Quali pubbliche amministrazioni vogliamo? La cosa più saggia è ascoltare i cittadini, capire le loro esigenze, prendere in considerazione le loro proposte. Cosa farà Aladinpensiero.

forumpa il pensatore

di Franco Meloni

Il decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, di cui tra sette mesi celebreremo il ventennale, ha costituito, a mio parere, la più importante riforma della pubblica amministrazione italiana dall’Unità d’Italia. I caposaldi erano ben chiari: 1) la riorganizzazione delle pubbliche amministrazioni italiane sulla base dei sistemi dei più avanzati paesi europei, nella ricerca di adeguamento ai loro standard; 2) la distinzione tra la funzione di indirizzo, propria del potere politico, da quella di gestione, propria dei dirigenti e dei loro collaboratori; 3) la “privatizzazione” del lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni; 4) la fine della “supremazia” e dell’irresponsabilità delle pubbliche amministrazione nei confronti dei cittadini, i quali, utilizzando uno slogan, da “cittadini-sudditi” diventavano “cittadini-sovrani”.

Da quella grande riforma doveva diramarsi un processo di attuazione, che certo doveva correggere, integrare, completare… ma soprattutto attuare concretamente (dalle parole ai fatti) e rendere operativa l’impostazione data. Oggi, al tirare delle somme, senza voler tranciare un giudizio manicheo in senso negativo su quanto poi è avvenuto, prendiamo atto che le cose non sono andate per il verso giusto, che pertanto la riforma è stata sostanzialmente tradita. Constatiamo come la riforma sia stata continuamente rimaneggiata, con poderosi e frequenti interventi normativi, spesso del tutto pleonastici (a riscrivere cose già scritte) e contradditori, che hanno complicato tutto, demotivato gli operatori e depotenziato il carattere innovativo della stessa (trasfusa, come sappiamo, nel decreto legislativo 165/2001 in costante aggiornamento e integrata in misura considerevole dal decreto legislativo 150/2009, cd decreto Brunetta). Con un furore sconosciuto ad altri settori il legislatore e quanti avevano competenza di regolazione sottordinata sono intervenuti spessissimo, creando un complesso normativo mostruoso. Ne sono un’immagine le chilometriche circolari dell’ex ministro Brunetta (mezza pagina solo per la sua firma), che solo a leggerle ci volevano giorni e a capirle tempi indefiniti. Siamo arrivati all’assurdo che per semplificare la normativa se ne creava nuova aggiuntiva e di maggior volume. Che dire? Zero buonsenso e danni irreparabili. Brunetta merita una citazione particolare: frustrato per non essere stato nominato ministro di un importante dicastero (come per esempio quello dell’Economia, assegnato all’odiato collega Tremonti) ha cercato di far crescere con invenzioni e artifizi l’importanza del modesto (sul piano del potere) dipartimento della Funzione pubblica, accreditandosi come capo dell’amministrazione dello Stato, cosa senza fondamento giuridico, non possibile in considerazione dell’attuale ordinamento della Repubblica, basato sulle autonomie locali. Ne è scaturito un continuo conflitto tra i diversi livelli istituzionali e una larga disapplicazione delle norme, anche di quelle sulla carta innovative, e, sopratutto, la creazione in ambito pubblico del peggior clima in cui un’organizzazione possa trovarsi ad operare.
Sarebbe lungo ma interessante addentrarci oltre, ma, state tranquilli, non lo facciamo, almeno ora. Solo qualche constatazione.
Per le pubbliche amministrazioni italiane in questa contingenza tutto è più difficile e non aiuta certo la politica dell’attuale governo, improntata a ragioni di risparmio piuttosto che di ricerca dell’efficienza e dell’efficacia dell’operato pubblico per la soddisfazione delle esigenze dei cittadini.
In questa situazione disperata, oltre che fare appello al buon senso, occorre dare il più possibile essere propositivi. Come? Occorre innanzi tutto dare voce ai cittadini e ripensare le pubbliche amministrazioni partendo appunto dalle loro esigenze. Le parole d’ordine sono: riorganizzazione sulla base della semplificazione;  sburocratizzazione; pratica del principio di sussidiarietà, cioè far fare le cose ai livelli dove s’incrociano efficienza ed efficacia; aprire alla trasparenza e alla partecipazione dei cittadini.
Ma, direte: anche voi state usando solo parole!
Bene, per essere invece concreti, vogliamo allora proporre un metodo di lavoro, utilizzando soprattutto, ma non solo, lo strumento Aladinpensiero: contiamo di ripercorrere inefficienze dell’operato quotidiano delle diverse pubbliche amministrazioni e quindi proporre immediati interventi perchè dette disfunzioni siano corrette. Per cominciare in questa direzione, nei prossimi giorni ripercorreremo tutta la vicenda delle società semplificate a responsabilità limitata, per ipotizzare e richiedere interventi di semplificazione normativa e di adeguamento organizzativo che consentano più qualità e meno perdite di tempo. Tanto per fare un esempio: trovare  soluzioni per far sì che tra la dichiarazione di voler fare una certa cosa, come creare una nuova tipologia di società (SSRL) e l’effettiva possibilità di fare questa cosa, come costituire le nuove società non passino più di sessanta giorni anzichè  180 e più giorni, come  abbiamo riscontrato nell’esperienza pratica (augurandoci che sia finita qui).
Lo ripeto è solo un esempio. I problemi sono molti, ma oggi la cosa più saggia è ascoltare i cittadini, capire le loro esigenze, prendere in considerazione le loro proposte. Per questo bisogna organizzarsi! E noi vogliamo fare la nostra parte!
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