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4 luglio Bomeluzo USA
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Terra persa, indagine sull’aggressione al suolo della Sardegna
Michele Sasso su L’Espresso. – segue -
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Terra persa, indagine sull’aggressione al suolo della Sardegna
di Michele Sasso.

By sardegnasoprattutto / 3 luglio 2015 / Città & Campagna
Grabbing

L’Espresso 30 giugno 2015. L’accaparramento di terreni buoni per l’agricoltura tocca anche l’isola al centro del Mediterraneo: persi in dieci anni l’otto per cento di suolo agricolo. Il film “Storie di Land Grabbing in Sardegna” è un viaggio tra progetti di centrali, trivelle per idrocarburi, residence e campi da golf calati dall’alto e rifiutati dalle comunità locali .

Il land grabbing in italiano suona come terra persa. Persa, rubata, sottratta. La corsa alla terra e l’abuso che questa subisce in Sardegna è diventato il documentario « Terra persa ». In trentacinque minuti i registi Michele Mellara e Alessandro Rossi hanno raccontato le ragioni delle proteste dei comitati, l’idea quasi rivoluzionaria di decidere dal basso del proprio futuro e il senso delle battaglie dei comitati per la difesa del territorio.

Il land grabbing è un fenomeno mondiale: una larga porzione di terra buona per le coltivazioni ma “inutilizzata” viene venduta a terzi, aziende o governi di altri paesi senza il consenso delle comunità che ci abitano o che la utilizzano, spesso da anni per produrre a chilometro zero il loro cibo. Una compravendita che esiste da molti anni, diventato globale allo scoppio della crisi finanziaria quando è cresciuto enormemente, spingendo nella fame migliaia di contadini del Sud del mondo. Il documentario realizzato da Mammut Film, regia di Michele Mellara e Alessandro Rossi, racconta la corsa alla terra e l’abuso che questa subisce in Sardegna.

Secondo le stime della Banca mondiale coinvolge fino a 80 milioni di ettari. Più colpite le zone più povere dove fondi sovrani e d’investimento, banche d’affari e multinazionali sono andate a cercare nuovi mercati e potenzialità, prendendo in affitto o acquistando enormi appezzamenti a prezzi irrisori per investire in agricoltura e biocarburanti.

Anche in Italia si «ruba» terra all’agricoltura per sacrificarla in strade, infrastrutture, case e opere faraoniche. La Penisola è così passata da 18 milioni di ettari a 13 milioni di superficie coltivata nell’arco di quarant’anni. L’equivalente della Liguria, Lombardia ed Emilia Romagna è svanito per fare posto a lingue di asfalto, villette a perdita d’occhio e immense zone industriali. In Sardegna il racconto appassionato di uomini e donne che con competenza ed impegno si battono per affermare il diritto alla tutela del paesaggio e alla qualità della vita è il filo conduttore del documentario.

Scontrandosi con le servitù militari (nell’isola si concentrano l’80 per cento delle zone riservate alle forze armate del Paese) e il controverso resort Is Arenas nato in una zona protetta nella zona di Narbolia, 1800 anime in provincia di Oristano. Progetti faraonici per impianti fotovoltaici e immensi campi da golf a Bosa e pale dell’energia eolica che non servono aziende agricole ma nutrono affari.

Generando un paradosso: si esporta energia mentre l’80 per cento del fabbisogno alimentare deve essere importato. E ancora pozzi esplorativi per cercare idrocarburi nella riserva naturale di S’ena Arrubia ad Arborea, una delle zone umide più pregiate del Mediterraneo e i desolanti appartamenti e residence vuoti di Nebida, nel cuore del Sulcis e delle sue miniere abbandonate. Cosi la Sardegna si gioca il suo bene più prezioso: la terra.

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