico e ridotto a esistere solo come un “movimento del premier” non solo è il riflesso di una frustrazione largamente presente nel partito ma è anche fondata su fatti concreti. La “democrazia personale” di cui Matteo Renzi è oggi l’espressione comporta di necessità una più o meno radicale ridefinizione del rapporto tra il ruolo del leader e quello del partito. Nell’epoca della “democrazia personale”, il leader deve la propria ascesa e trae la propria legittimità dal rapporto, oltre che diretto, ricco di una forte carica emotiva con il pubblico (pubblico dei giornali, pubblico della televisione, audience in definitiva). Il quale non è, evidentemente, la stessa cosa dell’elettorato, che nelle democrazie parlamentari costituisce la fonte decisiva e in un certo senso unica di legittimazione. Quanto a Renzi, se è stata l’audience a determinarne il suo prorompente ingresso nella politica nazionale, ha anche goduto di una legittimazione elettorale: in un primo momento con la vittoria delle primarie del Pd, successivamente con il successo nelle ultime europee. Rimane che il tratto fortemente personale del consenso goduto da Renzi, generato da uno stile e un linguaggio capaci di colpire i settori dell’opinione pubblica maggiormente tentati dall’antipolitica e dall’astensionismo, avrebbe però dovuto comportare una ridefinizione della struttura del partito e del suo ruolo. Un riallineamento c’è stato in effetti, ma più che ridisegnare il rapporto con il leader ha prodotto un appiattimento, sino a una tendenziale perdita di identità e di ragioni per esistere. Le notazioni di D’Alema sono decisamente condivisibili quando osserva come «i partititi non sono solo macchine per il consenso, i partiti devono durare nel tempo, al di là del consenso fluttuante». A che serve un Pd che si limiti a fare da gran cassa a un leader capacissimo, almeno sul breve periodo, a trovarselo da sé il consenso? A che serve un Pd che rinuncia al suo ruolo di selezione dei quadri di governo, lasciando questa selezione completamente nelle mani del leader? A che serve un Pd impegnato in un “riposizionamento” del suo personale politico incentrato tutto sulla distinzione tra “renziani” e “antirenziani”. E, all’interno dei primi, tra renziani di prima fascia (della prima ora, cioè) e renziani di seconda fascia? Può essere che sia questo Pd, attualmente, quello più utile al progetto di Renzi. Un Pd maneggevole, obbediente, all’interno del quale è chiara la distinzione tra chi ci sta e chi non ci sta, essendo anzi questa l’unica distinzione ammessa. Non pare utile però sul lungo periodo, nei tempi critici che certamente verranno, soprattutto se Renzi riuscirà a fare almeno parte dei cambiamenti promessi. Servirà per quei tempi un altro Pd, non certo il Pd di D’Alema, ma un partito capace, rispetto al suo leader, di autonomia e di spirito critico.

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