E’ nella convergenza fra la lotta per i diritti dei popoli europei e quella dei paesi dell’altra sponda mediterranea che può poggiare una ripresa di valori democratici e di civiltà. Ma chi organizza questo progetto?

Il colossoUnion sacrèe coi governi che attaccano i diritti?
democraziaoggidi Andrea Pubusa, su Democraziaoggi

A Parigi domenica si sono riuniti quasi tutti i capi di governo responsabili dell’impoverimento generale dei popoli europei e insieme della insostenibile situazione delle masse del Medio Oriente e dell’Africa. Hanno capeggiato una grande manifestazione a difesa dei valori democratici dell’Occidente, mentre nei loro paesi e nell’UE, sotto la spinta del capitale finanziario, aggrediscono i diritti sociali, frutto delle Costituzioni nate dalla Resistenza al nazifascismo e delle lotte dei decenni successivi. Particolarmente visibile questo attacco sul fronte delle diseguagluanze, che prima si tendeva se non a colmare, almeno a temperare e da due decenni a questa parte hanno ripreso a crescere creando una forbice fra ricchi e poveri che ci riporta indietro più d’un secolo. Il punto di sfondamento è individuabile nel lavoro, il cui oggetto è ormai ridotto a mera merce, cancellando la soggettività, l’umanità di chi la produce, e dunque privando i lavoratori di qualsiasi diritto, anche di quello primario ad un salario che garantisca una vita libera e dignitosa, come dice la nostra Costituzione. Capeggiano questi signori la grande manifestazione in difesa delle libertà, ma disconosconoi la piena soggettività del lavoratore e riducono la massa a mera destinataria non solo dei poteri di governo, ma anche dell’informazione che dicono di voler difendere. Questa torna ad essere formalmente libera, ma nella sostanza è in mano a grandi potentati economici che formano un’opinione che distorce la realtà. Le leggi elettorali truffaldine, che limitano la rappresentanza fino a cancellarla, sono il risvolto di questa realtà a-democartica, dai Comuni al Parlamento. Capeggiano la manifestazione oceanica, ma calpestano la democrazia svuotandola di contenuto.
Quanto è accaduto in Afghanistan, in Irak e poi in Libia è il risvolto internazionale di questa politica. Invasioni violente, con massacri di massa, ammantate dalla missione impossibile di esportare la democrazia, in realtà espressione di una volontà aggressiva volta a far fuori governi, di cui spiace non tanto il carattere autocratico quanto la pretesa di gestione autonoma delle proprie risorse. Non è un caso che “il soccorso democratico” a suon di bombe è disposto solo in paesi ricchi di petrolio o in posizione strategica per il passaggio delle fonti energetiche. Le altre emergenze umanitarie sono dimenticate.
I capi di governo di Parigi sono dunque la faccia principale della dissoluzione dei valori democratici ch’essi hanno imposto a livello interno e internazionale.
La ricomposizione non può dunque passare cementando una union sacrée fra masse e questi capi di governo, così come non può nell’altro versante formarsi attorno a capi integralisti e fascistoidi, che sono specularmente l’altra faccia della medaglia. E’ nella convergenza fra la lotta per i diritti dei popoli europei e quella dei paesi dell’altra sponda mediterranea che può poggiare una ripresa di valori democratici e di civiltà. Ma chi organizza questo progetto? La scomparsa della sinistra in Europa, e, per quanto ci riguarda, in Italia, rende difficile persino pensare ad una lotta di questa portata. Ma da qui bisogna ripartire. Qualche indicazione positiva viene da Syriza in Grecia. Ma in giro di Tsipras non se ne vedono altri. C’è molto da lavorare.
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- Qualche spiegazione per la scelta dell’illustrazione nella pagina fb di Tonino Dessì, che ringraziamo per la riflessione e la ricerca che ci offre.
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shoah museo BerlinoL’importanza della luce quando siamo al buio
sedia-van-gogh4di Vanni Tola

“Se questo è un uomo”, già, se questo è un uomo. Come avrebbe commentato la strage di Parigi lo scrittore Primo Levi? Quali considerazioni avrebbe sviluppato sugli uomini che, in nome di Dio, hanno realizzato una strage di esseri umani per vendicare le offese al loro Profeta, realizzate con vignette satiriche? Se questo è un uomo. Come avrebbe descritto Primo Levi la barbarie di quei combattenti che, in nome della grandezza del loro Dio, hanno ripetutamente violato l’innocenza e l’integrità fisica di una bambina collocandole addosso un ordigno esplosivo per poi mandarla tra persone, anche esse innocenti, e farla esplodere come un pacco bomba, usando un telecomando? Che avranno pensato mentre, lontani dalla scena dell’attentato, la osservavano camminare verso i “nemici”? Che cosa le avranno raccontato per convincerla o indurla a recitare fino in fondo il terribile compito che le era stato assegnato? Che sensazioni avranno provato un attimo prima di attivare il comando elettronico che l’avrebbe ridotta in mille pezzi insieme a tante altre persone? E dopo, dopo, che sensazioni avranno provato? Si saranno sentiti eroi appagati per il loro eroico gesto o si saranno sentiti oppressi dal dubbio di aver compiuto una azione vigliacca quanto inutile e crudele? Non lo sapremo mai Primo Levi non c’è più. Nel cielo volano uccelli scuri, avvoltoi rapaci pronti a raccogliere brandelli di corpi innocenti per dare fiato ai loro propositi di guerre contro i diversi, guerre di “religione”, “guerre di civiltà”. Noi, i buoni, contro gli islamici, i cattivi. Niente di buono all’orizzonte. Dice una diciottenne Pakistana, il premio Nobel per la pace Malala Yousafzai, essa stessa vittima di un vile attentato degli estremisti islamici.
“Tutti ci rendiamo conto dell’importanza della luce quando ci troviamo al buio e tutti ci rendiamo conto dell’importanza della voce quando c`e il silenzio. Non odio neppure il Taliban che mi ha sparato. Anche se avessi una pistola in mano ed egli mi stesse davanti e stesse per spararmi, io non sparerei. Questa è la compassione che ho appreso da Mohamed, il profeta misericordioso, da Gesù Cristo e dal Buddha. Questo è il lascito che ho ricevuto da Martin Luther King, Nelson Mandela e Muhammed Ali Jinnah. Questa è la filosofia della non-violenza che ho appreso da Gandhi, Bacha Khan e Madre Teresa. E questo è il perdono che la mia anima mi dice: siate in pace e amatevi l’un l’altro. Un bambino, un maestro, una penna e un libro possono fare la differenza e cambiare il mondo. L’istruzione è la sola soluzione ai mali del mondo. L’istruzione potrà salvare il mondo. I libri e le matite sono la nostra arma più formidabile, quella che potrà farci vincere la miseria e conquistare la pace”.
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“In Europa, per non dire dell’Italia, in questo momento c’è una deficienza paurosa di personale politico in grado di affrontare il problema. Qui non c’è un’Europa in guerra, ci sono conflitti da disinnescare anche con le armi dell’intelligenza. E con la consapevolezza che si tratta di un processo lungo, difficile, faticoso. Ma non c’è alternativa, altrimenti si va dritti verso quello scontro di civiltà a cui puntano proprio i terroristi” (Massimo Cacciari)
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L’ambiguità delle piazze francesi
di Rossana Rossanda, su Sbilanciamoci.it

Non si possono portare avanti due politiche opposte – l’accarezzare vecchie e ingiustificabili tendenze coloniali e la difesa dei valori repubblicani – come ha fatto il governo socialista francese, nel tentativo di mettere in campo un diversivo allo scontento popolare in tema di diritti dei lavoratori e di politica economica

Le sole parole equilibrate nel diluvio di dichiarazioni di orrore e di angoscia anche della stampa italiana per l’assassinio dei disegnatori e del direttore di “Charlie Hebdo” le ha scritte Massimo Cacciari, riportando la questione alla sua dimensione temporale e politica. La grande emozione e protesta che ha subito riempito in modo spontaneo le piazze francesi non è mancata infatti di qualche ambiguità. Si è potuto manifestare legittimamente, e quasi accogliendo l’invito del presidente Holland, il rifiuto del fondamentalismo e la difesa della repubblica e il “no” ai problemi posti dalla grande immigrazione musulmana in Europa.
Facilitata in Francia dal troppo coltivato richiamo alla colonizzazione francese in Africa del Nord e nel Medio Oriente. Da molti decenni si è dimenticato che un accordo fra un alto funzionario inglese, Sykes, e uno francese, Picot, disegnò la spartizione dell’impero ottomano fra Francia e Gran Bretagna. La Gran Bretagna poi ha prevalso e ancora più recentemente hanno prevalso le politiche degli Stati Uniti. Ma le recenti scelte di Holland di intervento nel corno d’Africa e nell’Africa centrale hanno, senza volerlo, ripristinato l’immagine di una gloria coloniale che dà fiato a Marine Le Pen. Ugualmente le parole del presidente Holland subito dopo l’attentato, richiamando tutto il paese all’unità contro il terrorismo, sono parse legittimare la richiesta del Fronte nazionale di partecipare alla grande manifestazione ufficiale antifondamentalista di domenica prossima, che lo ha messo non poco in imbarazzo davanti allo slancio con il quale Marine Le Pen ha annunciato la sua partecipazione. Non si possono infatti portare avanti due politiche opposte – l’accarezzare vecchie e ingiustificabili tendenze coloniali e la difesa dei valori repubblicani – come ha fatto il governo socialista, nel tentativo di mettere in campo un diversivo allo scontento popolare in tema di diritti dei lavoratori e di politica economica.
Lo slogan “Je suis Charlie” manifestava efficacemente un appoggio a un giornale niente affatto di grandissima diffusione, che in generale non fa complimenti al Fronte Nazionale. Si può del resto discutere di un tema già volgarizzato in Italia come l’immunità politica della satira, oggi difesa apparentemente da tutti. Le famose vignette danesi contro Maometto sono state amplificate da Charlie Hebdo in un’accentuazione dell’ateismo fin troppo augurabile ma da non identificare col disprezzo di tutti i credenti: “Nel cesso tutte le religioni”, aveva scritto e pubblicato in prima pagina quel giornale. Alla incapacità della sinistra di portare argomenti laici alla ribalta dell’opinione pubblica, e di rispondere al richiamo oggi esercitato specie da alcuni monoteismi e dal buddismo, sia pure assai diversi, ha corrisposto l’indulgenza a forme facili di caricatura, che sicuramente hanno offeso i milioni di musulmani in Europa. Basti pensare a quale accoglienza avrebbero avuto se quelle vignette si fossero nominativamente applicate a Gesù Cristo. Non penso che sia utile lasciare ai caricaturisti un compito che per loro natura, volendo irridere a tutte le fedi, non possono esercitare: è come se gettassero un fiammifero in un barile di benzina. È proprio la debolezza della sinistra del dopo il 1989 a produrre questa rinascita in forza delle religioni.
Per quanto riguarda quella musulmana, come non chiedersi perché il suo fondamentalismo – che pareva essere escluso da una organizzazione non piramidale delle sue chiese – sia scoppiato in queste forme mortifere, particolarmente oggi. Maometto esiste dal Settimo secolo e da allora in poi l’atteggiamento dell’impero ottomano, per esempio nei confronti degli ebrei, è stato di gran lunga più tollerante e tendente all’assimilazione di quello della chiesa cattolica, che ha voluto le crociate e lo ha investito di maledizioni e improperi, senza che questi portassero a nessuna Jihad, anzi, il famoso “feroce Saladino” era un interessante pacifista. L’estremismo dell’ammazzare tutti i non fedeli al profeta appartiene ai nostri giorni, ed è molto più serio cercarne le origini nelle forme coloniali e non coloniali adottate dall’Occidente che in un passo o l’altro del Corano.
Un fenomeno non meno importante riguarda il fascino che forme estreme di milizia, che arrivano fino al mettere in conto la propria morte per “martirio”, abbiano sui giovanissimi occidentali che raggiungono la Siria o altri luoghi dove possono arruolarsi con i maestri del fondamentalismo. La tanto conclamata fine delle ideologie sembra aver lasciato in piedi soltanto l’assolutismo di alcune minoranze musulmane, come appunto la Jihad e in modo particolare il recente Daesh, cioè lo Stato islamico rappresentato dal cosiddetto Califfato di al Baghdadi.
Da noi già appare la voglia di condannare i rappers che sembrano ispirarsene: errore dal quale bisognerà guardarsi. Insomma, il fascino dell’islamismo radicale corrisponde alla stupidità con la quale la cultura predominante in Occidente sembra trattare il bisogno di un “senso” non riducibile ai soldi che gli aspetti ideologici della globalizzazione hanno tentato di offuscare dalle parti nostre. Grande problema del nostro tempo che è inutile esorcizzare.
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- www.sbilanciamoci.it

- Leggi i commenti; qui ne riportiamo solo uno (di Salvatore Annunziata)
Io vivo in Francia e mi occupo di disagio giovanile ad Avignone. L’articolo di Rossana Rossanda lo considero come il frutto di una persona colta, molto sensibile che legge quanto sta accadendo in Francia da mercoledi scorso con lenti inadeguate. In effetti è verissimo che chi ha decimato la redazione di Charlie Hebdo (che qui è vissuto come il residuo più autentico del maggio ’68) e assalito il supermarcato kascher è il frutto del passato coloniale della Francia e del fatto che la Francia, in quanto sistema paese, non ha acora fatto i conti col proprio passato di potenza coloniale. Potremmo dire che la Francia rapresenta, dal almeno due secoli e forse più, il paradosso già incarnato dalla civilissima ed europeissima Atene di Pericle, vale a dire paladina delle libertà e della democrazia per quelli civilizzati e l’esclusione, la schiavitù, la carità, la messa sotto curatela per quanti (e quante) considerati barbari (i popoli colonizzati) o inferiori (le donne e i minori). Allo stesso tempo però mi sembra che la Rossanda dimentichi un piccolo particolare e cioè che qui in Francia la gente “normale”, come me e qualche milione di persone, rischia di ritrovarsi stretta tra dei fascisti barbuti che non mangiano prodotti derivati da carne di maiale, che abbinano ostracismo verso la musica ma utilizzano internet e i GPS e che si dicono veri seguaci del Profeta e degli altri fascisti per lo più bianchi, che loro invece lo mangiano e lo amano il maiale (al punto di portare in piazza delle teste – vere o finte poco importa – alle manifestazioni), che negano la shoah, che gridano “la France aux français”, che si battono contro l’islamisazione dell’Europa. In breve, se vogliamo utilizzare come paragone quello che è successo nelle terre della morta Federazione Yugoslavia, potremmo dire che qui rischaimo di ritrovarci circondati tra Ustacha e Cetnici.
La grossa sfida che ci attende tutti e tutte, non solo in Francia ma in tutti i paesi europei, è di dare nuova linfa alla democrazia, all’accolgienza, al rispetto dell’alterità propria e altrui. Insomma, ci tocca fare la messa a punto del nostro referenziale culturale avendo come bussola non delle ideologie scollegate dalla vita, dalla storia di ognuno di noi, bensi la dichiarazione universale dei diritti umani secondo cui, art.1, ogni essere umano nasce uguale in diginità e diritti. Ecco i valori che dobbiano, con qualunque mezzo coerente a quest’obiettivo, promuovere e difendere
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Strage Charlie Hebdo, Cacciari: “Politica di accoglienza o avremo il conflitto in Europa”
di Rodolfo Sala su Repubblica.it
MILANO – “I fatti orrendi di Parigi dovrebbero imporre a tutti noi di ragionare alla grande, ma in questo clima sono in pochi a ragionare, soprattutto in Italia. Il livello del dibattito è deprimente”. Lo dice il filosofo Massimo Cacciari.

E quale sarebbe, professore, la prima riflessione da fare?
“Negli ultimi venti-trent’anni abbiamo vissuto tutti nell’illusione che la storia potesse in qualche modo cancellare la propria dimensione tragica. Che la nostra Penisola potesse restare fuori dalle trasformazioni epocali che hanno rivoluzionato la geopolitica e prodotto una serie di conflitti (Afghanistan, Iraq, la questione irrisolta dei rapporti tra Israele e palestinesi) che anche per colpa dell’Occidente restano pesantemente irrisolti”.

Risultato?
“Vedo un rischio terribile e concreto. Il rischio di una guerra civile in Europa. Mi spiego: dobbiamo tenere presente che nel 2050 la metà della popolazione del nostro continente sarà di origine extracomunitaria, quindi è impensabile ritenerci in guerra, noi europei, con l’altra parte, con il mondo islamico. Per questo dico che bisogna ragionare alla grande. Il problema è con chi”.

A che cosa allude?
“In Europa, per non dire dell’Italia, in questo momento c’è una deficienza paurosa di personale politico in grado di affrontare il problema. Qui non c’è un’Europa in guerra, ci sono conflitti da disinnescare anche con le armi dell’intelligenza. E con la consapevolezza che si tratta di un processo lungo, difficile, faticoso. Ma non c’è alternativa, altrimenti si va dritti verso quello scontro di civiltà a cui puntano proprio i terroristi”.

Le armi dell’intelligenza, lei dice…
“Certo. Se durante il secondo conflitto mondiale ci fosse stato solo il generale Patton, e non anche la lungimiranza di leader come Churchill e Roosevelt, avrebbe vinto Hitler. Affontare il problema solo dal lato della semplice repressione non basta, non può bastare. Anche se questi islamisti hanno compiuto un indiscutibile salto di qualità”.

In che senso?
“Non siamo in presenza del kamikaze solitario, della bomba anonima. Le azioni come quella di Parigi sono programmate con una logica militare che punta, voglio ripeterlo, allo scontro di civiltà”.

Quindi?
“Fino a quando la nostra democrazia non dimostrerà di essere accogliente, e continuerà con le disuguaglianze, questo tipo di terrorismo troverà sempre terreno favorevole. Sullo scenario europeo, ora si pensa di far fuori la Grecia, mentre si allargano i confini dell’Unione alla Lituania: è pazzesco”.

Ma i toni salgono, Salvini dice che siamo in guerra…
“Una battuta che si commenta da sé, sotto il profilo culturale. Sarebbe un errore madornale additare nell’Islam il nemico, il modo per moltiplicare gli jihadisti”.

Aggiunge che il Papa non deve dialogare con l’Islam…
“Figuriamoci che cosa importa al Pontefice delle parole di Salvini. Che insieme alla Le Pen sta facendo di tutto per ostacolare il dialogo. Se si votasse domani la Lega e il Front national prenderebbero una valanga di voti. Sarebbe pericolosissimo, allora sì che saremmo in guerra. Certo, poi occorre realismo “.

E cioè?
“Riconoscere che fino a quando non sarà abbattuto lo Stato islamico dobbiamo aspettarci il peggio. Ma lo si abbatte solo se non si invoca il conflitto di civiltà. Purtroppo quando la storia appare tragica si fa molto fatica a ragionare. È del tutto logico, e porta anche voti: ma è anche pericolosissimo. Bisognerebbe fare un grande sforzo a partire da noi italiani, non credo sia inutile. In fin dei conti, con la storia che abbiamo, dovremmo essere vaccinati. Anche se adesso non pare così”.

Da Repubblica.it

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