Oggi venerdì 2 gennaio 2015

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COMMENTI
Luciano Marrocu su La Nuova Sardegna di venerdì 2 gennaio 2015
POLITICA: IL CASO SVEZIA
Scenari possibili anche in Italia: il montare del populismo e del risentimento anti immigrati porta a scelte politiche impensabili
Il problema in Svezia ha iniziato a porsi in Primavera quando dalle elezioni legislative non solo non è venuta fuori una maggioranza sicura ma il partito degli Svedesi Democratici, il partito della destra radicale anti-immigrati cioè, ha raccolto un sonoro tredici per cento. Il governo di minoranza del socialdemocratico Stefan Löfven, reso possibile dalla benevolenza dei partiti di centro-destra, è apparso al momento l’unica soluzione. Il governo ha vivacchiato sino ai primi di dicembre, quando Löfven, prendendo atto del fatto che la benevolenza del centro destra stava venendo meno, ha annunciato elezioni anticipate, da tenersi il prossimo marzo. Poi, quasi un regalo di Natale agli svedesi, è stato lo stesso Löfven, il 26 di dicembre, a dire che quelle elezioni anticipate non vi sarebbero state perché era stato trovato un accordo, tra socialdemocratici e verdi da una parte e partiti di centro-destra dall’altro, attraverso il quale l’attuale governo poteva pensare di durare sino al 2022. A spingere verso l’accordo, i sondaggi elettorali che non solo non lasciavano prevedere significativi cambiamenti nei rapporti di forza tra i due principali schieramenti ma assegnavano al partito anti-immigrati un ulteriore tre cento. Non si parla di governo di unità nazionale, ma di questo si tratta. Nel senso che a costituirne la premessa è stata la comune presa d’atto dei pericoli contenuti nell’avanzata della destra estrema. Resi particolarmente insidiosi dal fatto che anche in Svezia la destra radicale ha trovato consensi tra i settori della popolazione minacciati dalla disoccupazione e messi in ansia dai processi di globalizzazione. Sono in molti, anche in Svezia, a pensare che sia la disponibilità degli immigrati ad accettare retribuzioni di fame che abbassa il livello generale dei salari. Le identità nazionali, religiose e culturali funzionano da scudi protettivi, fornendo materiali ideologici e prospettando, anche se in maniera grossolana e sostanzialmente illusoria, una soluzione. Il partito anti-immigrazione svedese pesca insomma nella stessa area sociale in cui pescano l’Ukip in Gran Bretagna, il Front National di Marine Le Pen, il Partito per la Libertà in Olanda, oltreché, in Italia, la Lega di Matteo Salvini. Questi raggruppamenti usano temi e slogan molto simili. Tra cui una litania di rimostranze che toccano non solo immigrati e zingari ma anche banchieri, politici, eurocrati e in qualche raro caso gli ebrei. Alla base di tutto questo, l’argomento che attribuisce alle élite economiche e sociali una snobistica tolleranza nei confronti dell’immigrazione, resa facile dal fatto che non sono poi queste élite a subirne le conseguenze ma la piccola gente delle periferie e delle aree del disagio. Un argomento questo caro agli agitatori populisti, che nasce dall’essere le minoranze istruite e metropolitane quelle più capaci di interpretare, traendone vantaggi, le complessità della globalizzazione. Tornando alla Svezia, ha qualcosa da insegnare all’Europa il fatto che la minaccia populista può portare a scelte politiche altrimenti impensabili. il montare del populismo e del risentimento anti immigrati pone infatti sia alla destra moderata sia alla sinistra riformista problemi molto seri. Per la destra moderata si tratta di rinunciare una volta per tutte ai vantaggi elettorali che le verrebbero dall’assecondare il risentimento popolare contro gli immigrati (una rinuncia che, per fare un esempio italiano, la destra di Berlusconi non ha mai fatto compiutamente). Per la sinistra riformista si tratta di valutare le conseguenze alla lunga negative del fatto di rivolgersi sempre e solo alle élite urbane.

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