Marmellata di fichi verdini

in prigione
di Raffaele Deidda

Correva il mese di aprile 2010 quando si verificò lo scontro fra Gianfranco Fini e Silvio Berlusconi. Famosa la frase di Fini “Altrimenti che fai? Mi cacci?” a Berlusconi che gli chiedeva di lasciare la presidenza della Camera. Tempo dopo, smentendo la notizia di un incontro con Denis Verdini, messo di Berlusconi, Fini aveva detto: “Non credo alle marmellate politiche nelle quali alla fine i sapori sono tutti uguali […] fino a quando non ci saranno risposte politiche ai problemi che ho sollevato (lotta alla corruzione e i costi del federalismo) è prematuro fare incontri, soprattutto con intermediari“.

In Sardegna altri avevano incontri con Verdini, non per avere risposte su costi della corruzione e del federalismo, intermediario dell’incontro telefonico del presidente Cappellacci con l’imprenditore toscano Riccardo Fusi. Lo stesso con cui condivideva il giudizio negativo sui sardi e che sarebbe dovuto venire da Cappellacci a “prendere le aragoste” (sic!).

Verdini era stato intermediario anche fra Cappellacci e l’uomo d’affari, o imprenditore, o finanziere come i media sardi definivano Flavio Carboni, “faccendiere” quando il suo nome circolava nei fascicoli delle Procure di mezza Italia per le attività come braccio destro di Roberto Calvi nonché come referente della banda della Magliana e dello Ior, la banca del Vaticano. Aveva dichiarato di voler solo perorare la causa dell’energia eolica. Null’altro. Con l’occasione chiedeva di nominare l’amico Ignazio Farris alla presidenza dell’ARPAS.

Se Ugo Cappellacci avesse conosciuto per tempo l’idiosincrasia di Fini per le marmellate, forse si sarebbe evitato non pochi grattacapi, emulandolo. Non sarebbe arrivato fino al punto di dover dichiarare di aver chiuso “nell’armadio a doppia mandata i vasetti della marmellata” per preservarli dalla rapacità degli amici dell’intermediario Verdini. Perché quei vasetti contenevano gli ingredienti per assicurare ai sardi “i benefici derivanti dalla produzione di energia da fonti rinnovabili” e, soprattutto, “per tutelare il nostro paesaggio dall’assalto dei signori del vento”.

Cappellacci, così, contava di smarcarsi da Verdini e magari di passare alla storia per aver impedito lo scempio che si paventava con la realizzazione selvaggia di impianti eolici in Sardegna. Comunque sotto gli occhi di tutti. Si ironizzò allora sul ricorrere dei politici alla metafora della marmellata e sull’esistenza in Italia di diverse qualità di fichi il cui nome deriva dal verde che colora la buccia. I bolognesi vantano il loro Verdeccio, i padovani il Verdolino, i genovesi il Verdepasso, i romani il Verdone. I toscani vantano i loro Verdini da cui si ricava, per l’appunto, un’ottima marmellata. Non avendo i fichi verdini, i sardi allora vantavano solo il “fico” Ugo, autoproclamatosi difensore del paesaggio sardo dai signori del vento.

Ora Denis Verdini è stato rinviato a giudizio nell’inchiesta P3, l’associazione segreta che puntava a condizionare alcuni organi dello Stato, insieme all’ex sottosegretario all’Economia Nicola Cosentino. Lo scorso anno a giudizio erano finiti Flavio Carboni e Ugo Cappellacci. Quest’ultimo per il reato di abuso d’ufficio. Il processo e l’eventuale condanna di Verdini produrrebbero inevitabili conseguenze politiche in quanto il senatore di Forza Italia è oggi l’intermediario di Belusconi nonché garante del patto del Nazareno.

Matteo Renzi dovrebbe giustificare di fronte al paese ed al Parlamento un accordo per la riforma della legge elettorale con un condannato per associazione a delinquere e portatore di ingombranti fardelli giudiziari.

Le vicende dell’eolico in Sardegna del 2010, che avevano visto protagonista Verdini con Carboni e Cappellacci, avevano fatto fremere di sdegno e urlare allo scandalo i democratici sardi. Non ritengono ora i deputati e i senatori del Pd della Sardegna, insieme a tutti i politici regionali “renziani” di prima, seconda e terza ora, di manifestare altrettanto sdegno e di chiedere con forza al segretario-premier di non consentire che un personaggio come Verdini sia “padre costituente” della riforma elettorale?

I Sardi, quelli che non sono un problema per la Sardegna, lo chiedono a gran voce.
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