in giro con la lampada di aladin…

lampada aladin micromicro- Luciano Gallino su La Nuova Sardegna 19 sett 2014
- Andrea Saba su La Nuova Sardegna, 19 sett 2014

Luciano Gallino su La Nuova Sardegna 19 sett 2014
Il sociologo attacca: «Libertà di licenziare, il destino del più debole nelle mani del più forte»
Gallino: «Jobs act contro lavoro e diritti»

di Vindice Lecis
ROMA «Un provvedimento contro il lavoro, contro i diritti fatto da un governo di destra come quello di Renzi». Affilato come un rasoio, il sociologo e saggista Luciano Gallino, boccia il jobs act senza appello. L’idea è la modernizzazione del mercato per creare lavoro. «Scherziamo? La crescita dell’occupazione non potrà esserci perchè le aziende non investono. Ma quando lo fanno a chi vendono i prodotti? Si persegue ancora una strada fallimentare». Quale? «L’ossessione secondo la quale con la flessibilità si crei occupazione e che sia il costo del lavoro a frenarla. Niente di più falso: questo pesa non più del 6% del prodotto finito». L’Articolo 18 viene eliminato per tre anni ai neo assunti. «È il prodotto della sindrome neo liberale egemone da vent’anni. L’Articolo 18 è stato già massacrato dal ministro Fornero. Prima, il giudice aveva l’obbligo del reintegro oggi ha solo la facoltà, se ritiene, di emettere sentenza di reintegro. In pratica si dà mano libera alle aziende, come conferma di un nuovo attacco allo stato sociale». Cosa significa il termine contratto a tutele crescenti? «Che al 364esimo giorno del terzo anno di assunzione ti possono cacciare via senza nessuna tutela. Perché ora il destino del più debole viene messo nelle mani del più forte. Si rovescia la civiltà del Novecento dove i deboli hanno avuto diritto a riunirsi, a organizzarsi e a pretendere leggi che li proteggessero. Non è con i licenziamenti che si produce lavoro». Ci sono però dei ripensamenti sull’austerità. «L’austerità ha prodotto guasti micidiali. Ma ora sia il Fmi che l’Ocse, i pilastri dell’attacco allo stato sociale e al lavoro, dicono di essersi sbagliati. Vorrei sentirlo dagli economisti neo liberali che ci hanno fatto sprecare quattro anni». Ci spieghi. «Sei milioni di italiani vivono sotto il livello di povertà, abbiamo perso gran parte della capacità produttiva, la disoccupazione è cresciuta. Frutto di scelte politiche neo liberali è anche il pareggio di bilancio inserito nella Costituzione». Come giudica le politiche sociali di Renzi? «Il suo governo potrebbe risultare meno disastroso di quanto oggi non sembri se seguisse, ad esempio, le politiche di Roosevelt che creò tre agenzie per l’occupazione e fece la più grande riforma bancaria mai vista in Occidente. Investa soldi pubblici con Comuni e imprese sociali e vedrà che salterà fuori un milione di posti di lavoro»

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Andrea Saba su La Nuova Sardegna, 19 set 2014
le sanzioni e la crisi
La questione Ucraina aggrava la situazione economica europea
L’assenza di una politica estera unitaria inizia a produrre seri guai economici all’Europa. Nella questione Ucraina abbiamo di fatto delegato ogni decisione alla Nato che, di fatto, significa abdicare ad ogni politica lasciando il ruolo principale ed esclusivo agli Stati Uniti. Le sanzioni economiche alla Russia stanno riducendo l’export italiano e tedesco in un momento in cui le imprese europee hanno assoluto bisogno di affermarsi sui mercati esteri perchè la domanda interna è ridotta: e non si tratta di una debolezza passeggera, i consumatori sono preoccupati e si rivolgono soltanto a consumi strettamente utili, il reddito disponibile è diminuito, soprattutto abbiamo consumato al di sopra dei nostri mezzi per quaranta anni, e quindi la ripresa della domanda interna sarà lenta. Ma senza domanda non ci sono investimenti e quindi si allontana la fine della crisi. L’unica via di scampo è la domanda estera e i tedeschi ed anche gli italiani stanno muovendosi bene su questo versante. Ma la Russia è uno dei mercati più vantaggiosi, ma, come ritorsione alle sanzioni decisa dalla Nato, l’esportazione di mobili, prodotti alimentari, macchine utensili ed auto italiane si è ridotta drasticamente. Guarda caso, però, il valore azionario delle imprese americane produttrici di armi è aumentato in due mesi del 35%. La logica è sempre la stessa: minacciamo guerra e le aspettative a favore dell’industria bellica crescono e così operando in borsa, facciamo un bel guadagno a spese del resto del mondo. La finanza americana è sempre prioritaria. L’Europa non può rimanere legata agli interessi della speculazione finanziaria americana. Le sanzioni decise dalla Nato sono molto discutibili. Putin ha seri problemi nel tenere unita la Russia con tutte le sue etnie e deve, in qualche modo, creare un’idea di grande patria Russia come ai tempi di Napoleone e nella “grande guerra patriotica” contro il nazismo. È una esigenza legittima. In questa situazione è intervenuto l’accordo fra il Parlamento europeo e quello ucraino. Martin Schulz ha proposto al presidente ucraino Poroshenko un futuro ingresso in Europa in cambio di una ampia concessione di autonomia – al limite dell’indipendenza – alle regioni ucraine filorusse. Se l’iniziativa avesse successo sarebbe un capolavoro molto significativo. Sarebbe un esempio chiarissimo di politica estera europea, del tutto slegata dalle politiche nazionali; sarebbe una via per la pace usando solo scambi diplomatici. Naturalmente occorre l’approvazione di Putin e per questo sarebbe necessario che il governo europeo suggerisse la sospensione immediata delle sanzioni. L’intera vicenda ucraina contiene una serie di elementi su cui bisogna in futuro fare leva per creare una unità nazionale europea. La soluzione indicata da Schulz prescinde, anzi addirittura contraddice, le soluzioni bellicistiche preferite dalla Nato. Il che significa che l’Europa dimostra concretamente di essere sempre meno sotto la tutela americana. Il “desiderio di Europa” è molto forte nei paesi ex comunisti e quindi favorire l’avvicinamento dell’Ucraina – saranno necessari tre anni di prova – diventa una ottima moneta di scambio per concessioni che il governo ucraino non avrebbe mai accettato: di fatto le tre regioni russofone avrebbero una grado di autonomia tale che sfiora l’indipendenza. Ma questo si giustifica col fatto,per gli ucraini altamente significativo, che domani saranno parte dell’Europa e quindi le regioni filo russe sarebbero addirittura un ostacolo da eliminare. Se l’iniziativa andasse in porto sarebbe veramente un capolavoro, ma anche una “pietra miliare” – come la definisce il Corriere della sera – da cui partire per un percorso indipendente ed unitario di politica estera europea.

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